Vita
Fernando di Buglione, discendente del capitano della Prima Crociata, nacque il 25 agosto 1195 a Lisbona.
A dieci anni fu chierichetto nella cattedrale della città natale, e subito manifestò la sua vocazione religiosa.
A quindici anni entrò novizio nel convento agostiniano di San Vincenzo di Fora; poi passò a quello di Santa Croce in Coimbra, dove poteva vivere in maggior raccoglimento.
Quando si diffuse anche in Portogallo l’ordine francescano, Fernando conobbe un gruppo di frati che si riuniva nella chiesa di Sant’Antonio Abate, e subito manifestò il desiderio di entrare nel nuovo ordine. Entrò quindi nel Convento di Olivares con il nuovo nome di Antonio. Quando cinque frati francescani furono decapitati in Marocco, e i loro corpi furono portati a Coimbra, subito Antonio volle imitarli, e passò in Marocco, in cerca del martirio. Ma in Africa cadde malato, allora accettò di tornare in Europa.
Un naufragio lo fece arrivare sulle coste della Sicilia, da dove si recò ad Assisi, per partecipare ad un capitolo convocato da San Francesco. Arrivato in un convento di Romagna per la sua dottrina ed eloquenza ebbe l’incarico di predicare e insegnare teologia.
Dal 1123 al 1225 insegnò all’università di Bologna; poi fu un Francia, dove combatté l’eresia catara. Giunse infine a Padova, dove predicò cercando di sedare i conflitti fra i feudatari ed i partiti politici e fondò la confraternita dei Colombini, per accogliere i masnadieri pentiti. Riprese poi i viaggi e le predicazioni in tutta Italia. Combatté l’usura, facendo approvare una legge che salvava i debitori insolventi dal carcere, e ottenne il pentimento di Ezzelino da Romano.
Tornato a Padova ormai malato si rifugiò nella chiesa di Santa Maria. Passò gli ultimi giorni in compagnia di altri due frati in tre piccole celle costruite da un nobile devoto fra i rami di un grande noce.
Ormai agonizzante fu riportato a Padova, dove morì il 13 Giugno 1231. Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria, e il 30 maggio 1232 Papa Gregorio IX lo dichiarava santo, mentre già sorgeva il grande santuario a lui dedicato. Il 13 giugno 1934 Pio XI lo nominò patrono del Portogallo. Il 16 gennaio 1946 Pio XII lo nominò Dottore della Chiesa.
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Miracoli, patronati, iconografia
Sant’Antonio è spesso rappresentato con il libro, ad indicare la profonda conoscenza della Scrittura, e con un giglio, simbolo di purezza, a significare la sua castità.
Poco prima di morire ebbe la visione di Gesù Bambino; per questo viene spesso rappresentato con il Bambino in braccio.
Numerosissimi sono i miracoli attribuiti a Sant’Antonio, per questo ricordato come “taumaturgo” cioè operatore di prodigi.
Un uomo aveva confessato di aver dato un calcio alla madre. Il Santo gli disse che quel piede meritava di essere tagliato all’istante. L’uomo prese le sue parole alla lettera e arrivato a casa si recise immediatamente il piede. Il Santo, impietosito, riaccostò il piede alla gamba, e facendovi sopra il segno della Croce, ve lo riattaccò.
Durante una disputa con un eretico, fece inginocchiare una mula davanti all’Ostia consacrata.
A Ravenna, trovando i cittadini poco attenti alle sue parole, predicò ai pesci.
Durante i funerali di un avaro, il Santo esclamò che quell’uomo non meritava di essere sepolto in terra consacrata, poiché l’anima era dannata all’inferno. Ricordando le parole di San Luca, “Dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore”, gli fece aprire il petto da due cerusici, e si vide che il morto non aveva cuore: questo fu trovato nella cassa dove l’avaro teneva il suo denaro.
A Lisbona, un uomo uccise un ragazzo e lo seppellì nel giardino della casa dei genitori di Antonio. Quando fu rinvenuto il cadavere, il padre del Santo fu accusato dell’omicidio. Sant’Antonio fu prodigiosamente trasportato in una sola notte da Padova a Lisbona, e lì chiese al giudice di mostrargli il corpo dell’ucciso. Il giovinetto risuscitò per un breve istante, e scagionò il padre ingiustamente accusato.
Trentadue anni dopo la sua morte san Bonaventura da Bagnoregio, durante la traslazione della salma, trovò intatta la lingua, strumento della sua predicazione.
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Celebrazione
Alla vigilia della festa del Santo viene recitata una sequenza composta da Frate Giuliano da Spira (m. 1232):
Si quaeris miracula,
mors, error, calamitas,
daemon, lepra fugiunt;
aegri surgunt sani.
Cedunt mare, vincula;
membra resque perditas
petunt et accipiunt
iuvenes et cani.
Pereunt pericula,
cessat et necessitas;
narrent hi qui sentiunt
dicant paduani.
Se chiedi i miracoli, [eccoli:] la morte, l’errore, la sventura, il demonio, la lebbra fuggono.
Il mare si apre, le catene si sciolgono; giovani e vecchi chiedono ottengono la salute delle membra, e di ritrovare le cose perdute.
Spariscono i pericoli, cessa la necessità; lo narrino quelli che lo sentono, lo dicano i Padovani.
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