L’Osservatore Romano

24 febbraio 1935 p. 2

L’idea colonizzatrice

Un grand’uomo di Stato contemporaneo, il quale, al profondo studio del problema coloniale, unisce competenza e pratica acquisite in lunga dimora in terre coloniali, scriveva, a coronamento di una sua ampia trattazione, svolta con molta dottrina e densa di vera praticità, che la colonizzazione deve essere oggi considerata «opera di immensa solidarietà umana». Giusto concetto questo, che emana in massima parte dalla morale cattolica, posta a fondamento incrollabile della società umana, a guida sicura di ogni impresa di civilizzazione e di ricostruzione, svolte, con pieno diritto, dalle nazioni più progredite, dalle razze più evolute. L’azione colonizzatrice appare pertanto allo studioso dell’importantisimo problema della colonizzazione, a chi dedica in qualunque campo con entusiasmo e fiducia la sua attività al progresso ed all’incremento dei domini coloniali, come una magnifica opera fatta «di tenace pazienza, di grande audacia, di profonda volontà, di fraterno amore».

È evidente che nessun popolo, nessuna razza della terra ha il diritto o la possibilità di vivere in un isolamento che equivarrebbe a suicidio o sarebbe follia, e di estraniarsi dal movimento incessante della vita della collettività, che egli procede con ritmo sempre più accelerato e travolgente. Le grandi ricchezze materiali che Iddio ha largamente profuso sulla terra per dare all’umanità benessere e pace, debbono essere poste a disposizione di tutti, né debbono più oltre giacere in uno stato di perfetto abbandono, restando così quasi totalmente improduttive per i popoli che le detengono e per il mondo intiero. Tutto questo esige giustamente il diritto imperioso dell’umanità a vivere sul nostro pianeta una vita resa continuamente migliore dall’impiego sempre più vasto dei beni morali e delle ricchezze materiali, dal Supremo Datore di ogni bene messe a sua disposizione; lo richiede la coscienza moderna dei popoli e delle nazioni, faticosamente affermatasi a traverso lotte e dolori, sacrifici e conquiste; lo domandano le condizioni di alcuni popoli, di alcune razze, non ancora giunti al grado di maturità e di evoluzione degli altri; lo comanda la morale che scaturisce dal Vangelo di Cristo e che si propaga; con ininterrotta lena, in tutti i continenti e fra tutte le genti.

L’evoluzione storica del pensiero coloniale documenta largamente come, alla concezione puramente utilitaria che portava con sé, nei tempi passati, la conquista di un dominio oltremare, si sia sostituita, molto opportunamente e lodevolmente ai giorni nostri, una ben diversa e superiore concezione; quella nobilissima, educatrice e civilizzatrice, tenacemente voluta e perseguita dalla Chiesa a traverso i secoli, e che si afferma praticamente colla propagazione della vera fede nei paesi da colonizzare e, con essa, della civiltà e del progresso – e cogli ammaestramenti continuamente impartiti alle razze ed alle nazioni che si assumono l’arduo compito della colonizzazione. Caduto il concetto dello sfruttamento barbaro, illegale ed anticristiano che una razza si credeva in diritto – ed a torto – di esercitare sull’altra, si impone oggi il concetto, largamente diffuso ed attuato, della collaborazione leale e concorde fra le razze; fra dominatori e dominati; il colonizzatore, sempre più evoluto e progredito, convenientemente preparato, a traverso severi studi, ad affrontare i gravissimi ed affascinanti problemi della pratica e feconda colonizzazione, pone a piena disposizione del colonizzato, i mezzi tecnici e meccanici adatti allo scopo, indirizza e dirige l’opera di sfruttamento delle risorse naturali, coadiuvato e seguito nella sua nobile fatica dalla consapevole e fervida adesione dell’elemento indigeno, la cui partecipazione e collaborazione è sempre più utile e feconda di pratici risultati.

Le masse indigene, in generale, si mostrano assai soddisfatte della nuova condizione e del nuovo stato loro apportato od imposto dall’opera e dalla pacifica penetrazione di elementi più evoluti e più largamente forniti di strumenti e di mezzi: sentono, sia pure lentamente, i benefici immensi che la civiltà apporta; capiscono l’importanza del loro rinnovamento, morale e materiale; apprezzano altamente anche l’opera di chi loro parla di problemi spirituali; con piena consapevolezza e sicura fiducia, si lasciano conquistare alla vera fede; intuiscono che, anche per esse, si va preparando un nuovo benessere, al quale non possono sottrarsi; che l’adesione loro a questo movimento ascensionale deve essere spontanea; che la loro collaborazione deve essere totale ed incondizionata per il reciproco vantaggio, per il mutuo interesse; che, per i loro paesi, largamente forniti di tante ricchezze naturali, è necessario si schiuda al più presto una nuova èra, feconda di immensi benefici morali e materiali. Se tutto questo è vero, se nelle terre coloniali, fra le razze indigene si va diffondendo, sia pure lentamente, questa convinzione; se oggi l’indigeno mostra – come ce lo prova la pratica e diuturna esperienza, vero e profondo interessamento a questo procasso, che sempre più si intensifica, di perenne rinnovamento; se la sua coscienza si è risvegliata ed esso acquista, poco a poco, la piena consapevolezza della sua forza, della sua intelligenza, della sua dignità di persona umana, delle sue ampie e positive possibilità; se egli sente come l’azione colonizzatrice delle razze più evolute e progredite non abbia scopi di brutale dominazione o di prepotenza egemonica, ma sia fondata su basi e su principi di alta moralità e pervasa di un sentimento vero di amore, di pace e di fratellanza, si può, a ragione, affermare che, nonostante tutte le diffi-, coltà, tutte le diffidenze, tutti gli errori commessi su vasta scala anche dalle potenze colonizzatrici, il problema della colonizzazione si avvia ad una pratica e definitiva soluzione. Molto – è certo – rimane da fare; ma l’esperienza che proviene dal lavoro svolto in tanti secoli, la coscienza sicura di compiere un’opera di immensa solidarietà umana, la perseve-, ranza e la tenacia in tale opera, fa piena comprensione e la leale e feconda collaborazione di tutti quanti – e sono i più – appaiono direttamente interessati in quest opera magnifica di ricostruzione sociale, l’adesione totale e protettrice che la Chiesa cattolica ha sempre dato in ogni tempo, ed in larga misura, alla colonizzazione, qualora attuata con sistemi onesti ed umani e non barbari ed anticristiani, fanno sperare e prevedere, che i futuri orientamenti dei pensiero in materia coloniale saranno sempre più appoggiati ed alimentati da principii morali, dimodoché il problema della colonizzazione, oggi, come giammai, in pieno sviluppo, cosi vitale e cosi dominante per la sua alta ed indiscussa importanza e contingenza, per la sua piena attualità, strettamente legato alla espansione demografica, giustamente e lodevolmente indirizzato su sani principii, non cesserà di esser problema eminentemente, e squisitamente morale; non dovrà quindi esser considerato come problema di esclusivo impiego di pura forza; ma sarà sempre e principalmente problema di pacifica penetrazione, di persuasione, di conquista perenne, certamente molto faticosa e lenta, di volontà e di anime. Per questo, solo per questo, noi ne sentiamo l’enorme bellezza, ne subiamo il fascino intenso ed inestinguibile.

C.

L’Osservatore Romano
23 marzo 1935 p. 2

Falsi

Un foglio italo-parigino accennò tempo addietro al nostro articolo del 24 febbraio, in cui si illustrava l’«idea colonizzatrice» secondo il principio cristiano della pacifi ca civilizzazione, concludendo che a tempo e luogo, viceversa, la Chiesa avrebbe be nedetto la guerra coloniale.

Questo chiaro esempio di malafede set taria che lasciammo passare perchè denunciato fin troppo dai suo intrinseco strappo logico, è oggi superato da un’altra pubblicazione per origine, scopo, lingua, opinione e metodi, similare.

Sotto il titolo: «Il Vaticano esalta la guerra», senza citazioni e quindi senza pos sibilità di confronti ovvii che ci avrebbero dispensato, una volta ancora, da superflue confutazioni, si afferma che «L’Osservatore Romano, pubblica un articolo dove esalta i benefici della colonizzazione italiana in Africa» tutto inteso a «giustificare» un conflitto armato fra l’Italia e l’Abissinia. E aggiunge: «Così la Santa Chiesa Catto lica benedice, approva e sorregge» nuovi massacri.

I lettori ricordano.

Nello scritto assolutamente generico sul l’opera colonizzatrice dei popoli civili, un nostro collaboratore precisava:

«Se l’azione colonizzatrice delle razze più evolute e progredite non avrà scopi di brutale dominazione o di prepotenza ege monica, ma sarà fondata su basi e su prin cipii di alta moralità e pervasa di un sen timento vero di amore, di pace e di fra tellanza, si può, a ragione, affermare che, nonostante tutte le difficoltà, tutte le dif fidenze, tutti gli errori commessi su vasta scala anche dalle potenze colonizzatrici, il problema della colonizzazione si avvia ul una pratica e definitiva soluzione». A patto però che esso «non debba essere conside rato come problema di esclusivo impiego della pura forza; ma sempre e principalmente problema di pacifica penetrazione, di per suasione, di conquista perenne, di volontà e di anime».

I lettori confrontino. E pensino che codesti falsari pretendono di sostenere le ragioni della verità, render giustizia, impancarsi a tutori di costume civile.