4. Conclusioni

Le due cultivar ‘Malvasia’ coltivate nell’area di Castelnuovo Don Bosco comparate dal punto di vista ampelografico, fenologico, agronomico ed analitico sui mosti e sensoriale sui vini, si sono dimostrate nettamente distinte ed identificabili in due varietà.

Lo studio dei parametri chimici ha dimostrato che la ‘Malvasia di Schierano’ possiede un migliore equilibrio acido, per il superiore contenuto in acidità titolabile e minore pH, ed un maggiore contenuto di sostanze terpeniche, caratterizzato dalla prevalenza di geraniolo; il suo indiscutibile pregio fa pensare all’opportunità di ampliarne la coltivazione e di vinificarla in purezza.

Purtroppo, come verificatosi nei due anni di osservazione, la ‘Malvasia di Schierano’ si è però dimostrata molto sensibile all’andamento climatico sfavorevole, ai parassiti fungini e colpita da malattie da virus che ne deprimono vigore e produzione.

La produttività è talvolta molto ridotta (per eccessiva colatura) e così il contenuto zuccherino (per la tardiva maturazione che nel nostro ambiente non consente più un accumulo adeguato); ciò dissuade ancora oggi molti viticoltori dal coltivarla in modo esclusivo.

La ‘Malvasia nera lunga’, al contrario, mantiene una produzione costante, un maggior vigore ed una maggiore adattabilità all’ambiente e rappresenta una garanzia certa di raccolto che, con adeguate tecniche colturali, puo` essere limitato a quantitativi accettabili.

Non per ultimo è da ricordare che, dove l’esposizione del vigneto è ottimale ed in annate favorevoli, gli standard qualitativi delle due ‘Malvasie’ non si discostano di molto.

Si può ritenere pertanto utile, dato il recente impianto di molti vigneti di ‘Malvasia nera lunga’, che la compresenza delle due varietà debba essere opportunamente considerata, favorendo l’esaltazione delle caratteristiche sensoriali ed analitiche dell’una e quelle agronomiche e produttive dell’altra.

Il Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, vino dolce, frizzante ed aromatico, rientra in quel 4,9% di produzione di vini frizzanti in Italia e rappresenta una quantità piuttosto esigua; ciò fa presupporre che ci siano ancora ampi spazi commerciali e numerosi segmenti di mercato da conquistare.

Occorre quindi si definisca al più presto uno standard qualitativo per il Malvasia di Castelnuovo Don Bosco che già possiede caratteri organolettici adeguati alle nuove tendenze del mercato, ma perché conservi anche gli elementi della tradizione, ad esempio la nota dolce, per mantenere la dicotomia vecchio-nuovo che potrebbe diventare l’elemento chiave per fedelizzare il consumatore.

L’opportunità di una vinificazione in purezza dei due vitigni o la mescolanza delle uve dei due, deve essere definita al più presto ed inoltre occorre orientare il trasformatore alla vendita di un prodotto confezionato in bottiglia che recenti studi hanno dimostrato essere il trend consolidato soprattutto per contenuti di 0,75 litri cioè quelli che caratterizzano i vini di qualità.

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio del vino Nielsen (Basile, 1995), le vendite in bottiglia da 0,75 litri sono aumentate dell’1,9% nell’ultimo semestre ’94, con un prezzo medio di lire 5.326 il litro.

La coltura della vite ha poi una funzione ed un significato che vanno oltre il valore commerciale del prodotto vino. Le recenti alluvioni verificatesi nella nostra regione hanno dimostrato quanto il vigneto possa contribuire a tutelare un paesaggio collinare, anche fortemente in pendenza, riducendo in tal modo i rischi di smottamento e frane: senza l’intervento del viticoltore tali aree diventerebbero incolte e la mancanza di regimazione delle acque aumenterebbe i rischi di inondazione della pianura.

In Italia si contano 943.246 ha a vigneto (ISTAT, 1991) di cui solo 1/3 circa è in pianura e pertanto i restanti 2/3 della superficie vitata, trovandosi in collina, comportano costi di produzione e sacrifici decisamente superiori, anche se offrono notevoli garanzie di qualità del prodotto.

Il vino Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, deriva per l’appunto da vigneti dislocati in aree acclivi e pertanto notevolmente a rischio di abbandono soprattutto da parte dei giovani che fino ad oggi non hanno intravisto garanzie di redditi remunerativi.

Per favorire la conservazione di un patrimonio viticolo che tanto caratterizza il paesaggio di questi luoghi e per conservare le buone tradizioni che sempre più sono contaminate da modelli culturali anonimi e privi di valori occorre che la coltura della vite diventi veramente certezza di reddito.

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