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4.
A Suez: Pope greco e straccivendola.
Intralci diplomatici.
Partenza dal Caïro
[3.9.1846],
arrivo a Suez
[4.9.1846]
Ciò posto, ritorno alla mia storia per dire che, aggiustato ogni nostro affare, e consegnato il nostro bagaglio al transito inglese, accompagnati dagli amici, siamo montati in vettura, pagando per ciascheduno di noi tre ghinee equivalenti poco presso a 16. franchi. La vettura era senza elastici epperciò molto cattiva, tanto più che la strada poco piana, faceva [fare] dei salti bellissimi, ma comunque [era] sempre meglio della cavalcatura del camelo, col quale vi abbisognavano tre giorni, mentre così in meno di 30. ore siamo arrivati a Suez. Oggi Suez dopo l’apertura del canale di communicazione col mediterraneo, è divenuta una bella cittadina quasi tutta europea, ed avendo aquistato un canale di aqua dolce ha trovato la vegetazione e bellissimi giardini, epperciò ha cangiato di aspetto affatto, ma nel 1846. che brutto paese! non una pianta d’erba, una terra tutta sale che
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com’è deposito marino, non solo l’aqua, ma l’aria è salata. Al nostro primo arrivo colà non era che un piccolo villaggio tutto arabo e fanatico mussulmano, nel quale si trovava al più una ventina di famiglie greche scismatiche più cattive degli stessi mussulmani; tutta popolazione che viveva solo di commercio maritimo.
ricevimento fattoci da Costa:
la casa, la capella,
ed il cattolico unico di Suez.
Al nostro arrivo abbiamo cercato dell’agente consolare, un certo Costa ricco mercante greco scismatico, al quale eravamo raccomandati; questi ci ricevette molto bene al modo arabo e levantino presentandoci la pippa ed il caffè senza zuccaro. Dopo una breve conversazione ci fece condurre in una casa vecchia di sua proprietà tutta vicina a lui, e ci consegnò al suo figlio maggiore, che era un giovane di circa 20. anni, il quale parlava e scriveva sufficientemente l’italiano, affinché ci servisse di guida e pensasse ai nostri bisogni. Per il primo giorno ci fece portare un modico pranzo all’araba; ma poi dopo essendo venuta la carovana, abbiamo sistemata la nostra casa, e Fr. Pasquale si è messo [a] fare la cucina. Come la casa era abbastanza grande abbiamo potuto aggiustare la cappella per celebrare la S. Messa. In tutto Suez non si trovava che
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un semplice cattolico europeo, ed era un maltese, il quale teneva una
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bottega di aquavite, vini, ed altri articoli potabili ed anche comestibili. Come sono d’ordinario tutti i maltesi, egli pure frammezzo ai mussulmani si manteneva bene, ed appena arrivati fu subito da noi per esibire tutti i servizii che poteva. La mattina [non] mancava mai alla Messa, e dopo la Messa si fermava a fare un poco di conversazione con noi.
la locanda del transito
Vi era ancora una locanda inglese che apparteneva al transito; l’impresario della locanda era un’inglese protestante, ma le persone di servizio erano tutti egiziani (1a). Costava molto, ma il forestiere che voleva avrebbe potuto mangiare alla locanda, non poteva però dare l’alloggio, perché nei giorni di passaggio le stanze erano per gli inglesi, o altri che avessero preso passaggio diretto dall’Europa alle Indie o viceversa. La locanda non poteva fare per noi, poiché ci avrebbe costato una somma favolosa; alcuni che hanno passato qualche giorno hanno dovuto pagare tre scudi al giorno ognuno.
il prete greco di Suez, e la sua chiesa Voglio qui narrare una piccola storietta a prima vista leggiera, ma molto utile per chi ha bisogno di conoscere lo stato di decadenza fra questo poveri eretici orientali.
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Già ho notato sopra che il Suez esisteva una colonia di greci scismatici di circa 15. o 20. famiglie, la quale aveva una piccola chiesa
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con un Prete. Questi non avendo grandi occupazioni passava la sua giornata sulla porta della bottega del nostro buon maltese, e confabulando con lui aveva desiderato di conoscerci; il buon maltese ce ne parlò avvertendoci che era un’uomo molto semplice, e molto amico di bere; io gli dissi che l’avrei veduto molto volentieri; così non tardò a presentarsi col nostro maltese, e tanto io che tutti i compagni, i quali già l’avevano veduto molte volte nelle loro passeggiate mattina e sera, l’abbiamo ricevuto molto bene, e l’abbiamo invitato a pranzo. Mentre si pranzava egli ci invitò a vedere la sua chiesa, ed appena pranzati abbiamo chiuso la casa per andare a vedere quella povera chiesuola, la quale era strettamente a uso greco, e benché molto povera nella platea del popolo era ancora passabile; nel frontone del San[c]ta San[c]torum tutto chiuso vi erano le imagini dei dodeci apostoli, imagini in verità molto semplici e di gusto greco con niente di straordinario per chi conosce le chiese greche. Veduta la chiesa egli aprì una delle due porte e ci fece vedere il San[c]ta San[c]torum, un vero arsenale con una tavola vecchia, ed affatto nuda in mezzo, la quale serviva di altare con qualche rozzo candelabro con candele; in qualche angolo si trovava appeso un turibolo molto semplice, e sopra una tavola appesa al muro vi erano alcuni piatti di rame molto mal tenuti, ed in una cassa vi erano delle
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vesti ordinarie, e molto povere, molto mal proprie; fin qui però niente di straordinario in una piccola chiesa di eretici; solamente le mosche c’invitavano molto a sortire, ma il buon prete non aveva ancora fatto vedere il più: aprì un’armarietto con porta di legno mangiata dai tarli che minaciava di cadere, e ci portò un piatto con un poco di pane un poco muffito dicendo che era l’eucaristia conversata per gli ammalati; al sentire questo tutti ci gettammo in ginocchio, non fosse altro per edificare questo poveretto, il quale è da dubitarsi se sappia cosa è l’Eucaristia; il miserabile vedendo noi inginocchiati nell’adorazione, tenendo noi la sua ordinazione come valida, epperciò valida la consacrazione da lui fatta, egli al vedere questa scena non sapeva darsi pace sulla nostra condotta, e saltato come in collera faceva certe esclamazioni di disprezzo da farci veramente compassione, e quando coi suoi movimenti di stupore arrivò a versare l’eucaristia per terra allora ci siamo alzati e siamo sortiti dal San[c]ta San[c]torum; allora riportò il suo piatto nell’armario...!
visita della casa del prete
Dopo tutto questo, sortiti di chiesa di [ci] pregò di andare in casa sua e siamo andati; appena arrivati alla porta siamo rimasti di stucco al vedere la sua moglie ancor giovane venirci incontro ed introdurci in casa vestita da sposa con delle ghirlande di pietre preziose, di oro e di tutte le richezze orientali; presentarci
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una merenda in gran forma; il Padre Giusto da Urbino vedendo questa donna molto
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gloriosa della nostra [visita], Monsignore, mi disse, lascii a me la parola e le prometto che le farò sortire tutto quello che ha di bello e di buono, ed avendogli fatto segno d’affermativa, egli incomminciò a lodarla dicendo the aveva sentito parlare molto di essa (diffatti in tutto il paese si dicevano molte cose poco onorevoli... niente meno che essa era la bella di quel certo giovane che il signor agente consolare ci diede come nostra guida (1b),
il successore del prete
[1850]
questo giovane tre anni dopo, morto il buon parroco, io l’ho trovato nel 1849. rivenendo a Roma di passaggio a Suez[:] era divenuto egli parroco e coabitava con essa...!) tanto basti in questa storia per lo scopo che mi sono prefisso.
In Suez non lontano dalla città esisteva allora una fontana salmastra che poteva servire per lavare e per tutti gli usi della casa, ed anche per bere in estrema necessità, ma per bere, e per gli usi più delicati della cucina [altra acqua] soleva venire per la via del mare sopra le barche; il governatore la faceva venire e soleva darla agli amici, ed alle persone particolarmente raccomandate; veniva questa dalla fontana di Mosè, supposta da alcuni quella che Mosè fece sortire miracolosamente [p. 55] per abbeverare il popolo dopo il passaggio del mare rosso; per alcuni giorni l’agente consolare Costa ce la diede, ma dopo qualche giorno, sia per guadagnare denaro, sia anche per un’antigenio che avevano questi fanatici mussulmani contro di noi preti, fatto sta non si trovava più; visita al governatore; la nostra partenza impedita dal governo, fontana di Mosè il nostro maltese avendoci consigliato a fare una visita al governatore, ci siamo andati tutti al luogo detto divano, dove il governatore soleva ricevere le visite, ed anche fare i giudizii. Abbiamo parlato dell’aque di Mosè, e con tutta facilità diede ordine che ci fosse portata a sola condizione di dare qualche cosa alla sola persona che l’avrebbe portata; ma poi lo stesso governatore, consigliato forse da tutti quei fanatici mussulmani, sollevò la questione del nostro viaggio per /32/ l’Abissinia, e disse che trattandosi di un Vescovo il solo Viceré poteva mandano medianti alcuni tributi e formalità di uso, perché l’Abissinia è un paese che appartiene al Sultano. Io risposi che [non vi ero soggetto,] non essendo io un vescovo copto dall’Abissinia chiamato, e per restare in Abissinia, ma un semplice Vescovo missionario che doveva passare solo in Abissinia, [ma] destinat[o] dai miei superiori per i paesi [p. 56] Galla molto più al sud. Tuttavia il governatore mi esortò a fare dei passi per tempo, onde procurarmi documenti più precisi dal governo. Sentendo così ho scritto subito al Console Generale Francese ed a Monsignor Delegato, cosa che produsse un ritardo di circa 15. giorni alla nostra partenza.
una povera donna che inghiottisce monete Quì voglio narrare una piccola storietta che farà sempre conoscere la gran miseria del basso popolo anche in quel tempo di gran richezza dell’Egitto. Sortendo dal governatore sotto il portone vi era una povera donna vecchia, quasi nuda e legata. Ho detto al nostro maltese di domandare tutte le informazioni sulla causa per cui quella povera donna era stata legata: ed ecco la storia che mi raccontò, della quale mi ricordo, perché l’ho portata molte volte nelle mie conferenze. In Egitto in quel tempo si percepiva un piccolo tributo personale anche dai più poveri e nulla tenenti quando poteva provarsi che avevano qualche cosa. Questa donna faceva il mestiere di girare per la città con un piccolo pannier alla mano raccogliendo straccj ed ogni cosa [s]caduta; questa donna fù ricercata per pagare il suo tributo, che da alcuni anni non pagava più, in seguito alla denunzia fatta da una sua compagna dicendo d’aver veduto nelle mani della medesima qualche piccola moneta d’oro che teneva nascosta nei suoi straccj legata; accorgendosi di essere stata scoperta, e che venivano gli esattori per cercarla, essa inghiottì dette monete per salvarle alla visita, cosa nel paese conosciuta come in uso in simili casi: essa fu legata [p. 57] e doveva restarvi così custodita per tre giorni onde aspettare la sortita naturale di quel miserabile tesoro a beneficio del governo; così sono trattati i poveri dai figli di Maometto.
Del resto poi nel poco tempo che abbiamo passato in Suez verso sera quando incomminciava [a] declinare un poco il calore facevamo sempre una passeggiata sulle rive del mare, e così passeggiando questione sul passaggio degli ebbrei il nostro discorso più frequente era quello del passaggio del mare rosso del popolo ebbreo, la strada che hanno dovuto fare venendo gli ebbrei dalla terra di Gessen. Erano da noi riportate le diverse spiegazioni buone e cattive in tutti i sensi, e ciascheduno di noi diceva il suo parere sopra questo gran fatto della S. Scrittura. Suez è situato sulla riva del mare, e probabilissimamente in quell’epoca il mare si estendeva sul luogo della città /33/ stessa; il flusso e riflusso, il quale arriva quasi a due metri dalla sua totale elevazione al suo totale abbassamento hanno dato motivo a tante difficoltà, ma le chiavi che sciolgono tutte le difficoltà sono patenti: nella S. Scrittura è abbastanza segnata la strada the fecero gli ebbrei nella loro fuga dall’Egitto; le montagne dove si trovarono gli Ebbrei all’arrivo loro sul bordo del mare, i quali conservano [p. 58] ancora poco presso lo stesso nome indicato dalla Scrittura, la fontana di Mosè in tutti i tempi così chiamata, per tacere di tante altre ragioni che obligarono gli Ebbrei a tenere la strada indicata dagli espositori, sono sufficienti per servire di base onde stabilire il passaggio del mare suddetto molto più basso da quanto cercano supporlo alcuni nemici della Bibbia.
arrivo di carovane di pellegrini mussulmani Mentre noi incomminciavamo a conferire di quà e di là per organizzare il nostro imbarco, tutti i giorni arrivavano dal Cairo nuove carovane di pellegrini della Meca, e di giorno in giorno si aumentavano le ricerche delle imbarcazioni, e divenivano più care, ma ancora non erano arrivate le lettere che aspettavamo da Alessandria, e noi speravamo la venuta di ordini formali al governatore, affinché pensasse al nostro imbarco conveniente mediante la paga. Ogni giorno si lavorava per buone provviste per un viaggio sino a Gedda, viaggio di mare, il quale dipende dal vento, e dal tempo più o meno favorevole, e che perciò avrebbe potuto prolungarsi anche sino ad un mese; nel nostro passaggio dall’Europa all’Egitto [vi] erano grandi bastimenti capaci di resistere a tutte le peripazzie del mare, sopra i quali la persona può passeggiare, andare [e] venire, conversare, e ritirarsi per dormire a sua volontà, mentre sopra [p. 59] la barca araba l’uomo si trova sopra una macchina leggera in balia dei venti, capace di essere rivoltata da una buffara, oppure da una cattiva manovra dei marinari, f[r]à persone ignoranti, piene di pregiudizii contro di noi, e nel fondo nemiche; tutti questi pensieri si aggiungevano alla nostra immaginazione per aggravare di più l’idea del nostro imbarco, e posso dire che fra [di] noi non si parlava di altro, non si pensava ad altro, e persino dormendo questo pensiero non ci lasciava tranquillo; ma pure, dicevamo frà noi, siamo in ballo bisogna ballare, ed anche il mare ha il suo padrone Iddio, e dobbiamo sperare in lui.
lettere venute da Alessandria per la partenza In mezzo a tutte queste preoccupazioni eccoci arrivare da Alessandria le aspettate carte ed ordini, sia al governatore, sia all’agente consolare, ordine di cercarci una buona imbarcazione, e di assisterci; ci mandarono di più la bandiera francese con potere di innalberarla in strada per far conoscere a tutti la protezione della Francia, la quale avrebbe domandato conto delle nostre persone con tutta severità per ogni caso di disordine the fosse arrivato in strada, [p. 60] ordine di consegnarci al /34/ Governatore di Gedda, il quale era incaricato di accusarci l’arrivo col primo corriere.
disposizioni per la partenza e partenza da Suez
[22.9.1846]
Alla ricevuta di ordini così precisi per la via del console generale, e per la via del governo, il governatore e tutti gli impiegati si scossero, e chiamato l’agente consolare insieme andarono al porto e visitarono tutte le barche, e scelta la migliore e la più solida la sequestrarono per noi a fronte di tutti i richiami di altri che già l’avevano accaparrata fissandone il prezzo. Per assicurarla di più la dichiararono barca della posta del governo con facoltà d’innalbera[re] le due bandiere, la Francese cioè e l’Egiziana. Ciò fatto il governatore [e gli altri] presero alcuni giorni di tempo per preparare la posta e le lettere, e fissarono il giorno della partenza. Fr: Pasquale col maltese, il quale ci faceva un poco da servo pensarono a provvedere il necessario sia per mangiare, sia per dormire. Frattanto noi ci siamo occupati a scrivere alcune lettere, sia per l’Egitto, sia per l’Europa per annunziare la nostra partenza da Suez.
(1a) Quando si dice che il servizio è egiziano, vuoi dire che è misto di cristiani e di mussulmani. Il basso servizio è sempre mussulmano, perché questa casta difficilmente serve per l’interno della casa di un Cristiano. L’alto servizio s’intende sempre o greco, o armeno, più raramente copto. Il greco è molto furbo, gran speculista per se, ma non per il padrone, per il quale tende a larghegiare; la sua moralità va sorvegliata, sia nel manegio della roba, sia nel contatto colle persone dei due sessi, dei quali può supporsi egualmente appassionato; egli sa farla molto politamente, perché ha molto amor proprio, ed è molto superbo. Dove il greco non ha il suo Pop, trovandosi con un padrone cattolico sarà religioso quanto si vuote, senza però riformare il suo interno.
L’armeno poi è anche speculista, ma è di una natura più dolce, più religioso, e possiamo dire più tendente al cattolicismo. Quando nel fondo del cuore è ben dominato dalla religione, prende bene la morale cristiana, e sarà anche mistico e spirituale; ma guai se non è dominato nel cuore dalla religione, perché allora te sue passioni materiali sono più grossolane del greco, perché quest’ultimo non suol gettare la sua rete, se non è sicuro del suo colpo, mentre quello è meno polito e civile nelle sue passioni. In tutto il resto l’armeno è mercante fino, ma più cristiano del greco, cercando questi il lucro ad ogni costo come l’ebbreo.
Il Copto finalmente, come già dissi è più raro al servizio, perché il Copto
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delle campagne, la parte più sana di questa razza, sorte difficilmente dal suo stato di contadino; il Copto delle città poi dei due sessi entra a preferenza al servizio dei ricchi mussulmani e si addatta facilissimamente a tutti i loro usi e passioni, come nazione particolarmente dominata; impara la letteratura araba e fa lo scrivano, sia dei particolari che del governo, per poco che abbia studiato conosce tutte le storie arabe coi pregiudizii che vengono di seguito. Questi nelle sue passioni materiali è grossolano più dei mussulmani stessi: io stesso gli ho veduti in detaglio nei viaggi, e sulle barche; la loro religione esterna è quasi più mussulmana che cristiana. I greci ed armeni professano una tal quale civiltà che gli trattiene da certe bassezze, mentre i giovani copti hanno perduto affatto questo sentimento di civiltà.
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(1b) Questo giovane Costa, pendente il tempo che noi eravamo in Suez serviva già alla Chiesa come Diacono, e stando a quanto si diceva dal publico, faceva anche un poco da diacono in casa del povero Pop greco. Io ho fatto molte conferenze con lui, e posso dire che ho esaurito il mio poco zelo di quel tempo, sperando di seminare qualche cosa di buono nel suo cuore, ma ho trovato un cuore di pietra, non solamente indisposto a ricevere la parola, ma tutto all’opposto armato di uno zelo settario contro di noi = i Latini, diceva, vogliono dominarci, ma noi non ci lascieremo dominare; io vi compatisco, il Papa vi proibisce le donne, ma noi abbiamo riaquistata la nostra libertà, e ne siamo gloriosi = queste e simili parole indicano abbastanza di qual carattere era. Faceva un poco di scuola greca ed araba, e con questo titolo radunava giovani dei due sessi, e si dicevano molte cose contro di lui e della sua moralità, ma in paese il suo Padre, persona rispettabile, imponeva silenzio a tutti. Come faceva la scuola nella casa stessa, dove noi eravamo a pian terreno, i nostri di casa hanno potuto vedere molte cose. Egli era nemico della nostra cappella, e vedeva con pena la casa del maltese [a] frequentarci. Io era molto impaziente di partire per causa sua, temendo da un giorno all’altro che mi guastasse qualcheduno di casa. Ecco tutto quello che posso dire oggi sopra una storia di 35. anni sono. [Torna al testo ↑]