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21.
In Terra Santa.
Preparativi al Cairo di Giorgio Bartorelli.
arrivo in Alessandria
[13.4.1851];
separazione dal signor Arnou.
[p. 289]
Così coll’arrivo in Alessandria ci siamo separati io ed il Signor Arnou; ques[to] prese la via diretta per il mare rosso, per Massawah, e per l’Abissinia, ed io dopo essermi trattenuto due giorni con Monsignore Delegato, ho preso un posto sopra un vapore che partiva per Giafa, ed ho voluto cogliere il poco tempo che aveva sino all’arrivo del P. Agostino d’Alghero da Roma per visitare Gerusalemme.
mia partenza per Giafa, e Gerusalemme
[apr. 1851].
In due giorni siamo arrivati a Giafa, l’antica Joppe, dove S. Pietro ha ricevuto gli inviati di Cornelio, divenuta Giafa per la legge di trasformazione di certe lettere gutturali e labiali, come il jod div[i]ene gia dal latino all’italiano in Jesus Gesù, Joannes Giovanni, e così altri; parimenti le labiali p diventò f per la stessa ragione.
Ramle.
Palestina.
religiosi di Terra Santa.
Partiti da Giafa siamo entrati nella vera Palestina, derivata da Philistiim per la stessa legge, trasformazioni che si trovano ogni giorno, le quali ben meditate servono molto ai viaggiatori per imparare le lingue, ed i diversi dialetti delle medesime. I religiosi di terra santa che ci hanno ricevuto in Giafa nello stabilimento dei pellegrini, ci hanno anche ricevuto in Ramle, nome nuovo, e paese che ha preso uno sviluppo in tempo delle crociate, da quanto si dice, ed oggi come capitale dell’antica Palestina; anche qui i religiosi di terra santa hanno uno stabilimento e ricevono i pellegrini.
montagne della Giudea Da Ramle dopo due ore di fertilissima pianura si sorte dall’antica Palestina ed incommincia[cia]no le montagne della Giudea, e possiam dire[:] ascendimus Jerosolimam, e ci vogliono quattro buone ore per arrivare a Gerusalemme. Anticamente da Giafa a Gerusalemme [p. 290] non si trovavano asini e cattivi cavalli, ed io ho sempre fatto questo viaggio a piedi, oggi si trovano cattive vetture senza elastici, ma senza di queste non sarei arrivato.
prestigio sull’imaginazione del pellegrino cristiano a misura che si avvanza Dal momento che si incomincia [a] salire la Giudea, per la persona abituata al linguagio biblico incomminciano [a] dominare le idee bibli- /180/ che dei due testamenti, e se si ha la fortuna di possedere qualcheduno abituato al linguagio dei ciceroni che non mancano in simili paesi monumentali, il sentirsi [ripetere] ad ogni istante il nome scritturale di quel dato luogo è una vera delizia per chi arriva la prima volta a scoprire quei luoghi; a misura poi che si progredisce verso Gerusalemme per il cristiano l’idea che tutto quel terreno è stato calcato dal divin Redentore, per poco di fede che vi sia il cuore rimane molto commosso, perché tutto per lui diventa un vero santuario; quando poi il forestiero cristiano arriva a scoprire Gerusalemme, allora si sente un vero bisogno d’inginocchiarsi per adorare il trono della divinità.
la grandezza mistica, e la povertà materiale moderna Quanto [si] impone al cuore del pellegrino cristiano l’idea religiosa di questo mistico paese, oggetto di venerazione a quasi tutto il mondo, altrettanto poi cade il suo cuore nel senso mondano e materiale: un paese tanto classico vederlo così miserabile nella sua richezza materiale, così povero di popolazione, massime poi, confrontato lo stato attuale, col [patrimonio di] quanto di migliore ci lascia supporre la storia scritturale, ed anche certe enfatiche espressioni degli stessi profeti, bisogna dire che quel paese, o che è stato colpito da un gran castigo, oppure che gli è stata tolta [p. 291] la sua parte materiale, per lasciare libero il campo dell’immaginazione e del cuore al suo mistico essere; in me almeno produsse questa impressione. Gerusalemme è un’amasso di rovine, la palestina-giudea è un’amasso di pietre informe seminate di qualche olivo.
arrivo a Gerusalemme, e mie prime impressioni. case. chiese. religiosi. ricevimento. Io sono arrivato a Gerusalemme, e la prima impressione che mi fece fù quella di una persona, la quale fa un lungo cammino per vedere una casa amica e consolare una famiglia dove di recente è mancato un gran personagio. In quella città [non] si vede mai uno slancio di piacere materiale, quasi mai una persona che ride; in quel luogo tutto è preoccupazione al di là di ciò che si vede; il luogo solo assorbisce tutto il pensiere del pellegrino abituato a riflettere. I religiosi mi ricevettero colla massima cortesia alla così detta casa nova, casa dei pellegrini, tutta vicina al gran Convento di S. Salvadore, dove la Chiesa è nascosta nell’interno della casa, e vi si arriva passando due o tre porte. Gerusalemme era allora una città circondata di vecchi muri, contrade strette, storte, e mal proprie, ecco tutto, dimodoche levata a Gerusalemme la parte mistica il forestiere non resterebbe neanche un giorno, e vi lascierebbe tranquillo un’amico delle antichità a fare i suoi rimarchi.
Gerusalemme materiale che si vede.
quella che si crede e si pensa.
Gerusaleme per se gran santuario.
suoi santuari particolari.
Vi sono in Gerusalemme una quantità di Santuarii, dove siete condotto per lo più da un religioso che vi fa qualche spiegazione, quasi sempre
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sul rapporto storico che ricorda qualche fatto della presenza di nostro Signore, ma chi riflette pensa che cammina
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dentro un Santuario continuo, dal quale non sortirà che allontanandosi qualche ora da Gerusalemme. Il pellegrino che è sacerdote suole distribuire i suoi giorni, d’accordo colla sua guida, per celebrare la S. Messa nei diversi Santuarii che vi sono in Gerusalemme tanto dentro che fuori le mura; solamente nella basilica detta del S. Sepolcro si trovano molti Santuarii, dove vi è la cappella per celebrare la S. Messa, quello che più è visibile, e più venerato è quello del S. Sepolcro, che sta sotto la cupola in mezzo della basilica, ma per il sacerdote il più fecondo di santi affetti è il Calvario, luogo, dove si celebrò la gran Messa di cui la nostra non è che una rinnovazione tutta mistica, ma reale: sul calvario stesso si trovano tre Santuarii, la crocifisione, la morte di nostro Signore, e lo Stabat Mater. In Gerusalemme avvi ancora un Santuario che lascia qualche cosa a desiderare, ed è il cenacolo, nel quale è difficile poter ottenere di celebrarvi, perché nel[le] mani dei mussulmani.
erit sepulcrum ejus gloriosum.
quale qu[e]sta gloria.
pietà dei cattolici.
testimonianza esterna degli eretici.
gloriosum pure nella [su]disputa eterna, dove tutte le razze hanno di che sperare.
Visitando tutti questi Santuarii avvi una cosa che strazia il cuore del povero pellegrino, ed è il vedere tutti quei luoghi santissimi profanati da ogni specie di eretici e di infedeli, divenuta Gerusalemme oggetto e materiale di una disputa eterna, e di guerre anche fino al sangue. Io ho cercato sempre per quanto mi è stato possibile di trovare nell’ordine della Providenza una ragione per cui Iddio ha permesso questo disordine, ed a prima vista vero scandalo, e nessun’altra mi apparve più a proposito che quella di supporre nel cuore,
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che Iddio abbia [consacrato] questi luoghi ad una disputa eterna per moltiplicare le testimonianze della sua grandezza, come un gran tesoro perduto è cercato da tutti, Gerusalemme presenta uno spettacolo simile, non solo la gran famiglia Cristiana con tutti i suoi rami secchi; e divenuti come barbari, ma gli Ebbrei, i mussulmani hanno colà qualche cosa da pretendere, e la Chiesa tanto gelosa, colà divenuta impotente a difendere l’onore del gran Santuario, è forze l’unico luogo della terra dove essa celebra sopra il medesimo altare colla più infame eresia.
perché i protestanti ivi sono i più bassi di tutti gli stessi eretici? Una piccola idea ancora mi rimane a notare[:] in Gerusalemme frà tutta la turba degli infedeli di ogni genere che pretendono un nome colà, quelli che colà sono caduti più [in] basso sono i poveri protestanti, i quali affatto non si vedono, forze perché col loro razionalismo sono caduti in una teocrazia che equivale all’ateismo, epperciò più lontani di tutti nella gran famiglia dei figli di Adamo; essi vorrebbero essere cristiani, ma in Gerusalemme, anche frà i più bassi eretici non si conosco- /182/ no i cristiani senza altari e senza sacerdoti. La massoneria madre dell’anticristo che sta covando, perché [racchiusa] ancora nel guscio del mistero usque ad tempus, questa che è l’ultima formola dell’ateismo, già divenuto legale in molti luoghi, ma non ancora in stato di levare la bandiera della sua monarchia universale; questa massoneria è figlia del protestantismo, cosa che oggi non è più un mistero; basta questo riflesso per il povero protestante di buona fede, se pure nel cuore mantiene ancora un germe di fede, per doversi convertire.
s. Giovanni in montana. [p. 294] Ho visitato tutti i Santuarii dentro e fuori le mura di Gerusalemme e vi ho celebrato la S. Messa. Sono andato a S. Giovanni in Montana, dove era la casa di S. Zaccaria e S. Elisabetta, e vi naque S. Giovanni, epperciò dove ebbe luogo il mistero della Visitazione della Madonna, e dove furono inspirati i due famosi cantici[:] il Magnificar, ed il Benedictus; ho passato colà una giornata ed una notte in pensieri i più teneri ed i più sublimi...! Un’altro monumento dell’antico testamento è supposto poco presso nello stesso luogo, ed è quello dell’antica Hebron, do[ve] Davidde incomminciò il suo regno.
Betlemme.
suo prestigio diverso da Gerusalemme:
la popolazione;
la basilica di s. Elena;
i santuarii.
Un’altro giorno mi condussero a Betlemme; colà [si apre] un’altro cielo molto più allegro di Gerusalemme. In Betlemme vi pare di sentire ancora l’eco del Gloria cantato dagli Angeli, tanto l’idea dominante colà è allegra. La popolazione di Betlemme è tutta Cristiana, ma la sola metà è cattolica composta la maggior parte di artisti che fabbricano corone, crocifissi e medaglioni di madre perla; l’altra metà della popolazione è nella maggior parte greca poco migliore della mussulmana. La gran basilica di S.t Elena ancora ben conservata basterebbe per dare una grande importanza a quel gran Santuario, ma sgraziatamente è il teatro di una continua guerra trà i greci ed i latini, i quali colle armi alla mano difendono i loro diritti, e ben soventi vengono alle mani provocati sempre dai greci razza irrequieta, e nemica della latina più che in Gerusalemme, dove la vicinanza delle autorità turche ed europee, gli tiene più in freno. La grotta è divisa in due parti, il luogo dove è nato nostro Signore segnato da una stella, di cui i greci pretendono la proprietà; quindi la grotta del presepio, la quale è più particolarmente considerata come proprietà dei latini. Avvi poi innoltre la grotta detta di S. Girolamo,
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dove vi sono gli antichi sepolcri vuoti di S. Girolamo, di S. Paola, e di altri Santi. Questa è tutta proprietà dei latini e vi si trovano alcuni altari, dove dicono la Messa i nostri latini. Tutti i giorni si aggiusta l’altare nella grotta del presepio, dove io ho potuto celebrare la S. Messa, e dove sono ammessi a celebrare anche i sacerdoti pellegrini.
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convento di terra santa;
stabilimento per i pellegrini
Acanto [al]la Basilica di S.t Elena da un lato si trova il convento dei Francescani, e lo stabilimento per i pellegrini europei e levantini cattolici. Dall’altro lato avvi il monastero dei greci scismatici coll’albergo dei loro pellegrini. La basilica poi serve al culto di tutti, dei Latini in una parte, dei Greci nella maggior parte, e degli armeni, i quali uffiziano anche in un angolo, ma il gran corpo della basilica è come una piazza vuota, la quale serve per tutti. Io sono rimasto tre giorni in Betlemme: nel primo giorno ho visitato l’interno della basilica, la grotta della nascita, e quella tutta vicina della culla o presepio che si voglia dire; poscia la grotta di S. Girolamo, dove si vedono alcuni monumenti interessanti.
grotta del latte;
grotta dei pastori;
wasca di Salomone
hortus conclusus, fons signatus.
nel secondo giorno ho visitato la grotta così detta del latte, dove si suppone che la madonna vi sia rimasta qualche giorno; questa è fuori della città, ma vicina; dopo lontano qualche kilometro abbiamo visitato la grotta detta dei pastori in una pianura, in vista della città. Nel terzo giorno siamo andati alla Wasca di Salomone, lavoro colossale salomonico, il quale raccoglie l’aqua di una gran fontana, e di alcune altre piccole fontane; da questa gran Wasca partivano i condotti che portavano l’aqua a Gerusalemme, condotti stati tagliati dalle guerre, in specie nella guerra di Tito e Vespasiano. A basso della Wasca in una piccola valle avvi il così detto Ho[r]tus conclusus, supposto quello della Cantica.
sepolcro di Rachele in Efrata;
quello di Lazzaro in Betania.
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Nel quarto giorno siamo ritornati a Gerusalemme. Strada facendo, un poco più di metà strada a sinistra ci fanno vedere le vestigia di un sepolcro che la tradizione del paese, ed il linguagio dei Ciceroni chiama il Sepolcro di Rachele citato dai Profeti in Efrata. A mano diritta ci hanno fatto vedere in lontananza Betania la casa ed il sepolcro di Lazzaro, luogo che io non ho visitato.
piccolo conventino del s. sepolcro;
sue strettezze;
sue osservanze.
Arrivato a Gerusalemme, ho lasciato la casa nuova per passare otto giorni nel piccolo convento del S. Sepolcro, dove restano per turnum circa 30. religiosi venuti dal gran Convento di S. Salvatore. Questo piccolo conventino è un luogo malsano costruito utilizzando tutti i vani esteriori della basilica senza sfogo, e senza porta all’esteriore fuori di quella del S. Sepolcro, la cui chiave sta nelle mani di un’impiegato mussulmano, e si apre solo pagando una quota. In questo Conventino non si fa cucina, ma il pranzo e la cena viene mattina e sera dal Convento grande di S. Salvatore. I religiosi dentro questo Conventino sono obligati al coro, ad assistere a tutte le funzioni e messe cantate che [che] vi sono ogni giorno. Si levano a mezza notte come i Cappuccini, e fanno tutti i digiuni a stretto magro. L’interno di questo conventino [di questo conventino] è oscuro, senza corridoi da fare due passi, e non
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prende aria che da un’angolo. I depositi di tutte le latrine dei turchi [e] dei greci sono vicine e mandano un’esalazione insopportabile. Ogni religioso non è obligato a fare più di un mese, ma io ne ho conosciuto uno, il quale contava già 24. anni [di dimora].
ho passato otto giorni sulle gallerie del s. sepolcro
per godere le dolcezze della Maddalena;
per studiarvi i diversi riti, e le diverse razze.
Io sono rimasto otto giorni, e benché mi avessero dato la miglior camera che si trova, pure io ho voluto passare sempre le notti sopra le gallerie interne della Basilica
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dove aveva sotto gli occhi il S. Sepolcro, e poteva vedere tutte le funzioni dei greci, e degli armeni, le quali hanno sempre luogo da mezza notte alle sei del mattino.
Io avrei qui molte impressioni da scrivere sul rapporto di tutti questi riti, e sul carattere di queste diverse razze che da tutto il mondo vengono a Gerusalemme, ma come io ho dovuto fare qualche studio a questo riguardo come avente molta relazione coll’Abissinia; per altra parte poi come sono venuto a Gerusalemme molte altre volte, mi rimetto ad altra epoca; se pure non risolverò di scrivere a parte le mie idee, se Iddio mi darà tempo e salute. Per oggi basta quello che ho scritto, avendo avanti di me una gran storia ancora sepolta e che debbo sviluppare.
mio ritorno a Giafa, e ad Alessandria
[inizio di mag. 1851].
Appena passata la Pasqua Latina, prima che arrivasse la Pasqua Greca, che in quell’anno non era colla nostra, io ho lasciato Gerusalemme, e me ne sono ritornato a Giafa per prendere il primo vapore che sarebbe partito per Alessandria, avvicinandosi il tempo dell’arrivo colà del mio Segretario P. Agostino d’Alghero di ritorno da Roma.
Appena arrivato a Giafa non tardò il vapore a venire da Bajruth per prendere i pellegrini di ritorno da Gerusalemme e portarli in Europa. Io ho preso il posto per Alessandria, dove sono arrivato in due giorni. Appena ho avuto qualche giorno di riposo, che il mio Segretario arrivò da Roma, dove si era trovato [a] tu a tu col Papa, ed aveva potuto parlare col medesimo di tutti i miei affari, così [pure] colla S. C. di Propaganda, [p. 298] e col P. Generale. Da tutti avendo ricevuto, una lettera di congedo, unita alle facoltà domandate, con un sacco di benedizioni, ho potuto liberamente pensare ai futuri miei piani tenuti sempre segreti.
conferenze segrete con monsignore Delegato, e col console generale francese sul mio viaggio del Sennar. Ho manifestato il secreto del viaggio per il Sennaar a Monsignor Delegato con patto di non esternarlo a nessuno. Con lui sono andato dal Console Generale Francese, al quale ho fatto vedere il mio passaporto fatto per ordine dello stesso Ministro sotto il nome di Bartorelli, dicendogli che sotto questo nome io contava di partire per la via del Sennaar, mentre sotto il nome di Massaja io era aspettato in Aden, esponendogli che io aveva bisogno di far questa manovra per sottrarmi dalla /185/ persecuzione dei Copti. Che intanto io lo pregava di procurarmi un’ordine del governo, sia per Cartum, sia per Fasuglu, col quale, dietro una mia ricevuta io potessi ritirare qualche somma, la quale sarebbe stata pagata quì da Monsignore Delegato.
Il Console generale comprese il mio piano, e mi promise ogni cosa; anche un firmano dal Vice-Re, mediante il quale sarei stato rispettato dovunque come un distinto viaggiatore.
mia partenza per Caïro
[metà mag.]
Cio fatto, congedatomi dai Frati di terra santa, dai Lazzaristi, e dai Fratelli della dottrina cristiana, e da altre persone, io sono partito per il Cairo coi mio Segretario.
istruzioni preparate per Aden. Cairo era il luogo dove dovevano aver luogo tutte le operazioni di partenza per il Sennaar, e di separazione [p. 299] col P. Segretario. Come in Aden mi aspettavano portatore di mezzi per fabricare la Chiesa e la casa; io ho consegnato ogni cosa al suddetto mio Segretario con ordine di consegnare tutto questo al P. Sturla mio Vicario Generale. Gli ho consegnato l’ubbidienza da mandarsi in Massawah a Fr. Pasquale per venire in Aden ad eseguire il piano della Chiesa che eravamo intesi [di costruire]. Come il P. Leone era già partito per le isole Chechelles, il P. Segretario poteva restare in Aden in suo luogo per provare il clima, e se poteva resistere io lo incaricava di assistere Fr. Pasquale per l’amministrazione delle opere di costruzione; in caso diverso sarebbe stato in piena libertà di ritornarsene in Europa.
arriva il vicario generale di Morizio,
proteste contro p. Leone
lettere di questi a me.
Mentre stavamo aggiustando tutto questo all’improvviso arriva da Aden il Vicario Generale del Vescovo di Maurice portando una protesta contro l’operato dal P. Leone nelle Isole chechelles; lettere del P. Leone nelle quali si lagnava che il governo inglese ad istanza del Vescovo di Morice l’aveva obligato a partire dalle isole Chechelles, dicendomi che aspettava in Morice il mio ordine. Gli ho mandato l’ubbidienza per venire in Aden, dove avrebbe aspettato gli ordini di Roma, dove io stava scrivendo lo stato della questione.
Il P. Agostino d’Alghero mio Segretario venendo in Aden, avrebbe portato tutti i miei ordini per la costruzione della Chiesa. Scrissi a D. Sturla, di ricevere il sullodato mio Segretario, [p. 300] il quale potendo restare in Aden l’avrebbe aiutato in tutto; se no poteva ritornarsene a Roma; frattanto da lui avrebbe sentito tutte le mie ulteriori risoluzioni che per forza ho dovuto prendere in seguito a lettere venutemi dall’interno.
lettere al vescovo di Morizio
[23.5.1851]
ed a Roma
[24.5.1851]
in difesa di p. Leone, e questo chiamato in Aden
[23.5.1851].
Ho scritto al Vescovo di Maurice la mia difesa rapporto all’affare delle isole chechelles. Io a questo riguardo aveva scritto a Roma la mia difesa, ed il suo Vicario Generale ne avrebbe sentito colà le decisioni. Io
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disapprovava il suo ricorso al tribunale del governo prima di scrivere a me e di sentire il giudizio di Roma. Che fratanto io richiamava in Aden il Padre Leone, lasciando a Roma la decisione relativamente alle isole chechelles.
Finito questo affare ho pensato alla mia partenza. A questo proposito io aveva bisogno di una buona raccomandazione del Vescovo Patriarca Copto mio grande nemico in Abissinia. In Caïro era una notizia publica che questo Patriarca Copto sentendo la mia entrata in Abissinia, aveva mandato in Abissinia Abba Daud superiore del Convento di S. Antonio a predicare una crociata contro di me, industria per ottenere lettere di raccomandazione del patriarca copto per il monastero di s. Antonio ed io aveva bisogno di recarmi appunto al Convento di S. Antonio e di parlare ad alcuni Vescovi dell’alto Egitto di giurisdizione di questo Patriarca eretico [?] come fare per avere questa raccomandazione? Un disperato Francese sotto il nome di Bartorelli Giorgio, dicendo di voler andare in Alto Egitto, con una buona mancia alle persone del Patriarca si procurò una lettera di raccomandazione presso tutti [p. 301] i vescovi Copti, e presso gli abbati dei due Conventi di S. Antonio e S. Paolo, come se fosse stato per lui, e me la portò mediante un compenso, promettendogli un’aggiunta se avrebbe tenuto il secreto. (1a)
Giovanni Messarra mi fa il contratto della barca
sino alle cateratte.
Mi restava ancora una cosa [d]a fate per partire ed era quella di cercare una barca sul Nilo che mi portasse sino alle cataratte. Per questo si richiedeva una persona per fare il contratto in forma, e che prendesse tutte le precauzioni per assicurare che nulla accadesse; per questo il capitano doveva dare una cauzione. Ho chiamato per questo Hanna (2a) Messarra (Giovanni Messarra) Dragomanno del Consolato inglese, che io aveva fatto mio Procuratore in Caïro in aiuto di Monsignore Delegato, ed in suo aiuto [sostituto?]. A questi ho manifestato il mio secreto in parte; mi aggiustò la barca, mi fece tutte le provviste di viaggio, e fece tutte le demarcie necessarie, procurandomi ancora raccomandazioni ai governi di diversi luoghi.
la sera faccio una visita a Messarra, e di la parto
[24.6.1851].
Fatto che ebbe questo venne a prender-
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mi sotto pretesto di andare in casa sua per qualche affare. Il P. Agostino con cui io era inteso, fece portare il mio sacco, ed una cassa, in cui si trovava il necessario per la S. Messa, ed accompagnato da lui solo (3a), insalutato hospite, sono partito, e mi sono imbarcato. Il P. Agostino fece poi le mie scuse alla casa, ed agli amici. Ho lasciato il Cairo la sera del 24. Giugno 1851.
(1a) Monsignor Teodoro Abucarim Vescovo Cattolico dei Copti, mi aveva dato molte commissioni per alcuni Vescovi eretici dell’Alto egitto, i quali avevano qualche inclinazione per farsi cattolici. Sopratutto mi pregò di adoperami in modo da liberare un giovane per nome Cherubino, già allievo di Propaganda a Roma, e mandato dai parenti al Convento di S. Antonio, dove fu fatto monaco per forza. [Torna al testo ↑]
(2a) Non vi è lettera di alfabeto, quanto il j del nostro latino in Jesus, Jacob, Joannes, la quale si trasformi tanto, non solo nelle nostre lingue, ma anche nelle orientali. In latino diciamo Jesus, ed in italiano Gesù variando anche la lettera j in g; mentre i francesi, senza variare la lettera j, come ognun sa cangiano solo il suono di essa. L’arabo invece cangia[no] il jod ebraico in forte aspirata dicendo hhanna per Jona, ed hhaïssa per Jesus, hhacob per Jacob. Per la stessa ragione Joppe diventa or. hhobbe, ed ora Giafa. [Torna al testo ↑]
(3a) Come invitato alla sua festa pel giorno onomastico di S. Giovanni. [Torna al testo ↑]