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24.
Navigazione verso Koròsko:
Assiut e l’antica Tebe.
dieci giorni di viagio niente di particolare.
sopra un’isola una mandra di cocodrilli.
piccoli cocodrilli.
uno preso ed ucciso.
La nostra barca in nove giorni arrivò in Assiut quasi sempre passando la notte nei villaggi ancorata, perché più si monta i coccodrilli moltipliandosi i marinati non si azzardavano tanto facilmente a discendere di notte per tirare la barca ogni qual volta si presentavano cattivi passi. A misura che si avvanzava la stagione il Nilo andava crescendo, e la nostra navigazione
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andava facendosi più facile, tanto più che il vento diventava più forte e più vivo. In tutto questo tragitto non mi ricordo che sia arrivato qualche cosa di notabile, ad eccezione che un giorno sopra un isola del Nilo [vidimo] una quantità enorme di coccodrilli; da lontano parevano grossi lucertoni, ma a misura [che si avanzava] crescevano in volume, ed avvicinandosi entravano nell’aqua. I marinari mi fecero vedete dei piccoli cocodrilli quasi appena nati, ed erano lunghi poco più di due palmi circa; anzi ne presero uno e lo amazzarono; ancorché piccolo aveva già una gran forza e ci bisognava tutto per tenerlo.
Assiut gran città.
missione cattolica.
molti copti eretici;
Arrivato in Assiut la più gran città dell’alto Egitto, [vi] siamo rimasti due giorni, perché là vi era la missione cattolica, ed io pensava a confessarmi e celebrare la S. Messa, ma sgraziatamente il Padre missionario essendo andato a vedere un’altra chiesa, la chiave stava nelle mani di un cattolico, ma non si è potuto trovare tutto il necessario; il Padre dovendo venire mi sono deciso di aspettarlo. In Assiut vi sono molti Copti eretici, ma pochi cattolici si trovavano in qual tempo; ve ne erano molti in un’altro paese vicino, dove il missionario passava una parte del suo tempo.
un medico europeo. Si trovava in Assiut un medico europeo, ed un mercante italiano, tutti [e] due brave persone che frequentavano il missionario. Io passava la notte sulla barca, ma il giorno lo passava con loro. Le carovane prove- /208/ nienti [p. 334] dal Darfur venivano in Assiut, il medico mi da il numero dei schiavi passati in tre anni; ed il medico era obligato a vacinare tutti i schiavi di quella provenienza; quelli che venivano dal Sennaar si vaccinavano in Kartum, ed in Dungula, ma in Assiut vi era il controllo di tutti i schiavi che discendevano dal Nilo al Caïro. Questo medico fu cortese e mi diede il calcolo preciso di tre anni per avere una media.
in Assiut le case sono cattive.
per quale ragione.
Assiut è una grossa città, ma malissimamente fabricata, quasi tutta di semplice terra vegetale; le case al piu contavano un secondo piano; la ragione è perché non si trova il terreno sodo che ad una gran profundità, essendo tutto sedimento del Nilo, e questo fiume tutto vicino minaciava di gettarsi sopra la città.
sorci appesi alla zappa dei contadini copti; Una sera andando a spasso ho veduto dei paesani che ritornavano dalla campagna ed avevano dei grossi sorci appesi alla zappa che pendevano dietro la spalla ho domandato a qualcuno e mi dissero [:] è un Nosràani (copto cristiano) il quale gli porta a casa per mangiare; ho veduto questo la prima volta, cosa che aveva inteso in Abissinia, dove i copti per ingiuriargli gli chiamano mangia sorcj; io non l’avrei creduto se non avessi veduto.
venuta del missionario.
la s. Messa.
Dopo aver aspettato tre giorni venne il missionario; mi sono confessato e celebrata la S. Messa, a fronte che questo bravo sacerdote mi facesse molte istanze per trattenermi, passata con lui la giornata, la sera mi sono congedato da lui, e congedatomi pure dai due europei sono entrato in barca e la notte siamo partiti.
passato Assiut incommincia il viaggio dei dotti;
mie osservazioni sulla vanità dei monumenti;
riflessioni sopra il divino progresso.
Il viaggio che ci resta [d]a fare sarebbe il viaggio dei dotti che si occupano delle antichità egiziane; io non ho ne i mezzi, ne la capacità, ne
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la missione di occuparmene. Vedendo di passaggio tutte queste antichità per le quali si sono già stancati molti delle diverse nazioni d’Europa senza aver fatto fare grandi passi alla scienza, ho sentito nel mio cuore il bisogno di esclamare[:] Vanitas vanitatum, cioè vanità in chi ha fabricato questi gran monumenti, perché non vi sono più, ed in tutti questi sforzi nulla hanno guadagnato, tutte le loro fatiche sono sepolte in parte dai sedimenti del Nilo, ed in parte dalle sabbie del deserto, ed il fabbricatore [non] ha guadagnato nulla, neanche il nome che pure intendeva di farsi, perché non si trova più; vanità in chi si affatica a cercare, perché non troverà altro se non che un sol vero, cioè che accaderà a tutti i suoi sforzi quello che è accaduto a chi gli ha fabricati, dopo un poco di rumore nulla più resterà per lui, neanche la riconoscenza, perché sta scritto anche per lui[:] vanitas vanitatum, et omnia vanitas præter amare Deum et illi soli servire. Questi gran monumenti progresso del tempo loro, provano che il progresso del mondo non è una divinità come alcuni si
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danno ad intendere, perché altrimenti non sarebbero morti come lo sono, perché questi sono come le ossa di una vita passata, e ciò che passa non è una divinità; ed in avvenire altri uomini diranno dei nostri progressi ciò che noi diciamo dei progressi di Tebe, non sunt; sono morti, e non ci sono più; perché la divinità non è il progresso, non è il mondo che passa, ma un’essere separato che lo crea e lo distrugge. Quello sarebbe l’unico che bisognerebbe studiare, amare, e servire per aquistarsi un nome eterno.
Ho scritto i pensieri che mi passavano per la mente vedendo tutti questi monumenti dell’antica Tebe, e dell’antico Egitto; ma ancora altri pensieri dopo di questi [p. 336] [altri pensieri] mi passarono per la Fantasia molto più pratici: in tutti questi paesi di civilizzazione primitiva, i quali hanno avuto qualche diritto di gloriarsi della loro civilizzazione o progresso che vogliamo chiamarlo, come l’Egitto, la Fenicia, e la figlia di questa che è Cartagine, Iddio ha dato dei figli così degenerati e così barbari, come sappiamo, i quali neanche sono capaci di concepire un’idea della grandezza dei Padri loro, talmente sono decaduti. le sfingi sortono la testa infranta e dicono = in questo mare di sabbia giaceva Tebe. Almeno vi fossero ancora i popoi, ma no, quei poveri paesi sono tutti deserti. Tebe è divenuto un mare di sabbia di sotto la quale centinaia di sfingi colossali mettono fuori [la] l’infranta testa che parla all’occhio del forestiere, e dice[:] quì vi era la superba Tebe. Ora una simile umiliazione non può forze essere riservata anche a noi? Appunto quello che temono tutte le persone che ancora hanno un poco di calcolo, e di buon senso.
altra missione cattolica, molto fervente;
conferenze col missionario.
facilità di convertire i copti
Partito da Asiut in tre giorni ho trovato un’altra missione cattolica copta diretta da un Padre Minor Riformato, col quale ho voluto passare un giorno per fare le mie divozioni. Qui ho veduto un vero movimento; un vilagio intiero era divenuto cattolico, ed ho trovato una scuola di ragazzi molto animata. La mattina alla Messa la Chiesa era piena di gente. Questo missionario mi disse che aveva altre cristianità non molto lontane, dove vi erano dei sacerdoti indigeni di rito copto. Discorrendo con quel missionario mi diceva che sarebbe stato molto facile convertire tutti i copti se si trovasse più energica protezione, cosa da desiderarsi, benché non sia buon segno,
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perché la conversione ottenuta per motivi secondarii ed umani per lo più non è costante, serve per il momento per ingrandire l’opinione nel publico, e per salvare qualche anima, ho veduto sempre che ciò che si è ottenuto per un motivo umano, un’altro motivo umano contrario lo distruggerà.
150. cattolici di Betlemme apostati nel 1881.
Nel momento che scrivo leggo sui giornali la defezione di 150. cattolici di Betlemme per motivo di cimittero. Si noti che sono cattolici che
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hanno costato secoli di fatiche e di sacrifizii ai poveri Padri di Terra Santa. In generale l’Oriente è così: la fede è così incarnata colla politica della nazione, ed all’interesse, che lascia sempre dubitare se fede vera esista nel cuore del Convertito.
i copti si convertono per liberarsi dalle vessazioni dei loro preti
Questi Copti aggravati dal giogo temporale dei loro Vescovi, e dei loro Preti, quando senza discapito trovassero a disfarsene di loro con una Protezione europea energica, certamente che tutti si convertirebbero, ma cessata una tale protezione ritornerebbero al vomito. Quid agendum? Lasciarli quando cercano? questo poi certamente no, perché con queste conversioni, anche dubbie si guadagna sempre qualche cosa, cioè si guadagna qualche anima, e si guadagna la libertà d’istruire, di dove deve sperarsi poi un’avvenire più certo.
vantaggi in simili conversioni.
Il Levantino ha un’idea molto superficiale della fede, e complicata con molte altre idee concomitanti; in questo stato
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l’effetto dei sacramenti è sempre un poco infermo, ma venendo la morte nella quale si suole scuotere un tantino il sentimento religioso si può sempre salvare un’anima, e questo è già un gran bene; quindi viene l’istruzione della gioventù, e l’abitudine che si sta formando nel popolo. Avvi ancora una cosa da calcolare, ed è l’ignoranza quasi invincibile sopra certi punti della fede, che per essi non appare chiaro, e noi sappiamo che il peccato è sempre in proporzione della cognizione relativamente all’individuo più o meno illuminato dalla fede pratica (1a).
un rifiuto sistematico
suoi inconvenienti più gravi;
All’opposto un piano sistematico di rifiuto per questi timori che sempre vi saranno in queste razze, avrebbe degli inconvenienti molto più gravi.
le conversioni in globo.
suoi beni.
suoi mali.
suo rimedio
Sopratutto i sopra citati timori hanno luogo nelle conversioni in globo di certe caste, o di certi paesi intieri; come queste conversioni sono per lo più un frutto di publiche conferenze, nelle quali il motivo secondario è sempre per lo più dominante si deve sempre supporre la mancanza della convinzione non solo, ma ancora quella del consenso e dell’adesione personale; in questo caso è necessaria maggior cautela nell’amministrazione dei sacramenti. Queste conversioni in [in] globo, frutti di publiche conferenze, nelle quali la politica nazionale ha sempre una gran parte, oppure l’interesse, per una publica offesa, oppure per il lucro cessante con tutta facilità sono soggette al ritorno. Ma pure anche in questi casi la Chiesa madre pietosa non si rifiuta, e non deve rifiutarsi, perché sempre
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si guadagna in tutti i sensi, nel senso di
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qualche anima [conquistata] che non manca, nel senso dell’istruzione publica, e nel senso che quella nazione si abitua ad avvicinarsi alla Chiesa: anzi lo stesso movimento che si fà verso la Chiesa Cattolica a preferenza di altra setta eretica, prova che già esiste qualche inclinazione nel fundo del cuore.
queste conversioni in globo debonsi ricevere, benché con condizioni non favorite dai canoni Nessuno più di me è forse convinto del pericolo che queste conversioni in globo ritornino al vomito, ma forse nessuno più di me è convinto del dovere che esiste nella Chiesa di secondare simili movimenti, ancorché qualche volta anticanonici, come è il caso di quando questi movimenti si fanno colla condizione di voler essere latini. La ragione è [che] le disposizioni canoniche sono di un’ordine inferiore, che il movimento verso la Chiesa madre e di ordine superiore che tocca la fede. La legge canonica è stata fatta per secondare la debolezza del clero, nel quale solo esiste la vera malattia del scisma, mentre il movimento al cattolicismo parte per lo più dal popolo per il bisogno che sente di sottrarsi [d]al monopolio del clero, il quale si serve del rito come di uno scudo ed una fortezza contro la Chiesa. Il rito fa parte della passione di concentramento nazionale, un’altra malattia che porta al scisma, e che perciò la Chiesa non deve secondare. le infermità di tali conversioni sono risanate dal ministero in detaglio. Questi movimenti popolari qualche volta sono un vero appello dei popoli verso la madre contro il monopolio della noverca, ancorche bensoventi per motivi puramente materiali (1b). Ciò sia detto nel senso di secondare, o non secondare [p. 340] simili movimenti popolari, perché poi rimane tutto intiero il dovere al sacerdote ministro in detaglio di esaminare l’individuo sulle disposizioni personali nell’amministrazione dei sacramenti in prattica.
Sia detto ciò in risposta a quanto [mi] disse il missionario, di cui è caso, che cioè sarebbe stato facilissimo convertire tutti i copti eretici, quando si fosse trovato una potente protezione. Sgraziatamente l’epoca di questa protezione è come passata. In questo mio viaggio io non ho visitato tutte le missioni cattoliche dell’alto egitto, ma solo alcune proprio sul Nilo; [ne] ho veduto appena la metà. Ho veduto alcuni missio- /212/ narii europei, i quali piangevano: alcuni gemiti dei nostri missionarii. noi, dicevano, ci affatichiamo a fare dei proseliti alla Chiesa, e quando questi sono maturi siamo obligati dai canoni a consegnarli ad una nutrice molto debole che gli lascia morire di fame, oppure che gli opprime.
arrivo a Corosco
[10.8.1851].
le due strade.
Non mi ricordo più in quanti [quanti] giorni, ma probabilmente in 12. giorni sono arrivato a Corosco, ultimo termine a cui doveva condurmi la barca, la quale in forza del contratto si era obligata a condurmi fin là (1c). Il viaggiatore una volta arrivato a Corosco, per montare più [in] alto e recarsi al Sudan si presentano due strade, una è quella di continuare il Nilo facendo il semicircolo che fa questo fiume, e passando per Dongola, dove vi sono le grandi cataratte, le quali sono impossibili a passarsi quando il fiume è basso, possibili solo nei tre mesi della piena del Nilo, coll’aiuto del tiro. La seconda strada è quella del deserto, tagliando per via retta la curva per raggiungere il Nilo a Berbera.
ho preso la strada del deserto.
Io non ho fatto
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la strada di Dongola, epperciò non posso dare detagli più di quanto ho detto sopra; per fare la strada del deserto, una volta passata la piccola cataratta di Corosco, per la quale il viaggiatore lascia ai marinari il pensiero di cercare gli uomini che ajutano a passare la cataratta medesima, nel volto del Nilo avvi un piccolo villaggio di mercato; là si scarica la barca, e si va [d]al comandante egiziano incaricato particolarmente del deserto, si domanda a lui il numero dei cameli necessarii, sia per la cavalcatura, sia per l’aqua, e sia per il bagaglio; egli fissa i cameli, i camelieri, il giorno della partenza; i camelieri vengono a vedere, prendono tutte le loro misure, e per l’ora fissata si trovano [sul posto]. (1d)
(1a) Riguardo ai Copti bisogna distinguere i copti contadini dell’alto Egitto, da quelli venuti dal Caïro educati in contatto delle altre razze turche, greche, oppure slave; questi sono più corrotti dal contatto musulmano. All’opposto frà quelli dell’alto Egitto se ne trovano molti ben conservati fra i contadini, come mi assicurarono i nostri missionarii, ed io stesso ho potuto vedere. [Torna al testo ↑]
(1b) Come io era padrone della barca, ogni qual volta si presentavano dei Cristiani copti, tanto eretici che cattolici che domandavano di essere ricevuti nei loro piccoli viaggi sopra il Nilo, io gli ho sempre ricevuti, ed anche favoriti con qualche generosità. Qualche volta ho trovato di quelli che sapevano un poco di lingua franca da farmi capire; allora ho potuto avete molti detagli, sia delle nostre missioni, e sia sopra i preti eretici. Ho potuto conoscere da essi la condotta di alcuni nostri eccellenti missionarii, ed anche entrare in molti detagli sopra gli eretici. Ho veduto allora che nella razza copta, anche eretica vi sarebbe molta risorsa, quando si potesse avere un ministero molto attivo, e con maggiore protezione. Fra i copti contadini ai trovano ancora delle genti ben conservate nella morale essenziale. [Torna al testo ↑]
(1c) Dicendo Corosco s’intende la città di questo nome; ma il contratto colla barca sino a Corosco, s’intendeva una giornata più [in] alto, passata la piccola cataratta detta di Corosco, e sino al villagio, dove, chi prende la via del deserto, suole fare il contratto dei cameli. Arrivato là abbiamo presentato la scrittura di contratto della barca all’Effendi impiegato del governo, il quale aveva già ricevuto una lettera da Hanna Messarra dal Caïro. In presenza dell’Effendi, aggiustate le partite d’interesse col Reïs della barca ci siamo separati; quanto mi servì bene quel uomo! il vostro amico Messarra ha scelto per voi il miglior Reïs che vi sia sul Nilo, mi diceva l’Effendi, io gli scriverò. [Torna al testo ↑]
(1d) Lo stesso Effendi mi diede anche una brava famiglia di camelieri non inferiore al Reïs della barca; venne lo stesso Effendi al luogo del mio bagaglio per consegnare al medesimo ogni cosa: questo, disse, è un cameliere del deserto che io soglio conservare per le persone particolarmente raccomandate; egli non voleva prendere il suo figlio credendo che voi foste un turco, ma quando sentì che voi eravate un uomo di Dio, acconsentì di prenderlo, affinché vi prestasse il suo servizio; sono dunque tre persone e tre cameli, uno per voi, uno per l’aqua, ed il terzo per il bagaglio. Questo poi consisteva in due grosse casse piene di bagaglio, due ceste di viveri, ed alcuni attrazzi, e coperte che potevano servirmi nella notte per [difendermi contro] il freddo, e nel giorno una piccola tenda, per ripararmi dal sole. [Torna al testo ↑]