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38.
A Mota:
lotte morali e pedagogia penitenziale.
La notte fù più tranquilla: i due giovani nuovi dormivano a[lla] mia sinistra, e gli altri a[lla] mia diritta. La mattina prima del sole siamo partiti e prima delle otto già eravamo alla fine della salita. nostro arrivo a Mota A mezzo giorno già eravamo per entrare in Mota, dove vi era qualche pericolo per tutti i quattro ragazzi, come casa di amici di Abba Desta. Era questa una casa di un Deftera, o Dottore, dove eravamo raccomandati. Siamo stati ben ricevuti, ma era una casacia di una corruzione indescrivibile da quanto ho potuto vedere. La presenza dei quattro ragazzi era per se una raccomandazione, ma quanto avrei desiderato di trovarmi in una casa libera per non vedere esposti quei ragazzi, ma pure non conveniva abbandonare quella casa, perché altrimenti mi avrebbero fatto istanze per aver i ragazzi, e questi senza essere custoditi [p. 516] sarebbe stato un male maggiore. Veduta la casa, la prima cosa e stata quella di radunare tutti i cinque ragazzi per dar loro avvisi capaci a tutelarli, perché in viaggio tutto il mio ministero era appunto la custodia dei medesimi; i due servi erano persone da poco sperarvi, per le quali poco bastava, anzi non amava un contatto troppo stretto con essi.
Mota.
suo santuario.
suo commercio.
sua gran corruzione.
Ci fù data una casa a parte, ma nello stesso cortile, e questa era sempre piena di gente. La gente di casa bastava, ma Mota era una Città di parecchj mille abitanti; città di pretismo e di monachismo e molto delicata per me sopratutto. Mota è una della cinque grandi Chiese del Gogiam, la quale conta almeno 300. inservienti, tutti con casa particolare. Quindi è una città di passaggio dei mercanti trà Basso, ed Iffagh; si trovano perciò dei forestieri in quantità anche stazionarii, quindi delle donne cattive senza fine; schiavi di ogni qualità, ed in conseguenza un mercato di ragazzacci senza fine.
mia pena per i giovani:
costretto a fermarmi.
Dopo che ho tanto faticato per questi ragazzi sulla speranza di averne qualcheduno per incomminciare l’operazione in Gudru, lascio considerare la mia pena di trovarmi in questa cloaca; eppure mi era indispen-
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sabile di fermarmi qualche giorno, sia per prendere informazioni del viaggio
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che mi restava, sia ancora per le proviste [d]a farsi: Per fortuna i cinque ragazzi erano tutti uniti nel medesimo impegno di seguirmi sino a Basso, supponendomi mercante, senza dubitare delle mie intenzioni di passare ai paesi Galla. Avevano anche qui degli amici, ma non compagni di miserie, ad eccezione di qualcheduno. Essi spontaneamente fecero il patto giurato di non allontanarsi affatto da me tanto di giorno che di notte. Quello di Iffagh aveva tutti gli impiegati della dogana, i quali erano come di casa sua. Fece vedere la lettera del Nagadaras stesso che lo mandava come portatore della parola. I doganieri mi invitarono [ad] andare con loro, il giovane non amava di andarvi, perché aveva là compagni pericolosi per lui.
i miei giovani molto esposti;
essi mi fanno coragio.
Quando siamo entrati quasi tutta la casa si trovava al mercato, verso sera arrivò il capo di casa con tutti gli altri e fu una vera confusione, giovani, ragazzi, donne, ragazze tutti vennero a complimentare questi ragazzi appartenenti tutti a case molto conosciute. Jeri abbiamo riposato, ma oggi passerà anche Ella una notte molto cattiva per custodirci. Noi siamo cinque tutti disposti a morire con Lei, per noi le notti che ha passato senza dormire ban bastato per convincerci che non troveremo più una persona simile, all’umbra di cui poter sperare di salvarci. Motta è il passo più cattivo per noi, abbia pazienza ancora questi giorni, speriamo dopo di poterle dare qualche consolazione.
i giovani ultimi non congedati dai genitori; [p. 518] Quando mai io sono contrario, [io] dissi a questi cinque ragazzi; per i tre primi sono inteso coi genitori, ma per voi altri due io non ci sono ancora entrato, anzi mi pare di aver sentito che il permesso era solo sino a Mota. Per ora restate come siete, perché per parte mia sono contento, ma poi mi rimetto per tutto il resto, se mai sortono difficoltà.
loro condizione indipendente. Allora questi mi ringraziarono di averli acettati in quanto a me, per tutto il resto ci pensiamo noi, dissero. Il nostro Padre si è separato dalla nostra madre, ed ha sposato un’altra moglie. Il ragazzo quando ha passato i 15. anni è libero di restare col Padre o colla Madre, e se la madre ha preso altro marito allora è libero di restare dove vuole. Epperciò Ella sia pur tranquilla, e pensi solo ad usarci carità, affinche possiamo salvarci.
il divorzio rovina dell’Abissinia. Ecco la questione del divorzio cosa produce, l’emancipazione dei proprii figli dalla famiglia. I figli della moglie ripudiata non son ben veduti dalla seconda moglie; se questi vanno colla madre loro rimaritata sono anche colà in guai coi figli del primo matrimonio. La rovina dell’Abissi- /334/ nia è questa. In Abissinia non vi è più famiglia, e i due terzi dei ragazzi sono girovaghi. Caduto l’amor di famiglia cade l’amore delle proprietà ereditarie, e chi le possiede pensa solo a mangiarvi sopra e non a migliorarli; ciò poi oltre all’immoralità che ne segue come di necessità.
[p. 519] Venne intanto l’ora della cena, in cui io ho mangiato solo secondo il solito latte e pane; ho gustato qualche pezzetto di carne arrostita, per dare una soddisfazione ai padroni di casa. Per tutto il resto che presentarono, come è sempre condizionato con grande quantità di pepe rosso, io ne gusto mai. Dopo di me mangiarono i ragazzi, si bevé un corno di birra e così abbiamo terminato noi per lasciar mangiare quella gran famiglia di 15. e più persone.
cena e conferenza ai giovani. Mentre mangiava la famiglia dei padroni in una casa a parte dalla nostra, io sono sortito coi ragazzi per far loro la conferenza di uso. Dopo abbiamo preso tutte le misure per la notte. Ci siamo intesi col giovane di Iffagh per la guardia, ed i quattro giovani [sarebbero restati] vicini a me. Dal momento che voi stessi temete, [dissi,] al menomo segnale dovete parlare, perche io trovo la maniera di rimediarvi senza fare dei guai, come sapere. Come poi siete giovani, e siete ancora deboli, se avete qualche cosa da dirmi in particolare me lo direte prima di dormire, quando io sortirò. Se verrà molta gente per la conversazione non allontanatevi da me, almeno restate in luogo dove io vi vegga.
viene il padrone a visitarmi;
la casa è inundata di gente.
conferenza col padrone sulla strada da prendersi;
egli s’incarica di tutto.
Dopo la cena della famiglia venne il Padrone da me, e con lui la casa fù innundata di giovani e di donne di tutti i colori; caddero tutti sopra i poveri giovani miei per conversare con loro; essi però avevano gli occhj
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sopra di me, come io gli aveva sopra di loro. Ho parlato al padrone di casa rapporto alla strada da farsi per Basso, se cioe sarebbe stato [per] me meglio attraversare il Ciocchè per la via di Nazzaret, oppure tenersi più all’est, e tenete la via di Cranio. Egli mi rispose subito franco, che la strada di Ciocchè per Nazzaret non era possibile, essendo infestata da rivoltosi. Di necessità perciò conveniva fare quella di Cranio; io penserò a tutto, disse, e le darò anche una guida. Fino a tanto che sta quì io penso a Lei, per la strada farà qualche provvista, ed anche in questo non è necessario abbondare, perché in strada troverà anche qualche cosa.
sorto di casa per la conferenza di uso; Finita la conversazione egli si ritirò per i suoi affari, ma la maggior parte del suo mondo restò coi miei ragazzi. Come era vicina la notte per levare i ragazzi dal contatto di tutta quella marmaglia io sono uscito, e tutti [e] cinque mi seguirono; alcuni volevano seguirmi, ma dissero che io sortiva per i miei bisogni, epperciò gli pregavano di restare.
/335/ qui il diavolo ha quattro corni. Così ci siamo allontanati un poco dal tumulto per poter dire qualche parola. In questo paese, disse uno, il diavolo ha quattro corni, bisognerebbe partire al più presto, altrimenti saremo tutti vinti.
Io già sapeva come questo paese era molto cattivo, perché nell’viaggio precedente di notte ho dovuto alzarmi e caciare col bastone parecchie donne infiltratesi frammezzo [a]i ragazzi. In Abissinia i luoghi di grandi Chiese sono indemoniati.
alcune confidenze riguardo alla notte. [p. 521] La notte avvicinandosi, ho detto che se qualcuno aveva qualche cosa da dirmi in particolare me la dicesse subito, perché era tempo di ritirarsi. Io mi sono allontanato un tantino e venne subito uno a significarmi particolari timori per la notte, avendo sentito qualche cosa. Un’altro venne dopo di lui, e mi disse che molti volevano venire a dormire nella nostra casa, anche delle donne, e che perciò conveniva star bene attento. Siate tranquilli, ma risoluti, [risposi loro,] e caciate il timore, perché io sono là e non dormirò fino a tanto che tutti dormiranno profundamente.
precauzioni usate per ingannare il diavolo. Entrati, il letto era preparato, ed ho fatto smorzare il fuoco subito prima che ognuno prendesse il suo posto, affinché il luogo dell’amico non fosse conosciuto. Vennero difatti molti, e si coricarono dispersi, ma i miei ragazzi erano vicini in contatto; gli ho passati in rassegna prima di lasciargli dormire. Col giovane d’Iffagh eravamo già intesi. Egli che aveva già conversato con tutta quella gente ha potuto conoscere le tendenze, ed [io] era sicuro di lui.
un giovane che si ammazza per guarire. Mentre io stava ancora facendo la mia preghiera tutto vicino a me sento un certo movimento, e stendo la mano, e mi accorgo di un’affare per se stesso molto semplice, ma in morale molto grave, prendo la mano al ragazzò il più vicino a me, e facio una certa operazione di dovere, dicendo all’orecchio suo in collera; in modo però che nessuno sentiva, [p. 522] Figlio mio, ma cosa mai mi hai fatto[?], restò molto atterrito. si noti la semplicità con cui tutto confessa. padre mio, disse non ho fatto niente. Sollevatosi con rispetto mi disse all’orecchio, che da tutto il giorno lo dominava una gran tentazione, deve venire una figlia e per calmare la tentazione ho fatto così, [esclamai:] per carità! la figlia dove è[?] Là ai piedi nostri che dorme, [rispose,] e sono due[:] una per me ed una per il mio compagno, ma non vada in collera, perché la tentazione è passata... domani parleremo di questo [conclusi:] dormi.., perché non me l’hai detto prima! miserabile che sei...!
Se fosse stato nei nostri paesi colla facilità di accendere il lume, con un lume tutto sarebbe stato rimediato, ma in quei paesi in luogo del lume /336/ vi è il fuoco, qualche volta ci vuol tutto ad accenderlo. Avrei voluto avvertire il giovane di Iffagh dell’esistenza delle due figlie, ma [per] la paura di sollevargli la passione, mi sono trattenuto. Mi sono ridotto al sistema di stare attento io stesso. Me ne stetti seduto recitando il mio rosario, e raccomandando l’affare a Dio con tutta tranquillità, perché [abitavo] in un paese, dove queste cose sono ordinarie, ed in tutta quella casa io era il solo a rilevarne il gran male.
questione gravissima speculativa,
che ha per base la legge eterna;
il giudizio prattico invece parte dall’atto umano.
In questa storia, che mi sono studiato di esporre tanto modestamente che ho potuto, si rilevi prima di tutto la candidezza con cui il povero giovane ha esposto tutto, prova che vi è semplicità in età di circa 15. anni. Quindi si rifletta ai due punti di legge naturale
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uno più grave dell’altro; nella persuasione di quel povero giovane l’eccesso maggiore servendo di rimedio al minore, indica che l’ignoranza gioca un gran ruolo, ed un moralista europeo chiamerebbe la cosa quasi incredibile, ma pure no. L’eccesso più grave, come cosa più facile, ed in quei paesi [nel giovane,] abituato dall’infanzia dalle madri stesse, la legge naturale è stata vinta dall’abitudine; laddove il secondo eccesso meno facile, e più soggetto al controllo publico è più sensibile al giovane ancora innesperto.
Questa storia mi ha servito più volte insegnando la morale ai giovani sacerdoti indigeni, ed anche per avvertire gli europei di questa piaga nascosta, la quale ben soventi dura degli anni, e viene a compromettere anche i sacramenti.
per me quale partito migliore?
il tacere?
Nel caso pratico narrato sopra io forze avrei fatto meglio [a] restarmene tranquillo e passar sopra nel primo momento che ho rilevato l’onanismo, ma se io non avessi notato la cosa hic et nunc, quel povero ragazzo avrebbe tenuto nascosto l’atto dell’onanismo, anche interrogato in Confessione, cosa che non avrebbe nascosta rapporto al secondo eccesso di fornicazione.
Forze sarà meglio lasciare questo fatto nell’oblio, per questo si trova segnato, disposto a lasciarlo, ma pure debbo dire essere questo un punto di pratica che mi costò più di venti anni di ministero per guadagnare una totale convinzione, per la pratica del ministero.
[p. 524] Ritornando alla nostra storia, il ladro aspetta lontano dalla casa in attenzione del suo momento: così le povere ragazze che stavano là aspettando. Fino a tanto che sentivano qualche movimento facevano la carnale loro meditazione sul movimento da farsi. Una [e]stese la sua mano per vedere dove era il soggetto cercato, ma io, avvertito, aveva spinto uno dei ragazzi affatto sotto i miei piedi in modo che la maggior /337/ parte della persona si trovava alla mia diritta, e non poteva avvicinarsi senza passar sopra i miei piedi; il suo compagno poi l’ho fatto venire sopra la mia testa, e ben inviluppato nella sua tela che io teneva le sue gambe col b[r]acio sinistro. Ha chiamato piano piano, e nessuno rispondeva
bella storia: una donna presa al lacio che grida misericordia Trovando nessuno, cercò [di] girare alla mia diritta per cercare forze i due [nipoti] di Abba Desta che si trovavano da quella parte; e si imbatté nella testa di quello che io aveva nascosto ed incomminciava a baciarlo, l’ho presa per le orecchie, e le ho tanto stirachiate, che non poté tenersi di gridate; si mosse il giovane d’Iffagh gli ha dato un calcio che la getto molto lontana, e così finì ogni cosa. L’indomani fù una vera risata. Esse stettero quiete, i giovani ne parlarono fra loro per ridere, e siamo rimasti tre giorni a Mota, ma non cercarono simili affari.
[p. 525] Mi resta poi ancora l’affare narrato sopra, accaduto da principio di questa storia della notte; questo fatto mi aprirà la strada ad una grande istruzione ai nostri giovani. il giudizio prattico in ciò è diverso in Abissinia dall’Europa. Questo punto è grave anche in Europa, dove guasta anche molti giovani, ma là non si da per lo più ignoranza, debolezza sì, ma ignoranza vera no, perché la società cristiana è montata diversamente, e l’educazione di quei paesi invece di assopire il principio naturale lo risveglia anzi e gli da vita. Mentre in questi paesi, senza dire che il principio naturale non esiste, dobbiamo dire di necessità che è assopito o paralizzato da un’abitudine ab infantia in cui le persone più rispettabili per il ragazzo sono quelle che incomminciano a provocare simile atto, e progredisce crescendo in abitudine tale che non lascia trasparire la legge naturale.
l’esempio dell’omicidio. Porto l’esempio di un’altra materia che tocca il principio naturale molto chiaro a tutti, come quello di non amazzare. In Europa questo principio naturale è così palpante, che in nessun caso anche di guerra, in cui è l’unico caso che legitima questo atto, pure [non] si è mai sentito che una persona siasi gloriata di aver amazzato un tale in guerra, perché sempre si deve supporre un fatto contro volontà, ma costretto dalla forza. Il progresso odierno solo è arrivato a farci sentire publiche lodi di trionfo per chi ha ucciso l’Imperatore di Pietro Burgo, cosa così barbara che ha inorridito il publico, e ha dato giusti motivi a misure di coercizione.
l’omicidio in Abissinia in guerra ed altri casi è molto onorato. [p. 526] Nell’Abissinia, e nei paesi di tutto quell’alto piano, l’omicidio in tutti gli altri casi privati, e poco presso come in Europa, nel caso di guerra poi e nelle questioni di sangue, si direbbe estinta la legge naturale, perché chi ha amazzato gode grandi onori: e questi onori divenuti /338/ legali, ed anche favoriti in mille modi per rendere la guerra più animata, al moltiplicarsi dei secoli hanno assopita la legge naturale in modo da verificarsi certi atti così barbari che si direbbero incredibili. Così si deve dire della schiavitù presso i mussulmani appoggiata dal codice religioso; così pure [del]la corruzione di Pentapoli presso i medesimi, divenuta anche un poco atto giustificato in certi casi.