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16.
Contrasti politici. Sifilide e vaiuolo.
Mago smascherato e ritorno ad Asàndabo

conversazione con persone del partito contro Gama. Debbo qui riferite l’incontro con alcune persone del partito detto Wara Kumbi di sopra citato, partito politico contrario a Gama. I parenti della moglie Sabie avendo sentito la storia della supposta sua malaria vennero a vederla [p. 234] e vollero vedermi, erano tutti della famiglia di Fufi capo del partito Warakumbi nemici giurati di Gama. Noi siamo venuti per ringraziarvi di quello che avete fatto per la nostra sorella Sabie, e per questa famiglia che è la più nobile famiglia del Gudrù, famiglia che noi molto amiamo e rispettiamo. Io [non] ho fatto nulla, risposi, nel supposto non sono io che l’ho guarita, ma dobbiamo tutti ringraziare Iddio, perché tutti sanno che io [non] ho dato nessuna medicina. Sia come volete, dissero, ma tutto il Gudrù dice che voi l’avete guarita e noi dobbiamo ringraziarvi. sorte la questione politica, mie risposte evasive. Solamente ci rincresce [di] una cosa: una persona come voi, venuta in Gudrù, non doveva mettersi sotto l’influenza di un’aventuriere come Gama, il quale è un mercante forestiere, e che un bel giorno sarà caciato dal paese, conveniva mettersi all’umbra d’un nobile Borena, come Negus, o altro simile. Allora io risposi: Signori miei, io sono venuto guidato da Dio, e mi sono fermato dove Iddio mi ha fatto fermare prima ancora di conoscere Gama ed il Gudrù... Io non entro nelle vostre questioni, ma sono amico di tutti quelli che cercano Dio, Ma intanto, se Gama sarà caciato, voi dove anderete? risposero essi. Io vi ripeto, [p. 235] dissi, [che] non sono di Gama, ma appartengo alle Sette case del Gudrù, e le Sette case del Gudrù mi hanno messo nelle mani di Gama; quando Gama sarà caciato Iddio ed il torba Gudrù mi diranno dove dovrò andare, e con chi devo restare. Il meglio sarebbe restare in pace, perché la guerra è un coltello a due tagli, e potrebbe essere cattiva a Gama, oppure ai suoi nemici. Sono due anni che sono in Gudrù, ne Gama, ne nessun altro [non] mi ha mai parlato di queste cose, oggi è la prima volta che sento queste cose, e vi ripeto che [non] voglio saperne nulla.

mi mettono in causa. Io avrei voluto troncare la question; ma essi continuarono, esternando il loro odio contro di me: tutto va bene, [dissero,] ma intanto siete voi /138/ che avete fatto grande Gama, ed avete tirato tutto il Gudrù verso di lui. Prima Gama era un nulla, ed oggi tutto il Gudrù gli corre dietro, ed è per questo che il Gudrù non vi ama più. Cari miei, risposi, io [non] ho fatto altro che insegnare la parola di Dio, come sono disposto [a] insegnarla anche a voi se volete sentirla. Per quanto posso facio del bene a tutti, come sono disposto a farlo anche per voi, mette[te]mi alla prova e vedrete che io amo tutti. [p. 236] Voi mi dite, che per causa mia il Gudrù corre presso Gama, e poi mi dite che il Gudrù mi odia per questa ragione; se il Gudrù corre presso Gama vi corre perché vuole correre, e non per causa mia, altrimenti come potrebbe odiarmi? Gama ha fatto molto per me, mi ha ricevuto, mi ha soccorso, e per questo io debbo essergli riconoscente, io poi cosa ho fatto per lui, se non che mangiare? Del resto poi io non voglio essere causa di disturbi al Gudrù, tranquilizzatevi, perché posso assicurarvi che non tarderò molto a lasciare il Gudrù. Dicendo questo io alludeva all’intenzio[ne] che aveva di fare un viaggio sino a Lagamara, come ho poi fatto un’anno più tardi, quando i movimenti di guerra in Gudrù incomminciarono a farsi.

cura di una intiera famiglia dal male venereo. Per completare la storia dell’occorso in casa di Negus Sciumi debbo parlare di molte cure sifilitiche fatte in quel villagio. Il giorno dopo del mio arrivo si presentò da me uno schiavo anziano di Negus maritato con numerosa famiglia, il quale mi fu particolarmente raccomandato dal suo padrone, e come era questione di un povero che aveva bisogno di lavorare per vivere, ho incomminciato subito la cura mercuriale per aver tempo a finirla prima della partenza. Curando il padre vengo a scoprire che la sua moglie, e quattro figli erano tutti [colpiti dalla malattia]: [p. 237] una donna venuta dal Gogiam aveva portato questo brutto regalo a tutto quel villagio. Da quella donna lo prese il padre, e come la povera gente hanno una piccola casa, e mancano anche di vesti, sogliono dormire tutti [r]aggruppati insieme, epperciò dal Padre [il male] passò alla moglie, e da questa a tutti i figli. Vedendo questo ho fatto una quantità di pilule di sublimato ad una dose quasi minima per amministrano in modo da non fare una crisi troppo forte, tanto più che si trattava anche di piccoli ragazzi. Ho pregato Negus di far macinare dell’orzo in quantità, ed ho ordinato loro di mangiare della polenta di orzo con molto butirro. Come la cura si fece a piccole dosi fù più lunga, ma prima di un mese tutti erano guariti.

trovo che quasi tutto il villagio è infetto. Mentre stava facendo questa cura vengo a scoprire che quasi tutto il villagio era appestato, ad eccezione delle case di riguardo che si rispettano un poco più quasi tutti gli altri erano infetti. Ho parlato a Negus, /139/ ed alla padrona, cosa faciamo quì, dissi, se non si fa una cura generale, dopo un’anno saremo da capo. Allora Negus ha risolto di ajutare questa povera gente [p. 238] dando loro un poco di farina di orzo per la polenta, del butirro, e facendo scannare qualche pecora ogni giorno per dare loro un poco di carne; così si fece la cura generale di tutti come sopra. Generalmente in quei paesi la sifilide è di un carattere più benigno, ed ubbidisce più facilmente alla cura; fra i poveri, benché privi di molti mezzi, pure ordinariamente la malattia è più benigna, e la cura riesce più facilmente che fra i ricchi. Io ho attribuito questo a due cause, oltre all’influenza extra naturale che può venire da Dio; la prima causa è il nutrimento molto semplice dei poveri; la seconda causa è l’egua[g]lianza, e direi quasi immobilità del clima, la quale deve influire sull’attività e movimento dei fluidi nell’organismo vitale. Quando la malatia non è vecchia, e non ha fatto guasti organici, col sistema che soleva tenere, era come sicuro dell’esito fra i poveri, mentre non lo era frà i ricchi, perché le loro passioni erano per lo più più forti, e meno flessibili a contenersi.

sono chiamato da un’amico ammalato. Mentre si faceva questa cura un cognato di Gama lontano due ore dalla casa di Negus manda [a] pregarmi di andarlo [a] trovare dicendo che si trovava molto ammalato. [p. 239] Lascio il mio Abba Joannes per il catechismo e per sorvegliare le cure, e parto accompagnato da Avietu Gulti, e da un’altro mio giovane. Arrivo, e trovo questo amico con una piscia calda che lo tormentava terribilmente: aveva le parti molto infiammate; ed il povero [malato] non poteva più orinare; gli ho fatto fare sul momento un forte cataplasmo, e mancando di altre medicine calmanti ho risolto di curarlo colle sanguisughe. Per fortuna non lontano vi era una specie di maremma, dove si trovavano molte di queste sanguisughe; ne ho fatto raccogliere molte, e ne ho applicato circa 50. alla regione del pube, ed anche alla base del pene, per quanto il luogo lo permetteva, questa operazione lo guarì quasi totalmente; ho ordinato che si ripetesse l’operazione dopo due giorni, e sono partito. Ho poi saputo che guarì totalmente.

ragioni di corruzione in Gudrù. Io faceva molto volontieri queste cure, perché mi davano un’autorità per predicare la moralità. Il Gudrù in contatto col Gogiam è pieno di queste malatie. I due mercati di Assandabo e di Basso di quà e di là del Nilo servivano molto di vehicolo. Il Gudrù è un paese mercante, compra in Assandabo dai mercanti [p. 240] del Sud e passato il Nilo fanno il loro mercato in Egibiè capitale della Provincia di Basso in Gogiam, dove esiste un regimento di donne da mercato che infettano tutto il mondo; così parimenti questi mercanti vanno in Gudrù e spargo[no] la /140/ malatia dovunque. Non essendovi polizia che si occupi dell’igiene publica, e privo il paese di una religione che influisca sulla morale del popolo, di necessità questo centro del commercio deve essere pieno di queste malatie contagiose, le quali si diffondono all’interno ad una certa distanza. Più al sud i popoli puramente galla sono più liberi da questa malattia. Moltiplicandosi le cure fatte da me e le prediche quasi continue contro questo vizio, i miei giovani hanno imparato, non solo ad ajutarmi nelle cure, ma anche a predicare l’astinenza. Un giorno mi diceva Avietu Gulti, grazie ai buoni esempi di Abbadia, ed ai suoi avvisi, vado esente da questa miseria umana.

inoculazione del vaïvolo in Loja. Posto che parlo di malatie, e di cure debbo parlare dell’inoculazione del vaïvuolo. In tutto questo circondano di Loja ho avuto molte domande per l’inoculazione, ma la casa di Negus non era ancora persuasa, e temeva che l’inoculazione potesse portare l’epidemia in casa, dove il padrone stesso, e quasi tutte le sue mogli non l’avevano ancora avuto. [p. 241] Venne concertato perciò che l’operazione si sarebbe fatta in un piccolo villagio di proprietà di Negus, lontano circa un kilometro dalla sua casa, dove io avrei incomminciato ad inoculare tutti gli individui del medesimo che non l’avevano ancora avuto, e che nessuno di quel villagio non venisse al villagi[o] di Negus sino alla perfetta guarigione. Vi andai un giorno, ed ho inoculato circa trenta persone, le quali essendo tutte guarite, si stabilì la confidenza, e tutti i giorni ad una cert’ora stabilita io vi andava a fare una seduta per inoculare tutte le persone che venivano dai contorni, e dal villagio stesso di Negus per turnum. Duranti circa 15. giorni, ogni giorno si facevano da 15. a 20 operazioni. Alla fine le stesse mogli di Negus vennero per turnum anche esse. Negus in seguito ai miei consigli, proibì all’Eunuco di andarvi a guardarle dichiarando alle medesime che bastava la loro onestà a questo riguardo. Alla fine fu inestato il vaïvolo allo stesso Negus ed alla sua moglie Sabie nella stessa loro casa.

inoculazione di negus e di Sabie; gran festa. In quel villagio da principio si voleva fare alcune osservanze superstiziose di canti e libazioni in uso in tempo del vaïvolo, ma io l’ho severamente proibito, ed ho incaricato il mio Abba Joannes di star bene attento a questo riguardo. Quando Negus fu guarito, e guarita la gran padrona Sabie, allora si fece una gran festa [p. 242] nella quale Negus volle usare di una liberalità straordinaria: fece scannare quattro buoi e ripartì la carne a tutte le sue mogli, aggiungendo alle medesime una quantità di miele, ed un bel castrato a ciascheduna, affinché potessero invitare i loro parenti, e ciò che mise il colmo alla sua liberalità fu dichiararle fuori della tutela dell’eunuco per tutta l’ottava della festa. /141/ Questa liberalità gli ha fruttato la gran consolazione di avere tre delle sue mogli dichiarate incinte; consolazione che egli attribuì ottenuta per le preghiere mie, motivo per cui mi mandò un bel bove in regalo circa un mese dopo il mio ritorno alla casa di Assandabo. Comunque sia naturalmente il concepimento, il frutto è legalmente di Neus, come mogli sposate col racco, ed egli sarà sempre il Padre, perché il codice galla non si occupa del seminato, ma solo della raccolta.

un’istoriella: una funzione galla. Prima di raccontare il mio ritorno alla casa di Assandabo mi rimangono ancora due cose [d]a raccontare per completare la storia di tutto l’avvenuto in Loja. Tutte le case galla di Gudrù hanno un mago come direttore. Le grandi case fanno venire un mago di gran grido, ed è ben pagato, e qualche volta lo fanno venire anche da lontano, mentre le piccole case prendono dei piccoli maghi che non mancano dapertutto. Quando questo mago visita la casa, prima di partire suole consacrare a suo modo una delle tre pietre che sostengono la marmitta sul fuoco. La pietra [p. 243] così consecrata da lui non si deve più movere dal suo luogo, si moveranno le due altre, ma essa deve restare immobile; se mai occorresse per inavvertenza che sia mossa dal suo luogo, allora diventa profanata, e quella casa rimane senza il suo angelo tutelare, per così esprimermi, fino a tanto che non viene il mago a riconsacrarla. Ora cosa avvenne? nei trambusti di quella festa qualche persona per isbaglio la mosse, ed allora fu tutto un’affare: senza che io nulla sapessi, si fece chiamare il mago, il quale venuto, impose tre giorni di riparazione, se così posso esprimermi, da passarsi in continui cantici e lodi allo spirito titolare di quella pietra in compagnia del mago, fino a tanto che lo spirito discendesse nel mago a dichiarare la pace ottenuta. Dopo questo il mago riconsacra la pietra, e la ripone a suo luogo; si fa l’offerta al mago, e la funzione rimane finita.

mi allontano;
le mie spie;
il mago cerca di avicinarmi.
Io fui avvertito da qualcuno in secreto, e non credendomi ancora in caso d’impedire una simile superstizione, per altra parte poi non volendo partecipare, ne colla scienza ne col consenso, ho passato quei giorni nella casa di Avietu, la quale era molto lontana, lasciando alcuni a guardare la casa [p. 244] ed incaricando alcuni dei miei di sorvegliare tutto quello che si diceva, per poter poi dopo distruggere lo scandalo lasciato dal mago dopo la sua partenza. Questi, finita la funzione sua rimase ancora due giorni nella sua parrochia per ricevere le numerose oblazioni che venivano da lontano. Questo mago nei suoi discorsi, non solo non parlava male di noi, ma professava per noi un gran rispetto; più ancora ad alcuni aveva lasciato capire un gran desiderio di vedermi; a questo riguardo si mise in relazione col mio Abba Joannes, il quale mi /142/ esortò a riceverlo. A prima vista ho fatto qualche difficoltà, ma poi pensando meglio ho aderito. il mago viene a trovarmi. Venne difatti, ed ho veduto che il povero mago, avendo sentito dal publico tutte le storie passate, non dico che fosse convertito ad salutem, ma posso dire che si trovava vinto dall’idea incognita e misteriosa della mia persona, ed amava molto di consultarmi, credendomi un mago più forte di lui. Egli mi fece molte istanze di leggergli il libro; ma io che sapeva cosa intendeva egli per queste parole, ho creduto fargli delle difficoltà: da una parte io temeva con ciò di confermarlo nella sua idea superstiziosa che aveva di me [p. 245] come mago di mestiere come lui, superiore a lui, ma bugiardo al pari di lui, e temeva ancora di più di dare uno scandalo ai miei proseliti, come mi approfittassi del libro per favorire la superstizione del paese, cosa, come essi sapevano, che aveva rifiutato sempre ad altri galla. Per altra parte interessava troppo mantenere la mia superiorità sopra questi oracoli del diavolo che dominano il paese, ed Abba Joannes mi spingeva molto a farlo per questo fine, poiché si trattava di un gran mago di grido, e la notizia sarebbe andata ad altri maghi simili. Pensando bene mi sono lasciato vincere, e gli ho dato appuntamento di farlo in secreto sotto un certo albero, ma mediante un’altro interprete. Il mio scopo era di avere un testimonio di quanto gli avrei detto, ed una tromba per publicarlo.

si conchiude col mago un’aboccamento segreto. Fummo dunque d’accordo sull’ora, sul luogo, e sulla persona che doveva farci d’interprete, la quale, per mancanza di altri, doveva essere la gogiamese vecchia moglie di Sciumi padre di Negus, perché non conveniva in questo di [di] avere un mio allievo, come persona mia, ad ogni caso che il mago volesse abusare della mia parola per farmi dire quello che io non avrei detto.

[p. 246] Ci siamo [recati] al luogo convenuto, e prima d’incomminciare a parlare il povero Mago ha fatto giurare in mia presenza [al]la donna nostra interprete il secreto di tutto ciò che si sarebbe detto, ma il poveretto forze non badava che per far parlare la donna, bisogna proibirla di parlare. Egli aspettava la mia parola con anzietà, ed io stava leggendo il mio breviario in mancanza di altro libro, e lo feci aspettare un bel poco, e poi ho preso io la parola, ma come non mi ricordo più di tutto, dirò semplicemente il contenuto: conferenza al mago. come voi non conoscete il libro, [dissi,] spero che Iddio vi userà misericordia, ma in verità Iddio è in collera contro di voi, perché tut[to] quello che avete detto a tutta questa gente sono cose che neanche voi le credete (e qui mi sono rivolto alla donna e gli dissi, ma guarda bene di non parlare, e di osservare il secreto); Voi avete stancato tre giorni questa povera gente col tamburro e coi canti per chiamare l’ajana vostra, avete detto che è venuta, /143/ e che ha fatto la pace, ma Voi sapete molto bene che non è venuta, e che tutto era per tranquillizzare questa gente. Avete raccomandato di osservare la Domenica come giorno di Dio; in questo hai fatto molto bene, e per questo spero che Iddio, il solo padrone, Vi farà conoscere ancora [p. 247] molte altre cose grandi. In quanto alle vostre mogli Iddio permette al uomo una sola moglie, e voi ne avete due, e poi avete delle schiave; l’uomo è superiore alla donna ma non è padrone di essa, il padrone è Iddio; mentre voi siete libero di girare come volete[;] pretendere poi che la donna sia incatenata per aspettarvi, questa non è giustizia, e da questo nascono tutte le gelosie, tutte le questioni, per le quali siete tanto fastidiato, ed è per questa ragione che non avete figli, perché così il vostro cuore non riposa sopra di una [sola donna], ed il cuore delle vostre dorme non si attacca più a voi. Ecco mio caro quello che dice il libro. Attaccatevi ad una donna sola, e subito vedrete [i] figli [a] nascere, la roba [a] crescere in casa vostra, e poi ciò che [sor]passa tutto avrete [avrete] la pace. Che Iddio ve la accordi. Il mago restò di stucco, e la donna interprete della [stessa] giornata ha fatto la confidenza a tutte le sue amiche.

conversazioni e conferenze con uno venuto da Gombò. Era venuto da Gombò col mago un zio di Avietù, e restava nella casa del medesimo, dove mi trovava anch’io, epperciò, mentre il mago faceva la sua funzione io ho potuto parlare molto con lui. Come questi mi aveva parlato del mago, e del suo desiderio di vedermi, ho potuto sapere da lui tutte le circostanze risguardanti le mogli [p. 248] e senza far profezie ho potuto indovinare l’argomento su cui il mago voleva consultarmi. Da questo zio di Avietu ho domandato informazioni sulla strada di Gombò per Lagamara per ogni caso di guerra; egli mi promise di condurmi, avendo parenti in diversi luoghi sulla strada. Siamo stati d’accordo che ad un mio avviso egli sarebbe venuto a prendermi. Gombò è a sud‑ovest di Gudrù. Da Assandabo in una piccola giornata al sud si arriva a Cobbo confine di Gemma Nunnu; arrivati là tenendo sempre gli stessi confini all’ovest in un giorno si arriva al lago che separa il Gudrù da Gombo‑Gemma. Io doveva fare quel giro per schivare Gemma Nunnu, dove si trovava la macchia di sangue fatta da Plauden.

battesimi, e partenza per Assandabo con Avietu. Partito il Mago per Gombò col suddetto zio di Avietu, sono rimasto ancora alcuni giorni in Loja per amministrare alcuni battesimi a [a] piccoli bimbi, ed a qualche vecchio infermo che io desiderava, e poi colla guida di Avietù sono partito per Assandabo, dove Avietù si fermò qualche giorno per ricevere il suo battesimo sub conditione. Là questo giovane poteva vedere la sua sposa futura, la quale veniva mattina e /144/ sera alle preghiere e [al] catechismo; frattanto io ho parla[to] alla vecchia Dunghi madre di Gama per accelerare il matrimonio di questi due sposi per la ragione che Avietu era arrivato, ed aspettando di più [p. 249] sarebbe stato in pericolo d’incontrare cattive abitudini poco favorevoli al futuro matrimonio; Ella vecchia di casa capì subito la ragione, e mi promise che tutto si sarebbe fatto al più presto. La sera fu chiamato a cena, e poté parlare anche colla sposa. Partito Avietu io ho potuto occuparmi per la spedizione di Abba Hajlù Michele con alcuni giovani a Lagamara con istruzioni di fabricare colà la casa per me, senza determinare il tempo della mia venuta.