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4.
Teodoro e il «corregna». Due ladri puniti.
Idillio e matrimonio a corte.

fu chiamato il mio coregna. Mentre io stava riposando un poco, l’imperatore, congedata la sua corte chiamò il nuovo Uffiziale mio corregna, e passò un’ora con lui; ha voluto essere informato di tutti i più minuti detagli a mio riguardo. Egli, essendo stato mio corregna quasi un mese, naturalmente ha dovuto sentire da me tutte le storie che mi sono occorse, in Kafa, fra i Galla, in Gogiam, ed in viaggio; egli affezionato per principio, come era non mancò [p. 570] certamente di esporre le cose nel suo vero senso edificante. conferenza del giovane con Teodoro Il giovane ritornò difatti e non finiva più di raccontarmi le storie passate col[l’]imperatore; egli non sapeva più darsi pace. [Riferiva lo stupore di Teodoro:] Un vescovo come un povero romito che cammina a piedi incantenato...! un galante che faceva impazzire tutte le donne, del campo, egli divenuto come un monaco legato con lui per suo corregna...! che trasformazione...! Dimmi la verità, cosa ti ha fatto che sei così cangiato? Gianoï [= Maestà], gli ho risposto io, [non] mi ha fatto niente, solamente le dirò la cosa come è arrivata: da principio che io era legato con lui, venivano delle donne, e con esse io parlava al nostro solito, dei nostri amori; il povero abuna al senti[re] quelle cose gemeva e quasi piangeva; quindi rivolto al suo piccolo Stefano, ragazzo innocente, onde distruggere lo scandalo delle mie brutture: figlio mio, disse al suo piccolo Stefano, non restare scandalizzato di queste cose: gli uomini di mondo diventano come i cani, i quali tu sai come si baciano fra di loro... gli uomini di mondo non sono più uomini; diventano come pazzi... bisogna pregare per loro...

il giovane rapporta le mie parole Gianoï [= Maestà], al sentire le sue afflizioni, e poi quelle sue parole a Stefano, i mondani sono come i cani... bisogna pregare per loro... allora ho incomminciato a riflettere, ed ho risolto di domandargli [p. 571] perdono; era la sera dopo che tutto il mondo si era ritirato; allora questo abuna, tut[to] miele, figlio mio, mi disse, perdonatemi se ho detto qualche cosa che vi abbia offeso, ma persuadetevi nel tempo stes- /31/ so, che io, parlando così, mi trovava dominato da un sentimento di vera compassione per voi; figlio mio, dopo avere diviso il vostro cuore con tante donnacie, le quali sono come tante sanguisughe, che vi mangiano vivo, come potrete ancora essere uomo con un cuore capace di consolare una moglie, la quale, a suo tempo, deve formare l’onore e la fortuna della vostra famiglia? Iddio che proibisce tutto questo sbilancio di continui amori; già siete persuaso che non è mosso da gelosia, affinché avanzino donne per lui; bensì egli è mosso da una vera sollecitudine paterna. Iddio, come Padre Vostro, prima di tutto pensa alla vostra salute, perché questa vostra continua esaltazione è una vera malattia, la quale vi indebolisce, vi distrugge, e vi rende impotente; voi sapete che il cavallo, che mangia sempre erba fresca, dopo non vuole più sapere di erba secca e matura, quella che da forza e salute. Così diventà un cavallo snervato, incapace di comparire al campo di battaglia, egli perde il suo lucido, ed ha sempre le gambe coperte di sterco.

continova la conferenza secreta Iddio Padre nostro tutto sollecito per noi, [egli] pensa ancora alla nostra casa, ed alla fortuna della nostra famiglia futura. Un giovane abituato a tenere sempre il suo cuore i[n] publica piazza a pascolarsi di questi fiori i quali hanno la vita di un [p. 572] sol giorno, come potrà fare la fortuna della sua famiglia? come potrà concentrare il suo cuore, in favore dell’unica sua moglie benedetta da Dio? senza cuore, e senza amore come potrà aver figli? allora chi sosterrà i pesi della sua casa, e della sua persona, quando sarà passata la stagione degli amori? Io sono giovane, voi direte, come posso passare la mia giornata in casa come un monachello? Appunto perché siete giovane dovete conservare il tesoro delle vostre forze vitali per quei fini ai quali sono stati ordinati da Dio; come, volete voi aspettare a chiudere la porta quando il capitale sarà perduto? quando il vostro cuore sarà divenuto una focacia insipida? Venga il giudizio e l’esperienza, ed allora ne conoscerete il valore, e la maniera di spenderlo. Figlio mio, chi cammina nelle tenebre senza Dio dice[:] non posso, perché non trova altro che spine e precipizii; ma oh quanto è delizioso invece per chi cammina alla presenza del suo Dio!

proteste del giovane coregna a Teodoro Gianoï (maestà!) qualche volta la sera io passava, mezza la notte a sentire queste e molte altre simili belle cose, e quando l’uomo di Dio cessava di parlare per lasciarmi dormire, come chi ha bevuto l’ultimo sorso di quella [p. 573] certa aquavita dei frangi, ancor passa la lingua intorno le sue labbra per goderne l’ultima goccia rimasta, oh qual gusto avrei io provato a ripetere la dose anche fino al mattino! Gianoï [= Maestà]! dico la verità, e lo giuro per la sua morte, null’altro fece l’uomo di Dio che parlare, e mi pareva un’angelo venuto dal cielo e non /32/ più un uomo; Gianoï [= Maestà]! io giuro per la sua morte, per me le catene di corregna col uomo di Dio mi valeva[no] di più che un letto dorato colla più bella regina del mondo. Gianoï [= Maestà]! lo ripeto, io sono certo che V.[ostra] M.[aestà] medesima ne proverebbe le delizie di paradiso [se lo sentisse]. Noi cresciamo ed invecchiamo senza sentire la parola di Dio, noi viviamo di carne, e non altro che carne, e troviamo delizie nel nostro stesso sepolcro.

confidenze di Teodoro al giovane L’imperatore sentiva tutti questi bei sogni del nostro giovane uffiziale novello, stato mio corregna, con gran piacere e disse: tu hai ragione, e predichi ad un uomo convinto; tu sai che il nostro Vescovo Salama, [è stato] preso sul fatto con mia moglie, [e] io sono furioso contro di lui; egli ha già passato due anni in prigione a Magdala per questa ragione. quanto io bramerei di tenermi questo uomo di Dio con me! ma egli prudente non vi resterebbe, [p. 574] io ne sono certo, ma quando vi restasse, la nostra Abissinia figlia di Salama, farebbe una rivoluzione, e tu non devi ignorarlo, resta inutile perciò il pensarvi. Tuttavia io voglio trovarmi con lui, e passaremo un’ora insieme di notte; io penserò al momento più opportuno e ti chiamerò. Tu intanto, senza troppo dire, lo esplorerai con prudenza, e ne parleremo.

ritorna a me il giovane con Walde Teklì Il giovane uffiziale venne da me accompagnato da un certo Walde Teklì nostro cattolico secreto, ed antico amico di Monsignore Dejacobis, il quale era il capo degli Ecabiet (il Guardaroba dell’imperatore), persona da me conosciuta di nome, ed al quale, senza conoscerlo, mi era diretto per affari; Il giovane uffiziale in presenza di Walde Teklì non mi riferì tutti i detagli della conversazione avuta, ma solamente mi disse di restare preparato, perché l’imperatore desiderava di parlare con me da solo. affare dei due traditori Si fece consiglio sopra un grave affare d’interesse che io aveva con un certo Ghebra Mariam di Gondar, il quale due anni prima, essendo stato spedito dal P. Gabriele da Rivalta nostro Procuratore di Massawah come messagiere sino a Lagamara portatore di 600. talleri, egli, arrivato a [a] Gondar, invece di continuare il suo viaggio si fermò in casa sua, e stava [p. 575] negoziando il capitale suddetto, e finì poi per negare di averlo ricevuto, facendosi forte, perché sapeva che la missione non era benevisa al governo d’Abissinia. Oltre a questo Ghebra Maran, un’altro per nome Giuseppe, di cui si è parlato altrove, mandato da me in Sennar si era ritenuto circa 300. talleri, e se ne restava tranquillo in un paese del Dembea. Ora molti dei nostri amici mi consigliavano di cogliere la circostanza della mia presenza in Gondar per parlare io stesso di questi due affari all’imperatore. In verità, sia il bisogno della missione, sia ancora la giustizia lo volevano, non fosse altro per /33/ mettere terrore ad altri messagieri, per lo più sempre portatori di denari alla missione.

io non ne parlo, altri ne parlano Per non ritornare sopra questi due affari dirò brevemente ciò che avenne: In quel momento io era come certo di poter ottenere giustizia dall’imperatore, il quale allora era molto ben disposto verso di noi. Prevalse però il consiglio contrario, ed io non ho voluto parlare di questa questione all’imperatore Teodoro per la ragione, che essendo questo principe violento nelle sue operazioni, egli certamente sarebbe andato al di là della giustizia mettendo a morte quei due traditori; meglio, dissi fra me, risparmiare il sangue, anche a costo di perdere una gran somma. Però, come sia andata la cosa non lo so; il certo si è che qualcuno glie ne parlò (probabilmente il mio giovane [p. 576] ad oggetto di esaltare la mia moderazione) i due traditori chiamati, essi sono fugiti nell’isola del lago. Comunque sia stata la cosa, il certo si è che Teodoro, appena partito io, fece chiamare questi due traditori al campo, ma i due dal momento che conobbero le mie relazioni amichevoli coll’imperatore, se ne fuggirono da casa loro e si ricoverarono nell’isola, principale [del lago] di Tsana. La polizia dell’imperatore seppe dove erano. Come quella isola, era un Gadam, o luogo sacro d’immunità, l’imperatore domandò l’estradizione dei medesimi, e di alcuni altri rifugiati. Il superiore del monastero, come potere non solo ecclesiastico, ma anche civile dell’isola, avendo rifiutato di darli, Teodoro pose il campo sul bordo del lago, e rinnovò la domanda; ma avendo [ricevuto] un secondo rifiuto assalita l’isola, ed abbruciati vivi con una quantità di zattere diede l’assaltò all’isola, dove i rifugiati ebbero ancora il coragio di battersi; ma [essendo] stati vinti si rifugiarono in Chiesa, e Teodoro sempre violento nelle cose sue, messe le guardie alla porta, diede il fuoco alla Chiesa, e là perirono tutti. Così finirono i due ladri suddetti.

Ritornando ora alle mie trattative coll’imperatore Teodoro dirò, che essendo venuto il giovane dalla corte, accompagnato da Walde Tekli, egli non mi aveva raccontato tutta la conferenza avuta coll’imperatore suddetto, [p. 577] ma appena partito Walde Teklì, la sera da soli mi raccontò ogni cosa, e mi disse che la vostra partenza non avrebbe luogo tanto presto, perché vuole parlare a lungo con voi di molte questioni interessanti; ma sono certo che prima mi chiamerà per sapere le vostre disposizioni a vostro riguardo.

istruzioni al giovane. Al sentire questo, senti, dissi al giovane, quando sarai chiamato dall’imperatore, se egli entra nel discorso di farmi rimanere quì, tu cercherai di persuaderlo che per ora mi è impossibile; nel caso pure che egli sorta [con] il discorso di darmi qualche cosa, qualunque sia, io [non] /34/ posso acettare nulla affatto, perché io sono povero, debbo essere povero, e voglio essere povero ad ogni costo; se occorrerà [il] bisogno io stesso domanderei, ma come sono venuto voglio andarmene da lui. In tutto il resto tutto ciò che posso fare per lui, può essere sicuro che io non mi risparmierò. chiamata del giovane alla corte Non avevamo ancora terminato la nostra conferenza, che il giovane fu chiamato alla corte; nel partire mi disse all’orecchio: preghi per me, perché temo di essere esposto ad una gran prova o tentazione.

Partì da me il giovane circa le dieci di sera, ed io me ne restava preparato per essere chiamato da un momento all’altro, ma la cosa andando in lungo, ebbi tempo a pregare per il povero giovane esposto, ed anche per la futura conferenza decisiva a mio riguardo. Ho passato la notte senza dormire. mie immaginazioni Io travedeva la ragione per cui l’imperatore inclinava [p. 578] a farmi restare, ed erano alcune complicazioni, le quali incommindavano ad aggravarsi con alcuni diplomatici, e protetti europei. Erano cose molto gelose, nelle quali il mischiarsi sarebbe stato un’affare troppo delicato da tutti i lati. Tutte queste difficoltà servirono di nutrimento alla mia imaginazione tanto che bastava per farmi passare la notte inquieta. viene il giovane e suoi racconti La mattina dopo sortito il sole arrivò a calmarmi il giovane uffiziale, il quale mi raccontò tutto l’avvenuto.

Jeri sera, mi disse il giovane, sono arrivato alla corte dopo che tutti i cortigiani erano già sortiti. Il mio pagio di camera antico mio amico m’introdusse subito dall’imperatore, il quale mi aspettava. Gianoï [= Maestà], dissi io, prima di venire ho detto all’Abuna di tenersi preparato, ora sarebbe un bel momento, se Ella crede potrebbe farlo chiamare subito, affinché possa ritornare a dormire per tempo. L’Imperatore [disse:] l’affare dell’abuna sarà [per] domani sera, tu questa notte starai con me sino [a] domani mattina; ciò detto chiamò il suo ragazzo di servizio e lo mandò qui ad avertire. Dopo questo si parlò della sua partenza, dicendo[g]li che Lei aveva molta premura di partire, come eravamo intesi. Si parlò di molti altri [p. 579] affari che sarebbe lungo a tutto riferire, e che Ella sentirà domani sera.

promesse di Teorodo al giovane Finalmente siamo entrati nei discorsi di jeri, e mi fece molte proteste di affezione sino a dirmi che mi avrebbe considerato come suo figlio, e che pensava di fissarmi qui presso di lui. A tante proteste io non sapeva cosa dirmi, e temeva che volesse farmi alla fine qualche sortimento di cose, nelle quali Teodoro, per quanto io sapessi, aveva una riputazione pura. Dopo tante proteste venne alla chiusa; è tempo di dormire, ed io vado alla mia casa dove mi aspetta mia moglie, e tu entrerai là e trove- /35/ rai là una persona mia parente, venuta da pochi giorni, e ti assicuro che sarai ben ricevuto; ti prevengo di non far questioni, altrimenti non saremo più amici; allora mi getto per terra gli bacio i piedi, e lo prego di spiegarsi meglio. Egli alza la voce, e con quegli occhj che fanno tremare la terra, mi guarda, e dice: forze che si finiscono le questioni prima ancora di conoscerle [?], ho detto va, e non replicar più.

il giovane entra nella casa misteriosa Tutto tremante entro in quella casa; un piccolo fuoco era acceso non lontano dalla porta, ed una piccola ragazza schiava di dieci anni al più, ma tanto più maliziosa ed ammaestrata: passi avanti, mi disse, perché la mia signorina lo aspetta; io facio finta di non capire e mi siedo al fuoco; la schiavetta aspetta un’altro poco e mi ripete di andare, [p. 580] ripetendo che la signorina era impaziente di conoscerla; una scena curiosa. là troverà fuoco da scaldarsi intus et foris, e troverà un’idromele fatto espressamente; quando mi sento [a] ripetere[:] la signorina [io esclamo]: dove trovo io una signorina più bella e più graziosa di voi? e facio quasi come un’atto di baciarle le manine: allora essa facendo quasi atto di farmi vedere lo stomaco [disse]: io sono ancora troppo giovane, per Lei avvi ben altro preparato. il giovane fa l’ubriacco Allora mi sono levato, ed avendo scoperto un’angolo oscuro, mi sono ritirato due passi e come preso da un capo giro, sono caduto là disposto a dormirvi, come mezzo ubbriacco. Io me ne stava là come ubriacco, l’abuna prega per me, ed io mi batterò col diavolo, coll’imperatore, colle donne, e col mio asmodeo, diceva fra me stesso, e spero in Dio [di] sortirne franco.

Quando la signorina vidde che io era ubriacco, si levò dal suo letto e la viddi la prima volta, un bel sepolcretto coperto di fiori tanto che basti per ingannare un povero giovane impazzito d’amore; essa non passava i sedeci anni, fece consiglio colla schiavetta e si avvicinarono tutte [e] due non tanto coperte, e mi stavano facendo certe cortesie serpentine; allora Iddio mi suggerì l’idea di nominare una certa donacia chiamata Lemlem, ah sei tu cara Lemlem, oh quanto sei brutta, mi sembri un vero sepolcro. Al sentire questo quelle due sciocche, innamorate [p. 581] di chi non le cercava, si spaventarono e fuggirono; così io ho potuto dormire un poco. Arrivò intanto il giorno, mi sono levato, perdono, signorine mi dissi, jeri stanco ed un poco bevuto non ho potuto godere delle vostre cortesie; ho bisogno di sortire un momento, domando alle guardie se l’imperatore e già levato; e poi vengo. si trova con Teodoro Appena sortito ho trovato l’imperatore travestito, [che,] secondo il suo solito, già ritornava dal suo giro d’esplorazione nel campo; avendolo conosciuto, mi sono avvicinato, gli ho fatto gli inchini di uso, allegro, ed egli si mise a ridere; mi fa segno di avvicinarmi, e mi avvicino; [mi domandò:] ebbe- /36/ ne, sei stato contento? contentissimo, risposi, [egli incalzò:] ma io ritorno sulla domanda di jeri; in che senso? [soggiunsi.] Nel senso che voglio dartela per sposa, disse Teodoro, sei tu contento? Hai passata la notte insieme? In casa, sì, [risposi,] ma non insieme. Come? in casa e non insieme, come [è] questo? [domandò l’imperatore. una bella sentenza Al che io affermai:] io ho risolto di non prendere più le donne in affitto per un giorno, o per un’anno, come si usa nel paese, ma io voglio che essa mi dia tutto il suo cuore, come io gli do tutto il mio sino alla morte; voglio che essa con me sia disposta a prende[re] la benedizione di Abba Messia.

La benedizione di Abba Messia, ho capito ciò che vuoi dire, disse Teodoro, Abba Messia non è Abuna del nostro paese; non ti basta la benedizione di Abba Salama? [p. 582] [Io commentai:] Gianoï, di quella [benedizione] una sola metà è ancor troppo, come è stato per voi. L’imperatore si mise a ridere; ebbene sia come vuoi, ma intanto sei stato contento, io sì, [affermai,] ma essa lo dirà. Molto bene, disse l’imperatore, ma intanto va dal tuo abuna a dargli il ben levato, e poi ci vedremo. Teodoro va alla signorina Teodoro rientra in casa, ed impaziente di saper le cose della notte, entra dalla signorina, [e le domanda:] ebbene come te la sei passata? Gianoï, [rispose lei; quel giovane] era ubriacco, e dormì vicino alla porta per terra. Tutt’altro che ubriacco, figlia mia, [concluse l’imperatore;] io l’ho capita, e lo vedrai a suo tempo: io non prendo una donna in afitto, ne per un giorno, ne per un’anno come un’asino, egli dice, essa mi dia tutto il suo cuore, come io [le] do tutto il mio sino alla morte, esso vuole il Kurban (1a), senza di ciò [non] se ne fa nulla; sappi in secreto, che egli vuole il Kurvan, non di Salama, ma di abuna Jacob, o di abuna Messias. (2a) Tu penserai seriamente, e se sarai disposta io aggiusterò l’affare; bada però a tener tutto secreto.

fu richiamato il giovane alla corte. Appena il giovane ebbe tempo di narrare tutte le sue avventure della notte che fù chiamato dall’imperatore Teodoro che trovò, impaziente di finire questo affare. Parliamo sul serio: io ho capito quello che tu desideri; ho parlato con essa, e gli ho spiegato [p. 583] il mistero della tua resistenza nella notte, e della tua finta ubriachezza.

/37/ matrimonio civile alla presenza di Teodoro Ciò detto prese il giovane per la mano e lo condusse dalla signorina. Orsù, disse l’imperatore, la cosa si conchiuda alla mia presenza. Per parte mia il giovane è mio figlio, e penso io a lui; tu poi, rivolto alla signorina, sei mia cugina, se lo ami, o non lo ami hai tempo sino a questa sera [per dichiararlo]. Per parte mia, disse il giovane, colle condizioni già espresse a Gianoï, io mi do ad essa sino alla morte; essa pure fece la medesima promessa, e si strinsero la mano. Questa sera, disse Teodoro, verrà quella persona e finirà il vostro affare avanti [a] Dio. La mia cugina ritornerà [d]a sua madre, la quale la custodirà sino alla nozze publiche; lo sposo poi, ritornato che sarà dal Takazze entrerà in casa sua. Oggi, finito l’affare avanti [a] Dio, questa è la vostra casa, e potrete restare insieme come volete. I sposi si abbraciarono teneramente, e così finì la storia.


(1a) Kurvan in questi casi significa matrimonio ecclesiastico, il solo considerato indissolubile in Abissinia. [Torna al testo ]

(2a) In Abissinia fede di abuna Jacob, oppure di abuna Messias, vuoi dire fede Cattolica; epperciò nel caso nostro, vale matrimonio cattolico. In quel paese i successori di Monsignore Dejacobis non erano ancora abbastanza conosciuti popolarmente. [Torna al testo ]