/97/

11.
Nell’Enderta: ad Intàlo.
Sciùm Goxà e la madre Ualètta Salàssie.

passagio sopra un ponte Noi intanto la mattina seguente, abbiamo lasciato la scorta dataci dal Governatore di Sokota, e con una semplice guida abbiamo passato il fiume sopra un ponte [p. 705] di legno, (caso molto raro in Abissinia) in un luogo dove il fiume passava fra due roccie molto vicine, le quali nella parte superiore si avvicinavano a due o tre metri, facendo già esse quasi [un] ponte naturale. il paese dell’Enderta e sua altezza. Così siamo entrati nell’Enderta, paese il quale può dirsi come l’estremità Sud del Tigrè, posseduto quasi sempre dai principi del Tigrè. La catena delle montagne, la quale incommincia dal paese di Scioha al Sud, e si prolunga sino al Nord del Tigrè, arrivata che è all’Enderta si abbassa molto, epperciò l’alto piano di quel paese non è molto alto. Noi perciò, passato il fiume, non abbiamo trovato una salita molto rapida, ma abbiamo salito insensibilmente quasi tutto il primo giorno sino ad un paese, di cui non mi ricordo il nome, dove abbiamo passata la notte. Qui la guida venuta da Sokota fece la consegna al Meseleniè concepita in queste parole del Governatore = vi mando un’europeo ed una guida mandata dall’imperatore; [sia riservato il] ricevimento delle persone distinte = Ciò detto partì per Sokota.

Il Meseleniè ci ricevette molto bene, e ci ha dato una casetta molto propria con due letti uno per me, ed un’altro per il giovane sposo, il quale fu molto contento, perché [p. 706] potevamo là passare il giorno e la notte nelle nostre conferenze spirituali, e preghiere di uso; i due neofiti domandano la messa, e fu accordata questa notte, dissero i due proseliti, non si potrebbe avere quì la S. Messa, e fare la comunione? Se non dirà la Messa quì, non potrà celebrarla in Antalo, perché sarà più difficile trovare un luogo a parte; e così noi saremo condannati a non sentire più la Messa, e far la santa comunione, chi sa per quanto tempo, forze sino alla nostra morte; Ella sarà stanca del viaggio, ma facia un sacrifizio, ed allora le prometto di non domandare di andare più avanti, ma farò la sua volontà e ritornerò a /98/ Nagalà. Ebbene quando è così, [risposi io,] preparate un luogo a parte nella casa con un piccolo altarino, e ci alzeremo al canto del gallo per celebrare.

zelo nel preparare la cappella Appena sentirono la mia decisione, non ebbero più riposo sino a tanto che tutto fù preparato. Venuta la sera, fatte le preghiere, e mangiata la cena che ci mandò il messeleniè, dopo che tutto il mondo esterno [si] fu ritirato, tutti i quattro si spogliarono delle loro vesti e passarono la notte colle sole mutande per ornare colle loro tele la cappella provisoria. Ho dovuto sentire la confessione di tutti [e] quattro, fare io stesso le ostie, [p. 707] prima di poter prendere un poco di riposo circa la mezza nozze. celebrazione della messa, e visione Abbiamo riposato appena due ore, che il gallo cantò. Ci siamo levati, e fatta una piccola conferenza in preparazione, incomminciò la Messa, dopo la quale vi fù un’altra conferenza in ringraziamento coll’aggiunta di una mezz’ora di meditazione, e fu disfatta la cappella, e ritirati tutti gli arredi sacri. Sia un giuoco d’immaginazione, sia veramente una grazia reale di Dio per confermare quei due proseliti nella fede, si rinnovò ai due proseliti la visione del fuoco, la quale prima in Nagalà Iddio l’aveva solamente accordata alla sposa, e si riproduceva alla medesima in ogni Messa, cosa che rimase sempre secreta di mio ordine; oggi nell’Enderta Iddio poi volle fare quella grazia ai due soli proseliti. La cappella, ossia altare era circondato da tendine; il monachello serviva con cotta sopra una camicia di tela nera, Stefano poi serviva colle semplici mutande e colle spalle nude anche di dentro; i due soli proseliti erano fuori delle tendine; le mie mani mentre porgevano loro l’eucaristia erano infiammate di un fuoco che io non vedeva ne tantomeno sentiva.

mia appre[n]zione del fatto Io non voglio dare a queste visioni un peso di sorta, e non facio che narrar la cosa. Solamente facio osservare che [in] quei due proseliti, dopo la loro conversione, la loro fede divenne così semplice, che mi ripugnò sempre supporre una finzione, La stessa cosa fu della sposa in Nagalà [p. 708] dove fu veduto il fuoco da esse, e non fù veduto dal suo sposo vicino; io ho proibito di parlarne, e non se ne parlò più, benché la visione avesse continuato sempre in tutte le messe seguenti. un mio apprezzamento sulle visioni Simili visioni sono operazioni che si compiscono per lo più nella sola imaginazione, e sono per lo più operazioni subiettive, e non obiettive ad extra; possono essere effetti di imaginazione esaltata, e possono anche ben soventi [essere] una grazia di Dio. Per essere effetti d’imaginazione esaltata si suppone sempre [che ci siano state] idee precedenti, cosa che non poteva darsi in quella gente di cui è caso, [non] avendo mai io raccontato loro fatti simili. Per questa ragione ho inclinato piut- /99/ tosto a credere che siano state [grazie] accordate da Dio per confermare quei poveri proseliti nella fede, massime in un paese dove [la loro fede] sarebbe stata molto esposta.

i cameli sull’alto piano etiopico L’indomani siamo partiti per Antalo città capitale dell’Enderta. Dopo aver camminato poco più di un’ora abbiamo trovato [per] la prima volta dei cameli, animali da me molto conosciuti, ma affatto nuovi a tutti i miei compagni di viaggio, i quali a prima vista ne ebbero quasi paura. Io ho raccontato loro, come io venendo alla missione aveva camminato molto a cavallo dei medesimi; nel deserto sotto quasi gli unici animali [p. 709] [usati] per la cavalcatura e per i trasporti. I bedovini se ne servono anche per la guerra, come cavalli, e nel galoppo passano i cavalli medesimi, dissi loro. I contorni di Antalo sono l’unico luogo dove arriva il camelo in tutto l’alto piano etiopico; ciò per due ragioni, prima, perché l’alto piano è molto più basso e meno freddo; gran commercio del sale tagliato sopra i cameli. la seconda ragione è anche perché le comunicazioni col basso deserto di tutto quel levante etiopico è una discesa molto commoda e senza precipizii, come in tutta quella linea dal Nord al Sud. Per questa ragione il trasporto del sale tagliato per il commercio di tutto l’alto piano etiopico si fa coi cameli, ed arriva sino ad Antalo, di dove poi si spande sino a Kafa.

sistema delle case in Antalo A misura che ci avvicinavamo ad Antalo un’altra cosa era ammirata dai miei compagni, ed era il sistema delle case. Nei contorni di Antalo incomminciano [a vedersi] le tase di pietra, [di] sistema quadrato con muri di pietra e fango a modo arabo più o meno ben fatte, e coperte sopra di un terrapieno sostenuto da legni. In Gondar si trovano anche case di pietra con muri, ma sono di gusto diverso, esse non sono quadrate ma rotonde a padiglione; e non sono coperte con terrapieni, ma di semplice paglia, come tutte le altre. [p. 710] Padre mio, disse il giovane sposo, quì si potrebbero fare belle chiese; caro mio, dissi io, tu non hai ancora veduto le grandi chiese; s. Pietro di Roma e un’indigeno la Chiesa di S. Pietro di Roma contiene tutto il campo di Teodoro. Allora [il mio interlocutore] fece un’esclamazione da sembrarmi quasi scandalizzato; dicendo campo di Teodoro, [soggiunsi,] ben inteso che parlo solamente degli uomini e donne, non comprese le case ed i bestiami, perché la Chiesa non è fatta per abitarvi, ne per mettervi delle bestie; ebbene dimmi tu, il campo di Teodoro quanti mille persone potrà avere? [Rispose:] I Frangi, che conoscono queste cose, dicono che il campo di Teodoro conta più di 50. mille [persone]; molto bene, dissi io, anzi credo che passi molto quello che essi credono; Ebbene S. Pietro ne contiene più di cento mille. Dopo gli ho dato ancora altre dimensioni da confermare la mia proposizione.

/100/ arrivo ad Antalo, e scium Goxà Così discorrendo siamo arrivati ad Antalo Capitale dell’Enderta, dove si trovava un certo Goxa di nascita [del]la prima aristocrazia del paese, discendente di Ras Walde Salassie, il quale, dopo Ras Michele, aveva governato tutta l’Abissinia sul princi[pi]o del secolo corrente; Goxa era in quel momento [era] governatore, non solo dell’Enderta paese suo, ma ancora della Provincia del Tempien nel Tigrè. politica di scium Goxà Questo Goxa nella politica di quel [p. 711] tempo si teneva molto stretto all’imperatore Teodoro, ed era contrario al movimento degli Agau, per la ragione che dominando Waxum Govesiè il primo boccone che avrebbe cercato di mangiare sarebbe stato l’Enderta come paese situato tra il Tigrè e gli Agau. Goxà perciò, al sentire che noi eravamo venuti dal campo di Teodoro suo padrone, ci ricevette molto bene. Io non era personalmente conosciuto da lui, ma vedendo dalla lettera dell’imperatore che il giovane mio compagno aveva il titolo di uffiziale di Corte, e [era] chiamato cugino dell’imperatore, le prime attenzioni furono per lui, benché vedesse dalla medesima lettera che egli figurasse solo come mio compagno risponsabile.

un suo fratello più giovane Qui devo contare un’intrecio di storia necessario per comprendere il complesso di tutte le relazioni nostre con quel governatore. Goxà aveva un fratello più giovane di lui, il quale si trovava al campo dell’imperatore col grado di Uffiziale di Corte, amato anche [egli] dall’imperatore. Il giovane suo fratello in tutte le sue relazioni di famiglia, segnatamente colla sua madre per nome Waletta Salassie, lasciava sempre trasparire una certa quale speranza di ottenere in sposa una cugina [p. 712] dell’imperatore Teodoro. un secreto in una lettera Circa un mese prima del nostro arrivo era arrivata una lettera di questo giovane alla sua madre, nella quale esso riferiva la sua desolazione, come questa cugina di Teodoro fosse stata data ad un giovane degli Agau-meder. Scium Goxa al sentire questa notizia finse alla sua madre di averne dispiacere come semplice eco di famiglia, ma poi nel suo cuore era indifferente anzi contento, che un suo fratello semplice cadetto, con quella parentela coll’imperatore, non gli fosse poi saltato in capo di passargli avanti nell’impiego. Così stavano le cose al nostro arrivo ad Antalo.

scium Goxà ed il giovane sposo
loro vicende
Ora ritornando alla nostra storia, il Governatore Goxà postosi a discorrere col mio giovane compagno, che pure aveva conosciuto al campo nella sua qualità di semplice uffizialetto di Scialaca Gember, sentendo da lui medesimo la storia della sua sposa cugina dell’imperatore, pensò alla lettera di famiglia del suo fratello minore sopra riferita, e non lasciava di dubitare che fosse proprio quello che avesse soppiantato il medesimo, ma teneva [p. 713] il suo dubbio tutto secreto nel suo cuo- /101/ re, non lasciando di darci tutte le dimostrazioni di affezione, come persone venute dall’imperatore Teodoro. una domanda di Goxà al giovane sposo Io ho un fratello più giovane alla corte di Teodoro, [confidò,] anche egli uffiziale di corte dell’imperatore; lo conosco, rispose il giovane sposo, ma non molto, perché io restava abitualmente in Nagalà con Scialaca Gember, quando venne questo viaggiatore, e fui mandato come coregna suo al campo dell’imperatore, dove sono stato fatto uffiziale di corte, e Teodoro volle darmi la sua cugina in isposa con mia sorpresa, perché neanche io la conosceva. Allora il Governatore non dubitò più dell’affare, benché osservasse la più delicata secretezza rapporto al suo fratello minore defraudato dalla sue speranze.

un nuovo progetto Passato che fù un giorno nella più intima compagnia, Scium Goxà, sentite, disse, è indispensabile che restiate quì qualche giorno per riposarvi. Qui in Antalo è la sede dei mio governo e non state bene di casa, quì vicino ho una gran casa di famiglia dove resta abitualmente la mia madre Waletta Salassie, [p. 714] là sarete molto meglio di casa, e la mia buona madre potrà usarvi certi riguardi che non posso usarvi quì: là sarete anche molto più liberi, perché sarete in una casa nostra particolare, e vi sarà più poca gente, e meno confusione. nostra partenzsa, ed arrivo alla campagna Il giovane sposo col suo schiavo, i quali non sognavano più altro che messe e conferenze mi obligarono ad acettare il partito; così, fatti[ci] accompagnare siamo andati colà in meno di mezz’ora di viaggio. La vecchia Matrona Waletta Salassie, già avvertita, fù felice di vederci, appena entrati in casa ci condusse subito ad un’appartamento particolare, dove vi erano due belle camere ed un gabinetto per purgare il ventre. Quando i due proseliti viddero quel bell’appartamento, mi condussero subito nella seconda stanza più appartata, e mi fecero vedere come là si poteva tanto facilmente aggiustare una cappella per la S. Messa.

dialogo tra Waletta Salasie ed il giovane sposo Appena stabiliti ci portarono subito un bel pranzetto, nel quale la vecchia Waletta Salassie volle servirci essa stessa, come una fantesca, ma il giovane sposo, legatasi la tela alle reni, secondo le cerimonie [p. 715] abissinesi, tocca a me, disse, sono mandato dall’imperatore per servire il viaggiatore, ed egli mangia solo [vivande, servite] dalle mie mani. Ma mio figlio Goxà mi mandò [a] dire che vi era un’uffiziale di corte, disse la buona vecchia; l’uffiziale di corte sono io, disse il giovane, ma quando si tratta del padrone, allora l’uffiziale diventa il primo soldato. Ma siete voi il cugino dell’imperatore? [domandò, sbalordita;] oh Mamma mia, [continuo il giovane,] dopo che Gesù Cristo discese dal cielo per farsi nostro servo, le mode sono cangiate, perché siamo diventati tutti cugini, fratelli, e servi. Quando è così, disse la buona vecchia, fate come /102/ credete, io non so più cosa dirmi. Cara mamma, [riprese l’altro,] Ella ha già detto troppo da principio, quando, padrona come è, volle farci da serva; noi in nessun modo potevamo permetterlo. La buona vecchia Waletta Salassie era una brava donna piena di buon senso, di pietà, e di religione, quanto può essere capace una donna abissina senza istruzione cristiana, ma di buona fede; essa prese un’affezione matta per il giovane sposo, ma essa non sapeva ancor tutto, egli era appunto quello che aveva rapito la tanto bramata [ragazza] [d]al suo giovane figlio.

abba Josef venuto da Cialikot Appena finito il pranzo, il cuore del giovane sposo stava sospeso per aggiustare la cappella, e stava girando tutti gli angoli della casa per trovare [p. 716] alcuni oggetti per il gran lavoro dell’altarino e della cappella, quando alla porta d’entrata si incontra con un monaco, il quale domandava dell’europeo venuto della stessa giornata; venite con me, gli disse, e me lo condusse direttamente; gli domando il suo nome, e risponde: io sono un certo Abba Josef (1a); ho sentito che erano arrivati forestieri europei, e sono partito subito da Cialikot per vedere se gli europei venuti sono di quelli che cerco io. Dunque so chi siete, un monaco, strada facendo, mi parlò di voi, dissi io, e dovendo passare in Cialikot non avrei mancato di domandare di voi; e rivolto al giovane sposo, questo è dei nostri, gli dissi, egli è un discepolo di Abuna Jacob. Allora il buon giovane gli saltò al collo, come se fosse stato un suo fratello non veduto da dieci anni. [Poi il monaco si congedò così:] Come io sono mantenuto da Ozzoro Waletta Salassie, vado un momento a vederla, e poi ritorno subito.

detagli sopra il detto monaco Questo monaco era stato discepolo di Monsignore Dejacobis; morto questi per certe questioni che si sollevarono fra gli indigeni, e per declinare la persecuzione egli si ritirò a Cielikot per lasciar passare la borrasca, e vi rimase sotto la protezione della vecchia Waletta Salassie, disposto a ritornare [p. 717] in Tigrè sotto l’ubidienza dei missionarii [lazzaristi], e continuare i suoi studii per [ricevere] gli ordini sacri. Avendo inteso il mio arrivo venne per ricevere i sacramenti; epperciò si unì ai giovani per preparare la cappella. Si celebro la S. Messa due notti di seguito, nelle quali si comunicarono tutti, anche il monaco di Cialikot. Ogni giorno veniva verso sera il Governatore da Antalo e pas- /103/ sava un’ora con noi. visite del campo imperiale Dopo due giorni ho parlato io stesso al Governatore, pregandolo di fare in modo che il mio compagno venuto da Nagalà per accompagnarmi, se ne ritornasse a casa sua, dove lo aspetta[va] la sua moglie, ancora sposa di pochi mesi; [e aggiunsi:] io avrei voluto farlo partire prima, ma agli, per motivo dei torbidi fra gli Agàu, ha voluto venire fin quì per riferire all’imperatore il mio arrivo sano e salvo sino all’Enderta. Oggi non vi è più pericolo, epperciò è tempo che ritorni a Nagalà, e di là al campo imperiale.

ordino al giovane di ritornare Assicuratomi che il Governatore non l’avrebbe trattenuto ho preso lui in disparte, e gli ho ordinato la partenza. Era la sera, e mi prego solamente di lasciarlo ancora la notte per sentire ancora una Messa e fare una comunione, promettendomi che l’indomani mattina sarebbe partito per Antalo, di dove, congedatosi [p. 718] sarebbe immediatamente partito per Nagalà, passando per Sokota. Nella notte sentirono la Messa e fecero la S. comunione con un fervore tutto straordinario. Fatto il ringraziamento. raccomandazioni a tutti due insieme, ed in particolare Gli ho chiamati e feci loro una conferenza sulla maniera di regolarsi colle loro mogli. Ho parlato loro di nuovo del battesimo di necessità da amministrarsi ogni qual volta si presentava il caso di morte nel modo già altre volte spiegato. Dopo ciò, preso da parte il padrone, gli ho raccomandato di non restare più di un giorno in Antalo, ed un’altro giorno a Sokota, perché io temeva che le strade si guastassero [per i casi di ribellione all’imperatore]. il giovane mi sorprende Allora egli, caro Padre, disse, quello che Ella mi ha detto questa notte, mentre tutti dormivano, io non l’ho dimenticato e l’osserverò a puntino.

esame del fatto, e cresce la sorpresa Persuaso io d’aver dormito tutta la notte sino all’ora della Messa, e d’avergli detto niente, ho dubitato che vi fosse [stata] qualche illusione, oppure sogno; allora per farlo parlare, senza aver l’aspetto di negare, io temo, gli dissi, che non avrai sentito bene, ingannato dal sonno; [ma il giovane sciorinò una serie di interrogativi:] quando tutti dormivano, ella non è venuta da me? non mi ha fatto levare? non siamo andati fuori insieme, e là fuori [p. 719] [del]la porta non mi disse questo e quello? quì mi raccontò tutto quello che gli aveva detto, specialmente forti raccomandazioni di non parlare tanto facilmente della rivoluzione degli Agau, perché vi sono delle esaggerazioni, e corre il pericolo di compromettersi, o compromettere qualcheduno ecce. ecce. Quando è così, molto bene, dissi, si vede che tu non dormivi. Nella conferenza particolare che [io] gli aveva fatto, in verità aveva pensato di fargli tutte quelle raccomandazioni, ma temendo che qualcheduno sentisse aveva riservata la cosa per l’indomani, ed invece secondo lui, dopo siamo sortiti e gli ho detto tutto; dunque, dissi, o io sono stato un sonambulo, /104/ oppure egli ha sognato, oppure qualche spirito ha fatto per me [quella parte]. Così ho pensato di lasciarlo in buona fede. Ciò che più mi stupì, gli ho detto una parola secreta per l’imperatore che io riservava per l’ultimo momento [prima] della separazione.

ultima mia apreziazione Non vi è dubbio che in questa storia ha potuto esservi qualche illusione, o per parte mia, oppure per parte sua, ma sarebbe stata una cosa tutta straordinaria mai accadutami. Egli raccontava un fatto reale con una buona fede, e persuasione da non ammettere nessun dubbio; per parte mia poi, non solo non aveva [p. 720] conscienza di averlo fatto, ma conservava la mia intenzione e volontà di farlo nel momento della separazione. Stando a tutto ciò che egli mi riferì sul preteso fatto accaduto nella notte; sia io, oppure un’altro che mi rappresentò, gli fece alcune raccomandazioni alle quali neanche io vi pensava; lasciò nel giovane sposo una persuasione di dover partire tale, che, i due proseliti ritornano a casa loro venuto il momento della separazione, vi fu una vera crisi nel cuore di tutti, non escluso il mio, piansero molti, ma egli se ne andò impertubato, cosa che mi fece stupire.

Una volta partiti i due proseliti sposi, i quali erano la vita della casa, e non mi lasciavano un momento tranquillo, ho potuto riposare un poco, e pensare alla partenza per Cialikot. Il Governatore mi aveva detto nel giorno precedente: io spedito che avrò i due per Sokota, e Nagalà, verro quì, e partiremo insieme per Cialikot, dove ho qualche affare che mi aspetta. viene il governatore, nostra conversazione Difatti l’indomani a sera verso notte arrivò il governatore, passammo la sera in conversazione colla sua madre Waletta Salassie. Non si parlo di altro che del giovane partito col suo schiavo; tanto la madre, che il figlio erano tutti [e] due [p. 721] presi [da ammirazione] sino alle stelle dalle buone qualità di quel giovane; sue ammirazioni in rapporto al giovane eppure io che l’ho conosciuto prima al campo, mi stupisco ancora di più della sua trasformazione. Prima erano già predicate da tutti le sue belle maniere insinuanti, motivo per cui era divenuto l’idolo delle donne dell’alto mondo, le quali andavano a gara per trattarlo; oggi poi è divenuto una vera pasta di succaro che si attacca al cuore. Prima era amato, ma si diceva di lui che non era costante nel suo amore; quello che non aveva anticamente, l’ha aquistato oggi, egli non parla più di altre [donne] che della sua sposa; ciò è un vero portento.

Goxà parla di affari Come questo giovane pare [che] sia amato dall’imperatore, continuava il Governatore Goxa in quella conversazione, e come egli doveva ritornare al campo, ho creduto bene di fargli certi rimarchi sopra le circostanze attuali del suo impero, e sono caduto sul particolare delle fermentazioni che stanno sviluppandosi frà gli Agau, affinché egli ne par- /105/ lasse al suo padrone. Appena io sono entrato in questo campo delicato, egli innarcò le ciglia, ed abbassò i suoi occhj, e sentì tutto quello che io ho voluto dire senza proferire una parola, ne di biasimo, ne tanto meno di lode; [p. 722] ma appena terminato il mio discorso, egli con tutta brevità e serietà rispose: il governatore ammira la sagezza del proselito io sono ancora giovane per giudicare di questi affari, epperciò intendiamoci, se io parlo non posso parlare a nome mio, ma bensì a nome suo. Ella poi ha abbastanza esperienza per giudicare [sul conto di] chi riferisce, quando è questione di fatti odiosi, cioè che non vi sia bugia, esaggerazione, oppure odio di persone, perché in tal caso io non ne vorrei sapere. L’imperatore si trova sopra un’orizzonte troppo vasto per occuparsi dei detagli, egli vede coll’occhio dei suoi veri amici; dobbiamo dunque, prima di riferire una cosa, assicurarci che sia puro oro purgato nel crociuolo; altrimenti saremo più nocivi a lui noi amici suoi, che non gli stessi nemici. Io, disse il giovane, accompagnando il mio viaggiatore per ordine imperiale sono stato legato col medesimo fra gli Agau, eppure fin quì [non] ho detto niente, e probabilmente [non] dirò nulla, perché è un fatto troppo piccolo per occupare l’imperatore. Questi colossi si nutriscono di bocconi già masticati e preparati.

Bastò questo per me, continuò il Governatore nella sua conversazione, per giudicare la capacità, ed il carattere serio di questo giovane. Io poi ho detto di lui molto di più nel descrivere alcuni tratti di storia [p. 723] prima e dopo la sua conversione, ed ho scritto con altro scopo. scopo di queste riflessioni Il mio scopo principale è quello di giovare ai miei lettori, per ogni caso che queste mie memorie venissero publicate, persuaso che i miei lettori sarebbero per lo più persone consacrate al ministero apostolico, missionarii principalmente; io intendo con ciò [di] far conoscere come anche fra gli infedeli, e fra i barbari esistono dei veri tesori, delle menti cioè che sanno elevarsi in alto, e dei cuori nobili e generosi, degne abitazioni dello Spirito Santo, tesori nascosti al mondo cristiano, i quali staranno nascosti ancora, se un ministero apostolico, superiore all’ordinario, non va a scavare e levarlo dalla polvere, per unirlo al corpo vivificante della Chiesa di Cristo. Nel caso poi che queste mie memorie cadessero nelle mani di alcune persone educate alle scienze, ed accostumate a dare qualche beccata anche agli astri senza le ali della fede, vedrebbero che alcuni di quei barbari con un poco di guida di fede, nel loro intelletto, e col cuore condito di sale evangelico, sanno ancora dare certi esempi anche a noi popoli civili, e sputare certe sentenze che sarebbero utili anche per i nostri.


(1a) Il nome di questo monaco sarebbe stato Joannes Josef, ma io ho lasciato il nome di Giovanni, e l’ho chiamato invece col solo nome di Giuseppe per non confunderlo coll’Abba Joannes dei paesi galla. [mag. 1868] Nel 1869. venne in Scioha e stette sei mesi in casa [nostra]; ma la questione della madre decrepita senza altra assistenza l’obligò a ritornare in Tigrè, e visse sempre da buon cattolico in Adoa, facendo la scuola ai ragazzi. [mar. 1873] Nel 1872. il P. Luigi Gonzaga, passato in Adoa lo trovò che faceva là molto bene; si confessò e comunicò da lui. [Torna al testo ]