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21.
A Gerusalemme: iniziative e funzioni.
Il musulmano di Alessandria battezzato.
poche ore a porto Saïd Il bastimento era arrivato nella notte, e siamo partiti verso le 10. del mattino. La sera siamo arrivati a porto Saïd, dove la Società del canale aveva incomminciato i lavori del porto. Non fece che depositare alcuni colli di provisioni per i lavoranti, e nella notte siamo partiti prima di mezza notte. Il comandante temendo [p. 871] che il mare si turbasse, affrettava il suo cammino per arrivare a Giafa prima della borrasca; arrivammo la mattina avanti [a] Giafa, ma il mare era agiatato abbastanza per impedire lo sbarco, ed il bastimento dovette tenere il largo tutto il giorno senza potersi avvicinare; solamente nella notte si calmò un poco, e nostro arrivo a Giafa la mattina seguente con gran pena e moltissime precauzioni si poté sbarcare senza gravi inconvenienti, poiché Giafa non ha porto.
I Padri di Terra Santa, avvertiti da Gerusalemme erano là che ci aspettavano; con noi si trovava una buona quantità di pellegrini venuti di Francia; tutti hanno potuto sbarcare senza inconveniente, meno alcuni pellegrini caduti in mare, però nessuno perì, e tutti furono salvi. Siamo montati al convento, dove quei buoni padri ci ricevettero con molta cortesia. Abbiamo visitato le Suore di S. Giuseppe [dell’Apparizione] stabilite colà da [1849] un’anno, le quali stavano ancora nell’appartamento dei pellegrini, mentre si costruiva la loro casa; esse avevano già aperta la scuola delle figlie e speravano di fare un piccolo convitto; benché in Giafa la colonia cattolica non fosse molto numerosa, non mancavano degli [allievi] eretici e scismatici, e speravano [p. 872] di aumentare la loro scuola tanto esterna che interna. L’indomani siamo partiti per Ramle con tutti i pellegrini francesi, ed alcuni spagnoli, in tutto circa una sessantina. Però da quanto ci dissero in Giafa, la maggior parte dei pellegrini sarebbe arrivata col prossimo vapore, nel quale ci sarebbero stati molti italiani e tedeschi. arrivo a Ramle e partenza Non mi fermo a descrivere i contorni di Ramle, luogo di cui ho già parlato altrove. L’indomani, lasciato questo antico paese dei Filistei, io con una parte della carovana a piedi vi /183/ abbiamo impiegata quasi tutta la giornata per arrivo a Gerusalemme arrivare alla Città Santa verso le tre di sera. Il Dottore La Garde con una parte della carovana a cavallo arrivarono due ore prima e ci aspettarono nelle vicinanze di Gerusalemme, dove abbiamo trovato il Seminario di Monsignor Patriarca venutoci all’incontro.
Monsignore Patriarca mi mandò [a] dire che mi aspettava in casa sua, ma io gli feci rispondere che avendo molta gente con me, massime due giovani abissini io sarei andato allo stabilimento della casa nova, dove, una volta stabilito, non avrei mancato di passare qualche giorno con lui. Così ho fatto, entrati alla casa nova, l’indomani ho passato l’intiera giornata con Mohsignore Patriarca.
novità trovate in Gerusalemme
[nov. 1865]
Il suo palazzo e la sua
[p. 873]
Chiesa patriarcale di Gerusalemme erano in via di costruzione; la parte principale del Palazzo era già terminata ed abitata da lui, restando [so]solo in costruzione la parte destinata per il Seminario. Era la più bella fabrica di Gerusalemme dentro le mura; fuori delle mura vi era la nuova fabrica russa, lavoro di un’immensa grandezza quasi equivalente ad una piccola città. Un bel giorno Monsignore Patriarca mi condusse a Begialla, dove mi fece vedere un’altra gran novità fatta da lui. Era
[inaugurati: 7.11.1857]
una Chiesa e palazzo di campagna per se e per il suo Seminario latino. Passiamo l’inverno a Gerusalemme, mi disse, dovendoci trovare per la grande solennità di Pasqua e di Pentecoste, epoca dei grandi pellegrinagi. Nel restante dell’anno poi restiamo tutti a Begialla, come luogo vicino a Betlemme, dove si passa il S. Natale per le funzioni. Begialla si presta molto per lo studio; al contrario Gerusalemme per questo è molto infelice, avvi colà un non so che di misterioso che paralizza l’imaginazione del credente.
Mi condusse pure in un’altro piccolo villagio cristiano, dove stava fabbricando una piccola chiesa e casa per un missionario. alcune antichità Si stava scavando a questo effetto, ed ho osservato alcune [p. 874] anticaglie state trovate frà le rovine sotto terra, erano avvanzi di atrazzi e vasi domestici delle popolazioni pagane prima dell’era cristiana; piatti, vasi, e sopratutto una macina a mano, il tutto perfettamente primitivo, tale [e] quale ancora attualmente si usa in tutto l’alto piano etiopico. progetti di m.re Patriarca Il Patriarca poi mi significò il suo piano, quello cioè di coltivare il poco resto di popolazioni cristiane antiche, le quali per la vicinanza dei luoghi santi non si fecero mussulmane dopo l’abbandono dei crociati; esse erano popolazioni mezze greche, e forse già accostumate al rito latino sotto il governo dei crociati. Il Patriarca si faceva un clero latino collo scopo di fare delle missioni frà questi avanzi di cristiani senza Chiese. Il calcolo del Prelato era giusto, perché facendole latine sarebbe stato l’unico ri- /184/ medio per salvarle dalla malatia levantina del[lo] scisma; ma non mancherete, dissi io, di avere un contro colpo dalla parte dei greci dei vicini Santuarii.
altri progetti dello stesso
Di ritorno a Gerusalemme, dopo il pranzo trovandoci in conversazione, avete parlato, mi disse Monsignore Patriarca, col professore e Rettore Bracco, ho già parlato a Roma, e spero che sarà fatto Vescovo, per la sua consacrazione voi sarete primo mio assistente,
[p. 875]
se Roma mi ascolta, alla mia morte egli sarà il mio successore; io per stabilire il patrarcato ho dovuto espormi ad una quantità di operazioni, che hanno un poco offeso i Padri di Terra Santa, ma mi succedera Bracco, il quale è una pasta di zuccaro che guarirà tutte le piaghe da me lasciate. Dopo mi portò a vedere
[trasferimento: 21.1.1863;
inaugurazione: 3.4.1868]
la nuova fabrica che si stava costruendo dalle Sorelle di Sion all’arco dell’Ecce homo, e mi fece conoscere quelle religiose. Queste non mi bastano, disse, sono in trattativa colle Suore di S. Giuseppe [dell’Apparizione], le quali entreranno nella mia casa da me lasciata, e vi faranno un piccolo stabilimento di scuole.
il santuario di Emmaus Anche i Padri di Terra Santa allora stavano fabricando un nuovo Santuario stato abbandonato, e divenuto come deserto. Era questo il Santuario di Emmaus; un bel giorno che era, se non erro Lunedì di Pasqua, fui invitato a vederlo nell’occasione che si recavano colà a solennizzare il mistero. Si stava fabricando sopra le rovine dell’antico Santuario esistente in tempo dei crociati; una modesta chiesa, ed una parte della casa erano come terminate, e si stavano scavando le rovine antiche per continuarvi la fabrica. si solleva un’opinione contraria Un certo Padre Bassi minore osservante di famiglia nel gran Convento del S. Salvatore, e persona conosciuta in Europa, [p. 876] in seguito di alcuni [alcuni] lavori da lui publicati sopra la terra santa, aveva sollevato una questione sopra l’identità di detto Santuario, come non fosse quello dei due discepoli mentovati da S. Luca. Ciò egli sosteneva in seguito ad alcune versioni di S. Luca trovate in Levante, nelle quali, in vece di 60. stadii da Gerusalemme ne scriveva 160., supponendo il castello di Emmaus molto più lontano, ed in altra direzione. Io credo però che questa questione sia stata finita dallo stesso oracolo della S. Sede, come conveniva, essendo questione, non solo del Santuario suddetto, ma del sacro testo scritturale compromesso. D’altronde il Santuario in questione, essendo quello stesso già venerato in tempo dei Crociati, non è supponibile che in quei tempi sia stata ignorata la questione sopra indicata, e che non abbiano seguito allora la tradizione antica, la quale è sempre di gran peso in queste cose di publica venerazione.
/185/ la chiesa di sant’Anna Un’altra cosa nuova ho trovato in Gerusalemme in questo secondo viaggio è la riparazione della Chiesa di St. Anna, lavoro antico dei crociati stata fatta sopra le rovine dell’antica casa detta di St. Anna, andata in rovina dopo la partenza dei Crociati, e rimasta quasi abbandonata. [1.11.1856] Data in regalo all’imperatore dei Francesi Napoleone III. Questi ordinò che si ristorasse lasciando l’antica costruzione; costò il doppio che non avrebbe [p. 877] costata facendola nuova. Dopo la Chiesa doveva farsi anche una fabrica per una corporazione religiosa. progetto in favore degli abissinesi Monsignore Patriarca mi aveva consigliato di domandare che vicino a quella fabrica si fabricasse una piccola casa per gli abissinesi cattolici; quì abbiamo continuamente circa un centinaio di abissinesi, mi diceva Monsignore Patriarca, nessuno si cura di essi per mancanza di lingua; essi se ne stanno vicino al S. Sepolcro in un ridotto, il quale è più un cortile che una casa, vengono eretici, mojono eretici e ritornano eretici. Quando trovassero un’abitazione migliore con qualche soccorso, ed uno che si occupasse di essi, forze tutti si convertirebbero. Sentendo questo da Monsignor Patriarca, io ho convenuto con lui in tutto; eccomi, dissi, io farò tutto ciò che voi dite; io vi darò un giovane da mettersi nel vostro Seminario, affinché sia educato a questo effetto per coltivare gli abissinesi, e contribuirò in parte alle spese. Parlerò a Parigi per ottenere ciò che voi dite dall’imperatore; scriverò ai Lazzaristi d’Abissinia, affinché entrino anche essi come più interessati di me nell’affare di cui si tratta
come il progetto andò fallito Difatti per parte mia io ho eseguito tutto quello che ho promesso, e posso dire che tutto ho ottenuto in parole. Ma il diavolo non lascia di mettere la sua zampetta in tutte le opere di Dio, principalmente quando prevede un gran bene per le anime [p. 878] ed una disfatta per lui. Prima di tutto bisogna dire, che l’imperatore Napoleone a forza di ritardare la costruzione della fabrica, questa andò perduta con lui nella disfatta di Sedan; anche il giovane abissino che io aveva collocato nel Seminario del Patriarca non riuscì. Monsignore Biancheri, il quale mi aveva promesso di pensarvi, egli morì prima ancora di un’anno in Massawah. Così questo gran bel progetto andò a monte, ed io trovandomi nell’interno non ho potuto più rilevarlo. Del resto sarebbe certamente stato una gran providenza per la conversione dell’Abissinia, perché i pellegrini di Gerusalemme ritornando convertiti, avrebbero poco per volta esercitato un gran ministero indiretto sull’opinione publica del loro paese.
mio ritiro nel s. sepolcro Arrivò intanto la Settimana Santa, ed io mi sono congedato da Monsignore Patriarca e dai Padri di terra santa per fare il mio ritiro nell’in- /186/ terno del S. Sepolcro, lasciando la cura dei miei due giovani abissini e del Dottore La Gard ad un Padre di terra santa; pendente l’apertura del S. Sepolcro essi venivano a trovarmi per la continuazione dei loro esercizi spirituali, e quando la basilica si chiudeva essi se ne ritornavano allo stabilimento [p. 879] della casa nova, ed io rimaneva libero per pensare a me stesso. osservanza interna Chiusa la basilica del S. Sepolcro, io faceva l’osservanza del coro coi religiosi della piccola famiglia dei custodi, tanto di giorno, che di notte. Negli intervalli liberi dall’osservanza del coro, prese poche ore di riposo, nella notte dalle gallerie latine io passava le mie ore osservando tutti gli esercizii di culto degli eterodossi, nelle ore a loro concesse. conferenze con fr. Giacomo Il famoso fratello Giacomo, il quale contava già circa venti anni di reclusione spontanea nel piccolo ritiro dell’interno, venerato dagli stessi eretici, e che io aveva già conosciuto nel mio primo viaggio; egli, nelle ore libere che poteva avere, veniva a trattenermi in spiegazioni di molti fatti interessanti occorsi, e qualche volta mi procurò anche l’abboccamento con alcuni greci ed armeni di sua confidenza, dai quali ho potuto conoscere alcuni fatti interessanti. Il rimanente poi del mio tempo me la passava colla Maddalena a meditare per mio conto le crisi dolorose e gloriose del divin Redentore; che belle ore!
funzioni interne
Del resto ho potuto celebrare due volte la S. Messa sopra il S. Sepolcro; due volte nella cappella della crocifissione sul monte calvario, una volta all’altare della Maddalena. Nel Giovedì Santo ho assistito alla Messa di Monsignore Patriarca; ho assistito ogni giorno a tutte le processioni della sera ai diversi santuarii
[p. 880]
della basilica.
la Pasqua e la mia sortita dal s. Sepolcro
[Giovedì Santo: 24.3.1864 M. è in Alessandria]
Finalmente nel giorno di Pasqua dopo aver assistito al Pontificale di Monsignore Patriarca sono sortito con lui, e sono andato a passare il giorno in casa sua, dove volle invitare anche il Dottore La Garde per far compagnia a tutto il suo Clero, e ad alcuni pellegrini distinti francesi di sua conoscenza. Io fui molto consolato di vedere il mio Dottore nel Giovedì Santo fare le sue divozioni con molto raccoglimento per le mani dello stesso Monsignore Patriarca.
consolazioni del dottore
Tutto commosso, diceva questo Dottore a Monsignore Patriarca, dopo la mia prima comunione io non pensava a fare la seconda, e forze non l’avrei fatta neanche restando in Francia, ma Iddio nelle sue misericordie mi ha così ben guidato in tutto questo viaggio, che arrivato a questo luogo di misericordie ho dovuto cedere alla pace offertami, e spero in Dio di mantenerla. Lo stesso Patriarca raccontandomi la tenera conversazione fatta con lui, ne era commosso.
Il Dottore coi pellegrini, ed i miei due giovani, accompagnati da un giovane abissino conosciuto che loro serviva di cicerone, avevano già visitato tutti i santuarii più vicini, come il Getsemani, Betlemme, [in] /187/ Montana, Betania, e simili, pensavamo di partire per Giafa onde imbarcarci per Alessandria col primo vapore venuto da Costantinopoli, ma desideravano ancora di sentire la mia Messa al Santo Sepolcro [p. 881] prima di partire, e fu fissato il Mercordì dopo Pasqua; la sera di Martedì siamo andati tutti [e] quattro a passare la notte nel ritiro del S. Sepolcro: Nella notte, sia il Dottore, siano i miei due giovani viddero le funzioni dei greci e degli armeni dalle nostre gallerie [nostre], e la mattina, ultima messa nel s. Sepolcro appena il S. Sepolcro passò nelle mani dei latini siamo discesi ed abbiamo celebrato la S. Messa sopra il S. Sepolcro; alla quale fecero tutti [e] tre la S. comunione. Dopo [aver] fatto il ringraziamento ho condotto i miei tre pellegrini a fare l’ultima visita al calvario, ed alla pietra d’unzione, e salutati i custodi del ritiro, siamo partiti, ed abbiamo lasciato la santa città dello stesso giorno.
nostra partenza dalla santa città Lo stesso dottore volle partire a piedi con noi per poter discorrere con me delle cose vedute e passate in Gerusalemme; io non faceva che rispondere alle diverse questioni che mi facevano, ora in lingua francese, ed ora in lingua abissina. Arrivati alla prima discesa, dove si perde di vista la S. città, ci siamo inginocchiati, e l’abbiamo salutata [per] l’ultima volta. Come il nostro viaggio fu quasi tutta [tutta] discesa dalle montagne della giudea, prima di mezzogiorno eravamo già alla piccola locanda, dove ci siamo fermati, ed abbiamo preso qualche ristoro. Partiti quindi quasi subito, abbiamo attraversato [p. 882] il vasto piano degli antichi filistei, e dopo le quattro siamo arrivati a Ramle, dove abbiamo pas[sa]ta la notte con quei buoni religiosi. L’indomani mattina, celebrata la S. Messa all’altare di S. Ni[co]demo, creduto antico proprietario della casa, che oggi è convento e Chiesa a lui dedicata, ancora di buon mattino siamo partiti alla volta di Giafa, dove siamo arrivati dopo due ore circa di viaggio. arrivo a Giafa e partenza Arrivati a Giafa, il vapore doveva arrivare l’indomani da Costantinopoli, epperciò si presero subito i posti. Il vapore invece arrivò nella notte, e la mattina, appena ho avuto tempo a celebrare la S. Messa, e salutare gli amici, che già ci facevano premura d’imbarcarci.
Appena arrivati sul vapore non tardarono a levare l’ancora, e siamo partiti. Il mare era tranqu[i]llissimo, e pochissimi i passeggieri, epperciò fummo ben presto a Porto Saïd, dove non [si] fece altro che depositare la posta, ed alcune pochissime merci, e
partenza da Porto Saïd.
siamo partiti per Alessandria, dove siamo arrivati il Sabbato in albis prima di mezzo giorno. Il P. Elia era già partito per il Caïro, e nessuno ci aspettava.
[arrivo in Alessandria
23.3.1864]
I Fratelli delle Scuole Cristiane, appena
[p. 883]
sentirono il nostro arrivo vennero ad aspettarci nel porto, ed appena sbarcati ci obligarono a recarci al loro
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collegio dove fù una vera festa per quei giovani. Della stessa sera essi vollero sentire la mia parola, e molti vollero confessarsi. Ho trovato in Alessandria molte lettere che mi aspettavano, venute da Roma, dalla Francia, ma di quella sera no[n] ho avuto il tempo di leggerle, perché le confessioni mi occuparono sino alla mezza notte.
il mio mus[u]lmano mi da la gran notizia del suo battesimo
Quando io ebbi finito di confessare il Fratello di guardia viene a dirmi che il solito mussulmano voleva parlarmi; io temeva che mi sollevasse la questione del battesimo, ma invece venne tutto contento a dirmi che era stato battezzato secretamente dal suo compagno.
Fu per me questa una notizia che a prima vista mi colpì per le gravi conseguenze che poteva avere questo fatto; quando questo ragazzo mi aveva pregato replicatamente di battezzarlo io ho rifiutato per esaminare meglio la cosa; più tardi mi domandò come un parere di farsi battezzare da un compagno, ed io ho pensato che poco per volta avrebbe dimenticato la questione. Invece si vede che nel ragazzo [vi] era una risoluzione presa, [p. 884] ed agiva invece con gran severità di giudizio per [non] compromettere nessuno. Difatti, quando egli mi diede la notizia che era stato battezzato, credi tu, gli dissi io, sinceramente di essere cristiano? confessione del nuovo battezzato Certo, mi rispose rotondo, lo credo fermamente, e ne provo gli effetti; prima il diavolo mi tentava sempre di lussuria, e quando la mia passione era ben calda, allora mi faceva credere che Iddio avendomi fatto mussulmano, io doveva essere musulmano; come musulmano, mi diceva, tu puoi fare tutte queste cose, mentre facendoti cristiano non lo potrai più. io doveva sempre battermi con questa tentazione, e rispondere al diavolo, che, appunto per questo, io voleva essere cristiano, perché Monsignore Massaja nella sua predica ha detto che la vera fede era come il sole, il quale dissipa le nebbie, e raffredda le cattive passioni. Ora tutte queste battaglie sono cessate, ed io non penso più ad altro che a ricevere la Cresima, la comunione, e morire quando morirà Fratello Adriano per andare in Paradiso con lui. (Cangiamento d’inchiostro 29. 9.bre 1882.) Che poi agisse con severità di giudizio per [non] compromettere nessuno, basta conoscere le leggi di solidarietà mussulmana contro l’apostata, per cui il Padre non la perdona al proprio figlio, e l’odio religioso è non solo contro l’apostata, ma contro tutti i fautori [dell’apostasia].
nuova mia convinzione Vedendo così ho piegato il capo, ed ho ammirato la grazia del misericordioso Iddio, la quale agisce per vie misteriose, e lontane da tutte le formole ordinarie. Allora solamente ho finito per convincermi, che il sistema [p. 885] di ricevere giovani mussulmani nei nostri collegi d’oriente avrebbe potuto avere anche le sue eccezioni, e ragioni per essere /189/ approvato contro ciò che io aveva sempre opinato prima, quando cioè la sorveglianza, e l’insieme di vivo ministero potevano riparare il pericolo della corruzione dei giovani tanto da temersi ovunque, massime in quei paesi d’Oriente per il contatto dei mussulmani. esame dell’atto, e risultato Rivolto quindi al giovane, il quale mi domandava consiglio a questo riguardo, io, dissi, prima di tutto interrogherò il giovane che ti ha battezzato per assicurarmi se ha osservato tutto l’essenziale da esserne tranquilli sopra la validità; epperciò non mancherai di avertirlo, affinché venga da me, come a titolo di confessarsi; dopo ciò ti saprò dire tutto ciò che dovrai fare, e come dovrai regolarti.
Venne difatti il giovane, e dopo avergli fatta una piccola ripassata d’aver fatto ciò senza prendere consiglio, affinché un’altra volta non fosse tanto facile a fare un simile passo senza primi consigliarsi, ho potuto convincermi che il giovane cristiano battezante aveva fatta la sua operazione in tutta regola, e dietro informazioni, e che perciò [non] vi era nessun dubbio sul valore del sacramento amministrato. miei consiogli al giovane batezzato Fatto questo, essendo venuto di nuovo il battezzato, sono passato a dargli avvisi sul modo di regolarsi in avvenire: caro mio, dissi, io non dubito più sul valore del tuo battesimo, e tu [p. 886] dovrai considerarti come cristiano. Però sappi che la cosa è molto delicata; da una parte in facia alla Chiesa di Cristo non essendo tu cristiano non potrai pretendere i sacramenti fino a tanto che la cosa non sarà constatata; tu quindi non potendo far conoscere il tuo battesimo senza esporti alla morte, ed esporre anche gli altri a qualche disastro riguardo agli altri sacramenti dovrai contentarti del desiderio. Tu dovrai seguitare a mantenere il secreto colla massima gelosia, come tu sai; quando sarai arrivato ad un’età più matura tu potrai fugire in paesi cristiani, e là solamente, palesata la cosa ad un sacerdote, egli ti diriggerà, e farà tutto ciò che occorre di fare per il resto. Fino a quel punto potrai salvarti in virtù del battesimo ricevuto. Io, dopo, [sono] partito subito per l’Europa, e nel mio ritorno non essendomi fermato in Alessandria, epperciò non l’ho più veduto. Ho lavorato nello stabilimento dei Fratelli delle Scuole Cristiane in Caïro, dove i mussulmani erano in maggior numero, epperciò si tenevano più sequestrati dai cristiani; là non ho fatto fortuna trà i figli dell’arabo profeta: ho avuto bensì delle consolazioni frà i cristiani eretici levantini.