/261/
26.
Viaggiatori febbricitanti:
miraggi umani e traguardi cristiani.
nostra partenza
[23-12-1879]
Ciò basti per dare al mio lettore una piccola idea della potenza dei bedovini, e ritornando alla nostra piccola carovana, sempre ancora travagliata dalla febbre, presa una guida da quei bravi bedovini, verso sera sul fresco abbiamo
[p. 290]
levato il nostro campo prendendo una scurciatoja, sperando [di] arrivare sul fare della notte ad un’altra stazione di mandre, dove, da quanto si diceva, la nostra carovana avrebbe trovato un poco di latte;
una cattiva notte
abbiamo camminato qualche ora in piena notte, e la stanchezza non tardò a dichiararsi in tutta la nostra carovana, massime in alcuni dei nostri giovani, i più travagliati dalla febbre, fummo costretti perciò [a] far alto in un deserto spoglio di ogni vegetazione, dove non si poté trovare un poco di legno per far bollire un poco di riso, nostro pasto ordinario dopo Matamma; per cenare abbiamo fatto ricorso all’otre delle proviste, cioè qualche pugno di pane biscotto in farina con una piccola quantità di carne secca ridotta anche in farina (1a),
impastata insieme con un poco di aqua. Da un’altro otre abbiamo bevuto un corno di aqua, che sempre ci accompagnava nel viaggio per smorzare la sete. Ciò fatto ci siamo adagiati alla meglio sulle nostre pelli, inviluppandoci [nelle] nostre tele, le quali già erano tutte bagnate dalla rogiada della sera. Lascio poi tutto il resto alla mente perspicace del mio lettore [di] imaginarsi il bel riposo che poté trovare la nostra inferma carrovana così corricata sulla nuda terra, dove girano insetti e zanzarine in quantità.
una dolorosa levata nel mattino La mattina seguente, appena incomminciava [a] spontare l’aurora, nel momento che le agitazioni convulsive del giorno precedente [si] erano calmate, e calmato il movimento febbrile, sarebbe stata l’ora di riposare /262/ tranquilli, incomminciarono le guide ad intimare la partenza. Tutti avrebbero risposto [p. 291] con una negativa rotonda, ed io per il primo ne sarei stato molto tentato, ma quanto è dura la condizione del viaggiatore il quale si trova in un deserto, dove nulla si può sperare, col pensiero che lo aspetta un’altro giorno peggiore, con un sole ardente da asciugargli non solo le vesti bagnate dalla rogiada della notte, ma da sollevargli un riscaldamento, con pericolo anche di un trasporto alla testa con minacia d’insolazione. speranza di umbra ed aqua fresca La speranza di trovare un luogo migliore, bastò, ed in un momento tutta la carovana fu in movimento, ed in pochi minuti già tutto era in ordine di partenza sopra il patibolo dell’eterno camelo, che al solo rivederlo ci rabbrividiva. Coraggio, gridavano le guide, fra poche ore ci aspetta un bellissimo luogo, all’umbra di alberi in quantità, ed una sorgente di aqua fresca. Oh quanto è potente un raggio di speranza! oh quanto poco basta in questo mondo per rallegrare un cuore desolato!
il paradiso di Maometto Mentre stavamo facendo forza a noi stessi camminando con un raggio di speranza di trovare un poco di umbra e di aqua fresca, io pensava al paradiso dei musulmani che il falso Profeta Maometto nel suo corano prometteva ai suoi credenti in paradiso con quelle tanto frequentemente replicate parole, dove scorre aqua sempre fresca ed aspettano donne sempre vergini. Maometto in un paese arso dal sole fra popoli pagani consummati da libidine favolosa trovò molto facile inventare un paradiso tutto ideale e favoloso, sul quale un mio catechista, dopo aver sentito una predica di un fakir musulmano trovò facile rispondere[:] [p. 292] il vero paradiso il paradiso imaginato dal vostro Profeta, disse il mio catechista, è un paradiso fatto per questo mondo, ma non per dopo la morte, quando, lasciato [lasciato] il corpo nel sepolcro, l’uomo non temerà più il sole che abbrucia; allora le correnti di aqua fresca saranno correnti di amor puro che sgorgano dal Sole di giustizia che e Dio, le quali innonderanno il nostro cuore di piaceri ineffabili, i quali si trovano solo in Dio, epperciò saranno eterni. Là vi saranno non solo donne, ma anche uomini sempre vergini, i quali anche in questo mondo non hanno voluto amare altro che Dio, e se hanno amato anche gli uomini, gli hanno amato solo in Dio, con Dio, e per Dio, vergini cioè di cuore e di volontà, stati sempre fedeli alla legge del Signore, anche in questo mondo. Fratelli miei, continuava il catechista, questo è il paradiso, che io spero sulla parola di Cristo, che voi chiamate il gran Profeta Hissa (1b); /263/ ma il paradiso che voi sperate di aqua fresca e di donne sempre vergini per appagare le passioni nel senso vostro, a cosa mi servirebbero? Del resto poi di aqua fresca il mio paese è pieno, e se volete potrei farvi vedere anche in questo mondo, una gran quantità di uomini e donne sempre vergini, ma tutte già sposate a Cristo e a Dio, e non vogliono sapere altro che Lui: Fratelli, quanti religiosi e religiose io ho veduto, i quali vivono di amore, e di speranza del paradiso! (2a)
il bisogno di un solievo Io dunque, camminando, stanco del viaggio, andava facendo coraggio a me stesso, ed ai miei compagni di viaggio colla speranza di trovare presto una stazione più fresca [p. 293] e più gaja da compensare i disaggi del giorno e della notte precedente, ma se debbo confessare la verità, mi trovava anche avvilito vedendomi ridotto a tanta bassezza, da lasciarmi come sedurre dalla meschina speranza di un poco di umbra e [di] aqua fresca, come i musulmani! la speranza del pagano figli miei, [dissi] rivolto ai miei giovani, la guida, povero musulmano senza fede, egli non sa prometterci altro per farci coraggio che una bell’umbra, e qualche sorgente di aqua fresca, ma badate che noi siamo in Sennaar fuori della Patria nostra, dove l’aqua vale il vino, noi siamo frà i poveri musulmani, dove tutte le speranze sono sogni di carne, quella del cristiano ma noi siamo cristiani e non dimentichiamo che la via del calvario vale quella del Taborre, non dimentichiamo cristo nostro maestro, il quale ci precede colla croce sopra le spalle per morire e per risorgere, e basterà questo pensiero per cangiare le spine in rose, di questo nostro doloroso viaggio. Sappiamo solo tenere i nostri cuori ed i nostri sguardi alla meta dove siamo chiamati, dove ci aspetta Cristo risorto, e millioni di martiri gloriosi che ci hanno preceduto. Fratelli miei, coraggio, è con questi sentimenti, voi lo sapete, che le armate di Cristo han vinto i pagani in tutti i tempi; son questi pensieri che hanno cangiato i lupanari di Roma in monasteri di vestali [votate] a Cristo, ed han fatto germogliare nei deserti i fiori, le rose, ed i gigli; la carne con questo sole terreno si corrompe e diventa sterco; ed al soffio di Cristo si inspirano gli eroi e volano al Cielo, calpestando la polvere.
Inspirati anche noi da questi sentimenti il nostro viaggio diventava più leggiero, la febbre si alleggeriva, e l’eterno camelo si presentava come /264/ armato di ali che alleggeriva il pesante suo passo; [p. 294] così il nostro viaggio ci apparve più corto, e poche ore ci bastarono per raggiungere la strada diretta che da Cassalà conduce a Matamma. una compania di soldati egiziani Abbiamo incontrato là una compagnia di soldati egiziani diretti a Matamma con un centinaio di Cameli carichi di provviste di ogni genere per la stazione militare di quella piazza. Contavano essi già quattro giorni, dacché avevano lasciato Kassalà, e continuavano ancora il loro viaggio. Alcuni delle nostra carovana essendosi fermati a parlare con qualche loro conoscente, poterono avere alcune notizie vaghe di Goldon Bascià: pare dissero essi, che il nostro Bascià in Abissinia non sia stato ben ricevuto dal Negus Giovanni, egli, da quanto si vocifera [14.11.1879] ritornò indispettito a Massawah, e sta forze già in viaggio per l’Egitto. Del resto, soggiunsero, il vostro arrivo è già conosciuto in Kassala da alcuni giorni per telegramma venuto da Massawah. Passati che furono i soldati egiziani, dopo un’altro poco di viaggio si arrivò alla famosa stazione tanto desiderata dell’umbra e dell’aqua fresca.
la bramata stazione In verità era quello un bellissimo luoghetto per una stazione, quanto poteva sperarsi nel semi deserto del Suddan, erba, umbra, ed aqua per noi e per i cameli: si poté fare là un buon caffè, ed un poco di riso per la carovana già molto stanca e sfinita dalla febbre e dal viaggio del giorno precedente; era un luogo dove usavano far capo i viaggiatori. Non tardò là ad arrivare la retroguardia dei soldati che accompagnavano le poche donne ed alcuni mercanti rimasti indietro, dai quali si poterono avere alcune proviste che ci mancavano, ma sopratutto alcune no- [p. 295] tizie di Kassalà, dell’Egitto, e di Massawah. La nostra gente sfinita cadeva di sonno e [aveva] bisogno di riposo, ma pure al sentire la vicinanza di Kassalà, dove erano riposte le nostre speranze di un più lungo riposo gli teneva in piedi ed aggiungeva loro un poco di vita. In quella retroguardia militare non mancava il medico egiziano, il quale accompagnava alcuni ammalati della compagnia. alcune notizie di Goldon Egli, come appartenente all’uffizialità, poté darmi alcune notizie in riserva sopra l’affare di Goldon Bascià, il quale veramente pareva chiamato in Egitto. Aggiunse ancora, [che] il Comandante di Kassalà doveva egli pure essere cangiato, ed avrebbe dovuto partire appena sarebbe arrivato il suo successore. consigli del medico egiziano Io inclinava a passare la notte, ma il medico mi esortava di partire ed accelerare il nostro viaggio per timore che qualcheduno della carovana non si aggravasse di più e rendesse più difficile la nostra partenza in un luogo deserto; con un poco di sforzo voi vi avvicinerete sempre più alla città, e sarà sempre più facile [a] trovare ajuto.
In seguito a ciò, fatto consiglio coi miei compagni, si risolse per la /265/ partenza a fronte che molti dei nostri, ed io stesso sentissi un gran bisogno di riposo. Ciò che il medico disse a me, l’aveva anche detto alle nostre guide, e verso sera, appena il sole incomminciò a declinare, e rinfrescarsi un tantino l’ambiente le guide intimarono la partenza promettendo vicina un’altra stazione migliore: si caricarono i cameli e fu forza partire, eloquenza di certe guide ma è tale l’eloquenza degli indigeni che accompagnano i viaggiatori, o come guide, o come servi conoscitori del paese [p. 296] per tirare i loro padroni nel loro senso, dove sperano, e spira loro una passione qualunque, che fanno comparire una realtà, quello che è una semplice idea loro; la nostra carovana, ed io stesso ci lasciammo vincere, o possiamo dire forse meglio, fummo vinti a segno di superare ogni nostra ripugnanza, da sentire un vero bisogno di partire. An[che] questa è una lezione al viaggiatore, di guadarsi da una simile eloquenza delle guide, perché è accaduto che una guida venduta vi farà anche cadere nel lacio. (1c). Nel caso presente la nostra guida ci fù anzi utile e parlò nel nostro interesse; egli usò tutta la sua eloquenza facendoci vedere molto vicina la stazione, per ottenere da noi un poco di coraggio, e così farci fare un passo di più verso Cassalà; ma questa eloquenza è ben soventi inspirata da altri fini. Quella sera [ci pareva] ogni momento ci faceva come vedere il prossimo arrivo alla stazione, e così ottenere da noi qualche ora di viaggio di più, avendo noi camminato sino a notte avvanzata, per arrivare ad una stazione abbastanza bona, sia per noi, e sia ancora per i nostri cameli.
si ravvivano le nostre forze La notte fù molto agitata sia per la stanchezza, e sia per le febbri, ma fatevi coraggio, egli diceva, e domani mattina potrò di quì farvi vedere non molto lontana la città di Kassalà, dove vi troverete frà amici come in casa, vostra. Ravvivati da questa speranza, abbiamo preso un poco di ristoro, e potemmo riposare tranquilli. veduta di Kassalà L’indomani difatti, all’albegiare dell’aurora, mentre, si stava preparando [p. 297] un poco di caffè, la nostra guida, come uomo che aveva scoperto un gran tesoro, destatici, vedete là al riscontro del sole che [si] sta levando, una bassa montagna, ai piedi di essa scorre un flumicello delizioso, di palme selvagie popolato a destra e [a] sinistra; ecco il luogo, dove si tagliano gli alberi per la costruzione delle case di Kassalà. miraggio del deserto Il piano inganna, ed il sole che spunta dalle altezze etiopiche di Adoa e dell’Amassen ci faceva vedere quel luogo molto vicino, come il navigante vede la spiaggia sospirata, pro- /266/ vammo noi la consolazione che già provarono i soldati di Colombo quando scoprirono l’America. Ci pareva di essere già arrivati a Kassala, ma pure eravamo ancor lontani due buone giornate. Il viaggiatore che cammina in un vasto deserto arso dalla sete, ed in cerca di aqua gli pare di arrivare ogni momento alla riva di un lago, e non vede il momento di saziarsi e di rinfrescare l’ardore del sole; è un miragio che producono i vapori sotto la pressione dei raggi solari, essi vi invitano ogni momento a bere, e sono all’opposto un segno di siccità.
suo mistero È questa la triste condizione del uomo che ha preso il suo partito di tener l’occhio suo fisso in terra, senza alzarlo al cielo e fare i suoi calcoli con Dio creatore e rigeneratore del mondo. La materia è sempre materia, anche in tutte le sue modificazioni ed operazioni. il vuoto del mondo Essa potrà sollevare nel uomo certe passioni e bisogni [p. 298] imperiosi, se vogliamo anche utili al uomo nel cerchio della sua organizzazione materiale, ma saranno sempre semplici illusioni, che non sortono [da]i confini della materia corruttibile: chiamatelo pure, se volete, richezza, fortuna, onore, e se vi aggrada meglio, ditelo anche piacere di gusto, di tatto, di viso, di udito, fino a tanto che la bisogna non sorte dai confini del senso, tutto sarà sempre semplice illusione che passa e non sazia. Fin quì l’uomo è sempre ancora nel mondo materiale, che finisce coi vermi, e colle mosche. L’uomo è qualche cosa di più, egli con un piede calca la terra, dove tutto finisce col senso, proprio anche degli insetti. le brame del giusto L’uomo monta più [in] alto, egli, dotato di sentimento, col cuore possiede Iddio e sta in celeste conversazione colla sua corte alla quale sente il bisogno di unirsi a lodarlo, pregarlo, ed adorarlo, mentre colla sua mente percepisce i confini del buono, del bello, e del morale a cui è chiamato. L’uomo nella sua parte spirituale colla materia si trova unito in un solo supposto come parte informante per governarla, e non per essere governato, per elevarla e nobilitarla e non per essere imbrattato dalle sue sozzure.
la lotta presente Qui appunto sta la gran questione: l’uomo [è] composto di spirito e di materia in un solo supposto. La materia è sempre materia; essa è una realtà che passa nel breve cerchio della vita del uomo, ma pure non lascia di essere una realtà che entra a parte del misterioso supposto umano per creargli anche una bisogna reale nella vita [p. 299] [nella vita] materiale fino a tanto che essa dura. il disinganno Il miragio, o meglio sogno della vita materiale, egli si presenta nel momento della sua morte, quando dovrà cessare ogni bisogna della vita materiale e di tutto questo povero mondo visibile; oh! allora appunto sarà il terribile momento del disinganno; il momento della fatale separazione dello spirito dalla mate- /267/ ria e dal mondo materiale, allora si apriranno gli occhj, allora scomparirà il miragio, allora netta comparirà la distanza infinita frà i due mondi, e la missione del mondo materiale e quella dello spirito nel supposto umano, e tutta la prepotenza di questo sopra quello. le vittorie di Cristo Alla comparsa del sole di giustizia si dissiperanno i vapori che sollevarono le passioni, e che sollevarono la gran lotta tra Cristo e Belial, lotta terribile che incomminciò col mondo e che finirà cogli ultimi trionfi di Cristo e dei suoi eletti: confidite ego vici mundum. Vittoria dello [dello] spirito contro la carne, della verità contro l’errore, di Gerusalemme contro Babilonia, vittoria della Chiesa, del Dio degli eserciti; vittoria misteriosa della luce e [contro il potere] delle tenebre, dei morti contro i vivi, vittoria del calvario e della croce.
la fede e la croce Oh il bel giorno è mai quello...! Ma il trionfo, e la vittoria, oggi giorno di miraggio, di sogno, e d’inganno, sono speranze di futuri sposi, ancora sono lontani: il Taborre, dove si spalancano le porte eternali, sono per noi ancora sospiri. La fede ci scopre il gran giorno, e gli occhj nostri sono rivolti al cielo, dove siamo chiamati, ma Cristo è ancora al misterioso [p. 300] Getsemani che sospira e geme per noi; esso corre la sua via del Calvario colla sua croce pesante che ci chiama alla lotta con lui. La carne ed il mondo sono in ordine di battaglia; l’esilio, la febbre, e la fatica ci opprimono, e bisogna camminare: eccoci dunque in viaggio per Kassalà, cacciati dall’imperatore Giovanni dietro consiglio del suo Eccecchè Abba Teofilos (1d) l’uomo materialista, e l’uomo spirituale L’uomo che non cammina dietro il lume della fede Cristiana, esso di necessità in simili casi deve camminare alla disperata, e [non] vede nessun rimedio che la forza, oppure il caso, come chi giuoca al lotto. Non è così il cristiano; egli vede nello stesso nemico un ministro di Dio o di misericordia o di giustizia; egli vede nella resurrezione di Cristo la propria risurrezione, e suol fare coraggio alla stessa sua carne, come ad una sua compagna nel castigo, oppure nella gloria eterna.
promesse materiali della guida Nel caso nostro, la guida del nostro viaggio, essendo un bedovino di religione musulmana, epperciò equivalente ad un pagano di tradizione asiatica panteistica nella quale tutto è fatalismo divino, di buon augurio nella fortuna esterna, e di cattivo augurio nell’esterna contrarietà, egli, di cuore per se buono, vedendoci perseguitati e contrariati, non solo /268/ dagli uomini, ma dalla stessa corrente della fortuna esterna, egli sentiva per noi una certa compassione, come di esseri destinati all’abisso senza rimedio. Per lui Kasselà era tutto, epperciò egli ci aveva fatto vedere Kasselà vicino, come luogo, dove la nostra sorte avrebbe ancora potuto le consolazioni dichiararsi in nostro favore. le consolazioni dell’uomo cristiano Ma il povero uomo nulla sapeva della grande calma e speranza che regnava in noi di tutt’altra natura, da [p. 301] farci concepire all’opposto una viva compassione di lui, ancora digiuno delle speranze cristiane che riempiono il cuore di consolazione celeste nelle più grandi tribolazioni, e nella morte stessa con Cristo, e per Cristo. La materia è sempre materia corruttibile, e l’uomo sente il peso delle tribolazioni, e delle malattie, ma lo spirito vivificato dalla grazia di Cristo è sempre là a sostenerla e consolarla. La vicinanza di Kassalà fù per noi un conforto, ma passeggiero, ben conoscendo quella città tutt’altro che amica nostra, come tutta musulmana fanatica.
(1a) Sono queste le proviste di viaggio anche per i guerrieri arabi ed abissini: con ciò sono molto più lesti e liberi a preferenza dei nostri. [Torna al testo ↑]
(1b) Cristo dai musulmani è chiamato col nome di Hissa. [Torna al testo ↑]
(2a) La conferenza quì riferita non è una mia imaginazione, ma un fatto da me riprodotto. La storia di questo fatto il mio lettore l’avrà trovata descritta, come arrivata in Ambabo sulla costa di Tagiurra nel 1868. dove io dimorava tutto vicino ad una moschea, ed il catechista riferito andava a sentire il Fakir a predicare, mentre io dentro il mio recinto, e seduto al mio scrittoio stava ascoltando la conferenza di cui e il caso. [Torna al testo ↑]
(1c) Il mio lettore avrà già letto il fat[to] arrivatomi [occorsomi] nell’anno 1852. quando io partito da Gondar, un mio servo, contro ogni mia volontà mi fece passare in Amba Mariam, di dove poi partì la spia che in Enferas nel giorno seguente mi fece legare dal Nagadaras. [Torna al testo ↑]
(1d) Credo d’aver già detto altrove chi sia questo Teofilo. Egli è un’antico eremita più mago che monaco, il quale profetizzò la corona imperiale a Giovanni quando questi era un semplice capo banda che [1876-1881] teneva i boschi dopo la morte di Teodoro: [in] premio di ciò fu fatto Ecciecchè. [Torna al testo ↑]