Missione e Viaggi nell’Abissina
di Monsignor Guglielmo Massaia
Vescovo di Cassia e Vicario Apostolico dei Galla

1857

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Capitolo VII.

Sommario

Scoperta e colonizzazione delle isole Sechelles. — Suolo, clima e produzioni loro — La Francia vi relega i ribelli suoi. — L’Inghilterra impoverisce i suoi coloni con l’emancipazione dei Negri. — Pessimo successo d’una missione protestante — Vestigi del cattolicismo. — Gioia degl’isolani all’arrivo d’un Padre: loro commovimento nell’assistere alla prima Messa. — Cacciata d’un missionario e fedeltà della greggia rimasta senza pastore. — Roma invia colà nuovi operai evangelici. — Trasformazione religiosa dell’Arcipelago. — Stabilimento delle Figliuole di Maria. — Gratitudine della Missione verso gli Associati.

La missione dell’isole Sechelles, nella zona occidentale dell’Oceano indiano, è debitrice della sua nuova fondazione alla special protezione di Maria verso questi poveri isolani, il maggior numero dei quali, nati di sangue francese, erano per tradizione rimasti cattolici. Siate però con- /92/ tenti, o lettori, che, prima di esporvi lo stato della missione e di descrivervi la storia del suo stabilimento, vi diamo brieve notizia su quest’arcipelago ed il popolo che lo abita, tal quale ce la trasmette il P. Leone degli Avancheres in una sua lettera.

Le isole Sechelles, poste fra il terzo e quarto grado di latitudine meridionale ed il cinquantesimo quarto e cinquantesimo quinto di longitudine a levante, furono, sotto la fine del decimo quinto secolo, scoperte dai Portoghesi nel primo loro viaggio alle Indie. In quel tempo non contavano fra gli abitanti loro fuorché le tartarughe terrestri, i caimani ed i coccodrilli, ed erano coperte di foltissimi boschi, pieni di scimie e d’uccelli de’ tropici di vaghissime penne; i quali a’ di nostri più non esistono, ugualmente che le foreste, ove eransi ricoverati.

Il primo stabilimento nell’isole Sechelles cadde sotto il governo di Mahe-Labourdonnais, che le fece cercare dal capitano Picault, il quale ne pigliò possessione in nome del re di Francia. Tutto il gruppo delle isole chiamossi Labourdonnais, e la principale di queste, Mahe. Nel 1791, al nome di Labourdonnais /93/ venne sostituito quello di Sechelles, in memoria di Hérault de Sechelles, nella stessa guisa che si mutò il nome di Bourbon in quello della Riunione.

Fra le isole, che il Picault esplorò, fu quella de’ Palmizi, ove trovò la palma da cocco di mare, Laodicea Sechellarum, il cui straordinario frutto, dagli Orientali conosciuto sotto il nome di frutto dell’albero di Salomone, vendevasi a peso d’oro, per essere rarissimo e per le stupende qualità che attribuivangli, come medicina o come talismano. Questa terra già chiamavasi isola de’ Palmizi; ma perchè conosciuta appena da pochi, il Picault velò la sua scoperta col nome di Praslin, in onore del daca Praslin, allora ministro del re. Tornato all’isola di Francia, armò una nave, fece nascosamente tragitto alla famosa isola de’ Palmizi, caricò di cocchi il suo legno, e mise vela alla volta dell’Indie, colla speranza di transricchire. Ma la quantità troppo grande, togliendo alla mercanzia la qualità d’essere prodigiosa e quella che viene dalla rarezza, ne fece subito calare il prezzo. Il Laodicea Sechellarum è albero colossale, che non trovasi se non nell’isole della Digue e di Praslin. Si può presumere che an- /94/ ticamente gran numero di queste palme, inchinate sulla riva del mare, consegnassero alle correnti i frutti loro, le quali portaronli sulla costa indiana e sulla costa dell’Africa: perchè improbabile cosa è, che l’arcipelago sia mai stato visitato da’ navigatori arabi.

Le isole Sechelles sono trenta in numero, e la principale, d’un giro di circa sei leghe, è, come dicemmo, Mahe: indi vengono Praslin, la Digue, Silhouette, l’isola delle Fregate, la Curiosa: l’altre sono di minor conto. Tutt’insieme il popolo è di forse sette mila ed ottocento anime, che si spartiscono così: in Mahe 5,500, in Praslin 500, nella Digue 300, nella Silhouette 300. Il rimanente sparso sull’isolette d’intorno.

La formazione geologica di queste isole dinota un lavoro vulcanico sottomare, facile massimamente a conoscersi nelle montagne, tutte, comechè in massi di granito, composte d’un mescuglio di avanzi di calcina, di lave e di frantumi di cose di mare, che mostrano che queste terre, prima di estollersi sopra l’Oceano, furono sepolte in fondo alle acque. I venti australi, levando le sabbie ed ammassandole ai piedi di queste monta- /95/ gne, ne fecero pianure, che più numerose e più ampie si stendono di contro scilocco. Le Sechelles, quantunque giaciano sotto l’equatore, non hanno per altro caldi stemperatissimi, mercè de’ monsoni ed altri venticelli di mare, che temperano gli ardori del sole. Pioggie frequenti mantengonvi umidi vapori, che, se favorevoli alla vegetazione delle piante, snervano le facoltà morali dell’uomo, e fanno nascere le malattie ordinarie nei tropici, cioè le febbri, le dissenterie ed altre infermità molte, che di dì in dì divengono più comuni, a seconda del cadere che le foreste fanno sotto la scure distruggitrice.

Sul cominciare della rivoluzione, l’isola di Bourbon essendosi ricusata di riconoscere la Repubblica, relegò nelle Sechelles i partigiani di questa. Nemici d’ogni freno e d’ogni fatica, costoro, armati più legni, divennero corsali, o si diedero al traffico di Negri. Vedeansi questi ardenti predicatori di libertà mutati in mercatanti di schiavi, andarne alla cerca sulle coste dell’Africa, e portarli, sotto la protezione di bandiera neutrale, alle isole di Francia e dì Bourbon: traffico che in Mahe trasse subitamente molt’oro /96/ ed argento, levandone in iscambio la buona fede e la moralità: e l’assenza di ogni sacerdote diè maggior dilatamento al male. Altri, vie più indomabili, poco appresso ne sopravvennero, dal primo console rilegati su queste lontanissime spiagge, l’anno 1800. Erano antichi capi repubblicani, avanzo dei settembrisori, implicati nell’attentato della macchina infernale: novanta in numero; e fra essi, Rossignol, che stato era generale degli eserciti del Ponente. Non paghi di recare il turbamento in queste isole, fecero insieme giuro di trucidare i pacifici coloni, che non portavano tutte le loro opinioni, e d’impadronirsi del loro naviglio, per con esso dar volta verso la Francia, donde erano stati espulsi. Ma la Provvidenza tronca a mezzo il barbaro loro divisamente. Due corvette francesi sursero improvviso nelle Sechelles, pigliarono i più facinorosi di quelli, e li portarono nelle isole Comore e sulle coste orientali dell’Africa. Il generale Rossignol si trovò pure tra questi sciagurati, alcuni dei quali s’introdussero dentro terra, ove finirono la vita. Un tal colpo, che ai caporioni toccò, rese più mansueti gli altri, sì che alle Sechelles altro rimprovero non fu ormai /97/ dato, salvo delle loro piraterie sotto l’ombra delle guerre dell’Impero.

Queste isole furono, nel 1814, definitivamente cedute all’Inghilterra, che vi stabilì un comandante con alquanti soldati; e da indi in poi gli abitatori si rivolsero all’agricoltura. Il paese fu disboscato, per mettervi piante da cotone e da caffè: ed ebbe principio quasi un’era di ricchezze: ed il popolo, favoreggiato dall’abbondanza, salì in breve al numero di nove in dieci mila anime. Ma l’emancipazione degli schiavi venne ad un tratto a por fine alle gioie della prosperità. I piantatori, spogli oggimai di braccia per lavorare, e ridotti a lasciare incolti i campi loro, altro frutto più non ne trassero, fuorché di miseria e di disperazione. E quanto ai negri, restituiti così alla loro infingardaggine, appena è se poser mano a coltivare qualche pezzetto di terra, onde cavarne lo stretto mantenimento da vivere. Senza lavoro e senza religione, l’emancipazione portò malanno indicibile ai proprietari non meno che agli schiavi: quelli, perchè rovinati; questi, perchè, rotte le catene, diedero attraverso ad ogni maniera di vizi, che l’ozio suol partorire. Però molti isolani, più su quelle /98/ meschine spiagge non vedendo che miseria e disinganno, diedero loro le spalle, ed andarono a stabilirsi a Maurizio ed a Bourbon: rimasero solamente quelli, a cui la troppo grande povertà non permise di uscire: e cercarono nella Fede un sollievo alle loro non credibili miserie. Desiderando di praticare la religione dei loro antenati, onde serbavano incerta memoria, si rivolsero più d’una volta ai vicari apostolici dell’isola Maurizio, loro chiedendo un ministro di Dio. Se non che i sacerdoti mancavano nella colonia. Allora il governo, a cui se ne recò la domanda, loro spedì un ministro protestante: e perchè la conversione degli isolani fosse più pronta, elesse a ciò un calvinista di Losanna, il quale, parlando la lingua francese, doveva guadagnarsi l’affetto di tutti, ed ergere in breve nelle Sechelles una chiesa anglicana. Ma la Provvidenza vegliando su questi antichi figli della Francia, la missione protestante fallì. E nondimeno contava in suo aiuto tutti i modi di riuscimento: cooperazione delle autorità, esca dei favori, promesse lusinghevoli, prepotenza, scuole gratuite, insomma ogni cosa: ed ogni cosa svanì. Nei primi giorni alcuni bianchi si por- /99/ tarono alla nuova cappella; ma non andò a molto che, avendo riconosciuto, che questa religione non confacevasi punto con quella dei padri loro, se ne rimasero: ed i negri, nel vedere che i bianchi rigettavano la dottrina del ministro, fecer ragione, che nulla valesse: e si tennero alle loro vecchie abitudini. Medesimo riuscimento circa le scuole. Finalmente, dopo tre anni di fatiche, si trovò, che trecento neofiti appena, in parte raccolti fra gl’impiegati del governo, ed alcune famiglie inglesi, componevano tutta la Chiesa protestante dell’Arcipelago. Vero è che di quando in quando il ministro visitava le isole, preceduto da policemen, i quali forzavano i poveri negri di portare i figliuoletti loro a battezzare. Ma tale sopruso durò poco; perciocchè, non sì tosto risapevano dell’arrivo di quel pastore officiale, ciascuno se ne fuggiva o nascondevasi, per togliersi a sì odioso battesimo.

Ma se tra’ Negri l’avversione era grande, nelle famiglie d’origine francese era infinita, siccome quelle che vivere e morire volevano nella fede de’ padri loro. Anzi, ne’ pericoli anche imminenti, non volevano aver che fare con colui, il quale /100/ riguardavano qual nemico del loro culto. I vecchi erano per lo più stati battezzati a Maurizio ed a Bourbon, o da qualche prete che per sorte venisse passando: ed alcuni di loro sapevano battezzare. Deesi credere, che gran numero di questi poveri cattolici, ad onta del totale abbandono in che eran lasciali, sieno iti alla beata eternità, e che massimamente molti angioletti, volandosene dalle Sechelles, abbiano veduto aprirsi davanti loro le porte del paradiso. Nelle famiglie bianche, le donne avevano, generalmente, serbato costumi puri e special divozione a Maria. Raro era altresì di non trovar nelle case quelle venerate immagini della Vergine, che gli antenati loro avevano ad essi lasciate in eredità, e che riguardavano quasi il palladio della casa. Altri possedevano alcuni libri di divozione, la cui lettura, fatta in comune, sembrava come lontana voce della fede, ed una memoria dell’antica patria. Serbavano con iscrupoloso rispetto certi avanzi di ceri e di palme benedette, che bruciavano al sopravvenire d’una tempesta o in caso di grande solennità: e la croce ed altri segni di religione, posti sopra le tombe, /101/ indicavano, che su queste terre abbandonate si trovavano ancora cristiani.

A queste pie tradizioni mescolavansi per altro usi superstiziosi, che i Negri della costa dell’Africa quivi portarono. Credevano nei sortilegi, nei gris-gris, agli indovini, alle streghe, che, armati d’una zucca, d’una pignatta, o di ossame di morti tolto di notte da’ cimiteri, consultavano il demonio e riferivano oracoli misteriosi. L’abuso de’ liquori fumosi, il furto, il libertinaggio, dilatavano sempre più di giorno in giorno il morbo loro appiccaticcio, quando la misericordia di Dio sentì compassione di questi miseri popoli, rimasti cattolici per rimembranza e desiderio, e loro mandò apostoli della buona novella.

L’anno 1850 Monsignor Massaia, vicario apostolica dei paesi Galla, ed un suo prete, costretti dalla persecuzione d’abbandonare la missione loro di Etiopia, arrivarono ad Aden. Il vescovo prese alcun riposo di pochi giorni, s’imbarcò per l’Europa, ove l’interesse de’ suoi neofiti il chiamava; lasciando il compagno suo sotto gli ordini del viceprefetto di quella città. L’abbandono delle isole Sechelles era noto ai missionari di quelle /102/ contrade, e dolendosene forte, pregavano il Signore di non lasciare più a lungo quel popolo senza sacerdote e senza altari. Furono esauditi. Alla fine del medesimo anno, una nave sechellese venne ad Aden: erano isolani che riferirono ai missionari lo stato ed il desiderio di quei paesi derelitti. E dicevano: Un sacerdote vi sarebbe dal popolo ricevuto a braccia aperte. Il R. P. Luigi Sturla, viceprefetto apostolico, accolse le loro preghiere, e invitò il P. degli Avancheres ad andare con essi. Accettò con sommo giubilo la sua proposta, intenerito che fu al racconto dello stato di quelle povere genti. Dato alla Sacra Congregazione di Propaganda ed a’ suoi superiori avviso del viaggio suo, acciocché gli atti del suo ministero fossero approvati, partì da Aden al tre di dicembre, e corse a raggiungere a Berbera, sulla costa Soomali, il bastimento sechellese, che colà aveva fatto scala per trafficare. Mentre imbarcavano le mercanzie, egli spendeva il tempo a catechizzare que’ marinai che non erano rigenerati: e il bellissimo giorno della natività di Nostro Signore furono per sua mano solennemente battezzati. Fino dallo spuntare del giorno la nave, tutta messa a /103/ bandiere e stendali, con allegro rimbombo d’artiglieria annunziò alla spiaggia infedele la festa solenne dei Cristiani: e, prima che la Vittima senza macchia scendesse fra loro, le sante acque del battesimo scorrevano sulle fronti a quelle primizie della missione delle isole Seychelles.

Il bastimento finalmente salpò. Durante il tragitto egli adunava ogni sera i marinai a recitare il catechismo e ad orare: e quelle buone genti trovavano, dicevan essi, in que’ divoti esercizi, un riposo alle loro fatiche. Il primo giorno di marzo 1851, il grido di terra! terra! suonò sul davanti della nave. Erano giunti a veduta della bella e verdeggiante isola Mahe, maestosamente seduta come regina in mezzo a moltitudine d’isolette, che all’arcipelago danno vaghissimo aspetto.

Se non che al sentimento delle bellezze della natura sottentrò poco appresso quello delle cure dell’animo, ondeggiante tra la speranza e ’l timore. In quelle isole erano cristiani non pochi, i quali con impazienza aspettavano l’arrivo d’un sacerdote cattolico; ma ivi pure sedeva un ministro protestante, il quale non ne vedrebbe certo con diletto la venuta, e /104/ metterebbe, il meglio che da lui si potesse, impedimenti ed inciampi alla missione. E tale presentimento non era vano.

Primo dovere del missionario, posto piè a terra, era di presentarsi alle autorità dei luogo: e tosto l’adempì; ma il titolo di missionario e la qualità di francese furono per lui come doppia macchia originale. La cordialità fra il leopardo britannico e l’aquila francese stava ancora tra i casi avvenire: e come l’Inghilterra era poco prima stata teatro di scene deplorande circa la Bolla pel ristabilimento della gerarchia cattolica, il rappresentante di quella nelle isole Sechelles credette vedere nel suo arrivo un nuovo assalto della Corte di Roma contro l’autorità del suo governo.

Renduto a Cesare quanto gli era dovuto, deliberò di coraggiosamente rendere a Dio ciò ch’era pur dovuto a Dio. Lasciando dunque alla Previdenza il pensiero d’essere suo sostegno e scorta Dell’opera che stava per intraprendere, pose tutta la sua fiducia nella possente, anzi invincibile protezione dell’augusta Vergine Maria, ed in quella del suo beatissimo Sposo: sotto gli auspicii del quale /105/ cominciò, l’apostolato suo a S. Giuseppe consacrato essendo il mese di marzo.

La novella del suo arrivo si sparse immantinente nell’arcipelago tutto: e fu quasi un avvenimento pel popolo. Dovunque egli passasse, era accolto con sommo giubilo e con rispetto profondo: e la vista della croce che brillava sul suo petto, del rosario pendente alla sua cintura, e del lungo vestimento da religioso, indicava notevolissima differenza tra il sacerdote cattolico ed il ministro protestante. I Negri, squadrato che l’ebbero dal capo alle piante, se n’andaron dicendo: Questo, prete medesimo! Ah! buon Dio, infine venuto! Quando furono al tutto convinti ch’egli era un missionario di buona lega, lo pregarono di dire la messa cattolica e di battezzare i bambini. Deesi notare, che il ministro, a meglio illudere la semplicità di questi isolani, dava a se stesso il titolo di sacerdote, al suo tempio con sopravi una croce, il nome di chiesa, ed alla sua predica, di messa protestante.

Gli fu assegnato un ampio fabbricato, che ornò alla meglio con alquante immagini. V’ebbe premuroso concorso delle famiglie di Bianchi: i Negri si tennero /106/ in disparte ad osservare in profondo silenzio ciò che stava per accadere. Quando comparve rivestito de’ sacri ornamenti, il commovimento di tutti gli assistenti fu tale, che altro da tutte parti non udivasi che singulti. Vedevano per la prima volta davanti a se un ministro della loro santa religione; di quella religione che gettato avea nel loro cuore radici tanto profonde, che mai non potettero staccarsene. Dopo un secolo di separazione, era finalmente restituita al desiderio loro, che appagavasi coll’assistere alla santa messa. L’Agnello senza macchia che da settant’anni in poi non era disceso su questa terra, santificavala di nuovo colla sua presenza e scacciavane il demonio, già sì altero de’suoi numerosi conquisti.

Ginocchioni appiè di umile altare cantò il Veni, Creator. Mai non aveva in mia vita sentito fede, nè fiducia maggiore in Dio, confessa il buon missionario. Domandai al Signore d’inviare sopra di me suo indegno ministro, e su questo popolo che il voleva conoscere, lo spirito vivificante, che tocca i cuori e li muta. Indi volgendomi a questi poveri cristiani, loro parlai di Dio, che finalmente rispondeva alla loro chiamata, e /107/ mi congratulai con esso loro, in nome di tutti i fratelli nella fede, della costanza loro: li ringraziai d’essere sempre rimasti fedeli alla religione de’ padri loro, e loro annunziai la fine della lunga notte da essi passata nell’aspettazione della salute. E qui le lacrime ed i singulti del mio uditorio troncarono la mia voce.

Desiderando egli sommamente inculcare a tutti i neofiti suoi confidenza grandissima nella santa Vergine, verso la quale già avevano singolar devozione, fece una consacrazione solenne della Missione all’augusta Madre di Dio, e stabilì canonicamente l’Arciconfraternita del S. Cuor di Maria: e tutti quelli, che stati erano battezzati, vi si aggregarono incontanente. Or io credo, soggiunge, essere a questa ispirazione filiale che mi sento debitore di tutti i favori, concessi di poi al mio ministero: a quel mio atto attribuisco la protezione visibile, onde Maria coperse il pastore e la greggia. In fatti, sin da quel giorno, dessa fu e l’apostolo ed il missionario delle Sechelles: e la grazia in tanta copia discese su questo popolo, che levossi tutto insieme e si gridò cattolico.

Da ogni parte portavano bambini al /108/ santo lavacro, e adulti, vecchi canuti, tutti insieme si conducevano in folla a chiedere d’essere figli di Dio. A questi egli rispose da prima, che no: mancando di sufficiente dottrina, perchè fossero ammessi a ricevere il sacramento della rigenerazione. Impedita così la brama ardentissima, che questi buoni isolani ne avevano, e vedendo che le lacrime che ne spargevano, punto non rimoveanlo dal proposito suo; si diedero a susurrare contro la sua durezza. Allora discese al temperamento di stabilire, dall’una parte catechismi mattina e sera, e dall’altra di non richiedere da loro fuorché le cognizioni più necessarie: e, a mano a mano che imparato avevano i principali misterii della fede, a classi intere di due o trecento, in cui erano spartiti, li battezzava. Ma questo numero s’accrebbe non poco, dacchè Bianchi e Neri, ricchi e poveri, tutti da ogni cantuccio dell’isole correvano in grembo alla Chiesa. Negri decrepili in cento anni, i quali, dall’emancipazione in poi, rimasti erano nelle montagne, per tema di non ricadere in schiavitù, giungevano a torme, per vedere la Casa del buon Dio, e chiedere l’acqua benedetta che scaccia i demoni, /109/ ed il battesimo che conduce in paradiso.

Grazie a sì gran lancio del popolo, un antico tempio protestante fu voltato in cappella cattolica, e un corpo di Santesi venne eletto dai fedeli. Le persone battezzate tempo avanti cominciavano a confessarsi: altre s’apparecchiavano a cibarsi per la prima volta del pane degli Angeli: insomma ogni cosa veniva prosperando, allorché Iddio permise al malvagio spirito di sperimentare questa Chiesa nascente, col cacciarne il pastore e la greggia disperdere.

Il ministro protestante, i cui sforzi, durante lo spazio di dieci anni di sua residenza, avevano appena ridotto insieme due o trecento proseliti, si sbigottì del rapido progredimento del cattolicismo: tanto più fortemente, quanto più vedeasi ogni dì abbandonato da qualcuno de’ suoi discepoli. Ad abbattere d’un colpo questi conquisti della grazia, eccitò contro del missionario cattolico gli animi delle autorità dell’isola, le quali gli intimarono tosto di cessare da ogni officio sacerdotale, e di partire: invocando contro di lui la doppia qualità ch’egli avea di sacerdote e di forestiere. Temendo che il resistere lungamente a /110/ tanta opposizione fosse un tirarsi addosso rigori, che moverebbero il popolo indigeno a qualche pubblica dimostrazione; deliberò di abbandonare il suo gregge: e, pieno di fiducia nella protezione dell’augusta Vergine Maria, racconsolati i suoi buoni neofili, provveduto a ciò che la cappella cattolica fosse aperta tutte le domeniche, sotto la vigilanza de’ catechisti, incaricati di leggere le orazioni e di battezzare ne’ casi di necessità, ed ottenuto dal corpo dei Santesi promessa, che farebbero osservare tutti gli ordini che per iscritto lasciava, partì.

Oh quanto doloroso, egli esclama, fu il vedermi così violentemente disvelto dall’amore de’ miei figli nel Signore! Il popolo tutto quanto, accorso al mio partire, struggevasi in lagrime, credendo che col padre suo perderebbe ancora una volta la religione. Mentre salii sulla nave, che dovea condurrai via, i miei cari neofiti, uomini, donne, vecchi, fanciulli, bianchi e neri, gittaronsi in ginocchio sopra la spiaggia, e le braccia stese verso di me, mi supplicarono di non abbandonarli per sempre: caso ognora presente alla mia memoria: e vi sarà fino all’ultimo spirito. Oh quanto io mi rammaricava allora d’a- /111/ vere ascoltato i consigli della prudenza umana! Credetti che, col cedere davanti la persecuzione, io m’era sacrificato per la pace di questi buoni isolani, e già vedeva che anzi li aveva immersi in profondissimo dolore.

Andò a sbarcare all’isola di Francia, ove il cordiale accoglimento del clero e dei fedeli scemò l’amarezza del suo cordoglio. I Sechellesi ed il padre mandarono protestazioni contro quella violenza al governo della regina, per mezzo del governator generale di Maurizio, che non ardì assumere sopra di sè il concedere ad un povero religioso di S. Francesco di rimanere nelle isole Sechelles, se prima non ne avesse la permissione di sua graziosissima maestà. L’Indiano, il Cinese, l’Arabo, il Persiano, il Negro della costa dell’Africa, son liberi d’adorare il demonio: il culto loro è protetto dalle leggi, rispettato dai magistrali; e la santa religione del Dio vivente è la sola che non conoscono, che perseguitano, che incatenano per mano dei figli degli uomini! Vedendo egli che lo mandavano a Cesare, reclamò anch’egli a Cesare: e Cesare gli rendè giustizia. Il che mostra una volta di più, che in questo mondo /112/ basso ogni giustizia viene dall’alto; che l’esercizio n’è tanto più imparziale, quanto la sorgente n’è più sublime, e che mai non debbe l’uomo temere di rivolgersi direttamente a coloro, i quali governano la terra.

La causa di questi poveri isolani non fu abbandonata da Maria, dolcissima consolatrice degli afflitti. Il Sovrano Pontefice, risaputo il fatto, ordinò che, missionari fossero spediti alla volta di questa picciola parte della sua greggia. Quindi a sacra Congregazione di Propaganda creò in quest’arcipelago una prefettura apostolica, retta dai PP. Minori Cappuccini. Tre missionari vi furono incontanente inviali: ed il segretario delle colonie, censurato il procedere illegale dei suoi impiegati, non vide che male alcuno fosse nella presenza di sacerdoti cattolici tra un popolo, il quale ricusava la religione protestante. Dal canto suo il ministro fu sollecito, al primo annunzio del ritorno dei missionari, d’abbandonare le isole, e rimettersi in mare alla volta di Europa.

Durante l’assenza, del Padre Leone che fu di due anni, la cappella cattolica era stata puntualmente aperta ogni do- /113/ menica, sotto la presidenza del sig. Joannis Carlo, a cui il Sovrano Pontefice volle mandare una medaglia d’oro, qual testimonio d’avere col suo imperterrito zelo ben meritato della religione cattolica. Così il popolo, adunato tutte le domeniche, suppliva, il meglio che per lui si poteva, all’esercizio regolare del culto. Leggevansi le orazioni della Messa, cantavansi i cantici in onor di Maria: le persone od i fanciulli in pericolo di morte erano battezzati: ed i cadaveri, prima d’essere posti nella tomba, venivano portati all’oratorio. Tutti gli sforzi, le seduzioni, le promesse, le minaccie che il ministro protestante, dalle autorità delle isole sostenuto, adoperò a pervertire questi buoni neofiti, caddero a vuoto. Si volle chiudere la loro cappella: ed essi protestarono forte contro violenza tale, invocando la libertà di coscienza: ed i magistrati, a quel general grido dell’opinione pubblica, dovettero lasciarli in pace.

L’arrivo de’ missionari, i quali si sparsero tosto su tutti i punti dell’arcipelago, ridestò e secondò le disposizioni dei cattolici. Si fabbricarono chiese ed oratorii; ed il popolo vi accorse in folla ad ascoltare la parola di Dio, ed apparecchiarsi /114/ a ricevere i Sacramenti. E parecchi protestanti, stati poc’anzi abbandonati dal loro ministro, si gittarono nelle braccia della Chiesa romana.

La cappella, che da prima il P. Leone, aveva aperta in Porto Vittoria, venne restaurata, ampliata; e, l’anno 1854, il giorno dell’Immacolata Concezione, fu solennemente consacrata a Maria senza labe concetta. L’isola di Mahe ha inoltre due altri santuari, l’uno al seno dei Pini, dedicato all’Arcangelo Michele, l’altro al seno Reale, sotto l’invocazione del glorioso Sposo di Maria. L’isola di Praslin, un’ampia cappella, sotto il titolo di S. Benedetto Nero; e quella della Digue è posta sotto il vocabolo di S. Antonio di Padova. Due altri piccoli oratorii portano al numero di sette i luoghi, che consacrati sono al Signore. Tutti furono fabbricati dagli abitanti, la generosità del cui zelo gareggiando così cogli aiuti dell’Opera della Propagazione della Fede.

L’influsso della religione colà fu, come si mostra dovunque, un principio di benessere universale: la moralità si rilevò: i furti, l’ubbriachezza, il birboneggiare scemarono assai: cessarono le visioni notturne, i fattucchieri si rimasero dalle /115/ loro ciarlatanerie: le canzoni oscene vennero poste in oblio, ed i nemici del cattolicismo furono costretti di confessare, i sacerdoti essere i migliori policemen del mondo in reprimere i disordini, ed impedire che nascano.

Sembra che le autorità, sentendosi alleggiare l’incarico loro, per effetto de’ servigi che i missionari vanno prestando al paese, avrebbero dovuto divenir benigne e grate; ma la contraddizione ordinariamente tocca alle opere di Dio: quindi le molestie ed i soprusi. Il P. Leone dovette vedere il ministero suo colmo d’insulti, e la sua persona trascinala davanti i tribunali. Credevano sbigottirlo; ma colui, il quale udì il ruggito dei leoni dell’Etiopia, non si cura molto de’ clamori del raggiro: però, come li sostenne senza sgomento, così li passa senza parlarne.

Desiderando di compiere, quanto per lui si potesse, l’opera della risurrezione spirituale di questa piccola colonia, chiese alcune suore della Congregazione delle Figliuole di Maria a Mons. Desprez, vescovo di S. Dionigi nell’isola di Bourbon: e questo degno prelato, che già tanto bene aveva operato nella sua diocesi, e portava a quella missione grandissimo affetto, ac- /118/ colse benignamente la domanda fattagli in nome del prefetto apostolico.

La Congregazione delle Figliuole di Maria è un istituto creolo, fondato in Bourbon per mano di alquante dame dell’isola, aiutale dal P. Levasseur. Ha per oggetto l’educazione delle figliuolette del popolo, more la maggior parte, le quali, se adunino in sè le qualità necessarie, potranno essere ammesse come religiose nella Comunità di cui furon discepole. Or, chi conosce i pregiudizi che nelle colonie esistono contro la razza de’ Negri, comprenderà di leggieri quanto profonda umiltà e vivo amore di Dio dovettero presiedere alla fondazione di questa sublime opera d’annegazione cristiana. Di sì bella istituzione, sperava il missionario, scaturirà immenso bene alle isole Sechelles, spoglie fin ad ora di qualunque religioso stabilimento. Il primo buon uffizio di lei sarà di togliere gran numero delle nostre fanciulle alle scuole protestanti. E non appena la vedremo salda sopra le fondamenta sue, nostro divisamente è di chiamare altresì maestri ai fanciulli.

Sul principio di questa lettera avea detto, che la popolazione delle isole Se- /117/ chelles doveva essere di sette mille ottocento anime, di cui più di sette mille erano allora cattoliche, e due o trecento, al più, protestanti: e circa quattrocento vecchi Negri in aspettativa del battesimo, non concesso fin allora per causa della loro ignoranza, ora riferisce che più di seicento persone hanno fatto la prima comunione, e sono state cresimate. E la missione contava, dalla sua partenza in qua, tre religiosi, i RR. PP. Geremia, prefetto apostolico, Teofilo e Mattia, due de’ quali risiedono nell’isola di Mahe, il cui popolo oltrepassa in numero cinque mila e cinquecento anime; ed il terzo amministra le isole di Praslin, della Digue, e l’altre minori.

Tale era, quando il P. Leone scriveva queste cose, cioè nell’agosto del 1856, lo stato della missione di questa Chiesa lungo tempo dimenticata in mezzo alle solitudini dell’Oceano, la quale seppe custodire, in fondo alle sue miserie e tra le tempeste politiche, una scintilla della sua fede, sempre pronta a ravvivarsi al soffio della grazia; e la quale reca oggidì ogni consolazione agli apostoli, ch’ebbero il bene di sacrificarle la vita. Quanto a me, egli dice, sperava di rimanervi lungamente; ma /118/ ecco essermi serbate altre terre. L’Africa ci sta davanti: i popoli Galla, a cui fui da prima mandato, chieggono uno de’ loro antichi missionari: andiamo dunque ove la voce di Dio e l’obbedienza ci chiamano: andiamovi a piantare la croce e convitare nuovi popoli appiè di Cristo redentore degli uomini. Un giorno forse la piccola Chiesa delle Sechelles, quando sarà perfettamente stabilita, diverrà aiutatrice utilissima alla nostra missione dell’Abissinia, che confina coll’Oceano indiano. Quindi gli apostoli potranno, come da vanguardia, lanciarsi agevolmente sulla riva africana: e quando, dopo aver consumate le forze loro nei combattimenti del Signore, avranno bisogno di ritirata per riprendere fiato o per morire, questi veterani della croce verranno a riposarsi nelle Sechelles e gustare la pace d’un paese cattolico, senza perdere di veduta il campo delle loro fatiche.

Or, sul finire, rende il suo tributo di ringraziamento per tanti benefizi, prima di tutto alla protezione della Beata Vergine, indi all’Opera della Propagazione della Fede, che alla limosina temporale aggiunge il soccorso spirituale delle orazioni. Perciò conchiude coll’indirizzare /119/ per parte sua e de’ suoi compagni una parola di cordiale riconoscenza ai rappresentanti della Società, cui incoraggia a proseguir volentieri la loro bella impresa, assicurandoli fra le altre cose che i neofiti di quella missione, non solo erano riconoscentissimi verso di loro, ma, rispondendo ottimamente ai benefizi dell’Opera e alle fatiche dei missionari, si rendeano degni degli uni e delle altre.