Celebrazioni marmoritesi
per la morte di Reginaldo Giuliani 1936-1941

Intestazione copertina

Ed. L’Apostolo in Famiglia Chieri (Torino) N. 2 Febbraio 1936 (XIV) Conto Corr. c. Posta (Mensile)

L’Apostolo in Famiglia
Bollettino Parrocc. della Madonna della Neve
Marmorito

/1/

Stava preparando le bozze pel Bollettino di Febbraio, quando fulminea giunse la notizia. Il carissimo Padre Reginaldo Giuliani era eroicamente caduto, sul campo del dovere; irrorando del suo sangue quell’aspra terra d’Africa, che con tanti sacrifizi i nostri soldati stanno redimendo.

// Filiberto Lodovico Massimiliano Emanuele Maria di Savoia-Genova (1895 – 1990) duca di Pistoia. Nel 1935-1937 comandante generale della 1ª divisione CC.NN. "23 marzo" in Etiopia.
Adalberto Luitpoldo Elena Giuseppe Maria di Savoia-Genova (1898 – 1982) duca di Bergamo, fratello del precedente. Nel 1935-36 vice comandante poi comandante generale della divisione di fanteria Gran Sasso in Etiopia.
S. A. R. il Principe Filiberto e Adalberto di Savoia si degnavano telegrafare la notizia al Superiore dei Domenicani di Torino:

«Asmara.

«Faccia celebrare Chiesa S. Domenico Messa per eroico Padre Giuliani, barbaramente trucidato mentre col santo nome d’Italia compiva proprio dovere.

Filiberto e Adalberto di Savoia».

A questa triste notizia il pensiero si smarrisce, un nodo ci stringe la gola, gli occhi si riempiscono di lacrime; ma adorando gli imperscrutabili decreti Divini, ricordando i nobili ideali per cui sacrificò la sua vita; con questi buoni parenti e compaesani pronunziamo il «fiat» della rassegnazione.

Le laconiche notizie giunteci dall’Africa Orientale ci dicono che il Padre Giuliani aveva seguito le sue Camicie Nere in prima linea. Lorenzo Angelo Bartolomasi (Pianezza 1869 - 1959) fu dal 1915 al 1922 Vescovo di Campo, poi nuovamente dal 1929 al 1944 Vescovo Castrense d’Italia.
Vedi Wikipedia: → Ordinariato Militare per l’Italia
→ Angelo Bartolomasi
S. E. Mons. Bartolomasi, quando seppe la cosa, telegraficamente gli ingiunse di tornare alle retrovie; ma il /2/ nostro buon padre non poteva più eseguire il comando, perchè trucidato nel frattempo ad arma bianca, mentre amministrava i Sacramenti ad un ufficiale moribondo. È il primo Cappellano Militare che in Africa, sul campo di battaglia immoli la vita. La barbarie con cui questo sacrificio fu consumato, avviva di maggiore luce il suo sacrificio di sacerdote e di italiano. Cappellano militare egli lo fu in tutta la grandezza di questo apostolato. Poichè per esserlo non basta solo avere il carattere sacerdotale e la legittima missione affidatagli dai Superiori Ecclesiastici; ma bisogna esser padre, fratello pei combattenti e nei momenti supremi anche mamma, anche sposa. Ed avere sempre una inesauribile riserva di bontà, di dolcezza, di gioia e di conforto; di forza, di energia; poichè se gli altri ufficiali comandano colla parola, coll’ordine, coll’esempio, il Cappellano esplica la sua missione coll’amore, che fu riversato in lui dalla carità inesausta di Gesù Crocifisso, alle cui piaghe deve avere in gran copia attinto.

Egli che aveva sfidato la morte molte volte nella grande guerra: coi suoi Arditi della Terza Armata per amare i giovani; per vivere per i suoi giovani ha trovato l’altare per consumare il suo sacrifizio in quel nero continente Africano, di cui l’affarismo internazionale ci vuole impedire la redenzione. Ma con sì ardenti apostoli e protettori la marcia della redenzione italiana continuerà impavida; Gesù si sceglie i migliori per stabilire le basi miliari della conquista cristiana e italiana.

La sua salma potrà, o caro Padre Reginaldo, essere sottratta al sole africano e composta nella chiesuola di Adì-Calé sic per Adì-Cajé Adì-Calé, costruita dietro ordine delle Camicie Nere della prima Legione, oppure rimarrà umile ed ignorata, tra le boscaglie del Tigrai? Ma quand’anche il nostro dolore non avesse questo conforto di sapere ricuperata la salma della tua spirituale tomba, si potranno scrivere queste parole: «Così in Dio e con Dio si può dare tutto alla Patria».

// Padre Reginaldo Giuliani, nato a Torino, era Marmoritese pel cuore, perchè di mamma Marmoritese, e rimasto presto orfano di madre, s’allevò su questi colli presso gli zii materni Sigg. Pietro Quinto Massaia e Sirk Teresa che lo ebbero qual figlio. Gli studi ginnasiali li compì presso l’Oratorio Salesiano di San Giovanni Bosco, dove suo padre era capo-operaio. Poi com’egli mi confidava un giorno l’eloquenza del novello Angelo Giacinto Scapardini O.P. 1861-1937, (non Scappardini) vescovo di Nusco dal 1910, poi Arcivescovo titolare, nunzio apostolico in Bolivia e Brasile, Vescovo di Vigevano dal 1921. Padre Scappardini, ora Arcivescovo Vescovo di Vigevano, che commoveva le folle dai pergami del Piemonte lo attrasse: e lo decise per la vita Domenicana. Bell’ingegno, facilità di parola, semplicità di vita e spirito veramente apostolico, ed un cuore straordinariamente generoso che si dava con una dedizione completa, formarono un bel cumulo di doti, da farlo degno dell’ordine dei predicatori e degno emulo del grande Patriarca Domenico nel zelare la salute delle anime. E già s’affermava fin dagli inizi del suo sacerdozio; quando la grande guerra accelerò il ritmo della sua ascesa; perchè somministrò facile occasione, che le sue belle qualità s’espandessero e con queste brillasse come perla il suo amore per la Patria. Egli in questi ultimi quattro lustri di cappellano militare e delle Camicie Nere fu il migliore cantore d’amor patrio, che ebbe questa rinnovata Italia. E questa Patria la fece amare colla religione nostra da una intera generazione di giovani, che ha guarito dalle febbri malsane dell’irreligiosità e del bo[l]scevismo, inoculandogli nella mente e nel cuore Dio e Patria. Nessuna meraviglia che fosse uno dei cappellani più decorati del nostro Esercito. Due medaglie di bronzo e una d’argento; ma egli più che di queste attestazioni del dovere compiuto, godeva d’aver avvicinati tanti giovani, e d’averli avviati al bene. E di questo amore pei giovani noi fummo ripetute volte testimoni quando cogli esploratori cattolici, le sue predilette fiamme bianche, venne ad allietare i nostri colli, nelle loro annue passeggiate. Coi giovani, coi suoi meravigliosi arditi aveva com- /3/ piuto la marcia vittoriosa e liberatrice di Ronchi e pur ritornato alla tranquillità del chiostro anche nel ministero aveva continuata la sua vita di dedizione ai giovani. La quale ebbe solo alcune apparenti soste durante le sue missioni all’estero in Oriente e nelle due Americhe ove possente fece udire la sua parola di fede ed italianità. Ma non possiamo seguire l’instancabile nostro Padre nelle sue incalzanti peregrinazioni; ma qui voglio solo ricordare il buon nostro Andrea, così lo chiamavano ancora col nome di Battesimo i buoni Marmoritesi, quando ritornava per poche ore tutto nostro. Egli godeva tanto di ritornare a Marmorito. Vi venne in circostanze liete e fu il re della Festa (e sotto riproduciamo la bella fotografia eseguita in occasione delle nozze di Diamante dei cugini Carlo e Tersilla Massaglia). Vi venne nelle occasioni tristi e la sua parola di fede era balsamo alle anime. Predicò ripetute volte; e la sua calda parola inumidiva molti occhi e commoveva tutti i cuori. Molte volte che, sapendolo in Convento, andava a trovarlo nella sua modesta cella, voleva essere minuziosamente informato della vita marmoritese e del bene che si compiva, e della corrispondenza dei Marmoritesi. Per questo i buoni parrocchiani della Madonna della Neve hanno pianto la sua eroica scom- // parsa come quella del più amato fratello; la sua dolce memoria rimarrà incancellabile nei nostri cuori, e le nostre preghiere ed i nostri suffragi si moltiplicheranno per affrettargli, se ne avesse ancora bisogno, la gloria dei Santi.

Suffragi cristiani

Com’era dovere dei buoni Marmoritesi, con preghiere e suffragi, appena avuta la triste notizia, essi raccomandarono alla Divina Misericordia l’anima cara del buon Reginaldo; poi Martedì 4 corr., primo giorno che la liturgia lo permettesse, fecero celebrare una Messa «in Die Obitus» con numerosissime Comunioni e con intervento di tutta la popolazione; però ad attestare tutto il loro affetto, e per moltiplicare i suffragi invitano tutte le popolazioni circonvicine, che lo conobbero, lo stimarono, l’amarono, ad un solenne funerale, che si celebrerà il giorno La data stampata è il 3 Febbr., poi corretta a penna in 13 Febbr. Nel testo: Amarengo 13 Febbr. alle ore 10, in questa Chiesa Parrocchiale della Madonna della Neve di Marmorito, Comune d’Aramengo. La buona popolazione di Marmorito porge caldo invito ai Parroci, ai Podestà, ai Fasci di Combattimento, ai Combattenti, ed alle popolazioni tutte dei paesi circonvicini, affinchè numerosi vogliano intervenire a questi cristiani suffragi per la grande anima immolatasi per la causa di Dio e della Patria.

Questo capoverso sembra un ritaglio di giornale, di fonte ignota, unito nella fotocopia al numero del Boll. Parr. che segue. /?/

L’addio di Padre Giuliani. — Era stato a vederci nel maggio di quell’anno, l’abbiamo riveduto ai primi dicembre e per l’ultima volta. Nella primavera successiva partiva per l’Etiopia, ove compì il sacrifizio. Il 13 Febbraio 1936 la nostra parrocchia col concorso di tutti i paesi circonvicini alla presenza del Prefetto Boltraffio e del Federale Vicari d’Asti rendeva omaggio al suo eroico olocausto.

L’Apostolo in Famiglia n. 3 Marzo 1936 (XIV)

/1/

Ricordando l’Eroica Immolazione di P. Reginaldo Giuliani.

L’eco unanime che si fece udire in tutta l’Italia per l’eroica immolazione di P. Reginaldo Giuliani, e si ripetè e si ripeterà in tutto il mondo Cattolico ancora, doveva riverberarsi più vigorosa, più potente, su questi colli, che lo videro bam- // bino e ne plasmarono l’anima. E la Sua Madonna della Neve di Marmorito, Il Comune di Marmorito d’Asti nel 1929 fu diviso in due parti: la borgata alta, Marmorì Vej, fu aggregata al Comune di Passerano che divenne Passerano Marmorito; la borgata bassa, con la chiesa della Madonna della Neve, Marmorì Neuv, fu aggregata al comune di Aramengo. ora aggregata al Comune di Aramengo, lo ricordò colla potenza di amore con cui l’amava ed era da Lui riamata, lo ricordò con d’ardente religione, fede e patriottismo che aveva versato nell’animo suo negli anni infantili.

Quindi la giornata dei 13 Febbraio 1936-XIV sarà sempre per noi giornata grande, memoranda. Dies signanda albo lapillo; augurale pel nostro Andrea; poi in religione P. Reginaldo; a cui gl’incessanti nostri cristiani suffragi bagno desiderato, cercato, voluto portare la gloria, il trionfo in Gesù, Re immortale dei secoli.

Parrebbe superfluo il racconto di questo avvenimento di cui foste, o parrocchiani, attori e testimoni assieme, ma molti congiunti e marmoritesi erano assenti e fra essi i cari soldati, che il dovere tiene lontani in A. O. e negli altri servizi /2/ della Patria. Essi leggeranno con commozione e godranno, che abbiamo onorato con questa giornata la memoria ed il sacrifìcio suo.

Poichè nelle prime ore del mattino alla Messa pro defuncto, celebrata dal Reverendissimo Don Pietro Foglia di Cocconato, la parte maggiore e migliore della popolazione si accostò in massa alla S. Comunione, rivivendo così i giorni migliori della Chiesa, quando i Cristiani piangevano e gioivano dei Loro Martiri. Così il Martirologio Romano al 25 Ottobre La via Panisperna a Roma, in cui sorge la Basilica di San Lorenzo, secondo la tradizione deriva il suo nome dall’uso di distribuire ai poveri panem et pernam “pane e prosciutto” per celebrare il martirio del Santo. Qui la dizione del Martirologio viene interpretata come un vero banchetto funebre celebrato in occasione della traslazione dei corpi.
Il Martirologio riformato ha una dizione molto più succinta, parla solo del martirio dei due Santi e non della traslazione.
Maurilio Fossati 1876-1965, Arcivescovo di Torino dal 1930, Cardinale dal 1933.
ci parla del trasporto dei Martiri Crispino e Crispiniano, dalle Gallie ove erano stati martirizzati, a Roma e scrive In Pane et Perna Honorifice tumulata, così col vero banchetto Cristiano col divino Eucaristico Pane ci siamo uniti a Gesù Sacerdote Eterno, abbiamo onorato piangendo la grande perdita, gioiendo della grande vittoria del caro Padre Reginaldo che passò dalla Ghiesa delle lotte a quella dei trionfi, avvolto nel Tricolore e scrivendo col suo sangue una nuova gloriosa pagina sull’eroismo dei Cappellani Militari Italiani. Egli cadde, coll’abituale sorriso sulle labbra benedicendo all’Abissinia che voleva redimere e riavvicinare alla Roma di Pietro, all’Italia che voleva grande e rispettata nel mondo.

Ma una notizia giunta in parrocchia le ultime ore della sera, s’era sparsa fulminea dopo il primo rito funebre. S. E. il nostro Ill.mo Prefetto Comm. Nob. Giorgio Boltraffio ed il Segretario federale Rag. Natale Vicari avrebbero onorato colla Loro illustre presenza la nostra commemorazione. Intanto dai Paesi vicini cominciano ad affluire Autorità, Fasci, combattenti, sodalizi, squadristi, scolaresche ed una vera fiumana di popolo; anche dai lontani paesi i colleghi nella cura d’anime vollero riunirsi ai vicini per onorare il confratello nel Sacerdozio; a tutti s’aggiunse anche il Padre e giungeva gradito il messaggio del Cardinale Arcivescovo:

//

«Caro Priore,

«Grazie della comunicazione. Sono lieto che anche Marmorito, ove s’allevò, ricordi Padre Reginaldo, unisco le mie preghiere ai suffragi pel caro Estinto, benedico di cuore.

Aff.mo: M. Card. Fossati».

Per amore di brevità ometto la recensione dei nomi degli intervenuti. In piazza S. Rocco si riversarono colle Autorità e Sodalizi un imponente folla con labari e gagliardetti ad attendere l’arrivo di S. E. il Prefetto e dell’Ill.mo. Segretario Federale d’Asti. Alle 10,20 quasi contemporaneamente giungevano da Asti S. E. il Prefetto col Segretario Federale e da Torino il Teol. Cav. Silvio Solero, Cappellano Maggiore della Divisione Sabauda, col Rev.do Can. Cav. Cesario Borla della Metropolitana di Torino. Uno scroscio di applausi accolse S. E., e gli altri Ill.mi ospiti. Poi il Priore portò il saluto dei parrocchiani e Suo con queste improvvisate parole:

«Eccellenza Ill.ma,
Ill.mo Sig. Segretario Federale,

Voi venite in questa modesta Parrocchia, in questa frazione del Comune di Aramengo in un momento doloroso per noi, ma orgoglioso. Voi venite a sentire, rivivere in Padre Reginaldo Giuliani il Sacerdozio e la Milizia Italiana. Questo binomio si fuse, s’arroventò sotto il sole di questi colli, si plasmò nella religione dei nostri avi, s’irrobustì nel nostro rude Patriottismo, dell’Italianità della Zia Goriziana Sirk Teresa che successe nell’educazione del nostro Andrea quando, a questo tenero fiore mancò per immatura dipartita il sostegno materno. Quindi quando il 10 Agosto 1916 il Cappellano Padre Reginaldo Giuliani, col condottiero invitto della III Armata, l’immortale Duca d’Aosta entrava in Gorizia. Italiana, entrava nella Sua Città, a cui le sue preghiere infantili in questo nostro Marmorito avevano sollecitato la liberazione e la redenzione Italiana, Ecc. Ill.ma, Illu- /3/ strissimo Federale, la Vostra presenza oggi è per noi un potente incitamento a perseverare nella lotta antisanzionista per attuare il motto del Duce: «Noi tireremo diritto».

La Vostra presenza è la più bella corona che Voi portate nel nome del Duce alla Sua Immortale Figura, in questa terra che si potrebbe dir Sua, perche qui forgiò la Sua Anima dinamica ed inquieta ai sentimenti di schietta ardente Italianità. La Vostra presenza sia monito al mondo intero. Nei primi tempi della Chiesa i pagani vedendo l’amore dei primi Cristiani, attoniti esclamavano: «Ecco come si amano», e l’amore cristiano ha travolto il mondo pagano; l’amore e la compattezza presente degli Italiani travolgerà la traballante unione qui l’oratore probabilmente voleva dire sanzionista antisanzionista. Dai piedi della Vergine della Neve ci sorrida presto; e forse già ci sorride il nostro caro Padre Reginaldo, guarda a questo Suo Marmorito e col Suo gesto eroico e con la Sua voce, stentorea ci grida: sempre avanti per Dio, per l’Italia, per il Re, per il Duce, la vittoria sarà nostra».

Poi si formò il corteo per la Parrocchiale. S. E. ed il Federale, si fermarono meravigliati a contemplare quella massa imponente, che non potè tutta essere contenuta nella nostra capace Chiesa.

Questa era con semplicità severamente parata a lutto, e nel mezzo more nobilium la cassa mortuaria sulla coltre funebre; mentre un nastro tricolore circondava il sacro recinto, come la fiamma del più puro amor patrio aveva avvinta l’esistenza tutta del nostro Padre Andrea Reginaldo.

Celebrò il nostro Priore, circondato dai numerosi parroci convenuti ed i nostri cantori coadiuvati anche dal Sacerdoti accorsi eseguirono un’ottima musica Sacra. La commozione aumentava collo svolgersi solenne dei rito e traboccò alla splendida commemorazione.

La commemorazione del Teol. Cav. Silvio Solero

Come fare un sunto di questo splendido, completo, commovente discorso di vita d’apostolato, // d’abnegazione e di sacrifizio; vita sentita, vissuta, come compagno di studi, d’armi, di ministero! Come ricordare tutta quella catena d’avvincenti aneddoti ed episodi di vita sacerdotale e militare, che avevano la freschezza d’una rivelazione; l’armonia d’una mirabile naturalezza, la commozione dell’amico che ha vissuto, condiviso coll’amico le ansie le gioie brevi fugaci, i dolori, gli ignorati sacrifizi del campo e della trincea! Ad ogni modo per gli assenti, pei miei soldati scriverò quel poco, che ricordo ancora; ed i presenti suppliranno colla memoria alle mie lacune.

Commemorare un Sacerdote ed un Soldato dell’ingegno del carattere e della tempra di P. Reginaldo Giuliani è cosa difficile, ma ancora più arduo è farlo rivivere in questa terra che lo conobbe bambino; in questa Chiesa ove si schiuse da sua anima pei due grandi amori, Dio e la Patria, e dove tornò. Sacerdote. Nato a Torino il 28 Agosto 1887 da Carlo Giuliani, capo-tipografo all’Oratorio di S. Giovanni, Bosco e dalla marmoritese Massaja Giuseppina, parente del Card. Massaja, compite l’elementari, fu alunno dell’Oratorio Salesiano pel ginnasio ed attratto dalla vita mistica ed ardente dei Frati Predicatori, l’Ottobre del 1904 vestì le bianche lane e nel successivo 1905 emetteva a Chieri la sua Professione Religiosa. Il 21 Dicembre 1911 era Sacerdote, ed il 28 del medesimo mese celebrava una delle sue prime Messe in questa chiesa ove aveva pregato bambino. Dopo un corso di perfezionamento negli studi sacri a Trino, egli fa udire la sua eloquente e travolgente parola. Egli è Sacerdote, vero Sacerdote, sempre Sacerdote. La grande guerra è la potente molla che lo fa balzare in primo piano, e mette in bella mostra il suo ingegno, il suo cuore, le sue virtù, la sua ardente parola; doti tutte che fanno sempre più brillare la gemma del suo Sacerdozio. Cappellano volontario nel 55.o Fanteria della III Armata, costituiti gli Arditi, n’è il naturale Cappellano. Sono giovani più ardenti di amore per la Patria, più sprezzanti del pericolo; più impetuosi nel bene; hanno bisogno d’una guida sicura, d’un fratello, d’un padre e P. Reginaldo restando sempre vero, grande sacerdote per essi è tutto, e dà tutto come la più tenera delle mamme. Ed essi lo seguono come bambini; perchè sanno che li conduce dove vuole Dio. È Sacerdote ancora nella vittoria; e quando il Tricolore sventola a Trieste prima dell’annessione ufficiale italiana, sale il colle di S. Giusto e vi canta il «Te Deum» e manda in fretta a prendere il suo abito religioso e sale sul pulpito a portare la parola di Dio. Ma la vittoria è monca, all’Italia manca la gemma del Carnaro; vigila il poeta dell’Italia, nuova; vigilano gli arditi che saranno poi i Legionari Fiumani e con essi v’è il ministro di Dio a consecrare e consumare con essi l’epica marcia liberatrice dei Ronchi.

L’Italia è compiuta e P. Reginaldo Giuliani ritorna alla sua cella; ma la vittoria è mutilata, il tricolore infangato e P. Reginaldo riscatta la vittoria. Sono i suoi ardite gli esploratori cattolici, che chiama Fiamme Bianche, poi le Camicie Nere che consacreranno colla marcia di Roma i frutti della Vittoria. Assicurata alla Patria la vittoria, /4/ l’ordine, il progresso, P. Reginaldo si dedicherà esclusivamente al magistero della divina parola. Tutte le Città della Penisola sentono la sua parola evangelica incisiva, travolgente, ed alcune città rivedono la marea delle folle di cui da secoli non erano più testimoni, come accadde a Firenze, a Milano ed in molte altre città. Poi è l’oratore delle frementi adunate patriottiche, fasciste e la sua parola suona come il canto della religione nel giusto amore della Patria.

Il suo cuore è per l’Italia, pei giovani, per le anime: non sono tre amori, ma una sola fiamma, Dio. E quindi quando vede consecrata dai Trattati Lateranensi la pace tra il Vicario di Cristo e l’Italia, trovando ormai esaurito il suo compito traversa gli Oceani a portar la fiamma della Religione e della italianità ai nostri fratelli emigrati. La guerra in Abissinia lo trova sempre soldato e volontario non ostante la cinquantina ormai vicina, e parte dei primi colle Camicie Nere del Generale Diamanti. È sempre il Cappellano d’Arditi, ardente di fede, di bene, di patriottismo che non si concede soste, che non trova riposo, e nei giorni dell’attesa, prima dell’avanzata: edifica cappelle e chiese, santifica popolazioni; sempre prete e soldato. La sua salute comincia ad esserne scossa, perchè Egli è sempre in piedi, ed in prima linea. Il suo Provinciale interessa l’Ordinario Militare S. E. Monsignor Bartolomasi affinchè sia inviato nelle seconde linee, ma quando giunge l’ordine il Sacrifizio è già compiuto. Qualche anima potrà dire: ma perchè il buon Dio ha permesso che un cosi zelante suo ministro finisse così tragicamente? E l’Oratore risponde: P. Giuliani non poteva che morire così! Aveva vissuto intera la sua vita d’abnegazione, di sacrifizio, non poteva che coronarla coll’immolazione suprema. Egli oriundo Marmoritese da parte materna era imparentato al Card. Massaia. Questo grande Missionario dell’Abissinia aveva con sudori, stenti sacrifizi d’ogni genere bagnato per trentacinque anni quella terra refrattaria alla Redenzione, aveva anelato il martirio per redimerla nel suo sangue, e benchè avesse vissuto sette lustri, colla morte alla gola, coll’agonia nell’anima, il suo voto non era stato accolto. Ora dal Cielo ha ottenuto di redimere nel sangue del congiunto P. Giuliani, la cara Abissinia colla Croce e coll’aratro. Ricordiamolo sempre P. Giuliani, e suffraghiamone l’anima se ne avesse ancora bisogno».

Molti occhi durante la splendida commemorazione si inumidirono, la commozione aveva oramai invaso tutti i cuori, ma era commozione non solo rassegnata, ma mista quasi direi a gioia, poichè già sorrideva nel cuore di tutti la letizia, che fosse già andato a ricevere da Gesù il meritato premio. Colla Benedizione del SS.mo Sacramento impartita dal Can. Cesario Borla, ha termine il Sacro Rito e la folla s’attarda a lasciare la Chiesa. S. E. il Prefetto ed il Federale nella squi- // sita loro bontà e gentilezza esprimono la ammirazione per questa bella funzione e S. E. dice: «È una commemorazione che lascierà un ricordo profondo ed imperituro nelle nostre popolazioni». E poi vogliono essere informati dal Priore che li accompagna degli anni infantili che trascorse fra noi Padre Reginaldo, della frequenza delle Sue visite negli ultimi anni. Intanto la popolazione, che ha seguito con ammirazione gli illustri ospiti, rinnova ad essi quando salgono in macchina la sua commossa gratitudine e riconoscenza.

Gli ultimi particolari sull’eroica morte

Pei Parrocchiani, che non hanno potuto seguire sui quotidiani le affannose ricerche per stabilire le circostanze dell’eroico sacrifizio del nostro P. Reginaldo, il P. Ribaudo, Cappellano Militare, ha scritto a Mons. Rubino, Cappellano Capo delle Camicie Nere a Roma questi ultimi particolari:

«Egli aveva seguito in primissima linea le sue affezionatissime Camicie Nere, ed è morto alle ore 17 del 21 Gennaio, a poca distanza dal passo Uarieu nel Tembien, mentre curvo sul seniore Luigi Valcarenghi, ch’era caduto gravemente ferito, gli amministrava l’Olio Santo. Colpito proditoriamente ad arma bianca alle spalle, quasi contemporaneamente era ferito mortalmente di mitragliatrice alla faccia. S’ergeva ancora e benedicendo cadeva sull’ufficiale a cui col sacrifizio della sua vita, aveva ridonata la vita eterna. In suo soccorso andò il Francescano P. Guido Camponeschi da Montecompatri. Ma la sua salma potè solo essere ricuperata il giorno 25, quattro giorni dopo, quando già era iniziata la putrefazione sotto il sole equatoriale. Era ridotta in tale orribile stato per lo scempio fatto del corpo dell’illustre religioso, che P. Gamponeschi non ne seppe sopportare la vista. Avvolse i poveri resti in un telo da tenda e li seppellì in un piccolo cimitero da guerra da lui improvvisato su quel /5/ campo d’asprissima battaglia ed ivi celebrò la Messa. La cara salma, appena possibile, sarà poi trasportata nella Chiesa da lui edificata ad Adì-Caiè ed ivi seppellita sotto lo sguardo del Cuore di Gesù, di S. Domenico e di S. Giovanni Bosco a cui è dedicata la Chiesa».

Come fu onorato il sacrifizio di P. Reginaldo Giuliani

La sua morte, aveva commossa tutta l’Italia e suscitata ovunque un’onda di indignazione, così la sua Eroica Figura fu esaltata e onorata in ogni Città della nostra Penisola. Non solo Torino lo ricordò il 7 ed il 22 Febbraio con due imponenti funerali, ai quali mi feci un dovere d’intervenire e che riuscirono un’apoteosi di questo caro Figlio delle nostre terre; ma dalla chiesa generalizia della Minerva di Roma a tutte le suggestive Chiese Domenicane sparse per l’Italia fu un coro solo di suffragi, d’amore e di lode alla sua memoria. Ma anche nelle superbe Cattedrali Italiane s’invocò la Misericordia Divina per l’anima di questo grande Sacerdote Soldato; e Napoli, Messsima non furono seconde alle Cattedrali della nostra alta Italia nel ricordarlo. La tua vita, o caro Padre Reginaldo, come l’olio della lampada, s’è consumata pel tuo Dio, per le anime, pei tuoi giovani, per la tua Italia; molteplice amore d’una unica fiamma, Dio. Un colpo vandalico e barbarico ha tentato spegnerla togliendoti la vita; ma essa s’è riaccesa subito; s’è ingigantita la luce, è divenuta faro ed illuminerà l’Italia ed il mondo ancora sull’assillante problema come si debba vivere e spendere la vita.

Ricordiamo ancor noi sempre il nostro Padre Reginaldo Giuliani. Ricordiamolo per suffragarne l’anima eletta, se avesse ancora bisogno; ricordiamolo per imparar da Lui a vivere la vita di dedizione, d’abnegazione, di perfetta carità, che fu la caratteristica della Sua. La vita non è fine a sè stessa, ma come l’oro vale in quanto si sa spendere per un nobile ide- // ale. Quindi come ha solennemente commemorato la Sua eroica dipartita, col presente rito, ad immortalare questa interrotta immolazione di Padre Reginaldo v’annunzio che procurerò di ricordarlo in perpetuo con una modesta lapide e con una Messa anniversaria se il buon Dio mi vorrà concedere vita e possibilità di attuare il pio disegno.

Voi lo sapete che il vostro Parroco è povero e congruato, se gli verrete in aiuto, attuerà più presto questo pio disegno; e sono accette tutte, anche le minime offerte dei Marmoritesi e quelle dei lettori del Bollettino, che formano con questi una famiglia sola. Così i nostri figli e nepoti, ricordando il grande Nome di Padre Reginaldo Giuliani impareranno a continuare a venerarLe e apprenderanno ancora che i suoi congiunti e conterranei sono stati degni dei Suo amore e del Suo eroico sacrifìcio.

[s. d. prob. febbraio 1941 – numeri di pagina poco leggibili]

/3/

Le solenni onoranze marmoritesi
per eternare la memoria della Med. d’Oro
Padre Reginaldo Giuliani

Si è compito lo scorso 21 gennaio il primo lustro dell’eroica immolazione di Padre Reginaldo Giuliani alle nel testo: Termopoli Termopili di Uarieù nel Tembien. Il suo sacrifizio e quello dei tremila legionari, che caddero in quei giorni d’attorno a lui schiusero alle armi italiane la via dell’Impero. Coll’Italia commossa ed orgogliosa, che con riti religiosi e civili ricordò quest’eroico figlio, noi ci siamo pure ripetutamente raccolti // in quei giorni nella nostra divota chiesa, ove sbocciò la rosa della sua vocazione religiosa, sacerdotale e patriottica, ed abbiamo pregato per l’eterno riposo della sua bell’anima. Fin d’allora un desiderio s’accese nel cuore dei vecchi marmoritesi e del nostro, quello di perennare la sua memoria nella nostra parrocchia, ed iniziammo le pratiche per intitolargli la nostra via principale.

Lo scorso anno anche la nostra maestra Dott. Maria Moro rivolgeva analoga domanda per dedicargli la nostra scuola elementare. Il desiderio di questa popolazione sta per essere compito. Espletate le pratiche, il 13 del prossimo febbraio, anniversario della prima nostra commemorazione nel 1936, compiremo questo memorando rito. L’ora storica che attraversiamo impone austerità e semplicità nel raccoglimento, quindi <e> nella preghiera onoreremo quel grande cuore che per quanto potè amò Dio, la patria ed il nostro Marmorito. Avendo sempre avuto il desidera che la sua memoria vivesse nelle giovani nostre generazioni, già fin dallo scorso estate avevamo affidato al pittore Giachino Enrico di Cocconato di fare un quadro ad olio del nostro eroico figlio, da col- /4/ locarsi nella nostra scuola.

Nei bollettini del febbraio e del marzo 1936 io v’ho ricordato il suo sacrifizio, l’amore per Dio, per l’Italia e pel nostro Marmorito. Nel frattempo diverse vite ci hanno lumeggiato meglio ancora la dinamica sua sacerdotale e patriottica attività. Oramai la sua figura è così conosciuta che è superflua la mia modesta parola, perciò mi limito a darvi l’orario della nostra cerimonia:

Giovedì 13 corr. Febbraio, alle ore 10: Solenne Funerale pel compianto. P. Reginaldo Giuliani. — Parole di circostanza. — Corteo delle Autorità, dei combattenti, delle scolaresche e della popolazione tutta. — Inaugurazione della nuova Via Reginaldo Giuliani, indi offerta alla scuola del suo ritratto.

Sottoscrizione per le onoranze a Padre Reginaldo Giuliani. — Come abbiamo pubblicato lo scorso gennaio, abbiamo aperto una Sottoscrizione, per coprire le spese del ritratto e delle onoranze. Ci sono già pervenute offerte, altre ce ne perverranno in questi giorni, verranno tutte pubblicate nel bollettino di marzo.

[s. d. prob. marzo 1941; vari punti di difficile lettura]

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Ricordando la vita e l’immolazione
di P. Reginaldo Giuliani

Rev.di Colleghi, Ill.mi Signori, Dilettissimi Parrocchiani, Carissimi Bambini,

Nel febbraio del 1936, mentre l’Italia si raccoglieva commossa per suffragare l’anima dì P. Reginado Giuliani che il 21 gennaio aveva immolato la sua vita per la Patria, anche noi ci raccogliemmo in questa chiesa ove s’era chiusa la sua vocazione di Sacerdote e combattente, per suffragarne l’anima, per confortare il nostro dolore. Allora la voce eloquente del Cappellano mil. Capo della Divisione Sabuada Teol. Silvio Solero c’aveva sic c’aveva fatta rivivere il suo eroismo; e la sua dinamica attività era passata come una visione davanti ai nostri occhi. [?] officiato anche quest’oggi un collega che parlasse di Lui. Ma la rigidezza di questo crudo e duro inverno, l’inclemenza del tempo e delle strade, l’ora storica che stiamo attraversando ci ha consigliato maggiore austerità e semplicità nel rito. Ma una parola sia pur semplice, [?] la disadorna parola del vostro Parroco è necessaria per ricordare a questi barabini chi fu, che fece, quanto amò Dio // e la nostra bella Italia P. Reginaldo Nel testo: Giuliano Giuliani. Ed allora essi comprenderanno come giusta, ma poca cosa sia intitolargli la modesta via della nostra parrocchia, dedicargli le nostre scuole.

Siamo nel giugno 1904. Andrea Giuliani che compiva l’ultimo anno di ginnasio dai Salesiani, si trovava a passare nei cortili quando la Principessa Letizia Savoia Bonaparte visitava l’Istituto. D. Rua vedendo il nostro Andrea l’additò alla principessa dicendole: Questa è una delle nostre gioie. Al che la principessa rispose: «S’è una gioia la tengano preziosa!». Ma D. Rua che aveva letto nell’anima del nostro Giuliani la decisione di farsi Domenicano rispose: «Ma le gioie sfuggono!»

Questa gioia, questa perla che lasciò l’Oratorio per un più vasto campo di lavoro, ha brillato e brilla ancora come perla dei Sacerdoti, come perla di Marmoritese, come perla di combattente e di Cappellano militare.

Dopo la sua eroica immolazione, giornali e periodici scrissero colonne e colonne d’elogi, ed alcuni ancora, quasi per sopravalutare il suo patriottismo, vollero quasi mettere in contrasto la ua coscienza di sacerdote e religioso col suo amore all’I- /4/ talia nostra. Questi scrittori che non erano certamente illuminati dalla pienezza della fede cattolica, poichè non vi potrà mai essere contrasto tra il vero amore verso Dio, e verso la Patiria, essendo il secondo un’emanazione del primo, non avevano conosciuto da vicino P. Reginaldo. Egli fu prima di tutto un degno santo Religioso e Sacerdote. Anzi dal suo Sacerdozio Santo, come fiume benefico che spande e feconda cole sue salutari acque le campagne, sorse, dilagò quel suo ardente zelo per l’opere di Dio. In lui s’innestarono mirabilmente il dinamismo di S. Giovanni, Bosco, e l’austerità ardente di S. Domenico. Egli non restò tra i Salesiani ove aveva iniziati i suoi studi superiori, perchè non voleva solo essere l’Apostolo dei giovani, ma il salvatore di tutto il popolo. La Provvidenza Divina si servì della predicazione di P. Giacinto Scappardini, poi Arcivescovo di Vigevano, a Maria Ausiliatrice per deciderlo. E nell’autunno del 1904 invece d’andare al Noviziato salesiano di Foglizzo, va a quello domenicano di Chieri. In sette anni d’austerità e di studio prepara la sua anima alla meta radiosa di vero Padre Predicatore. Ma già sotto l’austere gotiche volte di S. Domenico Chieri trapela il futuro dinamismo del suo apostolato. Sono discussioni filosofiche e teologiche in cui si propugna la sublimità del sacrifizio del combattente, la necessità auto decisione sic dell’auto decisione dei popoli, il bisogno d’andare a questo popolo per portargli la fede, l’istruzione religiosa, ed interessarsi delle sue necessità e della sua elevazione morale. Il 21 dicembre 1911 l’Ordinazione Sacerdotale, mentre corona questa fervente preparazione, schiude la porta dell’apostolato a questo degno figlio di S. Domenico.

La grande giornata

Il 13 febbraio u. s. con tutto l’entusia- // smo i buoni marmoritesi vissero la commovente giornata delle solenni onoranze a P. Reginaldo Giuliani. Le strade erano pessime, ed il empo da due giorni lasciava cadere una pioggerella fitta ed insistente. Ciò non impedì a tutte le scolaresche del Comune di parteciparvi in massa, con tutta la popolazione, l’Autorità ed i sodalizi coi vessilli. Il rito s’aprì con un solenne funerale celebrato dal Rev. Vicario D. Francesco Gentile, assistito dal Prev. D. Florio e da D. Viano. Al termine della Messa il Priore, con commossa parola, rievocò l’apostolato e l’immolazione del caro Padre Reginaldo, la cui memoria vivrà imperitura tra noi. Le solenni esequie chiusero il solenne rito religioso. Poi si formò il corteo, che doveva procedere solennemente all’inaugurazione della strada, ed a portare nelle scuole il ritratto dell’indimenticabile Padre. Il Vicario tagliò il nastro tricolore da un capo della strada, e la Sig ra Bellone Coppa Maria pei parenti, chiuse il passaggio dal lato opposto. Poi tutti si portarono alla scuola ove venne solennemente collocata la sua cara effigie tra la gioventù studiosa. Dopo la motivazione della Medaglia d’oro ed un breve ringraziamento, che dissero due bambine, la cerimonia ebbe termine. Questa la cronaca dell’indimenticabile giornata. Siamo stati costretti a ridurre in così brevi righe la relazione di quest’avvenimento, per aderire alle richiesta di molti, che non hanno potuto parteciparvi e desiderano leggere la commemorazione, che col permesse dell’Ecc.za il Card. Arcivescovo ne fece il Priore. Per la strettezza dello spazio, non potendo essere stampata in un numero solo, sarà trascritta in cinque numeri a puntate al termine della cronaca locale. Per la medesima causa rimanderemo ad altro numero l’elenco degli offerenti per le onoranze.

Il Ritratto ad olio dell’indimenticabile /5/ P. Reginaldo. Il Pittore Enrico Giachino già apprezzatissimo per altri lavori, riuscì a darci, quantunque non avesse avuto la fortuna di conoscerlo person.[almente], un vero riuscito ritratto del caro Padre. Su quella tela rivive tutta la sua bontà e dinamica figura, tutta la sua anima assetata di Dio, di bene per l’anime, e d’amore per la sua Italia. Al degnissimo pittore le più sentite congratulazioni, e la riconoscenza marmoritese, mentre i piccoli studenti che cresceranno sotto il paterno sguardo di P. Reginaldo promettono d’imitarne le virtù; e di pregare per chi gli procurò la gioia di crescere sotto l’occhio e la protezione di tanto modello.

[s. d. prob. aprile 1941]

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Ricordando la M. O.
P. Reginaldo Giuliani

2.a Puntata. — Nella prima si ricordò la sua ardente giovinezza, la sua missione Domenicana, la sua seria preparazione e la sua ascesa al Sacerdozio. In questa si ricorda il suo Apostolato ardente, incontenibile

La Città di Chieri ed i dintorni godono pei primi della sua parola. È una rivelazione, un’eloquenza dotta, semplice e calda, persuasiva, irresistibile, penetra in tutti i cuori; e lascia nell’anima una sete di riudirlo. Poi a Trino Vercellese ov’è mandato a perfezionarsi negli studi men- /4/ tre compie questo suo dovere, non può contenere il suo apostolato e fa rivivere là società del nome di Dio (oggi società antiblasfema domenicana), avvicina i giovani operai e contadini e dà vita al circolo giovanile Cattolico. Poi nel volgere di pochi mesi, la sua parola s’è già diffusa per le altre chiese di Trino e del contado e del vercellese ancora. È il fiume del suo apostolato ch’ormai incomincia a dilagare impetuosamente. Egli unisce e fonde i motti dei due santi che gli schiusero la via del bene e ve lo guideranno per tutta la vita. S. Domenico aveva ripetuto il motto del Vangelo: «Son venuto a portare il fuoco e voglio s’accenda», e S. Giovanni Bosco le parole di Gesù: «Datemi l’anime e tenetevi il resto».

P. Reginaldo nei 24 anni della sua vita sacerdotale compie una corsa rapida, irresistibile, travolgente per giungere a tutte sue anime, e tutte portarle a Dio. Impossibile seguirlo da vicino in questa corsa vertiginosa che ha confine non solo i mari d’Italia, ma vorrei dire il mondo intero. Infatti il torrente della sua evangelica parola tocca e fa rivivere la vita cristiana in quattro continenti e si spinge tra gli Indios delle coste del Pacifico.

Ha sole due soste, dirò meglio due deviazioni in cui le sue acque inesauribili sono riservate alla Gioventù combattente; la grande guerra 1915-19, ed i primi dieci mesi della guerra per l’impero, in cui affina la sua anima pel sublime sacrificio della sua vita. Ma la sua parola non può giungere a tutti ed allora egli scrive. Alcuni sono storie militari ma in cui egli parla pur sempre di Dio. Così pubblicò gli Arditi; il 55 Fanteria; il Regg. Ferrovieri del Genio; ma dove grandeggia il suo pensiero cristiano è nelle Vittorie di Dio; l’Angelo delle Scuole, I misteri del Rosario, La Conciliazione, Piemonte Domenicano, e finalmente come suo testamento // spirituale, del 1935, la traduzione dallo Spagnuolo della Guida dei Peccatori del V. Padre Luigi Granata.

Dopo la grande guerra ritornato alla vita attiva di ministero era difficile di trovarlo nella sua cella. Il suo ritrovo era sul pulpito, nel confessionale, negli ambulacri di S. Domenico ad incontrarsi e dar consigli alle anime. Quindi non solo le principali chiese di Torino e del Piemonte l’ebbero oratore desiderato; ma i più cospicui pergami d’Italia s’onorarono di sentirlo. Il primo Quaresimale a S. Maria Novella di Firenze è pei fiorentini una rivelazione. Gli pare di rivivere i tempi del Savonarola, di vederlo dopo secoli risorgere dalla tomba, di riudirne l’infuocata parola. Così a Roma, così nelle Puglie, nelle altre città d’Italia. Anzi questa sete di bene lo porta a moltiplicarsi: e nel 1933 fa due Quaresimali a Torino; nel 1934 tre, due a Milano, ed uno a Novara; e nel 1935 ha appena tempo di terminare a Torino i due quaresimali di S. Carlo e di S. Domenico, che parte per l’A. O. I. Ma la sua sete di bene lo spinge fuori dell’Italia ancora a ravvirare la fiaccola della fede e dell’Italianità. Nei 1921 si spinge nel vicino Oriente e Costantinopoli, Smirnie ed il Cairo sentono la sua infocata parola; nel 1928 l’America del Sud, l’Argentina, il Brasile godono a lungo del suo sacerdotale ministero. Nel 1929-31 è l’America del Nord, che lo ha suo apostolo e lo vide spingersi fin sulle sponde del Pacifico, Nè i disagi dei viaggi, nè le diversità del clima, del vitto, delle abitudini, neppure la sua salute che non poteva sopportare tante fatiche l’arrestarono un sol istante nella sua Missione. Neppure una seria minaccia di morte che i bolscevichi nel 1921 tentarono di mandare ad effetto, lo fermò. La sua predicazione evangelica distoglieva le folle dalle loro stolte idologie: ebbero la criminale idea di freddarlo con un colpo di rivoltel- /5/ la. Gli amici lo avvertono, che l’indomani 19 marzo 1921 non salga più il pulpito. La minaccia per nulla lo trattiene. All’ora fissa passa calmo, inizia il sua dire, bolla con roventi parolie le folli ideologie con cui si vuol rovinare l’anima del popolo e termina scoprendosi il petto e dicendo se qualcuno ha qualche casa da fare, faccia pure. Nel silenzio, s’udì un piccolo scatto, poi più nulla. La rivoltella aveva fatto cilecca. Rientrato in convento il fratel portinaio l’avverte che un uomo l’attende in parlatorio. È il sicario, che singhiozzando, consegna la rivoltella; piangendo domanda perdono e cade in ginocchio. Nessuno ne ha mai saputo il nome, ha mai sentito parlare di quest’episodio. Ma perchè direte voi questo desiderio non solo, ma quasi parossismo diranno alcuni pel bene? Nella prefazione scritta alla traduzione Guida dei Peccatori, dice: In lui era impellente la sete per le anime, il desiderio d’educare cristianamente il popolo. Ecco la perla dell’Apostolo. Il conquistatore delle anime.

(continua)

[s. d. prob. maggio 1941]

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Discorso commemorativo
di P. Reginaldo Giuliani
(3.a Puntata)

L’amore per Marmorito. — Ma per noi Marmoritesi fu ancora la nostra perla. Egli fu il più pio, il più buono, il più virtuoso. Egli amò questi nostri colli, queste nostre terre, questo piccolo gruppo di case, amò questa chiesa, colla nostalgia di colui che vi ha vissute le ore più belle, provate le gioie più care. Non appena uscì la prima vita di P. Reginaldo scritta dal Lorenzo Tealdy, P. Reginaldo Giuliani Medaglia d’Oro Eroe Crociato datato Roma-Torino Anno XIV – epoca delle sanzioni economiche Tealdi nella quale s’accennava al suo soggiorno giovanile Marmoritese, alcuni volevano quasi imporrei allo scrittore una ritrattazione, asserendo che l’Andrea Giuliani venne solo a Marmorito dopo vestito l’Abito Domenicano. Siccome la storia non è un romanzo, ma il racconto dei fatti accaduti, così dopo assunte indagini presso i vecchi marmoritesi posso asserire che l’Andrea quasi tutti gli anni era ospite nella prima giovinezza degli Zii Mas- // saja Pietro Quinto. Ed è di quella prima giovinezza l’aneddoto che vi ricordo. Si trebbiava al Romagnolo, gli operai addetti alla trebbiatura bestemmiavano e parlavano male ed irridevano la credenza dell’inferno. S’è verso il tramonto. Andrea va dalla zia con uno straccio rosso trovato in casa, fa confezionare per sè e la cugina Maria un vestitino rosso con dei vimini, lo completa della coda e delle corna e quando s’annotta va a saltare attorno alla locomotrice accesa, gridando: L’inferno esiste, ed i bestemmiatori, i malparlanti vi bruceranno per sempre. A quella vista i bambini impauriti fuggono alle loro madri gridando. C’è il diavolo! No c’era l’Apostolo in erba che faceva cessare le bestemmie ed i cattivi discorsi. Quante volte la buona Vittone Zita, che in quegli anni aveva l’incarico di fornirgli la colazione, dopo avercela sic avercela consegnata s’accorgeva che non l’aveva fatta ma o data a qualche povero, oppure condivisa col cane; ch’aveva fatto la parte del leone. In quegli anni i bambini del Romagnolo erano sovente invitati, e formavano colle mamme il primo suo uditorio; egli saliva su uno scanno e cominciava i primi discorsi. La sua vocazione oratoria s’iniziava dall’infanzia. Poi, le sue vacanze estive ebbero una sosta e si fu negli anni di ginnasio. Sia perchè le vacanze erano brevissime, dall’Assunta al Rosario, e sia per un altra ragione. Quale? La vigilante prudenza materna della zia Massaja nel testo: Sik Sirk Teresa ebbe timore che la troppa dimestichezza colle cugine fosse di ostacolo alla nascente vocazione. Così le vacanze ginnasiali del nostra Andrea non s’effettuarono più a Marmorito, e quando riapparve sui nostri colli si fu nell’autunno del 1905 già novizio Domenicano. Lo Zio Sig. Pietro Quinto quando lo vide vestito delle bianche lane piangente l’abbracciò. Da quel giorno per quanto gli poteva consentire la nuova vita religiosa sa- /5/ liva con gioia a fare una fugace visita al nostro Marmorito. Alle Quarantore del 1911 venne a celebrarvi una messa novella; poi dalla vicina Chieri ove insegnava sovente era tra noi. Nel 1914 vi predicò le S. Quarantore. Se la guerra gli impose una sospensione si ricordò anche dalle trincee del nostro Marmorito, ed offrì alla nostra chiesa quella Madonna della Pace che fu dipinta su un asciugamano nelle trincee del Tonale dal Pittore Cafolla. E dopo la guerra era solo a Marmorito dove cercava e trovava un poco di riposo. Non senza commozione ricordo la fraterna accoglienza fattami dopo La Chiesa della Madonna della Neve, annessa al Cimitero, fu parrocchiale dal 1839 al 1986, quando fu unita alla Parrocchia Sant’Antonio Abate di Aramengo. Nel 1922 fu quasi del tutto distrutta da un incendio, con perdita di tutti gli arredi interni. l’incendio della Chiesa nostra. Le sue lagrime si fusero alle mie e con parole di conforto ed assicurazione promise e divenne l’apostolo della risurrezione della nostra Chiesa. Voi lo ricordate anche negli ultimi tempi sovente tra noi; la Mamma Giuseppina Massaja gli aveva trasfuso la figliuolanza adottiva di questa terra, l’affezione sua per questi luoghi, per questi colli per le nostre persone ce l’aveva reso il più affezionato dei Marmoritesi.

[s. d. prob. giugno 1941, numeri di pagina illeggibili]

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Commemorazione
di P. Reginaldo Giuliani
(4.a Puntata)

Il suo amore per l’immolazione della patria si rivela sin dalla sua giovinezza.

Ma mentre mi sono indugiato a presentarvi la perla di Sacerdote Apostolo che fu padre Giuliani, il suo amor grande per la nostra terra, non so ancora entrato parlarvi del suo eroismo come Cappellano Militare. Sono circa otto anni che im- /4?/ piegò in questa nobile missione e gli episodi del suo valore, della sua abnegazione hanno raggiunto ascensioni, hanno toccato sì alte vette e hanno conquistato sì elevate cime che molte vite scritte sul suo eroismo non possono tutte essere accennate e ch’io tenterò nemmeno di sfiorare.

Piuttosto per darvi un’idea della sublimità dei suoi sentimenti religiosi, patriottici; per illuminarvi sulla forza di tanto eroismo, vi prego di rifare il cammino, e di meditare alcune manifestazioni, alcune aspirazioni della sua vita. Da queste si sprigiona la luce che illumina la sua dinamica esistenza, la sua sete di donarsi, d’immolarsi; il suo desiderio di sacrifizio, la sua aspirazione al martirio. La vita, questo grande dono di Dio, questa moneta, che noi erroneamente crediamo dataci, per divertirsi, per arricchirsi, per coprirci di gloria; e per questi terreni fini, tanti così malamente si spendono, P. Giuliani la intese, la visse per arricchirsi dei veri beni immortali. E siccome la sublime generosità di questo donare, è la conferma del maggiore amore; così la sua aspirazione d’offrire la sua vita a Dio per la nostra Italia, ha inizio sui banchi di filosofia. S’evolve negli studi Teologici e circa nel 1910 sostiene una tesi arditissima per quei tempi: «Se offrir la vita a Dio, morendo per la difesa della Patria con giustizia e con osservanza delle leggi divine, sia martirio», e con argomenti del Dottore Angelico S. Tommaso, e del suo migliore interprete, il Silvio, risponde affermativamente. Quindi dar la vita per la sua Italia fu la sua suprema aspirazione. Ricordo che quando il 6 febbraio 1936 commosso usciva da S. Domenico di Torino, una popolana uscì in quest’esclamazione: P. Giuliani ha fatto la morte che aveva desiderato. Infatti l’11 aprile 1935 con- // gedandosi dai Giovani della scuola serale di Montalera, dopo il corso di religione ed il ritiro Pasquale diceva loro: — Tra pochi giorni parto per l’Africa; e voi o giovani fatemi un solo augurio, ch’io possa morire tra le mie camicie nere, questo è il più bell’augurio. E la vigilia congedandosi dal suo Provinciale P. Ibertis che gli parlava dei pericoli della spedizione, rispondeva: Non son vissuto per morire in un letto, ma sotto l’immensa volta del cielo immolandomi e prodigandomi, per condurre anime a Dio. — Quindi alla luce di questa volontà indomita di sacrifizio, d’immolazione, di martirio, possiamo spiegarci la sua vita di Cappellano Militare, sempre in mezzo ai pericoli e la sua eroica fine.

Nella sua grande semplicità, senza accorgersene descrive nel libro «Le vittorie di Dio», la sua vita ed il suo zelo di Cappellano Militare; e quasi direi ha formato un manuale di quanto possa e debba fare il Sacerdote, che segue le truppe combattenti. Arruolato nel maggio del 1915 fa insistente domanda per essere nominato Cappellano Militare. Gli assegnano il 55° Fanteria; ma egli vive non nelle retrovie, ma nelle trincee coi soldati. Ogni giorno per turno porta la Messa a qualche battaglione. Nelle ore antecedenti i combattimenti si trasfigura e rivive in lui Pietro l’Eremita, il condottiero della prima crociata, e colla parola e coll’esempio è a fianco d’ognuno, affinchè abbia a compiere il proprio dovere. Sotto la raffica della mitragliatrice va a soccorrere i feriti, e li porta al primo posto di medicazione.

Creati i reparti d’assalto fa pressante domanda per esserne cappellano; ove maggiore è l’ardimento ed il percolo; ivi il suo respiro, la sua vita. Ne fu preposto all’undecimo, al ventiseiesimo e ventottesimo reparto della terza armata. Sono tra loro distanti, ma la carità di P. Giuliani li unisce e fa scomparire le distanze.

[s. d. prob. luglio 1941]

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Commemorazione Di P. Reginaldo Giuliani
(Ultima puntata)

La sua eroica Immolazione. — Nominato Cappellano degli Arditi, vive la loro vita.

/5/ È sempre in mezzo di loro, li conosce per nome, cogli ufficiali ed i gregari discute le azioni ardimentose da compiere, li accompagna all’assalto affinchè non abbia loro a mancare il conforto religioso. Quindi nessuna meraviglia se passa e ripassa tre volte il Piave prima del trionfo di Vittorio Veneto; una prima volta al Montello, poi sotto Nervesa, poi più su verso il Grappa; egli deve accompagnare i suoi figli. Poi quando l’Italia è recinta della corona della Vittoria, è ancora cappellano degli arditi fiumani. A quella città fieramente italiana è stata strappata l’italica corona. Ma un pugno d’eroi nel settembre del 1919 glie la sic glie la ripone in capo. E cappellano di questi legionari è ancora P. Giuliani. Poi ritorna semplice frate a S. Domenico di Torino; ma quando l’Italia pensò alla sua espansione Etiopica, P. Giuliani ormai quasi cinquantenne ripartì tra le camicie nere, che avevano raccolta l’eredità dell’arditissimo frate italiano.

Per amore di brevità non istò a ricordarvi le sue ultime eroiche gesta, solo vi ricordo la sua sublime fine.

Egli morì a passo Uarieu la sera, del 21 gennaio 1936 perchè vi volle morire.

Perchè il suo dovere non gli sembrava ben compiuto, senza la sua immolazione; vi erano caduti, v’erano feriti, che necessitavano delle cure del loro padre. Il Generale Diamanti prima, il centurione il capo manipolo Pietro Morglia Morglia poi lo fanno avvertito, che sta per esere circondato: «Si salvi». Ma egli a quest’ultimo risponde: «Salvati tu, e fa sapere a S. Domenico di Torino; che preghino e celebrino Messe per la mia anima; il mio posto è qua, coi miei feriti, coi miei morti». E mentre alza colla sinistra il piccolo crocifisso è colpito a questa [mano?] da un proiettile dum-dum, e pochi istanti dopo, mentre sta sorreggendo la salma del capomanipolo Dott. Chiovellati [è] colpito da un violento colpo di scimitar- // ra alla spalla destra che lo atterra, mentre dà un’ultima assoluzione ai morenti, che lo circondano. Quel tormentato mattino di guerra egli non aveva potuto celebrare; era il terzo giorno di battaglia; ed alla sera alle 16,30 offriva al suo Dio l’ostia della sua vita.

Questi sublimi esempi, questi eroici insegnamenti, non hanno bisogno nè di commenti, ma d’applicazioni. Voi tutti meditando questa breve rievocazione sentite un impellente bisogno in questa storica ora che attraversiamo d’attingere tanta sorgente. La santità di vita, che fu il distintivo di P. Giuliani, la sua sete di bene e d’immolazione, la sua eroica immolazione mi danno sicuro affidamento, che la sua anima ha già raggiunto il cielo. Ed allora sì come le anime dinamicamente sante non passano inoperose il loro Paradiso, permettete che formuli una preghiera. Carissimo P. Reginaldo, arresta le orde che vogliono ritornare schiava la terra bagnata del tuo sangue, dona a questa nostra Italia una vittoria più fulgente di quella che tu hai visto a Vittorio Veneto. Proteggi i nostri soldati, affinchè coi minori sacrifici ci diano la più pronta liberazione, la giusta, duratura pace, dona al tuo Marmorito la grazia di vivere la tua fede, il tuo zelo, il tuo patriottismo. Intanto per la tua anima se ancora ne abbisognasse, pei nostri cappellani e combattenti caduti eleviamo la preghiera del conforto e del suffragio cristiano.

Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.