Massaja
Lettere

Vol. 5

/370/

1220

Al presidente e membri del consiglio centrale
della Propagazione della fede – Parigi

[F. 1r] Ill.mi Signori

Marsilia 17. Aprile 1866.

Per ragioni imponenti trovandomi costretto a lasciare l’Europa e partire per l’Affrica fra pochi giorni, ad ogni costo avrei voluto venire io personalmente a Parigi per licenziarmi da cotesto Consiglio centrale, ed esporre nel tempo stesso al medesimo alcuni bisogni miei attuali, nei quali mi trovo. Per una parte il poco spazio di tempo rimastomi alla partenza, fissata il 19. corrente, e per altra parte il timore della spesa mi permisero solo una gita a Lione, dove ho veduto i Signori di quel Consiglio, ai quali ho esposto i miei bisogni. Per rapporto a cotesto Consiglio centrale di Parigi mi trovo obligato a supplire colla presente, e pregarlo di accettare le mie scuse, se non sono venuto personalmente a licenziarmi, come avrei voluto e dovuto.

Rapporto ai bisogni attuali della missione che avrei voluto esporre, non facio altro che riferirLe coppia della lettera data al consiglio di Lione il giorno stesso, dopo la seduta, la quale è come segue

Ill.mi Signori

Fedele alla parola data questa mattina medesima nell’onorifica seduta che per loro bontà hanno voluto accordarmi, appena arrivato in Convento mi sono posto a scrivere, onde consolidare le due domande da me fatte a cotesto Venerabile Consiglio centrale in persona, quella cioè di un’addizione all’annua allocazione di dieci mille franchi fin qui percepiti, in vista della nuova Prefettura stabilita con tre o quattro missionarii, la quale è destinata a fare un nuovo impianto fra alcune tribù Galla esistenti all’Est dell’Abissinia in poca distanza dal mare rosso, onde facilitare le comunicazioni coll’interno dove esiste la missione principale, al Sud dell’Abissinia stessa.

Quindi pure per appoggiare la seconda domanda da me fatta parimenti questa mattina stessa, quella cioè di un soccorso straordinario [f. 1v] di cui ho tutta necessità per finire lo stabilimento di educazione già incominciato, di cui la missione nostra ha estremo bisogno.

Lascio la domanda dell’addizione all’antica allocazione di 12. mille franchi, alla liberalità di cotesto Consiglio Centrale, il quale da venti anni in qua mi ha fatto sempre da Padre generosissimo, e per il quale nutro sentimenti di riconoscenza tali, che non posso esprimere con parole, ma che fra poco spero portare al tribunale di Dio stesso, l’unico capace di riconoscerli, persuaso ciò nonostante che tale addizione non sarà minore di tre o quattro mille franchi, /371/ e che la mia allocazione avvenire sarà perciò portata a quindeci o sedeci mille franchi.

Riguardo poi al soccorso straordinario domandato per lo stabilimento di educazione, questa mattina nella seduta ho detto almeno 50. mille franchi, perché temeva di spaventare cotesto Consiglio facendo una domanda maggiore, del resto avrei domandato anche cento mille franchi, somma che mi sarebbe necessaria per ultimare l’opera che si sta facendo. Ho perciò tutto il motivo a sperare che detto soccorso straordinario non sarà minore di cinquanta mille franchi; altrimenti sarei obligato ritornarmene in Francia per fare una questua, onde salvarmi dalla bancarotta.

Dirò ora due parole per darLe una ragione dei due stabilimenti precitati, quello cioè della Prefettura o missione che penso stabilire fra i Galla della Costa Est d’Abissinia, e quello della casa di educazione già incominciata in Marsilia. Per ciò che riguarda il primo di questi due dirò che è di tutta necessità per salvare la missione principale dell’interno, la quale presenta ottime speranze ed un’avvenire soddisfacente, ed eccone la ragione: La missione dell’interno al Sud dell’Abissinia ha due bisogni estremi, quello cioè di avere missionarii europei, e quello delle comunicazioni col littorale e coll’Europa, da cui vengono i mezzi di sussistenza. Le difficoltà ogni giorno più imponenti che presenta l’Abissinia pel passaggio dei missionarii sono tali, che giammai questi venuti recentemente d’Europa potranno sperare di potervi passare di primo slancio senza prima imparare le lingue, i costumi, e le manovre necessarie a farsi; e ciò che più monta, senza prima [f. 2r] abituarsi alle privazioni e sacrifizii di ogni genere che si devono supporre in un viaggio di circa due mesi in paese per se difficile, ed in qualità di banditi contro le perquisizioni del governo abissinese. Fin qui noi abbiamo sempre avuto Massawah come stazione intermedia, ma questo paese, oltre non prestarsi ai bisogni suddetti, presenta innoltre degli ostacoli gravissimi. Massawah è paese perfettamente arabo, con costumi affatto arabi, dove il missionario trova un clima estremamente caldo, il vitto più caro che nei nostri paesi stessi; dove il missionario ha niente che fare nel suo Ministero, perché fra mussulmani fanatici, e dove restando anche due anni potrà mai imparare ne lingue, ne i costumi dell’interno; paese in cui restando il povero missionario più di un’anno si scoraggisce, e qualche volta anche si guasta. Facendo quindi uno stabilimento fra i pochi Galla che si trovano all’Est dell’Abissinia, i missionarii non saranno sottoposti agli inconvenienti suddetti. Potranno nel tempo stesso esercitarsi nel ministero e nelle lingue, imparare i costumi del paese, abituarsi al vitto, e fare delle conoscenze, le quali saranno utili per mantenere le corrispondenze colla missione dell’interno, e per preparare il passo alla medesima al primo momento più favorevole che si presenterà. Ciò che è più ancora, questo passo conosciuto nell’interno da tutti i nostri, gli consolerà molto, e sarà loro di grande speranza per l’avvenire.

/372/ Per ciò che riguarda lo stabilimento di educazione incominciato in Marsilia, è facilissimo provarne la necessità, avuto riguardo alla natura dei paesi della nostra missione, ed alle difficoltà di comunicazione già sopra esposte. I paesi Galla non assuefatti al nostro colore sono inabbordabili a qualunque europeo di primo slancio. Colla protezione di Dio e con tutta l’industria nostra in dodeci anni ci è riuscito di aprire una strada dal Nord al Sud, stabilirvi qualche missione, sempre ajutati dall’elemento indigeno. Nei luoghi delle missioni suddette gli europei sono conosciuti e possono restarvi, ma abbiamo da tutte le parti un campo immenso da coltivare, dove gli europei non possono ancora penetrare. I soli indigeni sono quelli che debbono precederci per aprirci la strada. [F. 2v] Le missioni dell’interno non sono ancora abbastanza stabilite da potervi fare dei stabilimenti regolari di educazione; anzi posso dire che non potranno esserlo ancora per un tempo notabile. Per il passato ho potuto fare qualche prete indigeno in modo tutto economico, coltivando con tutte le mie forze i pochi giovani che mi circondavano, che viaggiavano con me, e che con me dividevano le tribolazioni dell’apostolato. Ma questo sistema può servire per alcuni, non per molti; può essere buono da principio, ma non sempre. Affinché dunque quella missione prenda sviluppo è di tutta necessità preparare molta gioventù del paese. Questi bene istruiti e bene educati troveranno nessuna difficoltà per attraversare l’Abissinia e recarsi ai paesi Galla travestiti e mischiati coi mercanti. Quindi nell’interno stesso dei paesi Galla potranno percorrere da un’estremità all’altra tutto quel vasto paese, e sarà allora solamente che si potrà sperare un movimento universale in quei popoli.

Ecco in breve le ragioni che mi hanno indotto a prendere le indicate determinazioni. Del resto io non penso che alla conversione di quei popoli, ai quali mi sono dedicato sino alla morte. Oggi incomincio uno stabilimento in Marsilia, stabilimento che forse vedrò mai più, perché parto di nuovo per l’interno con avanti un temporale che mi minacia morte; spero perciò che le Signorie Loro non attribuiranno le suddette mie domande, ne al desiderio di aver denaro, ne a nessuna specie di ambizione. Finisco questa mia con raccomandare me stesso e quei popoli alle orazioni di tutti gli associati, dei quali, ed in specie di cotesto Consiglio coi sentimenti della più viva riconoscenza sono

Divot.mo Servo
† Fr: G. Massaja V.o V. Ap.o

EccoLe la lettera; ciò che dissi al Consiglio di Lione, con eguale e maggiore confidenza posso dirlo a cotesto Venerabile Consiglio di Parigi, quale conosco più particolarmente ancora, e dal quale in corpo, ed in particolare da alcuni membri ho avuto delle marche di stima oltre ogni mio merito; più volte mi è stato detto perché domanda niente? io ho sempre risposto, ciò che mi date mi ha sempre bastato fin qui; ora trovandomi in reale bisogno, spero che /373/ cotesto Consiglio di Parigi appoggerà le due domande sopra accennate.

Con questa speranza, oso domandarLe congedo, e pregargli di avermi sempre presente, mentre di tutto cuore godo raffermarmi

D. S. LL. Ill.me

Divot.mo Servo
† Fr. G. Massaja V.o dei Gallas

[Questo scritto dev’essere collocato tra i nn. → 444 e → 445]