/35/

5.
Sul Mare Rosso:
rischi di linciaggio e di naufragio.

Arrivato il giorno determinato la mattina verso le otto venne il Signor Costa e ci portò tutti dal governatore, il quale chiamò il Reïs (capitano) della barca e fece la consegna delle nostre persone e di tutto [p. 61] il bagaglio, fatta quindi innalberare la bandiera egiziana, e poscia accanto la francese ci congedò. noi però siamo ritornati un momento in casa per fare un poco di pranzo, mentre gli uomini della barca anche loro recaronsi alle loro case per congedarsi dalle loro famiglie[;] circa le dieci [di] mattina già eravamo tutti in barca, e levata l’ancora salutammo gli amici e la città di Suez. i primi timori... arrivo alla fontana di Mosè Come noi non eravamo ancora accostumati a simili barche, appena perduta la vista di Suez e siamo entrati al largo le unde facendosi un poco più vive alcuni di noi tremava[no] a certi colpi di vento, benché ordinarii ed i marinari ridevano dicendo forze in cuor loro[:] vedrete di meglio. Per fortuna Iddio fù provido per noi e pensò ad accostumarci poco per volta, motivo per cui ci diede una bella giornata, e potemmo con sufficiente tranquillità filosofare e discorrere sul passaggio di Mosè [avvenuto] poco presso in quel medesimo luogo supponendo sotto i nostri piedi la carcassa di Faraone [sotto i nostri piedi sepolta] con tutta la sua superba armata sepolta ed impietrita. Abbiamo camminato sino verso le 5. ore di sera e siamo andati ad ancorare nelle vicinanze della fontana di Mosè, dove abbiamo passata [p. 62] la notte. arrivo a Tor
[25.9.1846],
fermata di un giorno;
L’indomani appena abbiamo avuto tempo per prendere un poco di caffè e già si tirava l’ancora, e si spiegava la vela. Tutta la giornata e stata di [navigazione] con un piccolo venticello di terra tanto che bastava per camminare lentamente, e camminando sino a sera dopo le cinque abbiamo gettato l’ancora in un piccolo porto del villaggio chiamato Tor, abitato tutto da greci scismatici soggetti al monte Sinai il quale si trovava in vista, lontano da quanto dicevano circa tre ore di viaggio. Il capitano inclinava a passare la giornata dell’indomani /36/ in Tor per farvi alcune provviste di capre, ova e galline, perché non si sarebbe più trovato altro villaggio sino a Jambo, epperciò abbiamo acconsentito con molto piacere.

L’indomani abbiamo deciso di passare la giornata nel villaggio per passeggiare un poco: Fr: Pasquale doveva portare qualche provvista per fare un poco di pranzo nel villaggio; epperciò, appena preso il caffè siamo discesi, ed arrivati al villaggio, per mettere di buon’umore i nostri barcajuoli abbiamo dato loro qualche piastra per comprarsi un capretto. Così essi di buon’umore hanno fatto il giro del villaggio per comprarsi latte di capra, galline, ova, e formagetti freschi del paese. la guerra dei due preti per causa di moglie. Le notizie del paese dicevano che i due preti del paese avevano fatto questio[ni] frà [di] loro per causa delle loro mogli, le quali avevano fatto baruffa e portata la guerra nella quale vi furono feriti. discesa del procuratore del Sinai, amicizia con lui, e progetto di viaggio al Sinai. Per questa ragione era disceso il Procuratore del famoso monastero del monte Sinai, il quale è [p. 63] considerato cola non solo come ordinario ecclesiastico, ma ancora come plenipotenziario civile. Sarebbe stata per noi una bellissima circostanza per fare una passeggiata al Monte Sinai, per la quale i missionarii non sarebbero stati contrarii, ma tutto considerato, cioè il ritardo del viaggio nostro di tre o quattro giorni ad minus, la spesa che non sarebbe stata indifferente, calcolato il regalo di uso da farsi al monastero, ed altri inconvenienti di minor rilievo, fatto consiglio cogli stessi missionarii si risolvette quasi a pieni voti per la negativa. Io me ne sono rimasto in conversazione col monaco, il quale parlava un’italiano sufficiente da farsi comprendere, mentre i missionarii facevano alcune escursioni sopra quelle aride colline, e Fr: Pasquale preparava il pranzo. Essendo venuto a farci visita il procuratore del monastero l’abbiamo invitato a pranzo, ed acettò con piacere, e diede ordine anche lui per farci preparare qualche cosa: la cucina fu fatta nella casa stessa del Procuratore, dove si recò Pr: Pasquale colle sue piccole provisioni recate dalla barca, e così il pranzo ebbe luogo colà, dove la Chiesa greca e la latina passarono qualche ora in buona armonia fino a tanto che la conversazione si tenne sopra cose mondane e puramente materiali, ma quando il Reverendo greco ebbe gustato qualche bicchiere di vino e qualche chiccara di aquavite, ed ho cercato destramente di toccare certe corde che interessavano troppo la macchina nel più vivo, [p. 64] avendo veduto che incomminciava a tirare [dei] calci, per non guastare la fritata senza aver il tempo materiale di aggiustarla con qualche utilità ho giudicato meglio di conservare le ova per miglior occasione. visita della chiesa di Tor, Dopo il pranzo abbiamo visitato la Chiesa, ancor più miserabile di quella di Suez, ma non abbiamo cercato di visitare il San[c]ta San[c]torum, e sortiti siamo andati a vedere la fontana, dove il villagio prende l’aqua /37/ [prende l’aqua] dolce per gli usi di casa, e dove fanno bere le loro capre. Le barche arabe che venivano da Suez, dove l’aqua dolce era molto cara prima che ci fosse il canale, partivano da Suez con pochissima aqua e venivano a Tor per fare la loro provvista, così ho veduto che facevano i nostri barcajvuoli. ed il supposto luogo del cantemus domino; esaggerazioni dei ciceroni greci. Questi greci di Tor credono che Mosè abbia passato il mare rosso a Tor, e credono che anche quella sia una fonte ottenuta da Mosè miracolosamente, ed alcuni fanno vedete il luogo dove egli compose il cantemus Domino, ma stando alla comune [ubicazione] del luogo dove entrò il popolo ebbreo secondo i segnali della Scrittura, Mosè avrebbe triplicato il viaggio colla diagonale che avrebbe fatto. Sarei stato molto curioso di discorrere sulla storia del Sinai, ma, parte perché la sua lingua italiana era insufficiente, e parte anche vedendo la gran facilità di esaggerare, incapace poi di distinguere il reale dal fattizio ho giudicato meglio [di] lasciare a parte l’impegno; questi greci in Oriente sono quelli che hanno guastato ed avvilito tutte le tradizioni dei luoghi santi; più tardi poi mi sono convinto [p. 65] the i ciceroni greci dei luoghi santi sono quelli che hanno riempito l’Abissinia di ridicole tradizioni sui medesimi. partenza da Tor, passaggio del golfo dell’arabia petrea, arrivo a Jambo in sei giorni Passata intanto la giornata verso sera siamo entrati sulla barca per partire la mattina seguente sul fare del giorno. Abbiamo camminato tutto il giorno costeggiando sempre il litorale asiatico, e non è che verso sera che abbiamo perduto di vista il monte Sinai, a misura che si avvicinava l’imboccatura del golfo dell’Arabia petrea. Abbiamo camminato tutta la notte e la mattina seguente eravamo ancora avanti l’imboccatura suddetta con un’agitazione di mare non indifferente. Non avendo più le date non posso dire il certo, ma credo che eravamo il giorno della Croce 14. Settembre, perché mi ricordo che abbiamo fatto un poco di festa sotto questo [giorno] in quel luogo. Avendo perduto tutte le memorie, non posso dirlo certo, ma credo che abbiamo ancorato due notti, e da Tor abbiamo [abbiamo] camminato sei giorni e quattro notti per arrivare a Jambo sopra il quale passa il tropico, e dopo il quale si entra nella zona torrida. In Jambo siamo rimasti fermi due giorni per fare provviste di aqua e di altro. Nei due giorni siamo discesi, ma con poca soddisfazione, perché il paese, già fanatico e pieno di pellegrini fanatici era meglio usar prudenza. Una sera vicino a noi si trovava ancorata una barca piena di pellegrini algerini, molti dei quali io aveva conosciuto in Alessandria ed in Cairo andando al Consolato [p. 66] perché questi benedetti algerini di recente conquistati dalla Francia, questa per accaparrarseli dava il passaggio gratis a tutti i pellegrini che andavano alla Meca sopra tutti i vapori del governo andando e venendo; non contento di questo in Alessan[dria], in Cairo, in Suez, ed in Gedda i Consoli avevano delle somme disponi- /38/ bi[li] per soccorsi straordinarii agli Algerini di passaggio. questioni con i pellegrini algerini.
ci obbligarono ad abbassare la bandiera francese
[1.10.1846]
Con tutto questo questi algerini incomminciarono già in Suez a lanciarci qualche parola di poco rispetto, e quella sera essendo vicini a noi non la finivano più; vedendo così ho creduto [di] fare una cosa prudenziale ordinando che si mettesse la bandiera francese. L’avessi mai fatto! perché si alzarono tutti, e con minacie ci obligarono ad abbassarla; il capitano della barca vedendo queste teste esaltate, per assicurarsi nella notte che non arrivasse qualche cosa di sinistro prese il partito di allontanare la barca; non vi è che il timore che avvilisce ed abbatte il mussulmano, le generosità e le cortesie lo fanno più insolente; così in proporzione sono gli abissinesi, e generalmente tutti i popoli che non hanno gustato il Vangelo e temperata la loro natura collo spirito del medesimo. Questa è la ragione che i nostri così detti fratelli popoli dell’istessa Europa, a misura che progrediscono e civilizzano allontanandosi da Cristo diventano ancor più barbari degli stessi mussulmani; ancora temono le masse cattoliche, ma pure incomminciano a dare dei saggi di una barbarie che non si trova altrove; con questa gente non c’è che il bastone che gli avvilisca, e fino a tanto che le masse sono ancora [p. 67] di Cristo resta a vedere se sia più giusto consigliare la pazienza, oppure un’azione energica; tanto più quando un gruppo di mascalzoni con bugie e con patenti ipocrisie si sono impadroniti del governo ed a nome del popolo dopo aver caciato i legittimi governi vogliono ancora caciare Cristo per fare vero macello dei popoli. Del fatto suddetto io ho fatto una fedele relazione al governo francese, ma nulla ha fatto, e ciò in tempo di monarchia.

Dopo due giorni passati in Jambo la mattina del terzo giorno prima del giorno abbiamo levato l’ancora e spiegata la vela; so che abbiamo messo sette giorni per arrivare al porto di Rabbo; in questi sette giorni abbiamo riposato la notte due o tre volte in qualche ancoraggio isolato nell’littorale dell’Arabia Petrea che abbiamo sempre seguito fedelmente, ma non avendo oggi le mie memorie non posso dire il nome di detti luoghi. tropico, passaggio alla zona torrida.
minaccia di naufragio; nostri timori
[30.9.1846-1.10.1846]
Lasciando Jambo sotto il tropico abbiamo avuto una forte agitazione del mare; una notte camminando la barca tutto all’improvviso fece un gran colpo in modo che ci spaventò, e tanto che temendo, ci siamo confessati tutti a vicenda; come era oscuro non si poteva vedere cosa fosse; i marinari [si] calarono nell’aqua e con grandi sforzi la tirarono fuori. La povera barca era entrata sopra un banco coperto di circa un metro di aqua, ed ogni momento alzata da un’ [p. 68] undata, passata questa abbassandosi batteva sul banco di corallo e faceva un colpo che ci spaventava: fortunatamente la barca non essendo molto /39/ carica i colpi erano tali da poter resistere senza rompersi; appena sortito dal banco col lume la visitarono, e non facendo aqua fummo tranquilli, e continuammo il nostro viaggio con un vento in poppa che si camminava quasi come [su] un vapore. arrivo a Rabbo dopo Jambo nel settimo giorno
[5.10.1846].
La mattina del settimo giorno dalla partenza da Jambo verso le dieci siamo entrati nel porto di Rabbo.

visita del Comandante. Rabbo è il porto di Medina, dove Maometto, cacciato dalla Meca sua patria, si refugiò, e dove incomminciò il suo regno; quindi dopo aver regnato in Meca molti anni verso il suo fine volle ritirarsi in Medina, e colà essendo morto avvi colà il suo sepolcro, motivo per cui dopo Meca, dove esiste il gran tempio di Kàba (1a) Medina è il secondo santuario dei mussulmani. Rabbo porto di Medina, paese fanatico; conversazione col comandante albanese. Rabbo è luntano una buona giornata da Medina, ed il commercio di quest’ultima per tutte le asportazioni ed importazioni si fanno per Rabbo, città forte con un governatore, ed una dogana. Come il paese è molto fanatico mussulmano, già eravamo avvertiti in Suez che non potevamo sbarcare senza esporsi a pericolo. Però venne a trovarci il Governatore stesso, uomo di circa 60. anni, un’albanese, il quale ha fatto il soldato più di 30. anni fedelmente ed era arrivato sino al grado [p. 69] di Capitano, ma di quelli che non avendo fatto studii sufficienti non avrebbe potuto sperare un grado superiore nell’armata attiva, ha ottenuto in premio un governo di una posizione forte di secondo ordine. Come era nativo di un paese misto di cristiani e di mussulmani non era un fanatico seguace di Maometto, anzi aveva una simpatia per i cristiani, e se non erro, aveva anche dei parenti cristiani; sgraziatamente non poteva esternare questa sua simpatia per i cristiani ed anche per gli europei, perché [abitava] in un paese fanatico mussulmano, dove sarebbe certamente stato accusato come cristiano. Avendo inteso che erano venuti europei, era venuto egli a trovarci per impedire la nostra discesa, e si presentò anzi con regali, perché conosceva benissimo che noi avevamo del vino e del[l’]aquavite sperando di bere, cosa che non avrebbe potuto fare in Rabbo, dove il vino e tutti gli spiriti non possono entrare sotto gran pena. Parlava l’arabo, il turco, e suffi- /40/ cientemente l’italiano; epperciò potevamo conferire insieme senza pericolo di essere compresi. Noi eravamo fortunati di aver trovato una persona di quel carattere in un paese, dove non potevamo sperare di parlare liberamente, ed il desiderio [p. 70] che avevamo d’informarsi degli usi di quei paesi impenetrabili per noi, ci rendeva la conversazione sua molto cara. Eravamo fissi di passare solamente un giorno in Rabbo, ma egli tanto fece che restammo due giorni. Io aveva scritto molti detagli sulla Mecca e sopra Medina, ma restarono perduti con molti altri documenti. Nei due giorni che passammo colà veniva sempre il pranzo fatto da casa sua, ed egli ha mangiato anche qualche volta con noi. carattere e sentenze di questo comandante; Questo uomo è stato caratterizzato da noi per un vero incredulo mussulmano, e nel suo cuore forze più cristiano che mussulmano, perché diceva certe sentenze da crederlo tale: quando beveva era solito dire[:] turco fino mangiar porco e bever vino; quando si parlava di Maometto diceva: i Santi Cristiani o hanno una sola moglie oppure nessuna, ma il nostro Profeta ne aveva 14 e tutte rubate, anzi le mogli degli altri erano tutte sue. Potrei rapportare qui molte altre confessioni sortite dalla bocca di questo uomo, le quali potrebbero anche essere utili per far conoscere cosa è l’islamismo, eresia che ha perduto e perde ancora tante anime, eresia che presenta l’estrema libertà alle passioni del[l’]uomo, unita ad un’estremo dispotismo monarchico, ma sarei troppo lungo e sortirei dal mio scopo.

p[a]rtenza da Rabbo. arrivo a Gedda, Capitale del mare rosso, e porto del pellegrinaggio;
ricevuti dal cancelliere Serkis
[8.10.1846]
Passati due giorni in Rabbo la mattima del terzo giorno siamo partiti di là e la mattina del terzo giorno poco dopo [p. 71] la levata del sole già eravamo avanti [a] Gedda, città la più grande di tutta la costa asiatica del mare rosso, città importante sia come capitale e sede del governo di tutta l’Arabia, situata sui confini dell’Arabia petrea, e dell’Arabia felice; importante ancora come emporio di tutto il commercio del mare rosso; importante poi sopratutto come porta d’ingresso e di sortita del tanto famoso pellegrinagio dei mussulmani. Gedda veduta dal mare è bellissima per le sue case, benché mal fabricate, sono però tutte bianche epperciò visibilissime, e bella ancor più per i suoi alti minaretti (1b) e Moschee (2a). Appena ancorati nel porto, come allora non si parlava /41/ ancora di quarantina in tutto il mare rosso abbiamo spedito subito un biglietto al Console, perché noi non abbiamo osato sbarcare senza di lui. Il Console Flesnel non essendovi venne subito il suo canceliere Signor Serkis armeno cattolico con una barca per noi, ed un’altra per il bagaglio.

Così abbiamo avuto tutta la commodità di sbarcare senza altro pensiere, restando Fr: Pasquale a custodire il bagaglio nello sbarco e trasporto alla dogana e sino alla casa del suddetto Cancelliere Serkis, dove noi siamo entrati, accompagnati da lui. Come il nostro contratto colla barca era solamente per Gedda fu di natura sua congedata restando a noi l’impegno di cercar[ne] un’altra [p. 72] barca direttamente per Massawah, in quel tempo, via, quasi unica per l’Abissinia.

Il cangiamento della barca ci ha necessitati a restare in Gedda quasi due intiere settimane. Messa a cui intervennero anche i scismatici ed eretici; battesimo di molti bimbi eterodossi Come in Gedda arriva raramente un Prete all’arrivo di qualche Prete si dice la Messa in casa del Console Francese, alla quale in quel tempo intervenivano tutti i cristiani, anche scismatici ed eretici; i cristiani colà sotto la pressione dell’islamismo, si trovano come obligati a restare uniti. Si trovavano in Geddà da cinque a sei famiglie di Greci Scismatici, i quali avevano da cinque a sei pargoletti dei due sessi non ancora battezzati, (1c) pregato dai parenti ho dovuto battezzarli sulla promessa di educarli nel cattolicismo, benché si sappia che poi queste promesse non sono osservate. Come già dissi, mancando il Console Signor Flesnel scrittore orientalista e Console di Gedda, ne faceva le veci il suo Cancelliere Serkis armeno Cattolico, e noi eravamo in casa sua lautamente trattati. storia dolorosa della moglie di Serkis. Questi, venuto da giovane in Gedda come negoziante, ed avendo fatto una più che mediocre fortuna, volendo maritarsi, e non trovando una giovane in paese si era risoluto di comprarsi una /42/ schiava Galla, ed istruitala la fece battezzare da un prete di passaggio, e sposatala gli diede un figlio, che al nostro arrivo aveva già circa otto anni. La moglie, benché trattata in quella casa come una regina, pure mancando [di] una coltura religiosa, e per altra parte continuamente tentata da altre compagne Galla che si trovavano in paese, divenute mussulmane, non era [p. 73] contenta del suo stato: sentendo che noi eravamo destinati per i paesi Galla, avrebbe voluto ritornare ai suoi paesi, cosa impossibile, ma mi accorsi che ciò non era una realtà, ma che di sotto vi era qualche altra cosa. Tre anni dopo seppi che fù rapita dal Pascià Governatore, cosa che sollevò una questione diplomatica colla Sublime Porta; costò a quel Pascià la perdita della sua posizione. Il Signor Serkis fù tanto afflitto che nell’anno morì in Cairo, e dopo di lui morì anche il suo figlio. Ho veduto alcuni altri di questi matrimonii di europei fatti con schiavi [che] senza una precedente solida educazione raramente riescono. In Gedda si fa il commercio del balzamo, ed io avendone bisogno pel mio ministero ho incaricato Serkis di cercarmene, e di farmi venire un branco con foglie, e di farmelo aggiustare in un vaso. Così fece[;] ho comprato quattro oncie di balzamo, e mi portarono un branco dell’arbusto da cui lo cavano, e chiusolo in un vaso di vettro ermeticamente, ho voluto portarlo con me pel confronto in caso di trovarlo in Abissinia.

partenza da Gedda
[15.10.1846]
arrivo a Confuda
[20.10.1846]
ultimo porto del continente asiatico;
Intanto, dopo aver fatto un poco di apostolato in Gedda, forze senza frutto, dopo dodeci giorni, sopra un’altra barca noleggiata per noi siamo partiti per Massawah verso la metà di Ottobre. Colla partenza da Gedda abbiamo proseguito due giorni la costa asiatica [p. 74] dell’Arabia Felice sino a Confuda porto e città secondaria, dove il nostro Capitano della barca si era riservato di approdare e fermarsi un giorno per qualche suo affare particolare.

partenza per il continente africano
[22.10.1846];
arrivo a Dalac.
Rimasti a Confuda un giorno siamo partiti per Massawah camminando all’ovest per attraversare il mare rosso e portarci verso il littorale affricano. Dopo due giorni di alto mare siamo arrivati al piccolo arcipelago di Dalac, un gruppo di isolette abitate da una popolazione di circa 300. anime al più, le quali vivono di pascoli, e di piccolo commercio con Massawah. Qui si trova la pesca delle perle. I Veneziani avevano qui uno stabilimento per la pesca delle perle, ed ancora vi sono le cisterne fatte da essi; dopo di loro si sono stabiliti i Bagnani che la fanno con utile, perché ne conoscono il modo; sono venuti più volte europei, ma hanno fatto fiasco, perché non hanno saputo il modo di maneggiare gli indigeni conoscitori, oppure perché sono stati soppiantati dai Bagnani; mancomale si trova colle perle anche la madre perla di ottima qualità.


(1a) Kaba, luogo santo musulmano, è il punto, verso il quale tutti i musulmani del mondo, nelle loro preghiere, devono diriggersi, e verso il quale devono fare le loro adorazioni. Maometto, prima che conquistasse la città della Meca, aveva ordinato che il punto di direzione suddetto fosse il tempio di Gerusalemme, dove si suppone esistere la pietra sopra la quale Abramo ha fatto il [suo] sacrifizio del suo figlio Isacco. Dopo conquistata la città della Meca, ha ordinato che il punto di direzione suddetto fosse il tempio della Kàba, dove si suppone esistere la così detta pietra nera, sopra la quale Ismaele era solito sacrificare. Per i musulmani Ismaele, benché figlio di schiava, pure è considerato primogenito di Abramo; per loro Sara legittima moglie di Abramo, non è un’argomento di precedenza sopra la schiava Agar. [Torna al testo ]

(1b) Minaretti sono certe specie di torri vicine alle moschee, simili ai campanili vicini alle nostre Chiese, dai quali credo io che abbiano preso l’idea. L’architettura dei minaretti è tutta araba, diversa dai nostri campanili. Quasi in cima del minaretto esiste una specie di poggiolo o balcone in circolo, di dove il così detto santone pronunzia ad alta voce la cognita specie di formola di fede musulmana[:] Allà illalà... in tutte le ore della preghiera determinate dal corano sì di giorno che di notte. Nelle piccole moschee dei paesi si dice ad alta voce, ma in Gedda la formola è cantata. [Torna al testo ]

(2a) Moschea nome dato dagli europei, ma il vero nome è Mesghid, cioè luogo di adorazione, /41/ derivato dal verbo sagada che significa adorare. Le moschee di Gedda, di Meca, e di Medina sono lo più ricche, perché i pellegrini danno molto; le moschee di Caïro sono più numerose e più grandiose; le moschee di Costantinopoli sono le più meschine, fuori di S. Soffia, benché in architettura più regolari, essendo la più parte chiese profanate. [Torna al testo ]

(1c) Debbo quì riferire il criterio che mi sono fatto nel battesimo di questi bimbi figli di eretici. L’eresia può essere un titolo civile di separazione dalla vera Chiesa di Cristo, ma mai un titolo the possa derogare la legge divina che da alla Chiesa il diritto materno sopra tutta questa società rebelle, e che la dispensi dall’amministrare i sacramenti quando nulla osta per parte dell’individuo. Se nei nostri paesi non si battezzano, è solo per mancanza del consenso paterno, assistito dalla legge civile. Simili bimbi, come figli di battezzati, naturalmente nascono alla Chiesa di Dio, e non all’eresia. La stessa scomunica della [della] Chiesa, come pena medicinale colpisce gli adulti colpevoli, ma non gli altri in buona fede, e tanto meno i bimbi. L’educazione futura incerta può essere un motivo, ma non è sufficiente, massime trà gli infedeli, dove può arrivare la morte. Fra le vittime di Gedda nel massacro del 1857. [15.6.1858] io aveva là più di 25. battezzati; per compimento vedasi ciò che ho scritto altrove a questo proposito. (anno 1864. mio viaggio) [Torna al testo ]