/213/

25.
Attraverso il deserto di Nubia.
Le città di Berber e Scendy.

Io sono partito subito l’indomani con tre cameli e tre camelieri: ho dato il prezzo di tutto al comandante, il quale mi diede un biglietto di ricevuta, nel quale sono descritte le persone che partono, ed il numero dei colli del carico. storia curiosa di un camelo Nella partenza è arrivata una cosa molto curiosa, la quale fa conoscere la natura del camelo. Appena siamo partiti, ed arrivati ad una divisione di strade, nel prendere la strada del deserto un camelo si corica e non vuole più camminare. Io mi sono sgomentato credendo che questo ci [ci] avrebbe obligato a ritornare, ma niente di tutto questo[:] un cameliere disse[:] portatelo a bere, uno lo portò a bere, e quando ebbe bevuto, ritornò e fu all’ordine. mi dissero poi la spiegazione di questo: quando dobbiamo partire [i cammelli] gli conduciamo a bere e dobbiamo dare il segnale per farlo bere per tre giorni. [p. 342] il povero camelo non avendo compreso il segnale ha bevuto solamente il necessario per la giornata; quando poi ha veduto la strada del deserto dove non si trova aqua ha fatto la sua protesta, ed aveva ragione.

descrizione del deserto di Corosco;
avvisi ai viagiatori.
Il deserto di Corosco è un deserto forze più vasto di quello di S. Antonio, ma a certe distanze sortono fuori dalla sabbia dei macigni di pura pietra. Dalla parte nord sino a quattro giorni di viaggio è pura sabbia senza un filo di vegetazione; i quattro altri giorni più al sud presenta qualche Wasis con qualche mimmosi. Per quattro giorni [non] si trova nulla. Nel quinto giorno avvi una Wasis, dove vi sono delle capanne di bedoini con un pozzo, dove colla pazienza si può trovare un poco di aqua. Una delle gran premure in questi deserti è quella di custodire gli otri dell’aqua; perché altrimenti mancando l’aqua è un’affare molto serio; custodire vuoi dire che per qualche accidente o coltello, o ferro non lo buchi; sopratutto quando la carovana si ferma mettendolo per terra abbia qualche stuoja dupplicata da impedire che certi insetti tirati dall’umido non vengano a bucarlo. Una seconda cautela è quella [del /214/ riparo dal] del sole in certe ore quasi micidiale. Per questa ragione se vi è la luna [è] meglio camminare di notte, ed ancorché non vi sia la luna se il cameliere conosce bene la strada [è] meglio la notte; nel giorno restarsene ben chiuso in una doppia tenda se si può trovare, se no farla con delle stuoie, o pelli, o vesti e dormire. Per [la] causa di ladri o di bestie feroci non vi è pericolo affatto. servizio dei camelieri. Dalla parte dei camelieri [non] vi è niente da temere, perché sono fedeli, e devono dar conto alle autorità egiziane; vi faranno anche tutti i servizii che possono, [p. 343] tanto più poi se hanno qualche speranza di mancia. I miei camelieri erano bedoini, molto semplici, perché non assuefatti alle città. Due erano Padre e Figlio, e l’altro una persona matura; il figlio era di quindeci o sedeci anni, ma ancora [di] una semplicità incredibile, eccetto che per la modestia era un vero scimiotto; aveva niente altro che uno stracio alle reni, ma quando il sole era caldo lo metteva in testa camminando nudo con un’indifferenza che si direbbe [di] un ragazzo di cinque anni: I due vecchj facevano la loro preghiera mussulmana, e qualche volta mancando l’aqua per fare le loro purificazioni prima della preghiera, si purificavano colla sabbia; io dava loro qualche biscotto ed un pugno di datili, e facevano gran festa. Di notte il viaggiare era una delizia, di giorno poi, anche sotto la tenda, dal momento che il sole aveva riscaldata la sabbia l’aria stessa diventava infuocata.

temporale di sabbia.
avviso ai viaggiatori per evitare il pericolo.
Nel quarto giorno del nostro viaggio del deserto, verso le tre di sera abbiamo avuto un gran temporale di sabbia, e posso dire che un’ispirazione mi salvò dalla morte. Ecco la storia tal quale è andata, affinché possa servire di norma ad altri in simile circostanza. Un temporale molto lontano si fece vedere al nord con lampi e tuoni. Come io sapeva che la pioggia non arriva in quel deserto, me ne rideva; tuttavia vedeva che i camelieri erano preoccupati, ed i cameli facevano un certo mugito insolito. Il temporale avvicinandosi di più ci siamo fermati e scaricarono i cameli. mi dissero di mettermi frammezzo le casse, e di invilupparmi bene nelle coperte, facendomi vedere come si doveva fare.

sento un peso.
ispirato da Dio, ho pensato ad una relazione letta.
Tutto all’improvviso ti fecero tenebre oscurissime con una pioggia di sabbia che suffocava: [p. 344] io corricato frà le due casse non pensava ad altro che a liberarmi dalla sabbia, che come aqua entrava e mi soffocava; incomminciava a sentire un peso, ed un ispirazione mi fece pensare ad un’antica relazione di caso simile che uccise 30. soldati egiziani in questo medesimo deserto, nella quale [si] raccomandava di [non] restar mai fermo e di scuotere la sabbia; da principio ho provato un poco di difficoltà per movermi, ma, grazie a Dio, l’ho vinta e la sabbia passò sotto. Il temporale durò circa 20. minuti, dopo incomminciò [a] dimi- /215/ nuire e farsi chiaro. Restai stupito di vedere le mie casse sepolte con due palmi di sabbia sopra. Ho ringraziato Iddio di quell’ispirazione del resto ne sarei rimasto vittima. Il giovane più informato di me non faceva tanta fatica, egli moveva solo la testa e le spalle, dimodoche lo viddi quasi diritto con il busto e le gambe sepolti, le mani e la testa fuori; così gli altri. (1a)

calcoli sul modo di utilizzare questi deserti colle strade o coltivazione. Oggi quando penso a questo fatto comprendo la gran difficoltà di far canali di aqua, oppure strade ferrate in questi grandi deserti di sabbia che occupano grandi spazii nel centro dell’Africa, quali per altro sarebbero di gran necessità per civilizzare questo povero paese. La sabbia dei deserti non è pura silex, ma contiene del humus in quantità; per bagnarla con aqua dolce non si possono fare dei canali, ma si può portare aqua con dei grandi tubi, e bagnandola diventa terra vegetale; poco per volta moltiplicandosi la vegetazione si potrebbe col tempo ottenere lo scopo con grande vantagio.

Intanto i poveri camelieri hanno dovuto lavorare per dissotterrare le casse ed altri arnesi rimasti sepolti, e prima di tutto per scoprite l’aqua, di cui eravamo in gran bisogno dopo una simile catastrofe. Ottenuta questa, abbiamo mangiato un poco di pane dandone anche ad essi, e siamo partiti quando il sole stava per abbandonare l’orizzonte, per camminare una parte della notte, come abbiamo fatto.

rimproveri di un cameliere. [p. 345] camminando parlavamo della crisi passata, ed il Padre del ragazzo[:] io temeva molto di voi mi disse, perché non conoscendo voi queste cose potevate morire, come è arrivato ad altri, e per questa ragione io vi aveva mandato il ragazzo affinché si corricasse con voi dentro la vostra coperta, perché egli conoscendo molto queste cose, io sarei stato tranquillo, invece voi non l’avete voluto. Veramente il ragazzo era venuto [a] mettersi sotto la coperta, ma come era nudo mi ripugnava riceverlo e l’ho caciato via. Qualche volta l’innesperienza espone anche la vita dell’Europeo e rifiuta anche il vero consiglio; siccome però io aveva fatto questo con buon fine Iddio mandò il suo angelo ad avvertirmi per tempo, ancora un poco che avessi tardato sarei stato vittima [della sabbia]. In quel momento pensava al diavolo che Rafaele aveva legato poco presso in quei luoghi, e venne forze egli in persona a suggerirmi il buon pensiero.

viaggio nella notte;
mie liberalità.
/216/ Abbiamo camminato dalla sera sino a dopo mezzanotte, e prima che la luna ci abbandonasse abbiamo fatto stazione. Ho dato un biscotto con alcuni datili a ciascheduno, e mangiato anche io un biscotto con un poco di formagio, ci siamo messi a dormire sino al levare del sole. Come in quel luogo si trovava un poco di mimosi ho dato del Caffè, ed ho ordinato il caffè per tutti, e [e] mentre questo si faceva io dissi un poco di officio. Ho sortito quindi un biscotto per ciascheduno, quale io ho bagnato nel caffè, e mi bastò. Non ci bisognava più che due ore per arrivare al Wasis, dove si sarebbe trovato un poco di aqua, nella mattina ci siamo arrivati.

arrivo alla piccola fontana.
descrizione di essa;
i poveri bedovini.
Là ci bisognava molto tempo per trovare dell’aqua che bastasse per i cameli, e per aggiungerne un poco agli otri [p. 346] destinati per noi, per forza abbiamo passato la giornata e la notte. L’aqua era tanto poca che in un’ora appena se ne poteva racapezzare quanto bastava per abbeverare un camelo. Il pozzo era a tre metri di profundità, dei quali due metri erano sabbia, sotto di essa si trovava uno strato di pietra, la quale, bucata in mezzo [permetteva] una specie di traspirazione [e l’acqua] si raccoglieva nel buco di mezzo e si prendeva con una scodella. Il povero ragazzo dovette restarvi là dentro sino a notte per abbeverare i cameli e prenderne un poco per noi. Certamente quella non poteva essere una sorgente, ma doveva essere raccolta dall’atmosfera, motivo per cui, più l’atmosfera era calda, più ne sortiva, e di notte la sorgente quasi seccava. Vi si trovavano là due famiglie con alcuni ragazzi ed una quindicina di capre. Avevano qualche camelo e col camelo portavano dell’aqua da lontano, e la vendevano alle carovane scambiandola con del pane. Essi vivevano di latte di camelo e di capra. La loro casa era una pelle di vacca distesa sopra alcuni legni.

arrivo a Berber frontiera del Suddan;
quì incomminciano le pioggie della zona.
Partiti di là colla luna siamo arrivati la mattina del quarto giorno a Berbera città capo provincia residenza di un Modïr (dignità mussulmana corrispondente ad un nostro Prefetto), confine del Sudan non molto lontana dall’antica Meroe, situata sulle rive del Nilo. Dall’Egitto sino a Berbera non vi sono pioggie affatto. (1b) Quì incomincia [a] vedersi un poco di pioggia, la quale cresce a misura che si monta il Nilo, ed in Kartum le pioggie sono quasi come nell’Abissinia, e nella stessa stagione; solamente che nell’Abissinia, come paesi alti non vi sono febbri, ma nel Sudan vi sono febbri micidiali, perché paesi caldi. Come però a /217/ Berbera [p. 347] le pioggie non sono molto forti il clima è ancor buono. Presentemente in Berbera vi è una casa di missione fatta da Monsignor Comboni.

alloggio all’albergo;
il modïr di Berber è un copto rinnegato;
suo carattere.
Al mio arrivo a Berbera ho preso alloggio all’Okela (specie di albergo, dove non si da [d]a mangiare, si affitta una stanzetta e nulla più), e dato qualche mancia alle persone che mi hanno condotto, le ho congedate; il ragazzo però non voleva più andarsene; così per un giorno o due restò ancora il suo Padre e mi facevano da Servi. Prendendo informazioni sul paese, mi dissero che il Modïr era un Copto apostata fattosi mussulmano per aver un’impiego. Ho passato due o tre giorni senza vederlo e mi fece chiamare al divano (salone d’udienza); arrivato là, feci la mia riverenza e poi mi sono seduto, come facevano altri. questione col Modïr;
egli minaccia di farmi legare.
Egli stava scrivendo lettere per persone che le aspettavano, e scritte metteva il suo sigillo e poi le gettava per terra, e [non] lasciava mai avvicinare nessuno; era una persona d’una superbia tale che [non ne] ho mai veduto [una simile] in tutti quei paesi. Quando ebbe finito mi guardò con un’occhio da leopardo, e poi mi fece una famosa strapazzata minaciando di legarmi e farmi ripartire per il Cairo.

Io non rispondeva, e vedendo che non stava quieto mi sono alzato per sortire, ed egli mi fece ritornare; gli ho domandato cosa voleva, voglio legarvi, [disse; io] mi son messo a ridere, allora mi domandò perché non sono venuto subito a vederlo. Allora gli ho domandato cosa volevano dire tutte quelle impertinenze? egli mi domandò qual’era il mio paese, e gli ho risposto [che io] era italiano, dunque siete un ladro, tali sono gli italiani [concluse]. Allora gli dissi di essere un poco più [p. 348] moderato e rispettoso; ma io ho diritto di vedere le vostre carte disse; molto bene, ma notate bene che io sono forestiere, e non so il vostro diritto, ve le mostrerò, ma pagherete le conseguenze a suo tempo, risposi, e così dicendo gli ho posto in mano il firmano del Vice Re, e due o tre altre carte che aveva; allora cadde dalle stelle, e mi domandò perdono, ed io non ho risposto. Ho ritirato le mie carte, e salutatolo sono partito.

il Modïr mi fa una visita.
domanda la pace.
si fa la pace.
L’indomani venne egli stesso a farmi visita, ed invitarmi a pranzo, io l’ho pregato di procurarmi cameli, perché voleva partire. Tutti sortirono per farmi fare la pace, ma io gli dissi che nulla aveva con lui, ma che imparasse a rispettare il mondo, perché è [un tipo] troppo superbo. Come io era vestito semplicissimamente ed alla paesana tutti restavano storditi. L’indomani mi mandò tre cameli con persone per accompagnarmi; venne egli stesso con tutto rispetto; così sono partito promettendogli che nulla avrei detto al Pascià di Kartum.

/218/ prendo una forte purga, e buona dose di kinino;
parto da Berber.
Prima di partire da Berbera due giorni prima ho preso il decotto di tamarindo, cioè una libra di tamarindo brutto, tal quale si vende sul mercato, che molto mi ha purgato; il giorno dopo aveva preso 15. grani di kinino, perché entrava nei paesi delle febbri, ed eravamo solo sul fine di Settembre, la vera sua stagione. Io avrei dovuto restare a Berbera sino alla fine di Novembre per non prendere le febbri, ma mi avrebbe ritardato troppo la mia operazione, ed i missionarii dell’interno non vedendomi [a] comparire chi sà cosa avrebbero fatto, epperciò ho preso il partito [p. 349] di rimettermi a Dio, di prendere tutte le precauzioni che la prudenza mi avrebbe suggerito, e così andare avanti, senza timore. Da Berbera a Kartum avrei potuto andare sulle barche più commodamente e con minor spesa, ma in tempo che regnava il miasmo delle febbri ho voluto fuggire il fiume, e col camelo tenermi un poco lontano dal medesimo.

arrivo a Scendy capo provincia;
il Nilo pieno di cocodrilli.
Così il sesto giorno sono arrivato a Scendy grosso paese capo provincia, dove esiste un Bey ed una stazione di soldati egiziani. Scendy si divide in due come Parigi è diviso dalla Senna. Io aveva fatta la strada all’occidente del Nilo, ma tutte le autorità, ed i soldati stavano dall’altra parte. Il Nilo in questo luogo è pieno di coccodrilli, ed i paesani si guardano persino di lavarsi i piedi dentro il Nilo. nozze di giovani sposi nel ventre dei cocodrilli. Essendo là mi fu raccontata una storia tragica arrivata qualche tempo avanti: il figlio di un ricco mussulmano essendosi maritato, si facevano le nozze con gran solennità; la sposa con grande accompagnamento era arrivata; nell’ora dell’adorazione di mezzo giorno tutto il mondo era al fiume, il fucara condusse i due sposi al fiume, e s’innoltrarono un tantino per la prima purificazione di uso. da sotto aqua venne un coccodrillo prende la sposa per una gamba e scomparve, lo sposo si gettò per salvare la sposa e fu preso anche egli; così scomparvero tutti [e] due, e le nozze si cangiarono in pianto. (1c)

in questo stesso luogo un sacerdote nostro mangiato da cocodrillo in febbr. 1880 [p. 350] In questo stesso paese l’anno scorso 1880. quando io arrivava in Cairo venne una lettera di una carovana composta di tre sacerdoti e parecchie religiose di Monsignore Comboni partiva di Berbera, ed arrivata a Scendy uno dei sacerdoti che era prussiano, il migliore di tutti, lasciò tutta la comitiva per andarsi a lavare; lo viddero che sortiva dal fiume e si vestiva, e poi scomparve, ebbero ben la pena di cercarlo e /219/ non si vidde più; questo è un fatto recente arrivato sul principio di Febbrajo 1880. appunto a Scendy. avvisi ai viaggiatori. L’europeo [non] deve mai cimentarsi in luoghi che non conosce. Quando io arrivo in un paese domando sempre [informazioni], e non mi allontano dagli usi [locali]. In tutto il viaggio dal Cairo sino a Cartum io [non] sono mai disceso al fiume per bisogno che ne avessi di rinfrescarmi per causa dei cocodrilli, i quali non si vedono, ed arrivano da traditori.

un biglietto del console austriaco.
visita fattagli.
guerra finta di cavalli e cameli.
Trovandomi dunque colà fermò mi arrivò un biglietto del Console austriaco, il quale era venuto da Cartum con il Bey sopra una barca, ed avendo inteso che un’europeo era arrivato dalla parte opposta del fiume, mi scrissero un biglietto invitandomi [a visitarli]. Ho passato il fiume e sono arrivato là che il Console col Bey stavano facendo una guerra finta con cavalli e cameli; fù là che ho veduto (1d) questo spettacolo per la prima volta. Soldati sopra dromedarii che si battevano con [i] cavalieri. Quando mi scrissero, credevano che io fossi qualche europeo che conoscevano, ma poi vedendomi così mal vestito mi fecero qualche complimento, ma poi non si disturbarono gran cosa per me. incontro con Fatalla Madrus;
incombenze a lui.
Si trovava colà con loro [p. 351] un certo Fatalla Mardrus di Cairo il quale nel 1846. trovandomi in Caïro mi fece molti servizii, ed io lo amava molto per la sua abilità, essendo egli che mi cangiò tutta la moneta in talleri; discorrendo con lui non mi conobbe, ma io lo conobbi, egli mi diceva che era venuto ad accompagnare il Console ed il Bey, ma che doveva ritornare a Cartum colla barca, mentre il console col Bey dovevano andare a fare una piccola guerra, mi invitò a andare con lui sulla barca, dicendomi che egli restava coi missionarii. Io gli ho risposto che avendo i cameli già pagati non mi conveniva lasciare [questi], ma la ragione era piuttosto che io non voleva espormi ad essere [ri]conosciuto. Così ho mandato i miei saluti ai missionarii, esternando il desiderio di restare anche io alla missione: gli pregava in caso contrario di cercarmi una casa. Così intesi, io ho ripassato il Nilo e sono entrato in casa, dove mi aspettava la compagnia mandata dal Modïr di Berbera.

Dissi a questi, che se voleva partire vi era una barca che ritornava a Cartum, ed acettò; l’uomo del Modir di Berber parte per Kartum con Fatalla. gli feci un biglietto [da recare] a Mardrus: nel caso /220/ direte al governatore di mandare qualcheduno a prendermi sulle sponde del fiume bianco, e così lasciato un’altro che mi accompagnasse se ne partì passando il fiume.

lo poi sono partito l’indomani per Cartum, sempre tenendo una strada un poco lontana dal fiume, dove i miasmi della febbre sono più forti. Nei primi giorni dopo il mio arrivo a Scendy ho ripreso una seconda volta [p. 352] il decotto di tamarindi, e l’indomani il kinino per assicurarmi, perché appunto l’europeo venuto d’europa di recente in questa stagione è per lo più vittima di questa febbre. il padre Giusto da Urbino alcuni anni dopo morto in Kartum
[21.9.1856].
qualità della febbre di quei paesi;
di 15. che eravamo noi quattro giovani sono morti nel 1880.
avviso agli europei che vengono.
Sei anni dopo il P. Giusto stato caciato d’Abissinia, andato a Roma, di ritorno è stato colto in Cartum e la prima febbre lo portò via. L’europeo arrivato in Kartum trova una citta abbastanza grande con tutte le commodità di Cairo; non pensa che si trova sull’orlo del suo sepolcro, e non si cura di prendere le debite precauzioni, perché nei primi giorni si trova sempre bene fino a tanto che il virus della febbre abbia preso possesso; poi all’improvviso gli salta addosso, e se per disgrazia ha lo stommaco un poco ingombrato da subito al cervello, si fa la congestione e more anche in 24. ore; se poi lo stommaco è più libero, dopo tre giorni minacia di passare in tifo, ed arriva sino agli otto giorni. Al momento che scrivo sono circa cento individui che io ho conosciuto, parte personalmente, e parte per relazioni, [che] hanno tutti finito in questo modo. Ancora l’anno scorso con me siamo sortiti 15. dall’Abissinia, tre missionarii, e 12. giovani, grazie a Dio 11. siamo sortiti camminando con gran cautela, abbiamo tutti preso la febbre, ma i quattro più giovani meno cauti sono morti, due in Gadaref, e due dopo. (1e)

esortazione spirituale al missionario del Suddan. Il missionario che parte dall’Europa così prevenuto, parte facendosi il merito di mezzo martirio, ma, regolandosi bene, se salva la sua persona, al martirio suddetto, aggiungerà ancora il merito dell’apostolato che si deve contare come un martirio di tutti i giorni, guadagnerà delle anime, [p. 353] e servirà alla Chiesa pagando per essa un gran debito, quello di evangeizzare anche il Suddan uno dei paesi [i] più difficili, appunto in questo senso, perché micidiale; poiché del resto è paese sicurissimo.

/221/ partenza da Scendy;
viaggio lungo il Nilo.
Partito da Scendy, io teneva le rive del Nilo, dove si vede una bella vegetazione, e siccome eravamo sui fine di Settembre il fiume era ancora abbastanza pieno, ed a nostra sinistra ancora esistevano dei stagni di aqua, e di quando in quando i cocodrilli al nostro passaggio fuggivano nell’aqua. arrivo a Kartum
[3.10.1851].
incontro di Fatalla col p. Pedemonte, e della guida d[i] Berber.
Mentre noi camminavamo sui cameli, la barca di Mardrus che passava ci salutò; noi non potevamo arrivare prima di sette giorni, ma Mardrus in due giorni poteva arrivare a portare la notizia del mio arrivo. Difatti noi siamo arrivati tre giorni dopo di loro. Appena abbiamo avuto il tempo di sederci sulla riva del fiume bianco dall’altra parte già venivano dalla città persone ad incontrarci, era il P. Pedemonte con Mardrus, e la guida di Berbera era già là a portarmi il benvenuto del Governatore. Mardrus colla guida s’incaricarono di far portare tutto alla Missione, ed io col P. Pedemonti camminavamo avanti.


(1a) Dopo questo fatto non ho più avuto bisogno che qualcuno mi spiegasse la ragione per cui, in tutta la strada di quel deserto, non si vedeva altro che schelletri di uomo, di camelo, di asino, e simili; erano tutte vittime di simili casi, sepolte e scoperte da simile oragano. Molto più difficile spiegare la natura fisica di simili oragani; non sarebbe per aventura una corrente elettrica? [Torna al testo ]

(1b) Berber e non Berbera; è questo un mio errore: io confondo soventi Berbera mercato e porto sopra il litorale orientale nello stretto di Aden, con Berber cioè sopra il Nilo [alla] frontiera nord del Sudan. [Torna al testo ]

(1c) era quella una storia popolare di quel paese, della cui realtà io non posso risponderne, ma se non altro serve mirabilmente a mettere in guardia il publico, tanto indigeno che straniero sul pericolo del cocodrillo in quei luoghi. Il viaggiatore deve sentire tutto, e tutto calcolare a proprio vantagio. [Torna al testo ]

(1d) Dico veduto per sentito, quando io sono arrivato ho incontrato il Bey col Console che arrivavano dalla scherma, e tutti parlavano del valore relativo tra il dromedario, ossia camelo di sella, ed il cavallo. Fù là pure che ho veduto la primo volta la sella del dromedario fatta con gran lusso, della quale 25 anni dopo ne ho parlato molto al Re Menelik in Scioha, dove sarebbe stata a desiderarsi [che fosse adottata] per i corrieri, ed anche per la guerra coi denakil. [Torna al testo ]

(1e) Oggi 30. Marzo 1884. ripassando questo mio manoscritto per la stampa, a tutte le vittime suddette potrei aggiungerne un’altra quantità trà missionarii e monache. Fra questi il mio caro amico, anzi figlio, Monsignor Comboni Vicario Apostolico dell’Africa centrale, il quale due anni sono si trovava in Roma, e passava con me qualche giorno in Frascati alla Rufinella, Tutte queste sono [rimaste] vittime, sempre dello stesso miasma di Kartum; credo che bastino per rendere gli europei avertiti. Oggi colà il Maddi sta per conquistare quella città all’islamismo, di cui si proclama profeta riformatore. [Torna al testo ]