Vol. 2 Missione galla
I periodo
1852 – 1859

/7/

1.
Nel vicariato apostolico dei Galla
dopo sei anni di tentativi.

Partito Giovanni Bell’ io ho pensato di accelerare a tutta possa la mia partenza pel Gudrù, onde mettermi in sicuro, [p. 557] da ogni velleità del Ras, benché in quel momento avesse ben altro da pensare che a me. partenza da Zemiè il 21. novembre
[1852]
A forza di dire, a forza di pregare Workie Jasu, finalmente arrivò il giorno desiderato, era il giorno della presentazione di Maria SS. al tempio, corrispondente alla festa mensile di S. Michele 12. Eddar nel calcolo abissino. La nostra carovana contava dieci persone, cioè io ed Abba Fessah, i due giovani servi Berù e Morka, ed i cinque proseliti venuti con me dal Beghemeder, e la donna [addetta alla cottura] del pane. Le proviste si erano di molto moltiplicate, perché P. Cesare stava ancora qualche giorno a Basso-Jebunna a questo scopo.

passo il fiume;
dico il Te-Deum;
vesto da monaco;
salita del Gudrù;
stupore di tutti.
Partiti la mattina con una scorta di Workie Jasu da Zemmiè siamo arrivati al fiume dopo le dieci, e già ci aspettava colà il povero Zallaca per passare con noi. Io ho passato il Nilo sostenuto ad un’otre gonfio legato allo stomaco, e guidato da due buoni nuotatori, fra gli altri dal mio Zallaca, che in quel tempo mi calcolava come suo Padre. Appena arrivato dall’altra parte, e si aggiunse Abba Fessah, mi sono vestito da monaco abissinese, e recatoci in un angolo un poco separato con alcuni giovani, abbiamo detto il Te Deum con alcune altre preghiere di ringraziamento.

Finito di passare le persone ed il bagaglio abbiamo allestita la nostra carrovana, e siamo partiti. La salita era ancora abbastanza lunga per arrivare al primo piano del Gudrù, dove arrivati ci siamo riposati un poco. arrivo alla casa di Workie;
prima Messa nei paesi galla;
attività dei nostri giovani
Abbiamo quindi camminato ancora tre buone ore per arrivare alla casa di Workie Jasu, dove pensavamo [di] rimanere un giorno per celebrare la pri- [p. 558] ma Messa nei paesi Galla, coronata di alcuni proseliti. Appena arrivati Morka coi suoi nuovi scuolari si misero con tutto l’impegno a cercare e preparare una capanna conveniente a questo /8/ scopo; colle mani lavoravano con Marta all’occorrente della funzione, e dietro Maria preparavano il loro cuore.

Tutti quei poveri giovani staccati dai loro genitori con motivi precarii, hanno creduto sempre di seguire un mercante, e passato il Nilo si accorsero di trovarsi con un Prete, e forze più [ancora] di trovarsi con un Vescovo. Io credeva che, arrivati a Basso, la piu parte avrebbe cercato di rimanervi, e prepararsi poco per volta al ritorno alle loro famiglie; invece presero la via di Zemmiè, e neanche pensarono a Basso. Restarono in Zemmiè due mesi senza sapere dove eravamo per andare, e non diedero il menomo segnale di pensare ad altro. Arrivarono ai paesi Galla, ed erano felici di pensare alla loro confessione generale tanto sospirata.

stupore di Workie al sentire la mi[a] trasformazione. Il più che rimase stordito è Workie Jasu la sera, quando ritornando dal Nilo tutte le persone da lui mandate per assistere al nostro passaggio, sentì che il Signor Bartorelli ha lasciata la pelle di mercante come la cicala, e si è trasformato in abuna Messias. Sentito ciò decise subito di venire egli stesso in Gudrù per vederlo, e raccomandarlo ai suoi amici. Difatti venne otto giorni dopo, appena noi eravamo stabiliti in Gudrù, [p. 559] nella casa provisoria che ci diede Gama Moras, benché egli non restasse in casa nostra, ma bensì nella casa del suddetto nostro nuovo Padrone.

confessione generale;
volevano farla publica;
dubj sul battesimo;
sul modo di amministrarlo.
I nostri giovani non mi lasciarono più tranquillo fino a tanto che fecero tutti la loro confessione generale, sperando di fare la S. Comunione, ma io pensando al loro stato di neofiti, ho deciso di darla solo ai due più antichi[:] Berù e Morka, e lasciare gli altri cinque nel loro pio desiderio. Per loro vi era la questione della validità del loro battesimo ricevuto nell’eresia, questione che ogni giorno più prendeva nella mia pratica convinzione delle proporzioni da spaventarmi. Nel caso di doverli ribattezzare bisognava riflettere sul modo di farlo, e più ancora sul modo di farlo conoscere, per tutte le conseguenze esterne e publiche da calcolarsi; furono perciò non poco afflitti al sentire che la comunione si sarebbe ritardata per loro.

celebrazione della Messa;
comunione di alcuni;
desiderio di altri;
esortazione.
L’indomani ebbe luogo la S. Messa con tutta la solennità possibile in quel luogo, ed in quelle circostanze, assistendo in cotta il solo Abba Fessah. Quando i cinque giovani ultimi suddetti viddero Abba Fessa[h], Berù, e Morka [a] comunicarsi, mentre essi ne erano privi furono molto in pena, ma io ho fatto un’allocuzione, nella quale ho detto loro, che nostro Signore aveva veduto con molto piacere il loro desiderio di unirsi [a] lui nella S. Comunione; ma che egli faceva loro sapere come /9/ da tutta l’eternità [p. 560] egli pure l’aveva desiderato, e bramava per questo che anch’essi si esercitassero in questo desiderio ancora per qualche giorno, essendo avanti [a] Dio il desiderio un grande atto da lui amato. La funzione fu semplice, ma tanto più commovente.

arrivo all’alto piano del Gudrù;
ricevimento fattoci da Gàma-Moras;
diverso dall’Abissinia.
L’indomani in meno di tre ore siamo arrivati all’alto piano del Gudrù, dove già ci aspettava la casa di Gama Moras. In Abissinia si ricevono i forestieri un poco distinti presentando una pelle per sedersi per terra, ma fra i Galla invece si presenta subito una sedia, semplice bensì, ma solida, ed anche abbastanza propria; ciò per lo più all’aperto, perché non si entra in casa che per mangiare. Dopo si distribuisce un corno di birra, oppure di idromele alle persone distinte. Le donne sono per lo più invisibili da principio, e non si vedono che quando il forestiere entra in casa per mangiare.

zelo dei giovani per organizzare la cappella provvisoria;
Gama ci da il necessario per alcuni giorni.
Dopo una breve conversazione il forestiere è condotto alla sua capanna, o casa se si vuol dire, dove si aggiustano i letti per dormire. La capanna principale assegnataci, benché grande, pure in proporzione della famiglia era troppo piccola, tanto più che si dovette dividere con delle cortine per darne una parte a Dio e farne una cappella. I giovani nostri, appena entrati si misero subito in movimento per sistemate ogni cosa.

Come la casa mancava di tutto, per quattro o cinque giorni Gama Moras ci diede il pranzo e la cena per tutta la famiglia, ma poi poco per volta fu necessario fare le nostre provviste, e pensare a mantenerci.

abba Fessah deve ritornare;
penso alla sua ordinazione;
complicazioni a ciò.
[p. 561] Frattanto moltiplicandosi il movimento di guerra, e minaciando le strade di chiudersi per il ritorno del P. Fessah, fu forza pensare a lui per spedirlo al più presto. Il Signor Biancheri nella sua lettera mi pregava solamente di metterlo in regola come ordinato dal Vescovo Salama per saltum dandogli il sacerdozio senza fargli precedere il diaconato; ma secondo me la questione era ben più complicata di quanto pensava ii Signor Biancheri.

Prima di tutto si affaciò alla mia imaginazione la questione sulla validità del battesimo, dopo i particolari esami da me fatti. Posta questa invalidità, era questione d’incomminciare dal battezzarlo, poi confermarlo, e poi in pieno ordinarlo. Questo mio dubbio era talmente fundato che poi Iddio stesso qualche anno dopo sollevò la questione, e fece sì che sortì l’oracolo di Roma di ribattezzare tutti sub conditione.

dubbio sulla validità della sua ordinazione;
motivi gravi per ciò.
Dopo questo dubbio, dietro l’esame fatto sulla ordinazione fatta dal Vescovo eretico Salama, sortì un’altro dubbio fundamentale, ed era sulla validità dell’atto come umano-morale fatto dal Vescovo suddetto, ed /10/ eccone due motivi. 1. nell’incomminciarsi l’atto liturgico dell’Ordinazione, il compagno di Salama non trovando questo atto nel libro Pontificale Copto, Salama disse queste precise parole in collera = cosa cerchi? tutto è buono, fosse anche il [rito del] matrimonio = ciò detto, aperto il libro [p. 562] come viene viene, procedette [leggendo quanto scritto] là sopra. Il secondo motivo poi che confermava questo era che Salama fatto p[r]otestante, senza nessuna abjura, fu fatto vescovo essendo protestante vero razionalista, il quale [non] credeva un bel nulla, come egli stesso era solito dire ai suoi amici.

dubbi sulla condotta di abba Fessah. Un terzo dubbio vi sarebbe stato sulla persona dello stesso ordinando. Abba Fessah entrò giovinetto alla casa di Salama, e ricevette là tutta la sua educazione, restando parecchj [anni] come paggio di questo vescovo Protestante, (molti anni dopo, come esso diceva poi ai compagni, complice...) nel mio giudizio pratico sarebbe stato meglio soprasedere, mettendo questo giovane nel deposito dei neofiti, ed aspettare segni più certi; (1a) ma in ciò io non era giudice competente in pochi giorni di viaggio con lui. Avrei avuto diritto di rifiutarmi, ma non potendo sempre persuadere gli assenti tanto facilmente, in ciò mi sono rimesso [a loro].

Bisognava dunque venire alla risoluzione della questione, e risolta questa per l’affermativa, bisognava pensare all’esecuzione di tutto. Monsignor Biancheri nella sua lettera mi diceva che non era il caso di altro, se non che dare il Diaconato; ma anche quì vi erano delle difficoltà. Io era autorizzato da Roma di ordinare gli etiopici in rito latino sub conditione permanendi in ritu etiopico. Il rito latino non permette di dare il Diaconato senza gli ordini precedenti; epperciò per questa sola ragione io doveva incomminciare dalla Tonsura. Dietro molte conferenze fatte in Egitto con Monsignor Teodoro Abukarim, mi ricordava di aver sen- /11/ tito [affermare] [p. 563] che i riti orientali, i quali hanno ridotto l’ordinazione al solo Diaconato, contengono in questo le forme essenziali di tutti gli ordini precedenti riconosciuti dalla Chiesa. Senza pretendere un giudizio definitivo sulla verità suddetta, trovandomi io in pratica obligato ad ordinare in rito latino, non vi era dubbio di dover dare tutti gli ordini precedenti del Diaconato, perché certamente la Chiesa nel rito latino, ne dà, ne intende [di] dare in globo tutti gli ordini precedenti amministrando il solo Ordine del Diaconato

mi risolvo di ordinarlo incomminciando ab ovo; Io perciò ho creduto bene d’incomminciare ab ovo, dando il battesimo, poi la Cresima, sub conditione; quindi amministrare i sei ordini con forma assoluta, come certamente non ricevuti. Finalmente amministrare il Presbiterato sub conditione in tutto ciò che si usa considerare come forma essenziale di questo Ordine. Così ho creduto bene di fare, e così difatti ho operato.

ordinato che fù partì accompagnato da una mia lettera. Finito questo ho fatto partire Abba Fessah, accompagnato da una mia lettera di risposta al Signor Biancheri, nella quale, senza entrare in tutti i detagli suddetti ho rilasciato dichiarazione formale di avere rettificato l’ordinazione manca[ta] di Abba Fessah, facendo tutto ciò che la prudenza mi dettò di dover fare in Domino.

ordini per la preghiera e catechismo mattina e sera. Appena arrivati in Gudrù la missione incomminciò subito il suo ministero; già stava preparato un sufficiente materiale in lingua Galla contenente le preghiere [p. 564] del mattino e della sera, unitamente ad un catechismo sul mistero dell’unità e Trinità di Dio, sull’incarnazione del Verbo, sul decalogo, e sopra i Sacramenti. Catechismo molto breve, ma sufficiente da principio per preparare un neofito al battesimo. Tutto questo mattina e sera [non] si lasciava mai [d]alla famiglia; quando io poteva aggiungeva sempre ancora un poco di spiegazione di qualche punto in particolare, e qualche esortazione pratica, o fervorino. A misura che si andava avanti alle persone della casa si aggiungevano ancora sempre alcuni della casa di Gama Moras, e delle case vicine.

A misura che la missione prese piede, questo diventò un’ordine ed un punto di disciplina inviolabile per tutte le case della missione non solo, ma col tempo una specie di osservanza per il missionario, anche in viaggio, anco[nco]rché non si trovasse altro che egli solo e qualche compagno o servo che fosse. un catechista di guardia per istruire tutti quelli che vengono a qualunque titolo. Nelle case poi un secondo punto di disciplina inviolabile era quello che un’allievo qualunque, come catechista, dovesse restare sempre disposto a ricevere il forestiero, o qualunque persona che si accostasse alla casa, sotto qualunque titolo, o pretesto, di trattenerlo sopra un qualche punto del catechismo suddetto, in qualsiasi /12/ modo possibile in prattica, e ciò per soddisfare al debito della missione verso l’apostolato del popolo in detaglio. Era questo uno dei doveri, imposto ai nostri giovani di casa per turnum, sine qua non.

Gama Moras, come si disse già, dal primo giorno aveva dato una casa provisoria, composta di una capanna abbastanza grande, nella quale esisteva un’altarino provisorio, separato però da tendine, [p. 565] dove si diceva la S. Messa, a cui assistevano le persone di casa; quindi si facevano in essa le preghiere della mattina e della sera, ed a suo tempo si faceva il pranzo e la cena. O[l]tre [di] questa capanna, esistevano due altre piccole capanne, una per la cucina, e per il pane, dove rimaneva la vecchia donna, con una sua compagna provisoria che Gama ci diede, un’altra capanna poi per restare i giovani e dormirvi la notte.

Gama-Moras assegna un terreno e si incomminciano le costruzioni;
gran zelo in esse.
Oltre a tutto provisoriamente Gama Moras ci assegnò un terreno non troppo lontano, ne troppo vicino, dove si dovevano costrurre per l’avvenire sia una cappella, siano tutte le altre case ed officine della missione. A tale effetto furono destinati Berù e Morka, incaricati di comprare tutto il necessario per le costruzioni suddette, e di cercare persone che ajutassero al uopo. Tanto fù il zelo di tutti i giovani della casa, e di alcuni vicini, che in pochi giorni si viddero quasi radunati tutti i materiali di costruzione; Gama Moras stesso si prestò molto massime per i trasporti, e per le costruzioni, operazioni che domandavano molta gente.

A Natale abbiamo potuto celebrare la S. Messa nella nuova Cappella, e prima che terminasse il mese di Gennajo la casa tutta poté installarsi nel nuovo recinto della missione.

Workie Jasu viene;
a lui grandi feste.
grandi inviti al Gudrù;
parlata di Workie in favore della missione.
Ritornando ora sui nostri passi, dopo otto giorni dal nostro arrivo venne da Zemmiè Workie Jasu per vedermi, ed il Gudrù lo ricevette con grandi feste. Con questa occasione Gama Moras fece grandi inviti delle persone distinte del Gudrù per farmi conoscere; Workie Jasu, come persona [p. 566] quasi del paese, alla presenza di tutta quella moltitudine prese egli la parola e fece una vera predica: egli incomminciò a raccontare minutamente la storia mia di Zemmiè, in forma di romanzo, [e] tanto si riscaldò sino a perdere la voce; si congratulò col Gudrù dell’aquisto [fatto], e finì con delle profezie, delle quali una parte si verificarono. Sotto la pressione dell’entusiasmo di Workie Jasu, la missione del Gudrù parve un momento tutta inghirlandata di rose. Ma [di]sgraziatamente le rose non sono senza spine.

Diffatti mentre eravamo tutti nel più dolce trasporto delle più belle speranze, due fatti vennero ad intorbidare la nostra festa. corriere venuto da Zemiè;
Degiace Gosciò è morto
[27.11.1852];
Workie è richiamato.
Un corriere /13/ venuto dal Gogiam richiamava Workie Jasu a Zemmiè al più presto possibile per gravi avvenimenti politici succeduti che avrebbero cangiato d’aspetto le sorti dell’Abissinia. Degiace Gosciò, uno dei più valorosi generali di Ras Aly, e gran protettore di Workie Jasu, essendo andato alla testa di un’armata del Ras per combattere Degiace Kassà, fù ucciso in guerra, e quasi tutta l’armata fatta prigioniera di guerra. Le conseguenze di questo gran fatto si vedrà[nno] in seguito.

il fratello adottivo di Gama si dichiara contro la missione. Il secondo fatto che venne ad intorbidare la nostra gran festa fu per parte di un fratello adottivo di Gama Moras per nome Kiggi, [il quale] non solo ricusò di prendere parte a tutte queste dimostrazioni in favore della missione, ma fece una specie d’invito di tutti i mussulmani del paese per organizzare una dimostrazione contro di noi, e della missione.


(1a) Questo individuo ritornò ai paesi Galla nel 1858. Quando io sono partito per Kafa, per non lasciarlo solo in Lagamara l’ho preso con me; nel 1859. trovandomi in Ghera ho azzardato a lasciarlo in Ghera provisoriarnente per custodire quella fervente missione nella mia partenza per Kafa. Avendo dato colà gravi scandali, ho dovuto farlo partire. Nel 1861. esiliato io da Kafa, e venuto a Lagamara l’ho preso con me nel mio viaggio in Gudrù e quindi alla costa coll’intenzione di lasciarlo in Tigré e sgravare così la missione di questo individuo pericoloso. Passando in Gogiam ha tradito [e] mi accusò al Principe Tedla Gualu di convivenza [con la polirica] di Teodoro, e fuggito ritornò in Gudrù; di là a Lagamara, dove si dichiarò Galla; venne di notte coi i ladri a [de]rubare la Chiesa. I Galla stessi lo legarono e stette legato due anni. Mentre io era in Europa finse conversione tale che Monsignor Cocino credette [di] doverlo rimettere all’esercizio del ministero, nel 1875, Monsignore Cocino essendo andato a Kafa per la morte del P. Hajlù, lo prese con se; colà fece mangiare il pane di dolore a Monsignore Cocino. Dopo la morte di questo spiegò bandiera di scisma; i cristiani prorestando[si] contro, lo stesso Re di Kafa lo condannò; Oggi si trova in questo stato, benché già vecchio. [Torna al testo ]