/24/

3.
Ospiti al podere della «ghebrècio».
Conferenze, notizie, preghiere, penitenze.

la partenza dalla prima porta. L’indomani sul tardi arrivò finalmente la parola del Re col mezzo di una deputazione composta di alcune [gran] grandi persone [p. 726] le quali mi portarono i complimenti di Sua Maestà di Tatu (re) di Kafa, significandomi nel tempo stesso il giorno in cui egli sperava di vedermi e conoscermi personalmente. Più della metà della carovana non essendo ancora accostumato a mangiare il pane di Cocciò, dalla vileggiatura reale vicina avevano portato un poco di pane di durra, o meliga rossa, mal fatto, perché Kafa non sa fare il pane di grani, non mangiando altro che Cocciò, tuttavia col latte, e colla carne si aggiustarono. Lo mangiarono, e poterono nutrirsi sufficientemente bene. Dopo il pranzo siamo partiti colla pioggia, ed a misura che ci innoltravamo nel paese la pioggia si rendeva quasi continua, e le strade erano perfide. Andare a piedi era come impossibile, e camminare sul mulo, questi anche minaciava [anche] ogni momento di cadere. In Ghera le pioggie incomminciarono [a] diminuire sul principio di Settembre, e quando siamo partiti le strade incomminciarono [ad] essere praticabili, ma in Kafa le pioggie erano ancora nel loro forte.

mia dichiarazione. Dal momento che un forestiere è entrato [per] la prima Porta del regno di Kafa, egli si trova in un paese affatto nuovo in tutto l’alto piano etiopico da Massawah sino a Kafa. Paese nuovo per la sua lingua, nuovo per la sua vegetazione, nuovo per la sua società, per il suo governo, per i suoi costumi, nuovo per le sue strade, per le sue distribuzioni topografiche, [p. 727] nuovo per le sue pioggie straordinarie, per i suoi prodotti, per il suo modo di nutrirsi, e nuovo in tutto. Quando sarò stazionario in qualche luogo nella mia descrizione storica, sarà indispensabile dare un’idea particolare di tutte queste cose per far conoscere quel paese, e spero [di] poterlo fare, almeno imperfettamente per quanto mi sarà possibile dopo la perdita di tutte le mie memorie. Ora sareb- /25/ be una digressione troppo lunga alla storia che mi occupa, epperciò senza trattenermi in specialità, facio ritorno al nostro viaggio.

arrivo alla seconda porta. Partiti verso mezzo giorno dalla porta ovest di frontiera, dopo quasi tre ore di viaggio orrido per la pioggia, e per il fango siamo arrivati ad una seconda porta, la quale da ingresso alla Provincia di Bonga, porta poco presso del sistema della prima, ma meno forte, sia nella sua costruzione, sia nei suoi fossamenti laterali, e sia ancora nella quantità delle guardie, e formalità d’ingresso. Passata che ebbimo questa porta, poco lontani dalla medesima, siamo entrati in una vasta proprietà appartenente alla Ghebrecio, impiego, in quel tempo, tenuto dalla madre dello stesso Re. Ghebrecio è un’impiego tenuto sempre da una gran matrona della corte. La Ghebrecio è alla testa del servizio comestibile di tutte le case reali. [p. 728] Essa mantiene lo stesso Re, le sue mogli, i suoi figli, tutte le persone di servizio interno di tutte le case reali, ed i forestieri diretti al Re, e mantenuti a spese della corte. Possiede perciò delle proprietà in tutte le provincie del regno. Dove siamo entrati noi era una di queste grandi proprietà sotto l’amministrazione della Ghebrecio. Entrati là, abbiamo avuto due o tre case con un cortile a parte più che sufficiente per ritirare tutte le nostre persone. la seconda notte. una mandra di schiavi. Là dentro vi era una vera mandra di schiavi e di schiave ed una grande libertà. Ho detto subito ad Abba Hajlù e ad Abba Jacob di sorvegliare che la porta del cortile fosse chiusa, e nessuno entrasse; allora Abba Jacob, il quale conosceva già molto il paese e la lingua, mi disse di restare tranquillo: per rapporto ai schiavi maschi non vi era pericolo affatto, perché Kafa in questo è molto differente da tutte le altre corti mussulmane dei principati galla. Solamente era necessario [di] sorvegliare le schiave affinché non entrassero: questa, disse, è una vera mandra di schiavi maschi e femmine, a misura che qualcheduna diventa madre dichiara chi è il marito, gli danno un terreno, e così diventa un colono del patrimonio reale; in difetto, quando non si uniscono sono venduti ai mercanti; per questa ragione sono perfettamente liberi.

difficoltà per il matrimonio dei schiavi. Il matrimonio dei schiavi è una grande difficoltà per l’apostolato, appunto perché ben soventi in una casa ristretta, dove vi sono pochi schiavi due persone si uniscono per impeto di una passione momentanea [p. 729] senza precedenti simpatie; nascono figli da queste unioni, e si considerano come maritati. Quando viene il momento di battezzarli e maritarli cristianamente si tro[va] poi un bivio che imbarazza non poco il missionario: si trova che non si amano, e quando si arriva ad analizzare l’unione si trova che è stata fatta come per forza, la moglie per liberarsi da uno stato incerto di una continua prostituzione in casa, /26/ il marito per non aver trovato altra donna in casa di suo genio, e così il matrimonio naturale precedentemente supposto viene messo in dubio, ed allora il missionario trova degli imbarazzi anche per battezzarli. Io ho veduto in pratica questa difficoltà nella mia casa medesima, quando ho voluto mettere in regola i schiavi che vi erano sopra i terreni dati alla missione. Questo inconveniente accade più difficilmente frà i schiavi di grandi case, dove vi sono grandi quantità di schiavi; allora tutti i schiavi nubili dei due sessi sono occupati in un luogo solo, allora la donna non lascia avvicinare quello che non è di sua simpatia, ed una volta uniti, le unioni sono più simpatiche, e riescono meglio per il caso di farli cristiani, ed anche per la loro famiglia a beneficio anche dei padroni.

prima predica in famiglia. Vedendo che il luogo si prestava ho incomminciato la sera [a] parlare più direttamente alla mia famiglia in una conferenza che ho fatto. In quel luogo avrei potuto celebrare la S. Messa, ma sgraziatamente mancavamo di vino per la medesima[.] Già da molti anni eravamo privi di vino d’Europa per le Messe e ai celebrava col vino di zebibo, e per farlo il viaggio [p. 730] si prestava molto poco. Figli miei, dissi alla famiglia, voi sapete la ragione per cui Iddio mi ha chiamato a Kafa. Io aveva mandato degli apostoli per annunziare il regno di Dio a questa povera gente ancora pagana. Voi sapete come il diavolo si è impadronito del cuore dell’apostolo da me mandato, ed è inutile che io ve lo nasconda, perché lo sentite qui tutti i giorni, e dalla bocca di tutti. Figli miei, sono tre anni di lacrime che conto già a questo riguardo, e che lavoro per arrivare qui e salvare questo mio figlio traviato; eccomi oggi qui sul campo di battaglia, disposto a vincere o morire. Dopo mille promesse, ancora il diavolo non lascia di lavorare per impedire il ritorno di questo mio figlio caduto nel lacio, e voi sentirete che invece il diavolo vorrebbe cogliere ancora me stesso, epperciò anche voi. Oh mio Dio! o rendetemi questo povero disgraziato mio figlio, o prendete me; mio Dio! per parte del suo peccato, dopo il sangue di Gesù, col suo eccovi anche il mio. Ieri ho già incomminciato l’opera d’espiazione, e non la lascierò più sino alla completa vittoria, Per carità, lo stesso raccomando a voi tutti; io prego e voi pregate, io piango e voi piangete con me, io batto me stesso per ottenere la salute dell’anima sua [p. 731] e di questo povero popolo ingannato sempre; spero che voi, figli miei, non Iascierete di seguirmi sul campo di battaglia, dove ci aspetta o la vittoria, oppure la morte. A questo mio linguagio si sollevò un grido di tutta la famiglia, oh Padre! dissero tutti ad una voce, o morte con voi o viveremo con voi, e col P. Cesare convertito.

/27/ Ciò fatto, io era molto commosso, e tutta la famiglia era costernata, epperciò ho lasciato tutti e mi sono ritirato lasciando Abba Hajlù alla testa dei giovani. Gabriele mi seguì alla mia piccola casetta. notizie raccolte da Gabriele. Questo giovane, accostumato alla corte, e molto furbo, creduto ancora mussulmano dagli stessi Lemy di Ghera ha potuto raccogliere [delle] notizie, come persona non sospetta, che noi non potevamo sapere, e veniva mandato da Abba Hajlù per riferirmi tutto ciò che aveva sentito. Padre mio, disse, oggi ho parlato con due persone, una della corte, ed un’altra della casa stessa del P. Cesare, mandato per sentire ciò che si dice qui. Il P. Hajlù mi aveva posto a custodire la porta; e queste due persone avrebbero voluto entrare, ma io gli ho proibito. Ho parlato con loro a lungo: alla casa del P. Cesare jeri tutti i parenti della moglie hanno passato la sera in conferenza. Il P. Cesare era molto malinconico, la sua moglie era furiosa. Dal giorno che noi abbiamo passato il fiume [p. 732] il P. Cesare non ha più passato la notte colla sua moglle, ma la passava con questo schiavo suo fido. I Lemy poi hanno raccontato al Re tutte le storie di Ghera, tutti i tentativi fatti da Abba Magal delle donne da voi caciate, e persino dei suoi giovani mandati per tentarvi, ma che tutto fu inutile; che tutti i Bosassi l’hanno ascoltato, e che perciò l’affare era ben tutt’altro. Il Re perciò ha perduto la speranza di maritare anche voi. Presentemente cosa abbiano deciso non si sa ancora. Probabilmente domani passeremo ancora il giorno qui. Io ho raccontato a tutti [e] due che voi fate grandi penitenze, vi flagellate e piangete per il vostro figlio perduto. disciplina Ciò udito gli ho domandato se aveva preparato la mia cara sposa del giorno avanti, mi disse di sì, e mi aggiunse che ne aveva preparato anche per se se io gli permetteva; allora gli ho dato la mia disciplina con ordine di battermi senza misericordia, e mi ubbidì con qualche ripugnanza; poi presi io la sua disciplina e diedi a lui cinque colpi soli in onore delle cinque piaghe, proibendolo di darsele da se. Le urtiche poi saranno per prima di dormire [dissi].

una conferenza. Dopo gli feci una lunga conferenza in risposta delle cose dettemi la sera avanti. Caro mio, dissi, il fatto del prete P. Cesare ci insegna a tutti due cose. Tu credevi di essere libero dalle tentazioni dopo il battesimo e dal peccato di questo Prete imparerai che non solo tu, ma neanche io sono [siamo] liberi e dobbiamo tutti combattere sino alla morte, e con questa continua [lotta] guadagneremo il regno dei cieli, il quale, appunto perché regno, [p. 733] non è fatto per i pigri, ma per i valorosi soldati. Da questo fatto impareranno anche i tuoi mussulmani, che se noi non faciamo tutte quelle abominazioni che fanno essi, e che facevi anche tu /28/ prima di essere cristiano, non è già, come essi credono, che siamo impotenti per medicine, ma per pura fedeltà a Dio abbiamo lasciato queste cose, e noi preti abbiamo anche lasciato di prendere una moglie che Iddio permette ai cristiani, per essere più liberi nel servizio di Dio, e nella cura delle anime. Hai dunque capito, figlio mio. Ah Padre mio, io ho fatto tanti peccati, oggi conosco molte cose, e spero che Iddio mi darà forza, quando avrò la fortuna di ricevere nostro Signore; oggi sono ancora debole, voi avete ricevuto 40. colpi di flagello dalle mie mani, io appena ho potuto sopportarne cinque. Ora mi dica, quel prete maritato diceva la Messa, e riceveva nostro Signore? oh no, figlio mio, dal momento che fù vinto dal diavolo non osò più, e tu potrai domandare [se ciò è vero] se vedrai ancora il suo schiavo. Dopo la conferenza gli ho ordinato di portare le ortiche, e di servirmi senza misericordia, e finito, presi quelle che aveva preparate per se e gli feci appena gustare qualche colpo che sopportò con pena, e poi ci siamo posti a dormire. La mattina seguente svegliatomi che era giorno gli ho domandato se aveva avuto tentazioni, ed egli con tutta semplicità mi rispose che sì, ma che aveva trovato il rimedio, così dicendo si scoperse, e viddi che aveva messo tutte le ortiche sotto e sopra di se.

[p. 734] penitenze dei giovani Un giovane sortito dalla cloaca mussulmana arrivare in pochi giorni a questo punto è già qualche cosa. Sorto dalla mia casa per andare alla preghiera, ed Abba Hajlù mi prende per la mano e mi conduce alla visita di alcuni luoghi, dove dormivano alcuni giovani e vi ho trovato il letto pieno di ortiche, ne ho chiamato uno per esaminarlo se aveva sofferto, mi disse di no, solamente che non lo lasciò dormire, perché un bruciore lo tormentò quasi tutta la notte. Allora dissi ad Abba Hajlù: questi giovani vogliono obligare Iddio alla misericordia verso il povero Cesare; da quanto mi raccontò il Gabriele ieri sera, pare che il rimorso siasi impadronito di lui; ma il diavolo lo tiene. Da quanto riferirono alcune persone venute dalla corte, il Re doveva passare la giornata coi sette suoi consiglieri, e noi restammo tutto i] giorno al luogo nostro. Lo schiavo del P. Cesare venne, come nel giorno precedente, e disse a Gabriele che P. Cesare fu chiamato alla corte, ma non si poté sapere altro. Solamente verso sera venne un’inviato del Re a dirci di restar preparati per partire l’indomani di buon mattino.

una conferenza; Vedendo che le cose incomminciavano ad oscurarsi, e la corte prendeva un’aspetto misterioso, ed una riserva inconcepibile, la sera dopo la preghiera ho fatto una seconda conferenza alla famiglia, nella quale, senza discendere a particolari odiosi, dopo avere esternato una certa consola- /29/ zione per i segnali che mi diedero i giovani moltiplicando le raccomandate preghiere e penitenze di espiazione, ho parlato loro con gran calore sul bisogno di aggiungere, perché [p. 735] la grazia completa non doveva venire ne dal Re, ne da nessuno del mondo, ma dal solo Dio, dal nostro Gesù, e dalla nostra Madre Maria alla quale ho fatto un voto. proteste dei giovani. A questa mia parlata prese la parola Abba Hajlù per tutti i giovani. Padre, disse, il corpo, il cuore, l’anima di noi tutti è nelle sue mani; se Ella ci comanda staremo anche tutta la notte in preghiere; Ella ha fissato le penitenze, ma, parli solo ed aggiungeremo [altro], eccoci tutti armati di disciplina per flagellarci, due fasci di ortiche sono lì preparati, Ella solo parli, perché tutti siamo disposti di vincere con Lei, o di morire con Lei. [Sentenziai:] Per i preti lascio la disciplina a loro discrezione per i giovani poi più grandi non [permetto] più di trenta colpi, per i più [piccoli non più] di venti. Abba Ajlù guardi riguardo all’uso delle ortiche che non abundi troppo. Io non sapeva che vi era un fenestrino, dove stavano le spie del Re, e del P. Cesare; appena io ebbi terminato le due spie galla partirono di notte verso il loro destino. Per la mia cena io presi un poco di brodo con un poco di biscotto, con un piccolo corno d’idromele, e mi sono ritirato a pregare.

notizie secrete Dopo la cena venne Gabriele ed incomminciò a darmi le notizie del giorno. I due di jeri, disse, sono venuti anche oggi; si fermarono quasi tutto il giorno: io stava seduto avanti la porta ed abbiamo incomminciato a discorrere. Lo schiavo mandato dalla Gabrecio disse che il Re sta coi sette consiglieri, e fu chiamato il P. Cesare ed anche i Leroy di Ghera; quello mandato dal P. Cesare disse che aveva accompagnato il P. Cesare sino alla corte, e di là sono venuto qui mandato da [p. 736] [da] lui; prima siamo passati a vedere la casa del Catama-rascia, dove domani dovrete entrare dopo [avere] veduto il Re; là s[t]arete meno bene di qui. Il P. Cesare, disse, è molto malinconico, la nostra casa è piena di desolazione. Detto ciò prese la parola Gabriele: voi siete molto afflitto, ma io sono molto contento: ieri [di] notte in mezzo alle ortiche che mi tormentavano ho avuto un vero piacere di Paradiso, ho veduto il mio benefattore Gabriele: il nostro Padre è molto afflitto, mi disse, guarda di consolarlo, perché il P. Cesare piange più di voi tutti, ma vedrete cose mirabili; ciò detto mi baciò, e mentre mi baciava io ho provato un piacere tale, che tutta la mia persona pareva liquefarsi come il miele al sole; ma svegliandomi tutto passò. oh! se potessi rivederlo questa notte! un piacere simile vale tutto il mondo, mi parve di vedere Iddio, quanto era bello Gabriele! Padre mio, facia caragio, avremo delle pene, ma avremo poi gran consolazioni.

/30/ preghiere e penitenze d’espiazione. Tu hai avuto una gran consolazione, risposi, mentre ti trovavi trà il fuoco delle ortiche; dunque la via sicura di essere consolati è quella della penitenza, gli consegnai la mia disciplina e poi corricatomi supino gli dissi di battere senza misericordia. Dopo che fu sazio e stanco di battere mi sono alzato, e si coricò egli, e colla sua disciplina di corda glie ne ho dato dieci [colpi], e domandando di aggiungere ne ho aggiunto altri cinque con maggior forza: Dopo abbiamo fatto un poco di preghiera insieme, e passammo alle ortiche.

[p. 737] ortica silvestre, e domestica. Fra la disciplina e le ortiche, la prima è meno dolorosa, e poi passa subito, laddove [circa] le ortiche la prima impressione è quasi spasmodica, e poi il bruciore dura circa un’ora, quando sono ortiche selvatiche, e dura meno quello delle domestiche di grossa specie, molto frequente nei paesi alti. Ho osservato circa le ortiche quello che ho osservato circa la malva; quest’ultima è l’amica del uomo e non si trova lontana dagli abitati, mentre l’ortica selvatica si trova, benché raramente. Ho voluto provare a dormirvi sopra l’ortica, come han fatto alcuni giovani più ferventi, ma non ho potuto resistere; ho potuto soffrire dieci minuti di flagellazione coll’ortica, ma non ho potuto reggere cinque minuti la permanenza abituale; in ciò i ragazzi mi hanno superato; per detornare [cioè distogliere] un giovane da cattive immaginazioni non era un gran rimedio; io [quand’ero] travagliato dall’imaginazione, questa operazione mi serviva mirabilmente a detornare la mia imaginazione travagliata dalla circostanza; così, passata l’impressione poteva dormire, altrimenti la notte sarebbe passata insonne. Mi sono servito in seguito dell’ortica contro certi eccessi nervo[si]ù, o ipocondriaci per destare alcune donne che sembravano asfissiate con grande vantaggio.