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12.
Gabriele nel Ghera a colloquio con il re:
sbalordimento. Il giovane cresimato.

parte Gabriele per Ghera colla deputazione. Questo giovane, partito della stessa sera, coi suddetti passarono la notte al mercato di Bonga, e l’indomani, senza che il paese nulla sapesse, arrivarono ad Affallo, ove, prese che ebbe tutte le informazioni, se ne andò a Ciala, direttamente dal Re, il quale lo ricevette come un’angelo. Abba Magal, sentita la questione, che già in gran parte egli conosceva, mi basta la parola dell’Abuna, lascia fate [d]a me, disse, solamente tu non lascia[r]ti vedere. Mandò subito [a] chiamare Abba Fessah, e fattagli una solenne strapazzata, lo consegnò ad un suo fido, con ordine di prenderlo nella notte seguente, e portarlo subito ad Abba Baghibo. Abba Fessah, come era venuto, [p. 856] non vidde più la missione, e nella notte seguente sparì da Ghera, e nessuno lo vidde più. [Il re] Fece chiamate subito Abba Tabacco capo dei Cristiani, e consegnate a lui le due case della missione, sino all’arrivo di Abba Hajlù, così finì ogni storia, imponendo a tutti gran silenzio sull’accaduto.

facio partire abba Hailù. Io intanto ho mandato Negussiè al Re di Kafa informandolo del fatto, ed anche questi sentendo il bisogno, diede subito ordine alle [guardie delle] porte di lasciare passare Abba Hajlù, il quale, con pena bensì, ma piegò il capo, e partì con tutte le mie istruzioni, e facoltà. Partito che fù Abba Hajlù per Ghera, riposò da una parte il mio cuore, ma ancora io era in pena per il giovane Gabriele, per le difficoltà che potevano sollevarsi contro di lui in Ghera; a questo rapporto una sola speranza mi tranquillizzava, ed era la grande abilità di questo giovane, e lo spirito di Dio che lo guidava. ecco Gabriele! La mia speranza diffatti non fu vana, la sera del terzo giorno dopo la partenza di Abba Hajlù, eccolo arrivato tranquillo, come se nulla fosse. Ah, figlio mio, gli dissi abbraciandolo, oh quanto sei arrivato a tempo per sollevarmi dalle pene a tuo riguardo! Abba Magal, disse egli, avrebbe voluto trattenermi ancora qualche giorno, [p. 857] no, gli dissi, l’Abuna sarà in pena per me, [è] meglio che parta, e mi lasciò partire. Ora senta ciò che è accaduto: io partito /97/ mi racconta il suo viagio, e l’i[n]contro col re. di qui ho passato la notte coi nostri mercanti mussulmani, e partito l’indomani con essi ho passato la notte in AfaIlo presso l’Abba Korò, il quale questa mattina di notte mi fece accompagnare sino al fare del giorno, ed eccomi. Abba Magal mi ricevette non più come un suo schiavo, ma come un figlio. Egli ha sentito la sua parola con gran rispetto, e poi disse queste parole: io so già tutto, e non aspettava altro che l’ordine dell’Abuna per farlo partire; ora per risparmiare questioni tu resterai colla mia madre come nascosto senza nulla dire, e intanto io farò l’affare, e terminati i miei affari, parleremo molto.

abba Fessah è chiamato e scompare; il re è furioso. Difatti egli chiamò subito Abba Fessah, e gli fece una strapazzata tremenda; poi, chiamati sei dei miei compagni che di notte tempo sortivano per passare la notte col Prete, prima con bel garbo fece loro confessare ogni cosa; quindi, chiamato l’agente di casa gli parlò all’orecchio e gli consegnò Abba Fessah, il quale da quel momento scomparì. Dopo chiamò il custode dei giovani miei compagni, e gli diede la bastonata; fece legare i sei compagni perché sortirono di notte, ed ho mai veduto Abba Magal tanto in furia; [p. 858] io era nascosto e sentiva tutto. Dopo di ciò il Re venne alla casa della sua madre e mi fece sedere vicino, e volle sentire tutto l’affare del P. Cesare. Io gli ho raccontato le preghiere che si facevano, le discipline a sangue che facevamo, e come dormivamo sulle ortiche. Il Re sentiva queste cose tutto attonito, e mi domandò se voi facevate la disciplina, e se dormivate anche voi sulle ortiche? io risposi che io stesso colle mie mani vi batteva, e vi preparava il letto di ortiche. Anche tu facevi la disciplina e dormivi sulle ortiche? [mi interruppe il re:] come è possibile questo? ah Signor mio! dissi, noi mussulmani siamo ciechi e [non] ne sappiamo nulla: non solamente questo è possibile, ma trovo che dopo consola molto. Mi permetta o Signor mio, (qui gli bacio la mano) quando io penso oggi a quello che io faceva qui coi miei compagni, ed anche con voi, mi viene da piangere (mentre parlo colano le lacrime sulle sue mani) e mi viene la voglia di fare la disciplina affinché Iddio mi perdoni. Quando io faceva queste cose coi miei compagni il diavolo mi ingannava e mi faceva credere grandi piaceri, ma appena passato quel momento il diavolo si rideva di me, ed il mio cuore non era più contento; al contrario quando facio la disciplina in quel momento soffro un poco, mi poi dopo ne godo gran piacere.

dialogo curioso di Gabriele col re. Ma tu non sai, disse il Re, che questo è un privilegio dato da Dio a Maometto ed a noi mussulmani soli? Così dicono i nostri, lo so, ma è poi certo questo? Non potrebbe darsi, che questo [p. 859] sia una gran menzogna? Signor mio; [risposi,] perdonatemi, io sono il vostro cane, e /98/ mi glorio di dirlo a tutti, permettete perciò che io parli ancora il mio Padre trovandosi colla mia madre, Iddio ha benedetto la loro unione, ed io sono qui vostro servo, e vostro cane, ma supponiamo che il mio Padre invece di trovarsi con mia madre, si fosse divertito in quel momento con un suo compagno, certo che io non sarei qui, come non sareste qui voi mio Re e mio padrone, se il vostro Padre nel momento che vi ha generato si fosse divertito con un compagno. Ora ditemi, Signor mio, non vi pare che il nostro padre ci avrebbe fatto un torto privandoci dell’esistenza per divertirsi con un compagno, cosa che neanche fanno i cani, lasciando la moglie la sola benedetta da Dio [a] piangere? Se tutti facessero così, dove sarebbe la razza mussulmana? Abba Magal sentendo questo mi baciò, e disse, dove hai preso tu mio schiavo tanta sapienza mai sentita in vita mia? Signore, io dissi, in casa vostra si trovano casse piene di denari, non è vero? Ebbene in casa di Abbuna Messias son queste le richezze che si trovano. Qui vi sono reggimenti di diavoli per ingannarci, là si trovano invece reggimenti di angeli che ci istruiscono ogni momento. Ma dunque, disse il Re, tu non sei più uomo, e non senti tu tutti quei bisogni che sentivi quando eri con me? Si sono uomo come prima, [continuai,] e sento ancora tutti gli stessi bisogni, ma sento la parola di Dio che mi obliga di dominarli. Prima aveva il diavolo nei mio cuore che mi ingannava, oggi l’ho caciato via.

[Riprese il re;] Ma come hai caciato tu il diavolo? Signor mio, (gli stringo la mano piangendo) posso parlare? Sì parla pure, mi disse, e non temere. Ebbene, ho ripreso io, quando mi avete mandato la seconda volta alla casa [p. 860] dell’Abuna non mi avete voi permesso di farmi anche cristiano? Si, rispose egli, te l’ho promesso, e te lo confermo, non temere, solamente ti raccomando prudenza, e voglio sapere tutta la cosa come è andata. Dopo che io sono tornato dall’Abuna, [raccontai io,] mi sono posto più di proposito per imparare, ed a misura che comprendeva le cose io incomminciava a provare nel cuore un certo desiderio di farmi cristiano. visione del mussulmano di guardia. Quando sono venuti tutti i Bussasi in Ciala a prendere il cristennà (battesimo) essendo venuto anche Gabriele, nella notte mentre si diceva la Messa ho veduto l’Abuna colla testa tutta circondata di fuoco; Gabriele alla sua volta partì da vicino a me andò a ricevere il Kurban, e ritornato si prostrò in terra e piangeva, ma tutta la sua persona era come l’abuna tutta circondata da fuoco, e quasi mi pareva che tutta la casa dovesse andare in fuoco; ho voluto toccarlo per vedere se abbruciava, ma al solo toccarlo ho provato nel mio cuore un tal piacere che non posso spiegarlo.

/99/ sue grandi tentazioni. Dopo questo io aveva come risolto di essere cristiano, ed appena ho risolto questo nel mio cuore il diavolo non mi lasciò più in pace. Tutte le notti il diavolo prendeva la figura di un compagno di quelli che io amava di più ed appena corricato egli era già là ad accarezzarmi, mentre io incomminciava [a] dormire, mi svegliava e non lo vedeva più; di nuovo m’addormentava e subito egli tornava, e non mi lasciava dormire; sono andato dall’Abuna, ed egli mi disse che era il diavolo, e mi fece [p. 861] dormire vicino [a sé]; quando l’abuna era svegliato allora mi lasciava in pace, ma appena l’Abuna prendeva il sonno, egli subito era là. Quando siamo andati in Affallo coll’Abuna, io dormiva vicino a Gabriele, e mi trovava meglio, ma il povero Gabriele era obligato a vegliare per lasciarmi dormire. Ritornato in Ciala [stetti] peggio di prima, una notte è venuta la sua schiavetta Tikkì con Saïd schiavo del maestro mi hanno tanto detto che già mi era risolto di seguirli, mi alzo per andare con loro, ma l’Abuna avendo sentito mi seguì, mi prese per la mano e mi ricondusse [a letto], ma i due scomparvero. Allora l’Abuna mi fece dormire vicino a lui, e dall’altra parte il giovane che anticamente mi diede lo schiaffo. Vedendo [io] che non lasciava più dormire gli altri questo mi malinconizzava, e quasi aveva già risolto di ritornare al Massarà. Ho manifestato tutto questo all’Abuna, ma egli mi avvertì che tutto questo era un lavoro del diavolo, mi fece delle preghiere, e così mi sono tranquillizzato un poco.

parole di Gabriele moribondo Frattanto venne la malattia di Gabriele, ed io sono andato di nuovo ad Afallo per vederlo; là ho veduto tante cose ammirabili; il Gabriele un’ora prima di morire mi abbraciò, e mi avverti di non lasciarmi ingannare dal diavolo, il quale è potente fino al battesimo, dopo non più; fa coraggio, mi disse e salverai molte anime. Ma il diavolo fece tutti i strepiti per impedire che io mi facessi cristiano. riferisce il suo battesimo al re La cosa crebbe tanto, che per liberarmene io stesso ho domandato il battesimo. L’Abuna voleva ancora tardare, ma vedendomi così agitato, ha risoluto di darmelo [p. 862] secretamente di notte coll’assistenza di due soli, di Abba Hajlù, e di Abba Paulos. Nella notte quando sortiamo di casa per andare alla Chiesa, appena sortiti tutti i miei compagni erano là schierati in nome di Abba Magal per impedirci il passaggio; essi si avvicinarono a me e tentarono di rapirmi e portarmi via, ma l’Abuna conobbe che tutto era un lavoro diabolico; sortì la sua croce e con essa benedicendoli se ne fuggirono. Siamo entrati in Chiesa, ed in tutto [lo svolgimento] della funzione non fecero che schiamazzare, ma l’Abuna intrepido, non temere, mi diceva, e quando fece un’alto per caciare il diavolo, e gli comandò di partire [costui] mi diede, urla scossa tale che rimasi come /100/ morto; allora e partito, e non ritornò più, solamente seguitarono a schiamazzare fuori.

Il Re sentì tutte queste cose con una grande attenzione, e tale che, chiamato più volte dalle persone di casa non sentiva più; ma alla fine dovette cedere, e partito per i suoi affari, mi disse che sarebbe ritornato, ma fu occupato sino alla sera. ritorna la sera; alcuni miei timori Infatti, appena mangiato un poco di cena con la sua moglie [di] Guma, esso venne, e presomi per mano mi condusse con lui in una capanna lontana da tutti, e sedutosi mi disse: dunque tu sei cristiano, ma dimmi davvero, sei tu contento? Se non sei contento assolutamente voglio [p. 863] saperlo. Al sentirmi questa intimata ho incomminciato a tremare, temendo che non pensasse qualche cosa di cattivo contro di me, oppu[re] con me: perché tremi, mi disse? ah Signor mio, dissi, io tremo per paura che voi vogliate farmi fare qualche cosa di male, perché allora io sono risoluto di morire prima di fare quello che si faceva quando era mussulmano, perché in questo caso io sono vostro schiavo, vostro cane, come volete, amazzatemi prima, perché mai acconsentirò di fare una cosa che Iddio non vuole. il re si dichiara. Sentendo ciò allora mi baciò e mi disse, non temere figlio mio, tu non sei più ne mio cane, ne mio schiavo, tu sei figlio dell’abuna, e figlio di Dio, epperciò ti rispetto; ah caro mio! tu mi hai fatto passare la voglia di divertirmi, non solo coi giovani, ma anche colle mie mogli; ah quanto tu sei felice! io era piccolo, e mio Padre voleva farsi Cristiano, ma quel maledetto Abba Dimtu lo esortò a farsi mussulmano, e così sono mussulmano. Or dimmi davvero[:] credi tu che io mi salverò?

il mussulmano evangelizzato da un’altro mussulmano. Vedendo così, allora io mi sono fatto coraggio, ah Signor mio, gli dissi rotondo, no non vi salvate, e ve lo dico piangendo, perché vi amo. Ma tu sai, disse egli tutto afflitto, tu sai che non posso farmi cristiano, perché i mussulmani mi amazzerebbero; [p. 864] ma tu dimmi[:] cosa debbo fare? Al sentir questo, vedendo quel uomo terribile così umiliato mi fece piangere: per ora, dissi, credete in Cristo, e sperate in Lui, se vi ammazzeranno, felice voi, ma non lo faranno, e voi lasciate tutte quelle infamie coi giovani, e contentatevi di una moglie, ecco tutto ciò che dovete fare, e che io posso dirvi. Fratanto io parlerò all’Abuna e pregheremo per voi. Intanto lasciatemi partire di questa notte, perché io temo che non si sappia... Allora il re mi promise di lasciarmi libero per partire verso mattina. Dirai all’abuna, disse, che Abba Fessah è già partito con tutte le lettere. Allora mi sono congedato da lui per non disturbarlo più la mattina, ma l’ho pregato di mettere in libertà i compagni legati. Sì, mi disse, eccettuato quel briccone che ha offeso l’Abuna, quello lo darò ad un mercante come schiavo; riguardo a tutti gli altri se /101/ qualcuno dei giovani vuoi farsi cristiano io lo darò all’Abuna, ecco tutto quello che posso fare. Ciò detto egli si mise a dormire ed io volendo sortite, egli non volle, e dovetti coricarmi vicino a lui.

ultime carezze del re a Gabriele Nella notte ne egli ha potuto dormire, ne io; egli sempre aveva le mani sopra di me, ma non con malizia, sibbene per rispetto, soventi prendeva la mia mano e le metteva sopra di lui, o la baciava, e diceva[:] prega per me; una sol volta, benché non per cattivo fine, [p. 865] avendo messo le sue mani sopra di me in modo poco grave, io spaventato mi sono gettato fuori del letto, e subito mi domandò perdono, caro mio, disse, non è per cattivo fine, ma per provarti; del resto persuaditi che io rispetto la tua persona come quella dell’abuna; è passato quel tempo che io pensava male dell’abuna stesso; oggi quello che sento da tutti di quel prete convertito, basta per me; ho veduto che l’abuna colle sue preghiere ha potuto ottenere più di quello che abbiamo potuto ottenere io ed Abba Baghibo.

miei stupori, e mie riflessioni. Al sentire tutte queste cose io era come fuori di me per l’ammirazione, mi pareva una cosa come incredibile, come Iddio proseguisse egli stesso con dei veri miracoli la missione: un giovane mussulmano in poco tempo così cangiato da prendere tanto interesse per la missione, già arrichito di un tesoro di vera sapienza, e del dono della parola così insinuante, di cui io stesso mi vedeva mancante, era per me un paradosso tale che mi stupiva ed umiliava nel tempo stesso. Già, lo dissi molte volte, ma vorrei che si meditasse seriamente questa gran verità: la Chiesa fa dei gran sacrifizii per educare degli apostoli all’apostolato, sia [nell’ambito] della nostra Europa che per l’estero, ed in particolare per gli infedeli di tutti i generi, e principalmente per i barbari e selvagi. Io però temo molto che questi gran sacrifizii fatti dalla Chiesa [p. 866] non siano sempre condizionati in modo da portarli all’altezza del ministero a cui sono chiamati. Noi trasportati dalla corrente del mondo scientifico ci troviamo in bisogno di stuzzicare forze troppo le passioni dello scibile più civile che evangelico per avere dei risultati di scienza; queste passioni sono come tante nubi che impediscono il sole di arrivare sino al cuore del giovane per mantenerlo nel sistema tutto semplice ed evangelico sempre eguale in tutti i tempi. Io ho veduto sempre che la scienza sola [non] serve a un bel nulla, e che lo spirito di Dio, il quale è tutto nell’apostolato, suol svilupparsi quasi sempre in ragione opposta ai conati della scienza. Iddio che ha scielto i semplici per promulgare il Vangelo, pare continuare ancora ai giorni nostri questo suo sistema tutto miracoloso per far vedere al mondo che non ha bisogno del nostro progresso nell’opera sua.

/102/ decido di dare la cresima publica a Gabriele Arrivato che fù questo giovane da Ghera, e sentita la storia tra lui ed Abba Magal ho deciso di publicare in famiglia il suo battesimo fin là sempre tenuto nascosto, come nascosto era il suo nome. Gli ho raccomandato di prepararsi alla cresima che contava di amministrargli. Non vi bisognava altro per ricevere una scossa: sua publica confessione. ah Padre, disse, io [così] immondo come posso ricevere lo Spirito Santo? Io ho bisogno di fare una confessione generale di tutti i miei gran peccati, voi sapete, padre chi era io, e quanti diavoli sono sortiti da me [p. 867] nel mio battesimo, cento discipline non bastano per purgare tutte le immondezze che lasciarono in me tutti questi mostri d’inferno, l’odore lasciato [da essi] mi basterà sino alla morte. Disse ciò alla presenza di tutta la famiglia e di tutti i suoi compagni. Allora presi io la parola: l’ho già detto che non devi più pensare ai peccati fatti prima del battesimo, e guardarti di parlarne più, perché il mussulmano di Ghera è morto nel battesimo; chi vive oggi è Gabriele, e devi pensare solo ai peccati fatti da Gabriele; tu sai che allora i diavoli gli portarono via tutti. Qui ho raccontato io stesso la storia del suo battesimo, già ripetuta sopra, e fece una grande impressione in tutti. Dopo la preghiera il P. Cesare disse queste parole = questo giovane è per me un vero miracolo, egli mi confonde al pensare che un mussulmano abbia fatto tanto per la mia conversione, e per rispetto non oso guardarlo in facia =