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22.
Da Gemma-Kaka all’Ennèrea.
Camo rapito. Musulmani e Bussàssi.

confinanti di quel paese. Posto che siamo entrati nel regno di Gemma Kaka, debbo dire due parole di questo regno, il più grande di tutti quei principati Galla. Gemma Kaka confina al Sud con Kafa, nel luogo per dove siamo venuti. Girando verso il Sud-Est confina con Garo, regno di tradizione cristiana; in quell’epoca che io passava per Gemma, Garo aveva un re indipendente, ma oggi [p. 102] epoca in cui scrivo, Garo è stato tutto conquistato da Gemma Kaka. paese di Gengerò, Più verso l’est questo stesso regno di Gemma Kaka confina con Gengerò, piccolo regno pagano, il quale aveva le tradizioni comuni con Kafa pagana, luogo dove io doveva essere mandato da Kafa. Anticamente Gengerò era un principato abbastanza grande, ma di mio ricordo ancora tutto il basso versante verso Gemma è stato preso, e verso il Nord pure è stato decimato da altri Galla indipendenti che si trovano da quella parte. Oggi Gengiro è un piccolo regno che tiene solo una grande altezza inacessibile. Questo paese ha una lingua a parte che [non] convie[ne] con nessun’altra di quei contorni.

e suoi usi Frà gli usi stravaganti di Gengerò è quello che tutti i maschi prima dei tre anni deve [= devono] perdere un testicolo fuori della famiglia reale; è libero al Padre suo di lasciargli il testicolo o destro o sinistro secondo che in famiglia si desidera fra i due sessi o maschi, o femine. Io ho avuto in famiglia molti di questi schiavi, e ne ho conosciuto centinaja, ed erano tutti così. Al sentire questo credeva che la generazione avrebbe diminuito, eppure no.

razza di Gengerò. I schiavi Gengirò mi dicevano che questa è una legge per loro tradizionale, e quasi direi come la circoncisione, ma io a preferenza la credo una legge fatta da qualche prepotente loro Re; la ragione è, perché la parte pagana di Kafa [p. 103] dice che la toro tradizione è la stessa di Gengerò, da cui bensì dipende in certe particolarità, eppure questi pa- /185/ gani di Kafa non hanno la legge suddetta. Io ho avuto in famiglia qualche giovane di Gengerò, era molto laborioso, ma in materia di senso era indomabile, ed ho dovuto [ri]mandarlo. Un signore di Lagamara aveva uno schiavo Gengirò, ed era un superbo e tenacissimo del suo paganesimo, egli essendo maritato, benché fuori del suo paese, ed in un paese libero, pure non ha voluto lasciare la funzione di cui sopra ai suoi figli.

qualità di questa razza, e favole sul suo conto. Il paese Gengerò è considerato come un paese barbaro dai Galla stessi dei contorni, ed è un paese destinato a scomparire; non ha più il terzo di quello che aveva quel principato, e presto sarà finito. Ho voluto notar questo, perché le sue tradizioni le credo una vera rarità in tutto il mondo. Si spargono molte favole sopra le grandezze di questo paese, ed anche delle favole. Il nome di Gengerò in Abissinia significa[:] scimia, e da ciò e nata la favola in quei paesi che le scimie fossero uomini, e per essersi ribellati a Dio sono divenute scimmie[:] sarebbe l’opposto del Darvinismo; i scimiottisti vadano là ad imparare dal Padre delle scimmie.

Ritornando ora a descrivere i confini di Gemma Kaka, dopo Gengerò al nord, e nord-est esistono paesi Galla liberi sulla strada di Scioha, ma di questi [p. 104] occorrerà parlarne più a lungo dopo, quando dovrò parlare delle missioni stabilite frà i Galla del regno di Scioha. Quindi Gemma Kaka all’ovest coi Galla Agalò indipendenti, coll’Ennerea, ed al sud sud-ovest con Gooma, poscia al sud con Ghera, tutti paesi dei quali abbiamo già parlato altrove.

Abba Giffare fonda il regno. Gemma Kaka anticamente era un paese libero della stessa razza di Lagamara, di Nonno, di Gombò, e di Giarri, tutti figli di Gemma immensamente moltiplicatasi. In Gemma Kaka si trovavano dieci o dodecj Abba Dula, divenuti quasi tutti piccoli principi, dei quali Abba Giffare era uno, ma il più valente, il quale poco per volta gli soggiogò tutti, e fondò quel regno, il quale quando io vi passai contava circa 150. mille abitanti; da questo primo Re il paese di Gemma Kaka fu chiamato Gemma Abba Giffare.

Questo Re esisteva ancora nel 1854., ed essendo ammalato mandò [messaggeri] a me in Gudrù, e mi pregava di andare da lui promettendomi molte cose, ma in quel tempo essendo partita la missione di Ennerea, e trovandomi solo in Gudrù non ho potuto compiacerlo. sua morte, e succede abba Rebbu. Circa un’anno dopo Abba Giffare essendo morto, regnò dopo di lui il suo figlio Abba Rebbu, uomo molto ardito ed anelante di conquiste, avendo messo lo spavento a tutti [p. 105] quei principi dei contorni, questi /186/ fecero consiglio di disfarsi di lui, Difatti Abba Rebbu essendo partito per battere Gooma piccolo principato confinante, quando credeva di trovarlo solo e soggiogato in un giorno, si trovarono ad aiutare Gooma anche l’Ennerea, Ghera e Gumma. more aba Rebbu, e regna abba Boce. Il povero Abba Rebbu si è battuto una intiera giornata ed ammazzò molti, ferito a tradimento ha dovuto cadere vittima. Egli aveva un solo figlio di due anni, e trovandosi vicino a morire si cavò il bracialetto d’oro (in quei paesi [usato] come scettro segnale di regno) lo diede al suo zio Abba Boca, fratello di Abba Giffare suo padre, colla condizione che fosse solo regente e conservasse il regno al suo figlio quando sarebbe arrivato all’età di regnare. Così regnava Abba Boka in Gemma Kaka all’epoca del 1861. quando io sono entrato in quel paese dopo l’esilio di Kafa.

arrivo a Ciala villa reale. Partito dunque l’indomani dal Kellà o porta del regno di Abba Boca, a cui fui consegnato dai kafini, poco dopo mezzo giorno siamo arrivati al villagio di Ciala, dove esisteva una villa reale, ma vuota e coi soli custodi, dai quali siamo stati ricevuti ed anche trattati lautamente per ordine del Re assente. villa di Ciala, e sue vedute Questo villagio è chiamato [p. 106] Ciala, perché sulle rive di un fiumicello dello stesso nome, quello stesso fiume che in Ghera da il nome di Ciala alla regia di Abba Magal. La villa reale dove eravamo si trovava situata sopra un’altezza, dalla quale si scopriva tutta l’estensione di Gemma Kaka: un vasto piano undegiato di colline, ricco di popolazione, e di una vegetazione delle più ridenti; all’est le altezze di Gengirò, ed al Nord-Est quelle di Guraguè; il fiume Ghiviè che lo circondava da tutta quella parte, era un vero paradiso terrestre. Si vedeva al nord la gran villa reale di Abba Boca, a due piccole giornate lontana, nel luogo dove esiste la città del gran mercato estero. Come noi eravamo diretti verso l’Ennerea ci deliziavamo della sua veduta da lontano, mentre conversava colla mia picco[la scorta] immersa nell’afflizione, cercando alla meglio di consolarla; vedevamo all’ovest l’Ennerea, come casa nostra; ancor due giorni di viaggio, [dicevo,] e riposeremo.

ordini del governo. Ma il calice della tribolazione fissato non era ancor finito! mentre così ci confortavamo arriva un gran Signore accompagnato da molto seguito con un porta parola del re Abba Boca, il quale, dopo tutti i complimenti di uso: voi avete quì un giovane per nome Camo, [p. 107] nativo di Ghera, disse il porta voce a nome del Re; questo Signore è suo cognato, e viene a nome del suo Padre per prenderlo; io non finisco la questione, lasciandola in seguito al suo Padre ed ai suoi parenti; ma per il momento è mia volontà assoluta che lo consegnate al suddetto. Camo mi è rapito: sue resistenze. Ciò detto, i giovani di quel Signore, senza aspettare una mia risposta, gli saltarono adosso, lo afferrarono, ma il povero ragazzo fa uno sforzo, e /187/ corre nelle mie mani, ed abbraciatomi piange, grida, urla, morde [a] chi si accosta, come un’energumeno; questi diavoli, disse il povero giovane, vogliono farmi mussulmano, io lo so, piuttosto voglio morire: quì ai suoi piedi. Avete sentito, dissi a quel Signore; questo giovane io non l’ho rubato, ma mi è stato dato spontaneamente dal suo Padre, e prima di lasciarlo avrei diritto di assicurarmi della parola del suo Padre, e di quella del Re. Se lo prendete colla forza siete padrone, ma io non lo cedo a costo di morirvi.

Sentite che ebbero le mie parole; invece di calmarsi fecero una seconda sortita, lo legarono piedi e mani e se lo portarono via senza veruna compassione a tutti i suoi gridi e smanie. Era questo un ragazzo che tanto mi consolava colla sua pietà e col suo zelo indescrivibile; [p. 108] gran spina al mio cuore. questo affare perciò fu per me una vera spina al cuore che Iddio volle aggiungermi, spina di quelle che addolorano per molto tempo. Ho passato la notte sempre pensando al mio caro Camo, e l’indomani partiti di buon mattino per la via diretta dell’Ennerea, mi tenevano dietro ancora i suoi gridi nella mia imaginazione.

come si stabilì l’islamismo in Gemma-Kaka Per comprendere questo fatto, il lettore di queste mie memorie deve tenere presenti un gruppo di circostanze che lo spiegano. La prima è questa: Abba Giffare fundatore di questo regno di Gemma Kaka per unire tutte le antiche dinastie da lui soggiogate ed unite al suo regno, avendo bisogno di una religione si fece mussulmano e chiamò alla sua corte una quantità di Santoni dell’islamismo. Egli come uomo conquistatore, fatto più in grande, non fu fanatico mussulmano; dopo di lui, neanche Abba Rebbu altro conquistatore, diede il suo cuore all’islamismo, ma la loro corte non tardo a spiegare un vero fanatismo, ed Abba Boca che succedé ai due genii defunti, benché avesse delle buone qualità, pure fu fanatico mussuImano, e divennero fanatici tutti i capi delle antiche [p. 109] dinastie unite, dimodoché ancorché il popolo di Gemma Kaka fosse ancora tutto galla, pure, l’alta aristocrazia fù ben tosto tutta fanatica mussulmana.

i nobili di Gemma, e la razza Busassi Una seconda circostanza da notarsi è che tutti questi antichi dinasti [antichi] del regno, prima ancora della fondazione del regno di Gemma Kaka, e che fossero mussulmani, usavano cercare le loro mogli dalla razza di Kafa reale, come la corte unica antica di quelle parti, e le figlie dei nostri Bussasi di Ghera, ancorche povere, erano molto ricercate, come tutte di razza reale kafina; dimodoche quasi tutte le gran famiglie di Gemma Kaka erano parenti dei nostri Bussasi di Ghera. Così, prima ancora che questi Busassi di Ghera si facessero ferventi cristiani nel mio /188/ passagio per colà, la sorella del povero Camo era già maritata in Gemma Kaka con quel grande fanatico mussulmano, epperciò divenuta anch’essa fanatica per Maometto.

si spiega la crisi dell’esilio, e mie persecuzioni. Ora, ecco nascere una terza circostanza da riflettere; al mio passagio in Ghera due anni prima, quando tutta la razza Busassi di Afallo [p. 110] in massa si fece cattolica con molti altri del paese, allora i Santoni di Ghera si risentirono, e la sola costanza di Abba Magal, anche egli mezzo convertito, mantenne colà l’equilibrio per quella circostanza; ma intanto incomminciò di là a sollevarsi l’islamismo di Gemma Kaka, e poscia anche quello di Kafa, i quali nulla avrebbero potuto fare, perché pochissimi, ma hanno potuto far molto uniti a quei di Gemma e di Ghera. Tutti questi uniti col partito dei maghi di Kafa prepararono la gran crisi del mio esilio; non solo in Kafa, ma in tutti i principati Galla. Il colpo di mano contro Camo diede il segnale, e guai se il Gabriele fosse stato con noi, ma egli era già salvo in Lagamara. Il cognato di Camo sapeva bene che tutta la parentela Bosassi era cristiana, ma volle cogliere la circostanza che il povero ragazzo cadde nelle sue mani, e poteva contare sopra Abba Boka, anche egli fanatico.

Dopo tutto questo con tutta facilità si possono comprendere i misteri di tutte le persecuzioni, sia in Kafa, che nei principati Galla dei contorni; I mussulmani fatta causa comune coi maghi del regno di Kafa, dopo un’anno di manegi riuscirono a farmi esiliare; ma non si limitarono al solo Kafa, ma organizzarono la persecuzione [p. 111] in Ghera, in Gemma Kaka, ed in Ennerea stessa. il re è l’oracolo; e sette sono il governo Da ciò si può capire il grande imbarazzo in cui si trovava il povero Re di Kafa ogni qualvolta si trattava di agire contro la missione; le sue carezze non erano frutto di menzogna, ma sincere, come cristiano da una parte, e dall’altra obligato ad agire [dipendendo] dalle decisioni del consiglio dei Sette, il quale solo rappresentava il governo, benché tutto fosse coll’oracolo del Re. Quando tutto il paese intese il mio esilio si alzò un grido universale contro questo passo; più ancora dopo la disfatta di Gobbo, lo stesso consiglio dei Sette spaventato inclinava a modificazioni, e si presero alcune misure, ma restò sempre inflessibile la legge dell’esilio, a fronte che quasi la metà dei consiglieri inclinassero a richiamarmi. I preti imprigionati, divenuti eroj di fermezza avevano mosso il cuore di tutti, eppure rimasero in prigione, perché i maghi col loro partito furono inflessibili, e la maggior parte dei consiglieri tennero fermo.

partenza da Ciala. Partiti dunque da Ciala la mattina arrivammo la sera sulle rive di un fiumicello, il quale separa i confini di Gemma Kaka da quei dell’Enne- /189/ rea, e passammo la notte alloggiati dai pastori [p. 112] delle mandre reali di Abba Boca. arrivo all’Ennerea
[8.9.1861]
La mattina, seguente, passato il fiume dopo poche ore di viaggio in luogo deserto, abitato solo da pastori, siamo arrivati al kella, o porta del regno di Abba Baghibo, ed arrivati al primo villagio si fece sosta due giorni presso la casa di un’Abba Korò, o capo Provincia, il quale spedì subito un cavaliere al Re ed alla missione [con] l’avviso del nostro arrivo. L’indomani a sera arrivò il porta parola del Re Abba Baghibo accompagnato da Abba Matteo nostro Sacerdote indigeno, stato da me ordinato due anni prima del mio passagio per l’Ennerea. Questi mi disse che Monsignore Felicissimo mio Coadjutore era partito per visitare la missione di Lagamara, e quella del Gudrù; che perciò si trovava tutto solo.