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25.
Ancora all’Ennèrea. Reazione di Abba Magàl.
Giustificazioni e consenso alla partenza.

partenza della carovana della regina madre. Dovendo partire intanto la carovana della regina madre per Saka, dopo i dovuti ringraziamenti a questa benefattrice per tutto ciò che ha fatto e che stava facendo in favore della missione; in caso, aggiunsi, che il Re pensasse sinceramente al mio ritorno a Saka, pensasse a farmi restituire tutto ciò che mi fu rubato, e farmi ristabilire tutti i guasti stati fatti nella casa. viene la deputazione del re, sue parole. Non tardò difatti il Re a mandarmi una deputazione, composta tutta di persone di primo rango, la quale così si esprimeva; fatta riflessione sulla maniera indegna con cui siete stato obligato a lasciare il paese, [p. 151] per risarcire il torto fattovi, mi trovo obligato a pregarvi di ritornare in Saka al più presto che vi sarà possibile; arrivato che sarete quì sarà mio dovere di farvi restituire tutto ciò che vi è stato tolto, e di farvi riparare la casa nel modo che voi direte. Dopo rimasto quì con me qualche tempo, se voi crederete di partire protesto [di] lasciarvi libero, e vi farò accompagnare onoratamente sino alle frontiere; se poi vorrete restare quì procurerò di onorarvi sempre, come siete stato sempre onorato dal mio Padre defunto. Venendo potrete dividere il vostro viaggio in tre giorni, e troverete case di persone vostre amiche, le quali vi riceveranno con tutti gli onori che vi meritate.

mia risposta al re. Il Re, dissi io alla deputazione, avendo già sciolto egli stesso tutte le difficoltà che avrei potuto fare alla sua domanda, non mi rimaneva altro [che] ubbidirlo mettendomi nelle mani della deputazione medesima, pregandola di spedire sul momento un cavaliere, affinché il Re sapesse al più presto queste mie disposizioni. Il cavaliere partì sul momento per Saka, e l’abba Korò [p. 152] ordinò subito che la mia gente disponesse le cose per partire subito. prima giornata di viaggio Quando tutto fu disposto si levò il campo prendendo le mosse di nuovo per Saka. Appena si fecero alcuni passi di ritorno incomminciarono i soldati dell’Abba Korò ad intonare il lelta di allegrezza, ai quali fecero eco tutte le case dei contorni: oh mondo quanto sei variabile, dissi fra me stesso, quanto è stata diversa la mia /209/ venuta dal mio ritorno! Si camminò circa un’ora e mezza poco più sempre fra il lelta delle popolazioni sino alla casa dell’Abba Korò, dove abbiamo trovato un solenne ricevimento in una casa tutta nuova e molto grande, e con un pranzo da nozze, avuto riguardo a quei paesi.

paesi di conquista Come quei paesi nord di quel regno erano paesi delle ultime conquiste di Abba Baghibo sopra Nonno Billò si trovavano da quelle parti molte case di razza cristiana; molti dei quali venivano sino a Saka nelle Domeniche e nelle feste per sentire la S. Messa, ed alcuni anche per confessarsi. Quella povera gente ha dovuto soffrire molto al sentire il mio esilio così ignominioso; io stesso aveva fatto correre la voce di non moversi affatto nel mio passagio, per non [p. 153] dare motivo a qualche persecuzione dopo la mia partenza; l’Abba Korò che governava quella parte non era un mussulmano, ma era un Galla, e gli amava molto, perché erano i suoi migliori soldati; feste dei cristiani la sera gli chiamò tutti a cena, ed erano circa 15. capi di famiglia. Lascio perciò considerare, quale non dovette essere la loro consolazione vedendomi di nuovo negli onori presso il governo; il trionfo non era solamente per me e per la casa, ma era principalmente per loro. secondo giorno L’indomani venne a prendermi un’altro Abba Korò, e si viaggiò circa tre ore verso le frontiere degli Agalò un poco più al Sud Est, sempre in mezzo alle acclamazioni dei lelta. Questo Abba Korò mi disse che nella sua provincia contava circa una trentina di famiglie cristiane, dei quali una metà erano vicini a casa sua, e mi aspettavano per farmi delle feste, ma io ho raccomandato moderazione. Là ho trovato una famiglia di Cristiani molto pia e fervente, dove io aveva passato la notte nel 1859. venendo da Lagamara. Fu gran festa anche quì la sera.

terzo giorno, moderazione nei cristiani. Nel terzo giorno vennero a prendermi i nostri stessi cristiani del distretto di Saka, ai quali, io ho proibito dimostrazioni straordinarie. Così in questo ultimo [p. 154] giorno sarebbe stato il luogo di grandi dimostrazioni dalla parte dei nostri cristiani, come più prossimi al centro e più vicini alla Chiesa, ma dopo l’esempio ultimo usarono prudenza, come luogo dove dominavano i mussulmani. Così, il lelta appena si sentiva fra i Cristiani, invece si senti frà i pagani, e frà gli stessi mussulmani. Era in quel distretto un ricevimento più officiale che officioso e spontaneo. Da ciò conobbi che questo ricevimento è stata una cosa organizzata dal Re, come una soddisfazione che volle darmi. In quella terza stazione ho dovuto rimanere un giorno di più per dar tempo ad aggiustarmi la casa. La sera arrivarono da Saka molti cristiani di quel distretto recatisi a lavorare. Là conobbi molti detagli relativi al gran giorno dell’esilio, appartenenti al periodo convulsive della febbre.

/210/ arrivo del p. Leone. Abba Leone arrivato di quel giorno da Ghera accompagnato dal Lemmy di Abba Magal stavano tutti intenti a riparare le rovine del terremoto mussulmano. Il movimento di riparazione ordinato dal Re era particolarmente [addossato] ai mussulmani, ma fu vivo invece fra i pagani più che frà i mussulmani. Questi ultimi erano da compatirsi, essendo [p. 155] per essi piuttosto un giorno di disfatta vergognosa. lèlta generale nella regia. Quando la casa fu abbastanza aggiustata venne l’avviso da Saka, e siamo partiti fra il lélta quasi generale di tutta la popolazione di quei contorni; in modo particolare all’avvicinarsi [del]la nostra casa mi fù sorprendente vedere in alto tutta la popolazione della regia, schierata avanti la gran porta della medesima facendo il lelta, mentre pochi giorni prima gridavano il crucifige sino ai confini del regno. Tanto può fra quei paesi la sola parola di un giovane Re sopra i suoi schiavi; ma il Re [che] può comandare la parola fatta per le orecchi; e non l’amore, il quale propriamente non ha re sulla terra, questa povera parola materiale, dico, ritorna facilmente in fumo sulla pressione delle vampe infernali dell’odio interno per ritornare al crucifige. Così io calcolava tutte quelle belle feste; io pagava il tributo sopportandole per ubbidire ad una certa prudenza voluta dalle circostanze esteriori, mentre gli altri ubbidivano esteriormente al loro padrone.

grande generosità dei nostri vicini. Ciò che mi fù più simpatico, fù quello che si passò dopo il ricevimento officiale, quando tutti si ritirarono. Fu allora che incomminciarono i veri vicini ed amici nostri. [p. 156] Tutti i capi di famiglia vennero in corpo a farci visita e presentare le loro congratulazioni [dicendo]; come oggi e forze anche domani verrà il necessario dal Re e dalla regina madre, noi resteremo tranquilli; dopo la corte noi tutti ci siamo intesi per mantenere la sua casa sino a otto giorni, affinché Ella abbia tempo a provedersi. Mentre stavamo così discorrendo coi vicini capi di famiglia, come per incanto, la casa è stata provveduta di tutti gli attrezzi e vasi necessarii. Ho domandato loro se avevano avuto qualche ordine dal Re, e mi risposero di no, averlo fatto unicamente per un certo dovere verso un vicino così rispettabile, e da loro amato. Si noti che tutti questi erano quasi tutti pagani, e pochissimi cristiani. Venne un’impiegato del Re per vedere il bisogno che poteva avere la casa in genere di vasi, e simili utensili, e trovò che tutto era già stato provvisto dai vicini, e che nulla ancora occorreva.

mia conferenza col p. Leone.
il re di Ghera furioso contro abba Gomol.
Finite le convenienze coi vicini ho voluto sentire un poco dal P. Leone le cose di Ghera, e come quel Re Abba Magal aveva preso la notizia del mio esilio dall’Ennerea? Abba Magal, rispose P. Leone, prima di tutto bisogna confessare, che fù furioso [p. 157] al sentire la sua espul- /211/ zione da Ka[fa] e sopratutto d’averlo mandato a Gemma Kaka invece di Ghera; ciò che fece allora Abba Magal non si può esprimere; egli mandò a tutti i principi Galla [messaggeri] per impedire che [che] Ella non fosse mandata a Gengerò, e si deve alla sua attività d’esserne stato liberato; egli ancora attualmente sta lavorando con Kafa, affinché sia colà di nuovo richiamato. Oggi poi, appena sentì il modo infame con cui fu caciato di quì non ebbe più riposo; mandò [a] chiamarmi di notte, e volle che partissi sul momento con un Lemmy, al quale disse in mia presenza: parole di abba Magal
[† 5.6.1870]
va da Abba Gommol, e gli dirai, che, se non richiama l’Abuna, io manderà in Ennerea Donocce tuo fratello a regnare il luogo tuo, come più capace di te; come? così rispetti tu la memoria di tuo Padre? Noi siamo arrivati quì che già altri avevano parlato forte in questo senso, e la piaga era già come guarita; del resto non so come sarebbe andata.

Dal giorno in cui sentì la morte di Abba Baghibo e la successione dell’attuale Abba Gommol, Abba Magal fu desolatissimo e non ebbe più requie. Già prima egli aveva [p. 158] lavorato presso il defunto per la pace col suo figlio Donoce, e sperava sempre che l’avrebbe ottenuto, ma il partito dei santoni mussulmani portò vittoria; abba Magal però non ha ancora rinunziato, e sta lavorando con molta attività; se viene la guerra, Gemma Kaka sola aiuterà questo Re di Ennèrea, perché la la maggior parte dell’aristocrazia è fanatica mussulmana, ed anche perché Gemma Kaka teme le conquiste dell’Ennerea, e cesserebbe questo timore con questo Re incapace. Queste due sono le grandi ragioni che fecero regnare Abba Gommol, e forze anche fecero morire innanzi tempo Abba Baghibo con un veleno, come molti pensano.

criterio da formarsi dei mussulmani Fin quì sono tutte parole del Padre Leone; idee conosciute da lui nelle sue conversazioni particolari col re di Ghera, e con altri della sua corte. Dal fin quì detto potrà ognuno formarsi un’idea sufficiente della politica, o meglio diplomazia di quei paesi, e della potenza che esercitano pochissimi mussulmani, la più parte arabi stabiliti nelle diverse corti, o presso i principali oracoli di tutti i paesi anche liberi. Già ho acennato altrove quanto mi sia stata sempre funesta questa razza araba, prima per mare [p. 159] e per terra in tutti i miei viaggi, dopo in Gudrù ed in Lagamara, servendosi sempre del loro sistema volteriano e massonico della bugia e calunia.

l’europa ed i mussulmani di oggi Oggi la questione che ci occupa, sia in Kafa, che quì in Ennerea, è sempre la medesima. L’oriente stesso ha presentato quasi un secolo di un’orizzonte più chiaro fino a tanto [che] la nostra Europa aveva uomi- /212/ ni capaci di tenere l’Oriente colla briglia del diritto delle genti; oggi che il capo giro rivoluzionario ha indebolito le nazioni cristiane nostre, incomminciano le scene dell’Egitto. Il movimento della civilizzazione di tutta l’Africa sarebbe stato una gran cosa in altri tempi, ma oggi con tanto di malatia intellettuale e governativa in casa nostra, dopo che la spedizione Giulietti è scomparsa a pochi miglia da Assab, senza poterne avere una soddisfazione, cosa si potrà ancora sperare per l’interno dell’Africa?

una questione da decidere Ma intanto premeva a noi di decidere il caso pratico dell’Ennerea. Conveniva o non conveniva allora restare in Ennerea, era questa la gran questione: prima di quel giorno io ho sempre creduto che in Ennerea vi esistessero più pochi cristiani, ma nel mio ritorno a Saka mi sono convinto che erano molto di più [p. 160] i cristiani di quel paese o regno epperciò conveniva o non conveniva lasciarli? La revoca del mio esilio, e la nuova pace con abba Gommol, doveva o non doveva considerarsi come cosa stabile oppure transitoria? erano queste le gran questioni che agitavano i nostri cuori. Da una parte l’interesse delle missioni di Ghera e di Kafa pareva domandare di restarvi; per altra parte poi il gran pericolo di una nuova collisione con quel Re e con quei mussulmani fanatici avrebbe quasi suggerito una ritirata provisoria in quel momento per aspettare in pace le operazioni politiche che minaciavano al Sud il regno di Ennerea, ed anche al Nord dalla parte di Nonno Billò.

un partito di mezzo. Il partito di mezzo, quello cioè di una ritirata provisoria e pacifica con una missione aperta, e meno attiva da visitarsi provisoriamente da qualcuno dei nostri preti di quando in quando, avrebbe assicurato meglio l’esistenza di quella missione stessa sino ad un nuovo ordine di cose dalla parte della Providenza, avrebbe dovuto formare la base delle nuove trattative con Abba Gommol; la guerra [p. 161] coi ragazzi e coi cani si vince colla flemma e colla prudenza, dice un proverbio di quei paesi, e lo citavano anche alcuni dei nostri stessi cristiani. i nostri cristiani divisi in due. Questi medesimi cristiani nostri erano divisi in due partiti, uno era quello della classe mercante, popolazione flottante, la quale calcolava solamente la vittoria attuale coi mussulmani senza molto pensare all’avvenire del paese, e questi inclinavano per tenere fermo nella riportata vittoria. Il secondo partito dei nostri Cristiani era quello degli ultimi veduti da me dalla parte del nord nel mio ritorno a Saka, questi molto più numerosi, e tutti possidenti di terreni e di bestiami, trovando maggiori difficoltà per l’emigrazione, temevano una collisione, e come anticamente [erano stati] paesi appartenenti a Nonno Billò speravano sempre di riaquistare la loro indipendenza coi ritorno del loro caro Nonno Billò. Lo stesso /213/ fanatismo mussulmano del nuovo Re non mancava di accelerare la desiderata crisi.

il re cerca [di] giustificarsi Venne intanto il giorno definito per risolvere la questione. Abba Gommol dopo un giorno di riposo ci chiamò e mi sono presentato in compagnia del P. Leone, e dei due [p. 162] Sacerdoti indigeni venuti da Kafa e da Ghera. Io avendo prima di tutto fatto un complimento al Re per avermi richiamato, egli si trovò come obligato ad entrare in certi detagli di propria giustificazione indiretta, ed arrivò persino ad accusare Kafa come causa di tutta questa crisi. Signor mio, dissi io al Re, sarà arrivato a Kafa quello che è arrivato a voi: il Re dice una cosa e se ne aggiungono dieci; almeno io dirò che ho pensato così; già si sa il proverbio che dice, il padrone è sempre bono, ed il servo cattivo. Or bene, disse il Re, ecco arrivato il momento di fare restituire i furti che vi sono stati fatti. Molto bene, risposi io; io cerco di essere giustificato. il più gran furto fattomi è stato quello di avermi rubato l’onore, accusandomi d’aver fatto delle magie contro di voi; questo è il più che si possa dire contro di me. Vescovo vuoi dire rappresentante di Dio; mago vuoi dire rappresentante del diavolo. Quando si saprà in paese mio che ho fatto il mago, io non potrò più ritornare nel mio paese. Voi dovete dunque giustificarmi di questa calunnia.

Voi, rispose il Re, coll’essere stato da me richiamato restate abbastanza giustificato. No, risposi io, perché si potrebbe sempre dire, che voi mi avete perdonato, epperciò non resto giustificato; bramerei che quella persona [accusatrice] fosse chiamata quì in [p. 163] presenza nostra, e che dica cosa mi ha veduto fare, ed in quale luogo. Quando questa persona verrà, e mi dirà[:] in tale ora, in tale luogo voi facevate questo o quello, allora io risponderò, e forze il mio accusatore vedrà d’essere stato ingannato, e confesserà la mia innocenza, oppure toccherà a me provare, il contrario. Allora il Re mi disse che quella persona essendo una persona di Dio egli non poteva obligarla a venire. [Dichiarò:] Per questo io prenderò la cosa sopra di me, ed interrogatolo di nuovo vi dichiarerò innocente, e così sarà finito questo affare. Ma intanto, egli proseguì, per gli altri furti come faciamo?

si esamina la questione del furto. Il mio grande affare era quello della calunnia, ma dal momento che quello è lasciato da una parte, io risposi al Re, per gli altri furti è una questione molto semplice, la quale dipende totalmente da voi. Voi mi avete condannato all’esilio, obligato a partire quasi sul momento. Avete mandato esecutori che io non conosco, come non ho conosciuto con quali ordini ed istruzioni [siamo venuti]. si espone la questione del furto. Questi esecutori presero tutto /214/ quello che trovarono in casa e fu portato fuori della porta in mezzo alla moltitudine [p. 164] dove tutto fu veduto, e caricato alla peggio; io [stavo] in mezzo a tutta quella gente come un cadavere senza autorità, e senza forza, non posso dire altro se non che molte cose si sono perdute, e non le trovo più. Voi Re solo potete sapere le persone mandate, gli ordini dati, e ciò che avete ricevuto. In tutto il viaggio sino al kellà fu sempre la stessa confusione, circondato da una moltitudine che io non conosceva; io aspettava il momento di essere sortito dal vostro regno per diventare padrone di quel poco che mi sarebbe rimasto. Ora in tutta questa confusione, come posso io accusare qualcheduno, senza espormi al pericolo di calunniare qualche innocente? Tutto perciò dipende da voi, e dalla vostra generosità.

il re finisce la questione. Il Re aveva già salvato l’onore dei suoi Santoni, o capi mussulmani nell’affare della calunnia rifiutandomi il confronto cogli accusatori, e riservando a se la decisione sulla mia innocenza. Anche nell’affare del rubarizio la cosa poteva andare diversamente, essendo i ladri tutte persone sue fanatiche mussulmane, e tutti nemici accaniti da lui stesso [p. 165] scatenati contro di me, con istruzioni misteriose e secrete, per distruggere tutto il mio prestigio nel paese. Per questa ragione, anche nella questione del rubarizio ho voluto schivare tutte le specialità, perché non avrei fatto altro che aggravare di più la piaga, senza nulla ottenere. Così il Re trovò molto facile l’aggiustare la questione dei furti colla restituzione di alcuni oggetti che egli aveva fatto rubare per se, e che erano nelle sue mani, aggiungendovi qualche somma di danaro dalla sua stessa borsa per non vedersi obligato a fare ulteriori processi, i quali avrebbero potuto compromettere i secreti della matassa principale. Così in facia al publico ed all’estero fu più economicamente finita la questione

visita alla regina madre. Io col re non ho voluto toccare la questione sulle determinazioni [d]a prendere sull’avvenire, come cosa poco simpatica alle persone che lo consigliavano e guidavano. Dovendo invece far visita alla regina madre, per ringraziarla di tutto quello che essa aveva fatto per la missione, apro il mio cuore alla regina madre ho creduto invece di sortire ad essa la questione esternandogli i miei [p. 166] [i miei] timori per l’avvenire, e le mie idee di lasciare la casa sotto la sua protezione in avvenire; io intanto, dissi, dopo qualche tempo penserei di andare verso Lagamara e Gudrù per visitare alcune altre case che abbiamo da quelle parti. Io poi non mancherei di venire qualche volta a restarvi qualche tempo, oppure in luogo mio verrà Monsignore Felicissimo, oppure qualche altro Prete per visitare i cristiani che vi sono. La buona vecchia madre sentì col massimo interessamento tut- /215/ to il sopradetto, e comprese subito tutta l’estenzione dei miei calcoli futuri, e mi rispose candidamente il suo consiglio.

risposta, e consigli della medesima. Padre mio, disse, fra le mogli del defunto Abba Baghibo, io era la più amata da lui; avrei perciò desiderato sinceramente che la sua casa, e l’opera sua avesse aggiunto [decoro], o almeno continuato nel suo stato medesimo in cui era al tempo del defunto mio marito. Egli stesso prima di morire, quando si decise di dare il regno a questo mio figlio, mi chiamò e protestò che lo dava a lui sperando che io l’avrei guidato, e mi parlò allora in particolare di questa sua casa, come opera incomminciata da Lui, e che avrebbe fatto molto bene al paese. sfoghi secreti della regina madre. Ma cosa vuole? questo mio benedetto figlio, appena incomminciato il suo regno si è messo [p. 167] a seguire questi Santoni della Meka, e non vuole più sentire altri; egli passa tutto il giorno coi Santoni, e la notte coi ragazzi, e quasi non posso più vederlo. Il suo Padre soleva dire a questi Galla, non guardate la mia religione, se volete farvi mussulmano siete padrone, se non volete, state nella religione vostra che io non vi obligo a cangiarla. Con ciò questi Abba Korò Galla lo amavano, si battevano per lui di vero cuore, ed hanno accresciuto più della metà del regno col loro valore. Oggi le cose hanno cangiato, Abba Gommol vuole fare tutti mussulmani, gli Abba Korò dopo aver fatto tanto, si trovano mal veduti dal re, e sono disgustati. In confidenza, caro Padre, [Le dico:] dove andiamo non lo so. La vostra espulzione ha fatto un gran senso sia quì nel paese, che fuori. Il Re si è pentito del passo fatto, perché ha ricevuto molti rimproveri da tutte le parti.

sue pratiche conclusioni. Venendo ora al vostro progetto; se il Re continuerà nel suo sistema incomminciato, voi avete ragione di allontanarvi. Se poi il Re, con tutte le lezioni avute, cangierà sistema, allora io stessa bramerei che restiate quì, perché farete del bene allo stesso Re, il quale oggi non lascia di temervi; essendo voi quì gli stessi Santoni nostri saranno più moderati nei loro consigli [p. 168] per non esporsi ad una seconda disfatta. All’opposto, se voi vi allontanate, diventeranno più petulanti, e la stessa vostra casa col tempo pericolerà. In quanto a me, siate pure tranquillo, perché io farò sempre tutto il mio possibile; quando voi sarete quì io stessa mi sento più forte per imporre [la mia autorità] e parlare; ma una volta [che] voi [sarete] lontano io potrei trovarmi come vinta, e qualche volta anche sorpresa, come è arrivato già nell’affare vostro passato.