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10.
A Sokota: la famiglia Waxum.
Gli Agàu in rivolta. Le febbri.

Tanto era prezioso il tempo per quei due giovani proseliti dominati dal timore di doverci separare, che quel giorno passò in conferenze, e la notte, come [p. 693] la precedente passò come un fulmine quasi tutta senza riposo. partenza per Sokota.
conferenze
La mattina, al canto dei gallo già eravamo in piedi per la partenza, e ricevuta la guida ci siamo posti in viaggio per Sokota; si camminava, ma la catena delle conferenze non ebbe più capo in tutto il viaggio, il quale ci sarebbe apparso di pochi kilometri, se il sole sempre fedele nel suo cammino non fosse stato vicino al zenit all’avvicinarsi di Sokota. panoramma di Sòkota Il bell’orizzonte di quel paese si impadronì un momento della nostra imaginazione, ed interruppe i nostri spirituali trattenimenti. Un vasto baccino tutto piano con in lontananza un circolo di basse montagne, come, più in grande, il piano di Piemonte [che si estende] da Torino alle alpi, eccone l’idea. Un poco più verso il nord di quel vasto baccino si trovava la città di Sokota, citta abbastanza grande da gareggiare quasi con Adoa, e colle principali città d’Abissinia.

una gra[n] nobiltà di Abissinia Sokota [era la] capitale degli Agau, e sede della gran razza Waxum una delle più nobili aristocrazie dell’antico impero abissino, stata disfatta da Teodoro, la quale possedeva in Sokota un gran palazzo molto visibile da lontano per la sua altezza, e forze il primo pezzo di lavoro indigeno fatto dagli Ebbrei abissini, che io conosca, fuori di alcune chiese [p. 694] le quali primegiano nel paese, frà i lavori indigeni. un gran palazzo in Sòkota Per far conoscere il valore di simili lavori, basti il dire che sono lavori senza calce, senza pietre di taglio, e senza mattoni cotti. Sono tutti lavori in pietra informe, in fango, ed in legni, lavori che non passano il secolo, come è chiaro. Nel palazzo dei Waxum di Sokota gli Ebbrei avevano studiato d’imitare esteriormente i palazzi imperiali di Gondar fatti dai Portoghesi, i quali contavano già quasi tre secoli, mentre quello in discorso passava poco [più] di otto lustri ed era in rovina. Appena entrati in Sokota, andammo diritti [d]al Governatore Generale, il quale occupava appun- /92/ to il pian terreno del palazzo suddetto, perché il piano superiore non era più abitabile, e cadeva in pezzi.

gran festa al giovane sposo Il nostro arrivo in Sokota fù a prima vista una gran festa per il governatore Generale, non per me, essendo sconosciuto, ma per il giovane sposo mio compagno che conobbe alla corte di Teodoro in tutto lo sfarzo del suo antico mondo; si strinsero al collo come due antichi compagni. Ma poi il governatore vedendolo a piedi in abito più che ordinario, non sapeva [p. 695] darsi pace, e quasi dubitava di lui che fosse un fugitivo; si ritirarono tutti [e] due da soli, avendogli fatto vedere una lettera di Teodoro, nella quale era qualificato come uffiziale maggiore, e cugino suo, restò mutolo; informazioni a nostro riguardo l’imperatore, gli disse, ha rimesso alla mia risponsabilità l’accompagnamento di questo viaggiatore, io pensava di consegnarlo al primo Messeleniè delle frontiere Agau, ma poi vedendo questi torbidi, ho lasciato il mulo presso il suddetto Messeleniè, ed io sono venuto con lui a piedi come semplice guida; la mia moglie cugina dell’imperatore mi aspetta nel basso Nagalà. Ma chi è questo viaggiatore? domandò il Governatore; è una persona tutta di Dio, rispose, la quale va a Gerusalemme, ecco tutto ciò che posso dirvi. Ma possibile che l’imperatore non gli abbia dato un mulo, ed almeno qualche cosa da vestirsi? L’Imperatore l’avrebbe arrichito, [rispose il giovane,] ma egli [non] volle nulla; Sciallaca Gember ed io abbiamo ordine di dargli tutto ciò [che] vuole, ma egli nulla volle acettare fin quì; [e mi disse:] più sicuro viaggiare da povero di quì sino al mare è inutile acettare, e si cammina più sicuro da povero. Arrivato che sarò al mare non ho più bisogno [di nulla]; ecco la sua risposta e la sua massima.

La mattina appena arrivati si gustò appena qualche cosa, ma la sera il Governatore volle trattarci con tutte le cerimonie del paese, invitando [p. 696] anche qualcheduno dei suoi più intimi amici. Nel metterci a tavola il Governatore aveva dato il primo luogo al giovane sposo, come un uffiziale parente dell’imperatore, ma questi ad ogni costo volle cedere il luogo a me.

la famiglia Waxum di Sòkota Come io aveva conosciuto Waxum Ghebra Medin alla corte di Ras Aly nel 1849., cioè 15. anni prima, io ho domandato di lui, come di una persona classica in quei tempi [col titolo di] Degiasmace capo degli Agau in quel tempo: questa è la sua casa, disse il governatore, stata fabricata da suo Padre. Waxum Ghebra Medin, battuto da Teodoro, [† mar. 1858] fu impiccato sopra una montagna quì vicino; vi rimase un suo figlio per nome Govesiè, il quale, avendo rifiutato la pace con Teodoro, oggi si trova fra gli Azzobo Galla. Il suo zio Waxum Tafferì fratello del morto, avendo fatto la pace con Teodoro, si trova al campo con lui, e coi suoi /93/ figli. Egli nel campo è sempre capo degli Agau, ma non può venire quì. Io, diceva il Governatore, sono qui rappresentante di Teodoro, ed abito in questo palazzo.

Mi fece piacere sentire tutte queste notizie, perché io aveva conosciuto tutta quella famiglia in Gogiam 15. anni prima, e più tardi il figlio [p. 697] del morto Waxum Govesiè perseguitato dal nuovo governo imperiale mi scriveva ai Paesi Galla di volersi rifugiare presso di me, ove aspettare la providenza fra i paesi Galla. il nostro apartamento, e le nostre conferenze Finita che fù la cena io mi sono ritirato nel mio apartamento, il quale consisteva in una gran camera situata nel piano superiore al piano terreno, l’unica che ancora era abitabile, benché tutta rovinata. Siamo montati con una scala a mano, perché la scala di costruzione era tutta rovinata. Partito io dalla conversazione, venne con me tutta la mia comitiva impaziente di godere il poco tempo che ancora ci rimaneva per le nostre conferenze. Si fecero le preghiere nostre di uso, [le] quali, appena finite, sortì la gran questione che pungeva il cuore dei due proseliti, quella cioè della separazione; [desideriamo] almeno un giorno di riposo in Sokota, dicevano essi, per guadagnare tempo ad ulteriori consigli; no, dissi io, in Abissinia il sistema unico sicuro, è quello di partir subito, ed all’improvviso.

i pericoli di Sòkota per me, e per i due sposi Sokota era una gran città di qualche milliaja di abitanti, dove si trovavano parecchie chiese, molti mona[c]i, molti preti, e molti deftari, [p. 698] tutte persone molto critiche per me; esistevano colà molti mercanti per il Sud e per il Nord, i quali avevano passato cola la stagione delle pioggie, e stavano per mettersi in movimento; altro elemento pericoloso per me. Sokota era pure una città di gran mondo abissino, e di gran corruzione, pericolosa anche per i miei due proseliti. Io ho fatto presente ai medesimi tutti i citati pericoli; cari miei, dissi loro, io vorrei vedervi partire prima ancora di me, e vorrei vedervi in strada per Nagalà verso le vostre mogli. In quanto a me non temete, Iddio mi proteggerà, e questo Governatore non mancherà di prendere tutte le misure per il mio viaggio. Appena pronunziato questo, uno scoppio di pianto interruppe ogni nostra conferenza. il governatore sente i miei secreti. La stanza era grande, il fuoco si era smorzato, e nell’oscurità io non aveva veduto che il Governatore stesso, nascosto in un’angolo, aveva sentito tutti i nostri discorsi, e se n’era partito poco prima

il giovane sposo s’intende col governatore Lascio che si sfogano, ed intanto mi metto a fare qualche preghiera che ancora mi rimaneva. Il Governatore chiama il giovane, e gli confessa che aveva sentito tutte le nostre conversazioni, e che era stato molto [p. 699] commosso a vederlo piangere, io non posso sapere tutte le ragioni particolari che hai, gli disse, ma se posso fare qualche cosa io sono /94/ disposto a tutto; rapporto al viaggiatore io posso assicurarti che lo farò accompagnare in modo che nulla avrai [d]a temere. Io sono persuaso di tutto quello che mi dici, rispose il giovane mio compagno, ma pure io ho tante obligazioni per questo uomo, che non posso separarmi da lui, e voglio assolutamente accompagnarlo ancora sino ad Antalo, ecco la questione; egli non vuole per timore della mia moglie, ma tutto all’opposto, essa è stata quella che mi obligò a passare il Takazè, ed avrà gran piacere quando sentirà che l’ho accompagnato sino all’ultimo punto che ho potuto. Ti prego perciò di non contrariarmi in questo. Arrivato che sarà ad Antalo, io ritornerò da te, ed allora ti racconterò tutte le ragioni che ho di seguirlo.

Passata la notte, l’indomani mattina il Governatore venne a trovarmi per darmi il buon giorno, ed io ho sollevato la questione della partenza adducendo per motivo la gran premura che aveva di arrivare alla Costa, ma io non sapeva ancora, ne che il Governatore avesse sentita la conferenza mia della sera, ne tanto meno quella avuta da lui col giovane sposo; [p. 700] ma il governatore, prevenuto, molto bene, disse, ma io di quest’oggi non posso spedirlo, dovendo cercare persone che lo accompagnino; oggi si parlerà, e domani nel caso si vedrà. superati gli intrighi, si decide la partenza Ne ho parlato al giovane, e vedendo che egli stesso andava d’accordo col Governatore, mi accorsi subito, che anche il giovane, temendo che io tenessi fermo nel proibirlo di venire più oltre con me, inclinava di prolungare la febbre e farmi rimanere qualche giorno di più in Sokota. Quando è così, dissi, tu verrai con me sino ad Antalo, a condizione che si parta o stassera, o al più lungo domani mattina. Appena deciso questo, il mio giovane andò subito dal Governatore, e venne decisa la partenza per l’indomani mattina di notte.

una questione politica Debbo quì prima di andare avanti dare un saggio della politica degli Agau, tal quale ho potuto [in]travederla nel mio passagio, sia perché questa ebbe un’influenza sopra i miei movimenti, qualche volta troppo accelerati, sia ancora, perché dovranno servire di base alla storia posteriore dell’Abissinia, ed anche a certe mie operazioni. origine della rivolta frà gli Agaù Ho già dato poco prima alcuni cenni sulla famiglia dei Waxum padroni del palazzo di Sokota, dove ho detto che Waxum Ghebra [p. 701] Medin [† mar. 1858] fù impiccato da Teodoro come rivoltoso, e che suo figlio Goveziè era vivente esule frà gli Azzabu Galla. Il paese degli Agau ha veduto male questo atto di crudeltà contro il capo di quell’aristocrazia da loro venerata da secoli, e conservò sempre un’odio contro l’imperatore. Per forza l’ha riconosciuto per molti anni, sia perché il branco cadetto Waxum Taferiè, rimasto alla testa di quella nazione, era entrato al servizio dell’impe- /95/ ratore con una quantità dei soldati del paese; e sia ancora perché mancava un rappresentante del morto Ghebra Medin per la minorità di Govesiè. Appena questi arrivo all’età di cingere la spada, e mettersi alla testa della sua armata, incomminciò a fari un seguito non indifferente, essendo ancora fra i Galla. Il fermento di rivoluzione degli Agau nel momento del nostro passagio per quel paese ebbe origine da questo, e si parlava secretamente, che Govesiè al più tardi nel mese di Ottobre o [di] Novembre [1864] sarebbe sortito dal Paese galla degli Azobu colla sua armata per prendere il Tigrè.

il sud e il nord intesi contro Teodoro
[1864]
Nel giuoco dello scacco, quando l’assalto al Re è preparato da due parti, allora è difficile [sfuggire]. Goveziè doveva attaccare il Tigrè al Nord ajutato dagli Azzobu Galla; nello stesso tempo era cosa intesa con Betsabee Vice Re [p. 702] del regno di Scioha al Sud di dichiararsi indipendente. Teodoro, benché già in declinazione, pure era ancora abbastanza forte per sortite da quell’imbarazzo, ma la sua forza stava nel prestigio della sua persona, e non si sarebbe fidato di spedire un’armata senza di lui. Se egli partiva per battere il Nord, allora il Sud sarebbe disceso nel Beghemeder per distruggere il centro dell’impero; lo stesso sarebbe occorso se fosse partito prima per il Sud. Il partito preso da lui di restarsene nel centro fù il principio della sua rovina. Un’anno dopo il mio passagio Govesiè era già padrone di tutto il Tigrè. [1866] Dello stesso anno fuggito Menilik da Magdala [30.6-1.7.1865] andò in Scioha, dove, senza battersi con Betsabee, tutto il paese lo ricevette con trasporto di giubio, come vero Re, obligando Betsabee a cedere al legittimo suo sovrano. Così Teodoro rimase col solo Beghemeder e pochi altri paesi vicini. [a Magdala: 27.3.1868] Alla venuta degli inglesi più della metà dell’armata l’aveva già abbandonato.

motivi di accelerare la partenza Dal sovra esposto può ognuno formarsi un’idea delle ragioni forti che io aveva di accelerare il mio viaggio, perché l’Abissinia, una volta scompigliata può inchiudere un povero viaggiatore in un luogo, anche per un’anno intiero, per aspettare che [p. 703] si aprano le strade col dominio riconosciuto di qualcheduno, altrimenti si esporrebbe ad essere assassinato. nostra partenzsa da Sòkota Noi siamo partiti l’indomani, con una scorta sufficiente dataci dal Governatore sino alle frontiere degli Agau, dove ancora vi era qualche pericolo. Come il Governatore era un’Agau, e gli stessi suoi soldati erano per lo più tutti indigeni, e fin là non vi era ancora una rottura formale trà il potere imperiale, ed i rivoltosi pretendenti, ho potuto vedere che esisteva una connivenza. Frà gli stessi nostri soldati che ci accompagnavano, molti inclinavano per Govesiè, e dicevano[:] Govesiè imut [= per la morte di Govesiè], invece di dire[:] Teodoros imut [= per la morte di Teodoro]. Quando la rottura sarà dichiarata, diceva frà /96/ me stesso, saranno pochi quelli che si batteranno per sostenere l’imperatore; da qualche segnale io dubitava dello stesso Governatore.

confini trà gli Agau, e l’Enderta Partiti da Sokota abbiamo camminato circa un’ora sull’alto piano, e poi incomminciò la discesa, la quale durò tutto il giorno per arrivare alle vicinanze del fiume che divide gli Agau dall’Enderta. Io non mi ricordo più il nome di questo fiume [p. 704] nel momento in cui scrivo, ma posso nominarlo il confluente nord del Takazè, col quale si unisce più [in] basso all’Ovest prima di arrivare ai piedi del Semien. il paese Agau fra i due branchi del Takazè Dimodoché il paese degli Agau si trova trà questi due branchi dello stesso fiume, i quali montano verso l’Est, uno al Nord, e l’altro al Sud. Noi abbiamo passato la notte sui confini degli Agau, e quasi sulla riva del fiume; è quello [un] paese basso e disabitato, perché regna colà il miasmo della febbre nei mesi di Settembre [e Ottobre] sino a tutto Novembre. paese di febbri Io credeva di andarne franco, ma l’ho presa, e si manifestò poi circa 15. giorni dopo. Chi passa quel fiume in detti mesi dovrebbe regolare il suo viaggio in modo da non passarvi la notte sulle rive del fiume, partendo invece a un’ora da poterlo passare di mezzo giorno, e prima dei crepuscoli poter passare a qualche punto più alto della riva opposta.