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12.
A Cialokòt: vicende dinastiche.
Pastorale missionaria. Le febbri. A Terrà.

partenza per Cialikot L’indomani di buon mattino, il governatore ci congedò, potete partire colla guida di Abba Josef, [ci disse,] ed io, appena sarà radunato il mio seguito vi raggiungerò. Così abbiamo [p. 724] lasciato quella vasta campagna, o specie di villa principesca di proprietà particolare del Governatore Goxa, e ci siamo congedati da quella buona vecchia Ozoro Waletta Salassie, la quale ebbe tanta cura di noi, e ci serviva per una vera affezione religiosa, perché aveva sentito molte cose da Abba Josef, ma non [era] ancora convertita, perché per lo più queste vecchie sono molto attaccate alle loro tradizioni: andate, disse, domani sarà probabile che ci vediamo a Cialikot. nostro arrivo a Cialikot, suo panoramma Non abbiamo camminato più di un’ora tenendo sempre l’alto piano verso il Nord, quando tutto all’improvviso ci siamo trovati a[l] bordo di un precipizio a picco, alto al più da 25. a 30. mettri. A[l] bordo di questo precipizio si presenta all’occhio un bacino quasi rotondo, come Platea di anfiteatro, circondato da un muro naturale, largo cir[c]a poco più di due kilometri di diametro, un vero orto di delizie con in mezzo una piccola città, ecco Cialikot.

Cialikot è santuario Cialikot è un Santuario con immunità. La Chiesa è bella e grande a padiglione, coperta di paglia, dedicata, se non erro, a S. Michele con un boschetto intorno, come tutte le altre Chiese d’Abissinia. La città conterà [p. 725] circa 200. case di pietra di forma araba col solo piano terreno e coperte da terrapieno sul bordo di un fiumicello. città di Cialikot È una città bella a vedersi, ma senza orizzonte, essendo circondata da una specie di muro naturale con due spacati, dove entra e sorte il flumicello. Ci fu assegnata una di quelle case, la quale era abbastanza propria a vederla, ma quasi inabitabile per la gran quantità di cimici. Come non fa[ceva] freddo, e le pioggie [si] erano già calmate, noi passavamo la notte sul terrazzo. La città è un Santuario stato [inizio 1800] fabricata da Ras Walde Salassie, ed è una proprietà patrimoniale del Governatore Goxà discendente del suddetto Ras Walde Salassie, il quale sul principio del secolo aveva /107/ governato tutta l’Abissinia. deputazione inglese con regali
[1804-1805]
Il Ras suddetto in Cialikot aveva ricevuto una deputazione inglese con regali consistenti la più parte in oggetti di arte, principalmente quadri, crocifissi, e simili oggetti religiosi, ben conservati in una casa nel recinto della Chiesa, guardata la casa a chiave da un custode particolare.

popolazione di Cialikot. La popolazione di Cialikot all’epoca del mio passagio contava al più mille abitanti, la maggior parte persone di Chiesa, come preti, monaci, e deftari. Vi era cola una scuola [p. 726] di lingua etiopica e di canto abissino. Si trovavano ancora in Cialikot mercanti ricchi, i quali tenevano depositi di mercanzie venute dal mare per il consumo del paese, come luogo immune, e meno soggetto al pigliagio dei soldati. gli inglesi venuti per la via di Anfila
qualità di qu[e]sta via
La deputazione inglese suddetta era venuta per la strada di Anfila direttamente a Cialikot, dove l’aspettava Ras Walde Salassie. Questa strada dal porto di Anfila sino all’Enderta, passa per il lago salato, e sarebbe la più commoda di tutto quel littorale dell’Abissinia, perché è l’unico luogo dove i cameli arrivano sino all’alto piano, epperciò commodo per i trasporti; ma è una strada lunga e manca di aqua. Sotto questo aspetto il porto di Anfila avrebbe un’importanza tale [e] quale; quando le carovane trovassero aqua. Questo porto avrebbe un’avantagio sopra Massawah, perché [da] questa [si] entra in [in] Abissinia per l’estremità Nord, mentre [da] Anfila [si] entrerebbe nel centro, ed avvanzerebbe ai mercanti la strada dell’interno molto più difficile.

confronto dei tre porti, Massawah Anfila, e Zeila Io ho montato parecchie volte l’Abissinia dal porto di Massawah; l’ho montata al Sud dal porto di Zejla e di Tagiurra nel 1867. [p. 727] Non ho montato l’Abissinia dalla parte di Anfila, ma ho preso tutte le informazioni, sia dalla parte del mare, sia dalla parte dell’interno in Antalo ed in Cialikot, unico luogo dove ho veduto i cameli sopra l’alto piano; dal giudizio che ho fatto io la strada di Anfila sarebbe la più bella per due ragioni. La prima quella dei cameli che [vi] montano sull’alto piano; la seconda ragione è, che quella di Anfila entra nel centro dell’Abissinia, commodo per il Sud, e commodo per il Nord. Dalla parte di Massawah avvi difficoltà per salire l’alto piano; poi salito il povero mercante trova grandi difficoltà sia per le strade, sia per le dogane, e sia per i mezzi di trasporto, per raggiungere il centro del commercio abissino, il quale è verso il Sud, al di là di Gondar. La strada di Anfila manca d’aqua, è questa l’unica difficoltà.

storia della dinastia di Cialikot Prima di partire da Celikot, debbo in breve dare la storia della dinastia discendente dal Ras Walde Salassie. Dopo il mio passagio per quel paese, nel mese di Novembre Waxum Govesiè, figlio di Ghebra Medin [† mar. 1858] impiccato da Teodoro vicino a Sokota, come già dissi, è sortito dagli /108/ Azzabu Galla e [1866] si impadronì del Tigrè; divenuto padrone [p. 728] del Tigrè, marcio sopra l’Enderta, e legò il Governatore Goxà e la sua madre Waletta Salassie e gli mise in una fortezza, nella quale, [† 1869] sorpresi dal Waïvolo morirono. Il giovane fratello di Goxà avendo ottenuto il permesso da Teodoro, andò al pianto della sua madre Waletta Salassie e del suo fratello Goxà, e non ritorno più da Teodoro, ma invece si ritirò presso gli Azzobu Galla, dove si fece del seguito. Quando [7.12.1867] gli inglesi camminarono verso Magdala contro Teodoro, Govesiè avendo lasciato il Tigrè per seguire da lontano gli inglesi, [giu.-ago- 1867] il giovane fratello di Goxà, sortito dagli Azzobu si impadronì del Tigrè, dove, alla sortita degli inglesi dall’Abissinia [25.5.1868] ricevette qualche milliaja di fucili, 12. cannoni, e molte munizioni da guerra, facendo giuramento di fedeltà ai suoi benefattori, e divento colossale. Morto [† 13.4.1868]
[giu. 1868]
Teodoro, Govesiè in Gondar si dichiarò imperatore col nome di Tekla Ghiorghis, e con tutta la sua armata discese in Tigrè per battere il nuovo padrone fratello di Goxà, e [11.7.1871] fu battuto, e legato nella stessa fortezza dove morì Goxà e Waletta Salassie. Il fratello di Goxà regno in Tigrè col nome di Imperatore Giovanni, di cui si parlerà.

un mio rifiuto Ritornando ora alla mia storia, io sono rimasto in Cialikot tre giorni intieri sempre mantenuto dalla casa del Governatore Goxà, e da sua madre Waletta Salassie, venuta espressamente per me dalla sua campagna, [p. 729] per avere cura della mia persona; essa avrebbe voluto darmi qualche cosa di moneta per il mio viaggio, ma io ho rifiutato di riceverla: questo mio rifiuto le fece molto specie, e mi domandava sempre per quale ragione. Prima di partire avendomi rinnovata l’esibizione, ed io rinovando il rifiuto, ha voluto assolutamente sapere la ragione del mio rifiuto. Io non ricevo [denaro, le dissi], perché non posso pagarvi. Ma io non domando paga, [ribatté la donna,] e ciò che vi do intendo darvelo gratis, e per puro amore di Dio. la vera riconoscenza cristiana Se voi me lo date gratis, [continuai io,] Iddio mi obliga di pagarvi, almeno con una riconoscenza, e notate, con una riconoscenza non pagana di questo mondo, che a nulla serve, ma [con] riconoscenza cristiana ed eterna, la quale deve finire colla carità eterna avanti [a] Dio. Ora questa speranza di unirci eternamente in paradiso con voi io non l’ho, perché voi camminate per una via, ed io per un’altra; epperciò come posso ricevere da voi [offerte] senza questa speranza di unirci eternamente in Cielo? La buona vecchia fù molto afflitta, ma ho dovuto lasciarla raccomandandola ad Abba Josef.

Noi dunque abbiamo lasciato Cialikot, e siamo partiti accompagnati da Abba Josef, e da un’altra guida dataci dal Governatore Goxa. Abbiamo /109/ preso la strada di Terà lontano due giorni al nord di Cialikot. buone qualità di Waletta Salassie Strada facendo con Abba Josef ho voluto [p. 730] parlare della buona vecchia Waletta Salassie che io intendeva [di] lasciare alla sua cura per vedere se si poteva in qualche modo convertirla alla fede cattolica. Essa si può dire convertita, perché è persuasissima di tutto, solamente essa non si risolverà mai di dividersi dai suoi figli; questa è quasi l’unica difficoltà che la trattiene; così diceva Abba Josef. Essa fa grandi digiuni, grandi limosine, e possiamo dire anche grandi preghiere di forma abissine. In quanto a tutto il resto, quando io parlo di fede (1a)[:] di queste cose, essa, dice, non parlatemene, perché io [non], ne capisco niente, io credo tutto quello che credono i Santi. In quanto ai preti, io amo quelli che insegnano, quelli che non cercano roba, che non cercano donne; per questo Abuna Jacob è migliore; egli da il Kurban a tutti (2a) mentre i nostri [preti] non lo danno se non a quelli che hanno il quov [cioè ai monaci e ai preti]; abuna Jacob non cerca tanto i taskar e le feste come i nostri (3a); abuna Jacob grida contro i peccati (4a) i nostri non se ne curano.

come si debba pensare di essa Del resto, mi diceva questo Abba Josef, Ella non può imaginarsi quanto non ho detto, e quanto non ho fatto per ridurre [alla nostra fede] questa donna, la quale mantiene mia madre, divenuta impotente, [p. 731] e mantiene anche me, epperciò mi starebbe a cuore che si salvasse. Ma come facio? Per essa se cerco di provare la vera fede colla Sacra Scrittura è tutto inutile, perché essa non distingue la Sacra Scrittura da un’altro libro. Essa non conosce altro che il bene secondo l’educazione e l’uso abissino, come il digiuno e la limosina, la compassione e l’amore per i poveri. In quanto al male, essa conosce il male della legge naturale, massime il male esterno. Quando gli spiego il male interno, come l’odio, i cattivi pensieri, ed i cattivi desiderii, essa [non] capisce. Gli stessi preti, essa gli distingue dal bene e dal male che essi fanno; il nome poi di cattolico, o di Copto, essa lo conta poco; essa stima i Preti di Abuna Jacob, perché insegnano e sono esemplari. Essa sente parlare /110/ volontieri di Gerusalemme e del fuoco santo [che si accende il Sabato Santo]; in quanto al fuoco santo vado adagio a dirgli che è una bugia, perché resterebbe scandalizzata. Io parlo di questa donna, perché Ella l’ha conosciuta, egli mi diceva, ma sappia che in Abissinia se ne trovano molti [casi] simili; la stessa mia madre, la quale tanto mi preme, è così.

come trattare l’eretico ignorante Io ho voluto scrivere tutta la conferenza avuta con questo monaco in proposito di questa matrona cristiana, perché contiene delle questioni molto gravi, le quali in pratica fra gli [p. 732] [eretici] dell’Abissinia accadono ben soventi, come possono accadere altrove, massime in oriente, questioni che il sacerdote missionario deve molto meditare per non trovarsi in pratica esposto a negare il suo ministero a chi forze è molto più sicuro non negarlo; altro è istruire, altro giudicare; il maestro ha sempre la legge o la fede quando insegna come sua guida principale, ma il giudice pratico ha per sua guida principale l’atto umano nella sua natura. Noi siamo accostumati di dare i sacramenti in una età, nella quale appena la persona è arrivata all’uso di ragione sufficiente per l’atto morale, e mancante ancora di cognizioni in materia di fede, massime in alcuni articoli di fede implicita. Ora, come si trovano anche fra [di] noi certe creature condannate ad essere sempre sino alla vecchiaja con un capitale di cognizioni, e l’uso stesso della ragione imperfetto, come i piccoli di età; Così in Abissinia questa condizione di esseri è quasi normale frà la classe un poco lontana dai centri. Non solo in Abissinia, ma fra gli eretici d’oriente corre quasi la medesima questione.

La vecchia Waletta Salassie era pure una matrona, alla testa di una gran casa, la corte del principe degli Agau, dove correva ogni sorta di gente di ogni condizione, [p. 733] centro delle notizie e delle dispute religiose, una persona perciò che aveva sentito molte cose; eppure essa confessava che de tutte quelle questioni essa [non] ne [ne] capiva nulla. Cosa dovremo dire del basso popolo isolato che nulla sente, che a nulla prende parte fuorché ai suoi piccoli interessi agricoli? Si aggiunga poi ancora, che questa classe è per lo più la più morale, la piu conservata, la più raccolta, e la più preparata a ricevere la parola divina e la grazia di Dio che gli viene dietro. un’eretico abbandonato in caso di morte Quando il missionario trova qualcheduno di questi in punto di morte non bisogna trattarlo come un eretico, ma trattarlo come figlio della Chiesa madre, battezzarlo sotto condizione, ed anche confessarlo; il passarvi sopra sotto pretesto che è un’eretico è un vero tradimento a lui, ed al suo ministero; esso non è un’eretico, ma è una pecora caduta dalla mano dell’eresia, che è una cattiva madre, e ritorna al grand’ovile della Chiesa.

/111/ morte di uno stato amministrato [Questione se] Amministrare i sacramenti ad un simile moribondo; se egli è un povero, transeat, perché il prete eretico viciniore non se ne curerà, e sarà portato al cimitero dai parenti, senza che il prete eretico viciniore si lascii vedere; ma non è così se sarà un ricco, dove vi sia qualche cosa [p. 734] da mangiare, allora verranno da lontano i preti a prenderlo, si solleveranno questioni, e non potremo neanche seppelirlo cattolicamente, mi opponevano alcuni dei miei stessi sacerdoti. Cari miei, io risposi loro, bisogna distinguere il ministero di necessità, da quello che è di supererogazione. Noi siamo mandati da Dio a salvare le anime, incomminciamo a salvare l’anima sua confessandolo e battezzandolo; in quanto poi al corpo, la sepoltura è un dovere secondario: come dopo la sepoltura si lascia il corpo ai vermi, così in caso di questioni, si può lasciare un poco prima il cadavere agli avoltoj che tengono conto solamente del grasso; e noi ci contenteremo di fare al morto alcune esequie private, ed anche secrete. Ciò sia detto di semplice passaggio.

alcuni avvisi ad abba Josef Io poi non devo dimenticare che sto scrivendo la storia del mio viaggio, e la conversazione che stava facendo con Abba Josef che mi accompagnava per rispondere a certi quesiti che egli mi faceva: tu non sei ancora prete, gli dissi, ti non puoi confessarli, ma potrai sempre istruirli, ed in caso di morte, anche battezzarli sub conditione, ed esortarli a pentirsi dei loro peccati; fatto questo tu hai fatto il tuo dovere [p. 735] e potrai salvare anche qualche anima. si viaggia, ma sono mezzo ammalato Così abbiamo passato tutta la mattina camminando e discorrendo. Era poco dopo mezzo giorno, ed io mi sentiva come [a] cadere, senza poter distinguere se fosse stanchezza, oppure qualche sintomo di malatia. Siamo arrivati con pena ad un piccolo villagio, e ci siamo fermati. ci fermiamo e si spiega la febbre Abba Josef conoscendo quel piccolo villagio, di cui non mi ricordo il nome, mi cercò subito una capanna, vuota; i ragazzi tagliarono un poco di erba, mi prepararono un letto alla meglio, vi distesero la pelle sopra e mi sono corricato. Appena corricato non tardai ad accorgermi che io mi trovava assalito dalla febbre. Dopo la mia partenza da Sokota, la sera ci siamo fermati vicino al fiume, e vi abbiamo passata la notte circa dieci giorni prima, era proprio il miasma di quel fiume che si era sviluppato.

sono assalito da una forte febbre La febbre fu molto forte, ma una febbre di un carattere complicato e con qualche segnale di bilioso, perché si spiegò da principio qualche prorito di vomito. In quei paesi, e frà quella povera gente non si trovava altro che un poco di latte, e me lo portarono facendomi istanza, affinché ne bevessi, per carità, dissi, lontano [da me] il latte, se non [p. 736] volete che io moia; portatemi invece un poco di aqua tepida; /112/ bevuta questa, ho fatto una scarica di bile, dopo la quale il mio stommaco è stato un poco più libero; ma la febbre non diminuì; io non sapeva più dove era, ed ebbi tutta la sera gran vaneggiamenti. I miei giovani erano in desolazione. Durò questo stato sino a mezza notte; allora ho potuto prendere un poco di sonno, si spiegò un gran sudore, e cade la febbre, sul fare dei giorno la febbre fu in diminuzione; ho preso una dose di kinino, e verso le otto una brava donna, pregata da Abba Josef, nella notte aveva fatto bollire una gallina e macinatala ben fina, mi preparò una minestrina, a uso abissinese, con molto butirro fresco ed un poco di farina di un grano chiamato dagussa. Mangiata questa minestra, che in Abissinia è creduta una medicina per tutti i mali, e bevuto mezzo corno d’idromele venuto con noi da Cialikot, partiamo, dissi, e faciamo uno sforzo per arrivare a Terrà. I miei non volevano, per timore che io fossi assalito dalla febbre in strada, ma dovettero cedere alla mia volontà, e si parte e siamo partiti.

Quando siamo partiti erano dalla nove alle dieci; abbiamo camminato due ore, ed io sperava nel preso kinino, ma l’aveva preso appena tre ore prima, per lasciar passare il grosso della febbre, e non bastava, [p. 737] ritorna la febbre, e si spiega una dissenteria e poco dopo il mezzo giorno ricomparirono i brividi, ed anche con un principio di febbre abbiamo ancora aggiunto una mez’ora di viaggio per arrivare ad un’altro piccolo villagio, dove fummo costretti ad arrestarci. Mi cercarono subito un’altra piccola capanna, e presto presto mi apparecchiarono il letto di dolore, ed ebbi una seconda febbre più forte della precedente, preceduta da alcuni sforzi di vomito. Come il giorno precedente, ho bevuto aqua tepida, la quale mi produsse ancora qualche scarica di bile: venuto quindi il forte della febbre con tutti i sintomi del giorno precedente, coll’aggiunta di qualche scarica di ventre in forma di dissenteria, [era la] prova che la febbre biliosa aveva prodotto qualche irritazione nell’apparato gastrico. Ho passato una notte molto agitata, e quasi fuori di me stesso. Dopo mezza notte [ebbi] un poco di calma con qualche intervallo di riposo; ricomparve il sudore, segno della febbre cadente. passa la febbre, e si parte. Un’ora circa prima dell’aurora ho voluto prendere una seconda dose di kinino. Più tardi ho preso un’altra minestrina, come il giorno precedente, e prima ancora delle nove, eccoci di nuovo in viaggio per Terrà.

Incomminciò a farsi sentire la debolezza e dovetti camminare a piccole riprese, tanto più che ogni mez’ora al più io aveva un’evacuazione di ventre, la quale non mi cessò [p. 738] più. Passò il mezzo giorno, ed il sintomo della febbre non ritornò, benché vi rimanesse sempre una febbretta sub continua, la quale [non] manca mai negli attacchi di febbre /113/ periodica complicata; nostro arrivo a Terrà; gran pianto mortuario. abbiamo perciò, a forza di riprese, potuto con gran pena arrivare a Terrà verso le quattro di sera. In Etiopia un’ammalato venuto di viaggio non è introdotto nel recinto [delle case] per timore di malatie ataccaticie, e siamo rimasti un poco lontano all’umbra di un’albero, ed il solo abba Josef, persona conosciuta, fu introdotta per portare la parola del governatore, ma si da[va] la circostanza che quella famiglia si trovava in gran pianto. Una figlia del padrone stata maritata con un Signore dell’Amassen Provincia Settentrionale del Tigrè, era morta di Parto. Il padrone di casa era partito [di] quel giorno stesso per l’Amassen, e [non] vi restava che la padrona con alcuni dei figli, ma la casa era piena di gente venuta al pianto. Per quella sera ci dettero un’allogio fuori del recinto.

si aggrava la mia malatia Benché il parossismo della febbre periodica mi avesse lasciato libero, pure la continua [alta temperatura] perseverava, e verso sera era anche più forte; la dissenteria mi tormentò tutto il giorno, [p. 739] e non poteva più reggermi in piedi. Appena ci assegnarono l’alloggio mi prepararono il letto al solito, e mi sono corricato. detagli della malatia Sino a mezza notte ebbi molti disturbi di secesso con doloretti sopportabili. Benché i signori avessero dato tutti gli ordini i più generosi, pure in tutta quella notte non ho potuto nutrirmi di altro che di farina di lino sciolta nell’aqua, e di caffè generoso, di cui mancava da alcuni giorni. La diarrea non cessava, la debolezza cresceva ogni volta più. L’indomani la febbre e la diarrea, invece di diminuire cresceva[no], ed il mio stommaco non poteva più reggere nessuna specie di nutrimento. Di quando in quando qualche pezzetto di pane secco, [ed] e mezzo carbonizzato al fuoco, oppure qualche pezzetto di carne secca e quasi carbonizzata era l’unico nutrimento che poteva ancora prendere. Non si parlò più di partire, e si passò [colà] il giorno.


(1a) In Abissinia quando si dice fede s’intende la questione di una o di due nature [in Gesù Cristo]; [per] il resto non si dice fede. [Torna al testo ]

(2a) I preti abissini usano [di] dare la comunione solamente ai monaci, oppure a quelli che si comunicano colla moglie. [Torna al testo ]

(3a) I preti abissini predicano sempre i pranzi mortuarii e le feste. In materia di feste, vuol dire non fare opere servili. [Torna al testo ]

(4a) Gli abissini dicono peccati il furto, la lussuria visibile, ed anche amazzare. Del resto poi non se ne curano. [Torna al testo ]