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20.
Alessandria e i suoi istituti religiosi.
Musulmano allievo dei fratelli delle S. C.

si parla della partenza Terminate che furono le mie visite, sortì la questione della partenza per Alessandria. Il Dottore La Gardé mi andava esternando il desiderio di andare a Gerusalemme, ed io non avrei voluto abbandonarlo per la speranza che là questo signore avrebbe trovato l’ultimo impulso per determinarsi alla fine a mettersi in regola cristiana col ricevere i sacramenti, meta ultima di molte mie industrie spirituali con quel bravo [p. 860] compagno di viaggio, nella sostanza non incredulo, ma solo negligente nel praticare, cosa molto ordinaria in Francia. Anche i miei due giovani abissini desideravano molto questo favore, [che costituisce] una vera passione per gli abissinesi. Per tutte queste ragioni si decise la nostra partenza per Alessandria. partenza per Alessandria
[fine feb. 1864]
Il P. Gabriele, che già aveva veduto i luoghi santi, restò in Caïro ad aspettare gli ordini di Roma, e noi, in compagnia del P. Elia, abbiamo preso il vapore di terra per Alessandria. I lavori della ferovia da Suez al Caïro trovarono un terreno più fermo, essendo la più parte antico sedimento marino divenuto quasi pietra, epperciò il treno andava con maggior velocità; laddove dal Caïro ad Alessandria per attraversare il delta il terreno ad una gran profundità era tutto deposito dei Nilo, terreno meno solido; le rotaie [stavano] basate semplicemente sopra altrettanti timpani di ferro fuso, e tutto lavoro ancora fresco, [per cui] il treno camminava molto adagio. Per questa ragione siamo arrivati in Alessandria molto tardi.

in Alessandria andiamo all’episcopio Arrivati in Alessandria il P. Elia ci condusse direttamente all’episcopio, dove Monsignore [, dove Monsignore] aveva già dato tutti gli ordini opportuni, e trovammo tutte le stanze preparate per me, per i miei due giovani, ed anche per lo stesso Dottore La Garde. Il vapore francese che teneva la linea di Costantinopoli, era quello che passava a Giafa, e soleva portare [p. 861] i pellegrini francesi, tardando circa una settimana a venire da Marsilia, abbiamo avuto tutto il tempo per scrivere alcune lettere, e fare le nostre visite in Alessandria. Io scrissi al Patriarca /177/ Valerga il mio arrivo per il primo vapore di Marsilia con tre altri pellegrini, e ne scrissi anche al custode di Terra Santa. Scrissi ancora in Aden, a Roma, in Francia, ed altrove per significare i miei movimenti. [1.3.1864]
convento e chiesa di S. Cattarina
[15.6.1846]
Fratanto si fecero le visite. La prima visita fu al gran convento di terra santa, detto di Santa Catterina, dove il P. Alessio essendo Guardiano ci aspettava a pranzo. Mi fece gran specie la Chiesa; io nel 1846. aveva assistito ai funerali di Gregorio XVI. nella vecchia Chiesa bassa e piccolissima. Nel 1850. aveva veduto la Chiesa nuova fabricata da Monsignore Perpetuo Guasco, la quale dopo due anni di lavoro, quando già era chiusa la cupola [11.7.1846] un pilastro ha ceduto e crollò per colpa dell’architetto; io mi trovava presente quando cadde, e Monsignore ne era desolato. La Terra Santa procedette a [inaugurata: 25.11.1850] nuova costruzione di quella che stavamo vedendo; era una bellissima Chiesa dello stesso stile di quella di Caïro, ma in doppia proporzione, fatte tutte [e] due da un’architetto francescano.

visita dei fratelli delle scuole cristiane Dopo pranzo, mentre stavamo ancora in conversazione vennero i Fratelli, delle Scuole Cristiane a visitarci nel convento dove eravamo, e ci invitarono a pranzo per l’indomani; io pensava di visitare prima i Signori Lazzaristi, ma tanto si disse che fui obligato ad acetare, differendo la visita suddetta di un giorno. L’indomani adunque di buon mattino [p. 862] per compiacere quei buoni Fratelli, sono andato a celebrare la santa messa alla cappella dei convittori dopo la quale ho fatto un piccolo fervorino in lingua francese. lingue europee dell’Egitto Benché la lingua europea più conosciuta in Egitto fosse la lingua franca, deposito antico dei Veneziani e dei Genovesi, la quale è un’italiano corrotto, tuttavia il sentimento pubblico tendeva al francese, sia perché era in quei tempi la Francia la potenza più influente, sia, ancora perché tutto il movimento commerciale non essendo più coll’Italia, ma colla Francia, i parenti dei giovani convittori bramavano a preferenza che i loro figli studiassero la lingua francese: i Fratelli delle Scuole cristiane poi essendo essi quasi tutti francesi, la lingua ordinaria dei convittori era divenuta la lingua francese, benché quasi tutti comprendessero l’italiano. I Padri di terra santa che ne erano direttori spirituali ordinarii predicavano per lo più [in] italiano, ma avevano una simpatia per il francese. Fu questa la ragione che mi indusse a fare il mio fervorino in francese, benché mi sarebbe stato più facile [parlare] l’italiano.

ritiro spirituale dei giovani Fui quindi pregato a replicare la Messa un’altra volta, e quindi di fare ancora qualche fervorino, ed ascoltare alcune confessioni di giovani, come aveva fatto anche in Caïro, dove il convitto si trovava poco presso nella [p. 863] stessa condizione di Alessandria, colla differenza però /178/ che il Convitto di Alessandria era molto più numeroso, e più ben organizzato ancora, come più antico, e dimora del visitatore, un certo Fr. Adriano, uno di quegli uomini, che già io aveva conosciuto nel 1850., uno di quegli oracoli straordinarii di uno spirito elevato, il quale predicava col solo lasciarsi vedere; uomo di sacrifizio, il quale era come un miracolo vivente conosciuto da tutti. Questo direttore dava, non solo alla sua famiglia religiosa, ma agli stessi giovani un non so che di vita e fragranza spirituale visibile. Anche in Alessandria come in Caïro esistevano giovani convittori di tutte le sette, e religioni, anche mussulmani, però in minore quantità.

un fragazzo musulmano Ora mentre io stava confessando alcuni giovani particolarmente [raccomandati] dal visitatore Fr. Adriano si presenta un giovanetto di 13. ai 14. anni per confessarsi, egli voleva venire ed un Fratello lo tratteneva, ma fece forza alla guardia ed entrò sino a me, il Fratello viene a dirmi all’orecchio che [il ragazzo] era un mussulmano, lasciatelo in pace, dissi, e non fategli violenza, e così se ne restò. la confessione di un musulmano Si mise in ginocchio ed incomminciava molto bene la sua confessione: veda che ingiustizia, disse, si confessano i miei [p. 864] [i miei] compagni, ed io che ho molti peccati di più non vogliono lasciarmi confessare, ed intanto faceva la sua confessione senza il menomo timore; aspetta, dissi io, ma non sei tu musulmano? cosa ho da farci, rispose, sono forze io che mi sono fatto mussulmano? ed intanto ad ogni costo proseguiva a contarmi ingenuamente tutte le sue miserie. Quando ebbe finito, io pensava di rimandarlo con qualche esortazione, come si fa in casi simili, ma egli mi sortì [con] un progetto tutto nuovo: Senta, disse, quando mi hanno messo al collegio i Fratelli hanno promesso di non farmi cristiano ai miei parenti, i quali sempre mi raccomandano di non farmi cristiano; tutti quelli che devono stare quì per timore non mi lascieranno battezzare. Ella essendo Vescovo, e dovendo partire, come ha battezzato tanti galla mi battezzi quì adesso secretamente, nessuno lo saprà, e l’assicuro che [non] farò mai più i peccati che ho fatto; io non so cosa fare del paradiso dei mussulmani, e voglio andare in paradiso con Fr. Adriano che è un Santo: va bene, gli dissi, lo faremo dopo. Se ne andò con quella promessa.

un caso pratico. Regolandomi secondo le leggi ordinarie della prudenza, naturalmente io non ho potuto contentare quel ragazzo, sia perché io non lo conosceva abbastanza, e non poteva conoscere tutte le conseguenze [p. 865] nel caso di farlo. Il certo si è che in tutto il mio ministero esercitato in Europa [non] ho mai veduto una confessione così esatta, e con tanto sintimento di vera penitenza in un giovanetto di eguale età. Se non /179/ altro ha trovato molti consigli, e molte esortazioni, e gli ho insegnato persino la maniera di farsi battezzare, ad ogni caso di non potere assolutamente [ottenere l’intento]. Quando l’ho costretto a partire con promessa egli piangeva ed io piangeva. Il sono stato sul forze di narrare o non narrare i detagli di questo fatto, ma siccome multi multa dicebant sul sistema adottato da quei religiosi di acettare anche i mussulmani nei loro colegi, ed io stesso sono stato di contrario parere, questo mio fatto può gettare qualche ragio di luce sopra questa materia. Quel ragazzo con tante belle disposizioni, caduto nelle mie mani era come un ucello nelle unghie del gatto, eppure la prudenza mi esortò a lasciarlo andare.

visita ai signori della missione Per queste occupazioni ho tardato [di] qualche giorno la visita che aveva promesso ai Signori della missione Lazzarista, ma siccome anche essi mi avevano invitato a pranzo, sono andato la mattina a celebrare la Santa Messa. In Alessandria non vi è un fabricato più vasto di questo; esso prende quasi un’intiera contrada dalle due parti. descrizione del[l]la chiesa, case dei signori della missione, e delle suore. Da una parte [p. 866] esiste la Chiesa a tre navi, e fornita sopra tutto all’intorno, capaci di contenere parecchie centinaja di persone, da una parte [stavano] i convittori maschi, e dall’altra le femmine. Da un canto della Chiesa esiste la casa dei Signori della missione, casa abbastanza grande con tutte le commodità occorrenti ad una grande comunità; dall’altra parte della Chiesa poi esiste il collegio di giovani maschi convittori, stato fatto da principio, ma poi lasciato, provisoriamente per non fare concorrenza ai Fratelli delle Scuole cristiane che gli hanno prevenuti. Dalla parte opposta della contrada esisteva tutto lo stabilimento delle Sorelle della carità, il quale solo è un mezzo paese, perché, oltre la gran casa madre delle Sorelle suddette, vi sono poi altri stabilimenti di figlie, per le orfane, per le scuole estere, e per il pensionato. Esiste là persino una spezieria famosa, dove parecchie Sorelle sono continuamente occupate a medicare i poveri della città di qualunque religione siano, i quali vi corrono come alla casa materna; solo questo è un miracolo permanente di carità cristiana.

ospedale degli europei Oltre di ciò ho visitato ancora l’ospedale degli europei, il quale è diviso in due sessioni, una per i maschi, e l’altra per le femine. Anche [p. 867] questo ospedale è servito ed amministrato da una quantità di Sorelle della carità, le quali per turnum non perdono di vista gli ammalati ne [di] giorno ne [di] notte. Tutti questi stabilimenti quì riferiti sono nati, cresciuti, ed arrivati ad un grande sviluppo nei 15. anni dopo la mia seconda partenza dall’Egitto nell’anno 1850: solamente in Alessandria, tutti i fanciulli e le fanciulle, comprese le scuole esterne ed inter- /180/ ne, potevano già in quell’anno calcolarsi circa [a] due mille. Lo stesso poco presso si poteva dire del Caïro, dove non ho tutto riferito; là il numero dei stabilimenti era maggiore in numero, benché non colossali come in Alessandria. l’avvenire delle scuole d’oriente Quando io viddi tutto quel[lo] sviluppo di scuole in via ancora di crescere, sorpreso da stupore nel vedere tutti quei trionfi della Chiesa, dissi fra me stesso; Iddio in altri tempi aveva mandato soldati crocesignati per battere l’impero della mezza luna; oggi pare che stia preparando reggimenti di frati e di monachelle di un zelo portentoso da servire di esempio al ceto stesso sacerdotale per nuovi attacchi; se la cosa continua senza crisi contraria in un mezzo secolo si vedrà qualche cosa.

la chiesa sempre in battaglia, ma sempRe Vittoriosa La Chiesa però, benché si debba dire regno internazionale fatto da Cristo in senzo tutto passivo di pace e di sofferenze, pure, come si deve verificare in ogni individuo di questa gran nazione nelle battaglie particolari di ciascheduno contro il proprio nemico della propria salute, così occorre della Chiesa di Cristo, regno di pace, ma sempre in battaglia, un giorno fra i trionfi, ed un’altro [p. 868] fra le battaglie. nuove invenzioni diaboliche L’Oriente eterodosso vedendo i suoi figli correre alle diverse scuole europee, le quali si moltiplicavano ogni giorno, e minaciavano di tutto assorbire, incomminciava allora a risentirsi, ed a fare progetti di scuole particolari per affranchire le loro nazioni dall’invasione dei latini. In Caïro si parlava fortemente di un collegio che si stava organizzando nel suburbio di Abbadia a spese del governo per i nativi tanto musulmani che cristiani levantini che aspiravano agli impieghi governativi, opera che io stesso ho veduto realizzata con gran scapito della moralità. Incomminciarono pure allora a comparire collegii scismatici specialmente greci per scimiottare i latini, ed impedire ai loro giovani di andarvi. Persino i nostri cattolici levantini non mancarono di dare segnali di vita in questi movimenti per timore che i loro giovani non dimenticassero il loro rito, e con essi dicevano, la loro nazionalità. Sarebbe stata questa una buona emulazione se i levantini avessero sentito il vero bisogno di vegliare alla moralità, nella quale il levantino è molto debole. Mancata [la] sorveglianza morale, il concentramento della gioventù diventa un vero postribolo. Anzi una secca sorveglianza senza l’elemento della vera pietà, non solo non basta, ma innasprisce le passioni, moltiplicando la tendenza in vetitum.

venuta la partenza Il bastimento che doveva portarci a Giafa doveva arrivare nella notte, o al più tardi l’indomani mattina: il P. Elia aveva già preso tutti i biglietti per la partenza, Fratello Adriano col direttore del collegio interno vennero la sera a pregarci [p. 869] per la Messa dell’indomani; tutti i /181/ giovani ad una voce, dissero, la scongiurano a venire ancora una volta a celebrare la S. Messa, ed a farci qualche fervorino. Vedendo così ho risoluto di andare a passarvi la notte, lasciando tutti gli altri nell’episcopio. Appena arrivato al collegio, i giovani avendo inteso il mio arrivo domandarono tutti di baciarmi la mano. Gli ho ricevuti tutti, ho dato loro la mano [d]a baciare, e dissi loro; domani io debbo partire, e non sapendo ancora l’ora della partenza, pregato dal vostro Direttore, non ho avuto coragio di rifiutarmi alla domanda che mi avete fatto, e passo quì la notte per celebrare presto domani mattina. Il vostro Direttore vi dirà l’ora della Messa. Io vado a Gerusalemme, ma dopo Pasqua sarà di nuovo quì da voi. Ciò detto gli ho congedati e sortirono tutti.

ancora confessioni del collegio Io credeva d’averla finita per quella sera, ma le missioni d’oriente mancavano per lo più di confessori, e quando i giovani trovano qualcheduno che, come una madre, lascia loro vedere le mamelle l’appetito viene a misura che si succhia: basti dire che io ho dovuto passare quasi la notte intiera a sentire quei poveri ragazzi, i quali ne avevano un vero bisogno. Alle due dopo mezza notte, io credeva di avere finito [p. 870] e trovare ancora qualche ora da dormire, ritorna il mio musulmano invece viene la guardia di una camerata a dirmi che un giovane musulmano non aveva dormito tutta la notte aspettando [che Lei terminasse di confessare] per avere la sua benedizione, era il mio piccolino del battesimo secreto: Ella teme [di] sollevare dei guai col darmi il battesimo secreto, disse, io ho aggiustato la cosa con un compagno molto bono, il quale sarebbe disposto a battezzarmi, solamente vorrei avere la sua permissione, e sapere se il battesimo sarebbe bono; sta tranquillo, dissi, nel mio ritorno aggiustero questo affare; il battesimo sarebbe bono, se questo tuo compagno conosce la maniera di darlo, ma ti ripeto, ascoltami, e ti prometto di aggiustare la cosa al mio ritorno; ciò detto lo benedissi, e se ne andò. La mattina ho celebrato la Santa Messa, ho fatto il mio fervorino, e [3.3.1864] me ne sono partito.