Adriano Parisot
(1912 - 2004)
Nota biografica

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Adriano Parisot nasce a Torino nel 1912, nipote di un ufficiale francese. Le memorie del padre, trasmessegli fin dalla più tenera infanzia, la continua presenza di riferimenti d'oltralpe, risveglieranno e terranno vivo in lui uno spirito transnazionale che darà i suoi frutti quando seguirà la sua vocazione artistica.

Dopo un primo apprendistato artistico "applicato" (un atelier d'insegne) la guerra gli fa drammaticamente conoscere nuove luci, nuovi colori e nuove culture con la campagna d'Africa. La sua scelta di vita diviene netta e irrinunciabile.

Le sue prime opere risalgono al '26.

Di ritorno dal Mar Rosso, attraverso il calore ed il colore di Napoli, arriva all’Accademia Albertina. L'insegnamento di Maggi esalta la sua predisposizione alla cultura, artistica in particolare, europea e soprattutto francese. Forse non a caso la sua prima personale è alla Galleria Faber di Torino, nel '46, incontrando la stima di un libraio ungherese che tenta di aprire a nuovi orizzonti la cultura subalpina. Iniziano gli anni difficili e tenaci della rottura con la "nuova accademia" torinese.

E iniziano anche i primi incoraggiamenti ed i nuovi stimoli. Nel '47, una nuova mostra a Torino alla galleria La Bussola, la Quadriennale di Roma ed i primi contatti con l’ambiente milanese con una mostra alla galleria Barbaroux, da cui l’inizio dei duraturi rapporti con artisti ed intellettuali milanesi (Dorfles, Soldati, Munari, Regina...) , allora più aperti ed esposti alle contaminazioni europei di quanto non avvenisse nell’ambiente torinese.

Nel '50 la Biennale di Venezia.

Nel '51, su invito di Soldati, Parisot entra a far parte del MAC (Movimento d'Arte Concreta) milanese, formato da Dorfles, Munari, Regina. Nel '52 Parisot inizia una nuova grande avventura intellettuale, organizzando nel suo studio la sede torinese del MAC, a cui aderiscono Biglione, Galvano, Scroppo, Carol Rama e Paola Levi Montalcini. In quegli anni la sua apertura culturale verso la Francia, e, in parte attraverso questa, verso il mondo intero, trova una nuova realizzazione e diventa motore propulsivo di intensi rapporti suoi e del movimento con gli interpreti della cultura d'avanguardia del momento, fra i quali Jean Cocteau e Michel Seuphor.

Dall’nizio degli anni '50 Parisot sviluppa la sua vocazione di operatore culturale oltre che di artista e nel '54 fonda e dirige fino al '69 la rivista "I 4 Soli", una delle grandi avventure culturali dell’Italia del dopoguerra, che, edita ad Alba, ha redazioni a Roma, con Enrico Prampolini, a Venezia con Emilio Vedova e a Parigi con Pierre Restany. Trovano concretizzazione in questo progetto culturale gli stimoli continui degli incontri con artisti, critici e scrittori nei bistrot e nelle gallerie di Saint Germain, iniziati con la prima mostra a Parigi alla Galleria Niepce, alla quale fecero seguito gli incontri, le amicizie e le occasioni professionali ed espositive con la Contessa di Noaille, con Magnelli, Denise René, Robert Arnaud, Beniamino Joppolo e Yves Klein, con la scoperta delle suggestioni grafiche e compositive del Giappone. Proprio con Yves Klein inizia una stagione di apporti e di scambi tra la cultura torinese e personaggi di spicco del mondo artistico europeo, che in particolare ebbe seguito animando gli scambi tra la galleria Gissi di Torino e la galleria Arnaud, con la serie di mostre "Pittori francesi e italiani", che presentano Bertini, Biglione, Bitran, Carrade, Dumitriesco, Galvano, Koënig, Lapoujade, Moretti, Navarro, Parisot, Scroppo, Dorfles, Fontana.

L'attività de "I 4 Soli" diventa occasione e stimolo a coltivare i rapporti con l’Europa, e con Parigi in particolare. La redazione francese della rivista conta Gino Severini, René Deroudille e Julien Alvar Si stabiliscono proficui e intensi scambi con André Bloc, scultore e direttore della rivista "Art d'aujourd'hui", con l’architetto Nelson e con Leger, che nel corso di un significativo incontro volle dedicargli un disegno, realizzato sul manifesto della mostra di Parisot alla Galleria Arnaud.

È il momento e l’occasione degli incontri con il mondo letterario e filosofico, in Italia e in Francia, da Jean Cocteau a Enrico Prampolini a Pietro Chiodi, il momento in cui la redazione albese de "I 4 Soli" diventa il punto di partenza per seguire le tracce di Beppe Fenoglio e Pinot Gallizio, mentre attraverso la redazione parigina arrivano i contributi di Severini, Prampolini, Kòine, Cocteau, Wols e Pollok, oltre ai già citati.

In questo momento il suo impegno e la lunga permanenza a Parigi, immerso nel crogiolo di grandi ed importanti luoghi di scambio come lo studio parigino del fotografo Paul Facchetti, si traducono in un'adesione al movimento pittorico dell’astratto lirico, che ricerca nelle strutture profonde della natura una nuova grammatica estetica che si concretizza in una nuova espressione gestuale.

Di questi anni l’incontro con il critico Michel Tapié, il cui ruolo propulsore nell’arte del momento viene oggi riscoperto e rivalutato.

Iniziano pure i primi contatti con le gallerie degli Stati Uniti, come il Long Wharf Studio di Boston, ed importanti gallerie europee.

Il '68, vissuto quasi per caso a Parigi da Adriano Parisot diventa nuova occasione di riflessione sul dialogo possibile e sulle differenze tra diverse culture, e si esprime nelle tele di un suo ricco periodo poetico, traduzione nelle sue tele di un momento di sensibilità verso un rivolgimento che per l’artista non é unicamente di ordine sociologico, ma al contrario diviene espressione delle contraddizioni dell’idea del consumo e della trasformazione dell’oggetto e dell’immagine.

L'avventura internazionale di Adriano Parisot prosegue negli anni seguenti, ed é ancora oggi in corso, rappresentando una affascinante chiave di lettura del senso e del merito dell’opera dell’artista quale catalizzatore di energie intellettuali in direzione di una internazionalizzazione della cultura estetica e letteraria, attraverso il concorso del collezionismo privato, della critica, dell’editoria e delle istituzioni museali.

Adriano Parisot si è spento nel gennaio 2004, dopo aver trascorso gli ultimi anni di vita e di lavoro tra Torino e la sua casa sui colli del Monferrato, dalla quale coltivava con occhio attento il suo sguardo europeo.

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