Ricordi di viaggio: l’Oceano del Portogallo

A tu per tu con... l’Oceano

È il 20 novembre e sono a Tavira, nell’Algarve portoghese, in casa di mia cugina Mariarita

Aggrappato all’ultimo raggio di sole che lambisce la terrazza e dopo essermi lasciato scompigliare i pochi capelli dalle sporadiche folate di vento, sono rientrato in casa accolto dal tepore accumulato in una giornata irradiata da un sole tropicale.

Nel silenzio sfiorato da una sommessa musica orientale, cercherò di fissare le sensazioni provate in una giornata: solo come un cormorano, solo sulla spiaggia, fra sabbia, interminabile sabbia e spumeggianti onde infinite; una giornata “A tu per tu con l’oceano”.


Nell’Algarve orientale, chiamato “Sotavento algarviano”, affacciato sull’oceano, i paesini che compaiono tra foreste di pini marittimi, aranceti ed ulivi secolari, mi sembrano tutti eguali, e conservano una certa impronta di naturalezza e semplicità anche se in parte rimodernati ad uso turistico.

Siamo in novembre: gli spazi sembrano dilatati; i turisti non hanno lasciato traccia della loro invadenza estiva.

A Manta-Roya, nell’immenso parcheggio addossato alle dune oltre alle quali si perde la spiaggia, le tre macchine che si arroventano al sole, mi sembrano delle formichine sperdute in Piazza Vittorio a Torino.

Alti pennoni con le bandiere che garriscono al vento e, tutto attorno lampioni giganti, dalle forme più assurde adatte ad un paesaggio lunare, ci accolgono quali esploratori solitari.

Un’elegante ed ampia passerella in legno marino sovrasta le dune fino alla spiaggia; frequenti ciuffi di ginestra legano la sabbia, evitandone il continuo movimento.

Su quella passerella, cammino, cammino e cammino... ansioso di incontrare la spiaggia; percorro almeno un chilometro prima d’averla raggiunta e, ancora più lontano, ma proprio lontano, si scorge la linea spumeggiante dell’oceano.

Una sensazione di immensità simile, l’avevo provata, tanti anni fa, nel deserto dell’Hoggar algerino, ma laggiù nel Sahara, quella sensazione me l’aspettavo, qui in Portogallo, No.

Finalmente la passerella termina con due rampe che scendono in una sabbia finissima, macinata dal vento e dalle onde.

Sull’ultimo gradino mi fermo, come il primo astronauta sulla luna, provo la consistenza del suolo con la punta del piede; la sabbia se lo inghiotte; avverto la sensazione di perdita dell’equilibrio, mi affretto quindi a mettere giù pure l’altro: sprofondo di buoni dieci centimetri.

Suvvia, non sono mica sceso all’inferno! Mi dico: prendo coraggio e con le scarpe sotto il braccio, parto verso l’oceano.

Il vento mi sorprende con le sue raffiche improvvise, mi fermo e dandomi un contegno, faccio finta di scrutare l’orizzonte; che assurdità, nessuno mi guarda, sono solo, solissimo!

La sabbia, di un colore rosato, è disegnata da increspature, da ondulazioni ora quasi impercettibili, ed ora più grandi, opera del vento e del mare.

Il sole all’orizzonte s’avvicina all’oceano: alcune orme che mi erano sembrate solo macchie scure, rivelano il passaggio di qualche altro solitario o di un gabbiano alla ricerca di granchi.

La marea che quaggiù sale e scende di parecchi metri, spinge l’oceano fino alle dune: è un‘immensa massa d’acqua che avanzando e ritirandosi sulla spiaggia, di metri ne percorre parecchie decine se non addirittura centinaia.

Mi guardo attorno, strizzando gli occhi che fra vento e sole, continuano a lacrimare: scorgo dei punti scuri che non riesco a collocare ne vicino ne lontano; dopo aver camminato parecchio, distinguo una figura che ogni tanto si china e poi si rialza, è un raccoglitore di conchiglie; dall’altro lato ma più vicino c’è un enorme uccello che, quando mi trovo ancora abbastanza distante, si leva in volo mostrando un’apertura d’ali di almeno due metri.

Non sono ancora arrivato all’acqua ma la sabbia è più scura perché impregnata di mare; noto che la profondissima spiaggia non è progressivamente degradante ma si estende ora più alta ed ora più bassa a volte anche di mezzo metro, formando dei lunghi avvallamenti; sulle creste di queste onde di sabbia, si sono depositati sassolini ed anche conchiglie.

Finalmente i miei piedi vengono lambiti e quasi risucchiati da un sottile, tiepido velo d’acqua; pochi metri più al largo, delle piccole e lunghe onde si rotolano con una bava di spuma e, sempre più lontano, sono via via più alte e più schiumose: effetto della spiaggia che degrada impercettibilmente.

Il mio abbigliamento è coraggiosamente estivo: pantaloncini corti, T shirt di cotone leggero e scarpe sotto il braccio; inizialmente la maglietta piuttosto larga, seguiva le folate del vento ed i brividi mi correvano lungo la schiena, ma ora, il sole, la curiosità e l’entusiasmo mi hanno riscaldato fuori e dentro, anima e corpo.

Comincio a camminare verso il sole, lungo il bagnasciuga: sento l’acqua che, spinta dalle onde, mi sale oltre le caviglie; osservo i piccoli mulinelli che si formano attorno ad un sasso e, ogni tanto rovesciano una conchiglia: anch’io mi chino e la raccolgo, poi riprendo a camminare... sempre più lontano.

Il sole s’è tuffato nell’oceano prima che me lo aspettassi; l’alone che mescola il rosso, il giallo e l’oro del tramonto, illumina ancora la spiaggia, evidenziando maggiormente, chiari e scuri.

Com’è volato il tempo!

Mi giro per tornare e vedo soltanto sabbia, la spiaggia, immensa più di prima; è un momento di panico: dove devo dirigermi ?

All’andata avevo incrociato una cima, una fune che univa una serie di boe bianche e rosse: quei galleggianti, con l’alta marea, sarebbero stati la guida, da riva fino allo scafo che avevo intravisto adagiato sulla sabbia; affronto quindi quel mare di sabbia, in diagonale... incrocerò sicuramente la cima di salvezza. Eccola! La seguo.

Finalmente appare in lontananza la passerella; rallento un poco l’andaturaanche, se qualche brivido ha ripreso a scorrermi lungo la schiena: il naufrago è salvo!

Mi siedo sul primo gradino, con la scusa di selezionare le conchiglie che mi pesano nelle tasche, ma in realtà, per riprendere fiato.

Mi rimetto le scarpe e appagato di tanta... immensità, affronto con calma la lunga passerella, cercando di non sciupare le indimenticabili sensazioni provate “A tu per tu con l’oceano”.

adriano fogliasso

terminato alle ore 00,30 del 21 novembre 2008 a
Villa Pacha, in Tavira - Portogallo

Riletto a Pino Torinese il 03-12-2008