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11.
Fulminea epidemia di vaiuolo:
ricerca di pus e metodo di vaccinazione.
un ragazzo preso dal vajvolo ci obbliga a partire
[1854].
Un bel giorno uno dei miei giovani galla, figlio di uno dei ladri, dei quali ho parlato sul principio del mio arrivo in Gudrù è ammalato, e dai segnali che manifesta la sua febbre, ho pronosticato subito che Iddio voleva provarmi col flagello del vajvuolo, cosa che ho temuto sempre, come già ho detto prima, atteso la gran paura che ne hanno i galla; io lo teneva nascosto, ma fu impossibile in una piccola casa, in cui il povero ammalato dorme per terra in publico. Abba Saa se ne acco[r]se e si spaventò, caro mio, disse, bisogna partire, altrimenti voi mi mettete in quarantena, e più nessuno si accosterà a me; ho dovuto
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pensare alla partenza; si fece subito una specie di lettiga con legni legati insieme; si radunarono i pochi effetti che vi erano, e nella notte ci mettiamo in viaggio.
tribolazioni nel viaggio notturno. Tutto quello che poté fare Abba Saa fu di darci uno schiavo che già aveva avuto il vajvuolo per ajutarci a portare; due altri della mia casa, i quali similmente già l’avevano avuta [la malattia], ed io eravamo quattro a portare l’ammalato; gli altri ci precedevano un poco lontani, e non potevano avvicinarsi a noi. Era il terzo giorno della luna in cui appena la sera [il satellite] si lasciò vedere qualche momento e poi sparì, e bisognava pensare di camminare all’oscuro, lascio perciò considerare che tribolazione dover camminare così quasi tentone per strade ineguali, portando una persona sopra una lettiga mal fatta; l’ammalato gridava pietà, tormentato dal male, e legato sopra una stria di legno con un poco di erba, ed inviluppato in una pelle per salvarlo dall’aria fredda della notte; noi portatori poi al pari di lui anche stanchi dal camminare incieppando, ora in una pietra, ora in uno sterpio, ora nelle spine, ed ora coi piedi in un fosso. Si faceva al più un kilometro, e poi dovevamo arrestarci e riposare; [p. 148] [per coprire] un viaggio di due ore, vi abbiamo messo circa sei ore, e siamo arrivati in Assandabo poco prima dell’aurora.
/94/ mia sorpresa trovandovi tre altri ammalati presi nello stesso giorno. Appena entrato in casa mi si agghiaccio il cuore trovandovi altri tre col vajvuolo, una donna, e due ragazzini scuolari della casa, assaliti tutti [e] tre lo stesso giorno del novilunio in cui cadde infermo il mio portato da Amiliè. Invece di riposarmi per le fatiche della notte, ho dovuto pensare all’organizzazione della casa in modo che gli infermi fossero curati tutti insieme in una sola casa, e fossero perfettamente isolati tutti quelli che non avevano ancora avuto il vajvuolo, cioè circa i tre quarti della famiglia. Io cadeva per la stanchezza, ed il mio cuore [era] oppresso, eppure mi trovava nel bisogno di far coraggio a tutti, e dividere la qualità d’infermiere coi pochissimi che già avevano avuto la malattia. A tutti quelli che non avevano ancora avuto la malattia ho raccomandato gran sobrietà [gran sobrietà], affinché occorrendo di essere assaliti non siano presi con un capitale d’indigestione, ed a questo proposito ho fissato il P. Hajlù Michele come custode.
isolamento totale nostro;
ajuto dei vicini.
Non tardò ad esse[re] conosciuta la triste situazione della nostra casa in tutti i contorni; più nessuno si avvicinava alla nostra casa, e
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nessuno dei nostri poteva presentarsi in casa altruj, dimodoche fummo sequestrati affatto, e ci trovammo in una rigorosissima quarantena. La casa aveva bisogno di molte cose indispensabili, come provviste di cose mangiative, di aqua, e di legna per il fuoco; grazie a Gama Moras, ed a alcune famiglie amiche, che pensarono a noi [per] più di due [mesi] nei quali durò questo stato di isolamento, la famigli[a] numerosissima ha potuto vivere. Gama ci mandò quasi tutti i giorni pane sufficiente, ed i suoi schiavi ci portavano dell’aqua sino alla porta, dove si riceveva nei nostri vasi travasata. Così molti ci portavano legna per il fuoco.
processo della malattia;
morte della donna;
raccolta di virus.
Dei quattro ammalati, due erano molto bene [avviati], la qualità del vajvuolo loro [era] di buona specie con pustule isolate e grosse, dai quali ho potu[to] ricavare una gran quantità di puzzo per l’inoculazione nel settimo giorno; prevedendone il bisogno ho messo [d]a parte una [una] trentina di vetri che io aveva portato d’Europa con della vaccina raccolta di quà e di là; gli ho masticati bene; per mandarne anche ai missionarii dell’Ennerea. Gli altri due avevano un vajvuolo confluente di un carattere cattivo; la donna
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è morta la mattina dei sesto giorno; il suo vajvuolo dopo essersi spiegato molto bene la sera del quarto giorno sparì per non so quale motivo; per lo più arriva quasi sempre così agli adulti in quei paesi, e pochissimi guariscono.
cautele per un ragazzo col vaivolo confluente.
Il quarto ragazzo col vajvuolo della stessa specie, e figlio della suddetta divenne una piaga sola, e fece una convalescenza molto lunga a diversità dei due primi, i quali in dieci giorni incomminciavano già a girare un poco
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nel cortile. Come nel paese si vedono molti divenuti storpi dal wajvuolo avuto da ragazzi, vedendo che teneva le ginocchia sempre piegate ho voluto visitarlo e con mio stupore ho trovato molti vermi nella piega interna; l’ho fatto lavare e già pareva che il nervo fosse offeso, perché soffriva per raddrizzarli, ed ho dovuto legargli dei legni per assicurarmi che non divenisse storpio. Per fortuna guarì. Ho voluto prendere anche da questo un poco di virus per vedere, se innestandolo il vajvuolo avrebbe mantenuto la sua specie, ma ho veduto che riuscì eguale agli altri, dimodoche in avvenire ho potuto raccogliere indifferentemente il virus da ogni specie di vajvuolo. Solamente aveva l’attenzione di assicurarmi dell’infermo che non avesse malatie di diverso genere.
gran timore del vaivolo;
sacramenti.
Il vajvuolo in quei paesi è così temuto, che i miei ammalati si tenevano come sicuri di morire, e siccome erano già bene istruiti nel primo giorno che incomminciò [a] esternarsi il vajvuolo mi fecero grandi istanze per ricevere i sacramenti
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e gli ho amministrati con piacere, anche a quelli dei quali poco vi era da temere. La ragione per cui hanno tanta paura del vajvuolo è perché in paese sogliono morire più dei due terzi. Gli adulti muojono in gran parte anche nei nostri paesi, ma in quei paesi mojono quasi tutti; vi mojono anche dei ragazzi e ragazze in gran quantità, forze la metà, ma quelli che guariscono una gran parte sono storpi o ciechi. La gran ragione è la mancanza di cura, ed anche la povertà, mancano da coprirsi; si vedono per lo più abbandonati, mezzi nudi e corricati per terra.
inoculazione del vaivolo a tutta la casa. Appena ho potuto avere il virus del vajvolo, ho subito inoculato tutta la mia famiglia ancora sana pensando di essere ancora in tempo, affinché il virus dell’inoculazione precedesse quello che poteva svilupparsi naturalmente con maggior discapito degli individui attaccati. Era questa la prima volta che faceva questa operazione col virus preso dagli ammalati, e stava molto in pena per vederne l’esito, ma grazie a Dio nel settimo giorno tutti quasi all’istessa ora caddero colla febbre, che durò tre giorni, in capo dei quali spuntò il vajvolo sulla ferita dell’inoculazione.
esito dell’inoculazione. Ho voluto inoculare un piccolo ragazzo con virus preso dal vajvuolo confluente per vedere se vi era qualche [p. 152] [se vi sarebbe stata qualche] differenza; [ne]gli inoculati col primo virus non sortì altro bottone fuori del luogo inoculato, ma il secondo virus aggiunse qualche altro bottone sulla facia del fanciullo. Però con tre giorni di convalescenza tutti furono perfettamen[te] guariti. La febbre che precede il vajvolo inoculato, e quella del vaivolo epidemico sortito da se, è perfettamente la stessa a segno tale che io temeva molto che non fosse il /96/ vajvuolo epidemico, ma fu un vero trionfo quando si vid[de] l’esito completo; trionfo che mi costò la fatica d’inocularne poi forze 30. o 40. mille [persone] nel decorso del mio ministero di 30. e più anni in quei paesi.
incominciano le domande. Diffatti, appena incomminciò a conoscersi l’esito dell’inoculazione incomminciarono tosto a presentarsi alcuni dei vicini per essere inoculati, ma siccome l’opinione non era ancora ben universalizzata, non erano che individui particolari che venivano contro la volontà dei padri di famiglia, i quali temevano ancora che l’inoculazione portasse il virus del vajvolo in famiglia, epperciò io faceva delle difficoltà per farlo, ma avendolo fatto a qualcheduno vinto dalle istanze, l’inoculazione [p. 153] produsse il suo effetto senza che i parenti se ne accorgessero, perché nel settimo giorno ebbe la sua forte febbre di tre giorni, la quale fu creduta altra malattia, e così passò la cosa senza che producesse altro inconveniente in famiglia; da ciò ho potuto conoscere che il vajvolo inoculato non si propagava in famiglia, cosa che poi fu conosciuta da tutti, e concorse sempre più a procurarmi dei clienti.
uno fugge l’inoculazione, dopo 18. anni muore;
gravi conseguenze.
Arrivò allora un’affare che dopo diciotto anni ebbe un’esito fatale anche per la missione del Gudrù. Gosciò figlio di Gama, come già si disse altrove, quasi da principio della nostra entrata in Gudrù era divenuto come figlio della casa nostra; appena si fece vedere il vajvolo, i parenti di questo giovane l’hanno subito mandato lontano in casa dei parenti di sua madre, dove rimase da cinque a sei mesi; per questa ragione, mentre a tutti i suoi compagni fu inoculato il vajvolo, egli se ne restò così, e ritornato in casa sua non si pensò più all’inoculazione. Passarono circa 18. anni, ed in questo fratempo
[† apr. 1864]
il suo Padre Gama divenuto come Re di tutto il Gudrù morì, e Gosciò suo figlio battezzato da noi col nome di Gabriele, regnò,
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e sotto il suo regno la missione fece dei progressi ammirabili, ma non essendo stato inoculato il vaivolo a lui, dopo cinque [anni] di regno pacifico fu colto dal vaivolo e morì senza figli.
[set. 1870]
Per la successione disputarono i partiti, e da un partito nemico essendo stato chiamato l’intervento del Gogiam, non solo la missione, ma anche il paese ebbe a soffrire molto, e soffre ancora ai giorni nostri.
un giovane fugge, colto da vaivolo in strada ritorna. Da principio che si manifestò il vajvuolo uno dei nostri giovani spaventato se ne fuggì col consenso però mio, pensando di andare alla missione dell’Ennerea; si fermò nella casa di qualche galla alcuni giorni per aspettare in Lagamara la partenza di altri compagni per l’Ennerea, fu colto dal vajvolo nel novilunio seguente, ed appena se ne accorsero i galla lo caciarono via, ed ammalato come era di notte poté alla meglio /97/ arrivare in Gudrù, dove guarì per miracolo a forza di cura dopo 15. giorni di gravissima malattia. Nello stesso tempo di questo [fatto] fù assalita una schiava di Gama, e mi pregò di ritirarla per non infettare tutta la sua casa, e vi morì dopo alcuni giorni battezzata.
spedizione di virus all’Ennerea. Vedendo che le domande incomminciavano [a] moltiplicarsi, e prevedendo che si sarebbero moltiplicate ancora di più, [p. 155] ho pensato di mandare un poco di virus alla missione dell’Ennerea, la quale incomminciava a stabilirsi bene; ho mandato anche colà un’ago per l’inoculazione. In tutti i tentati[vi] fatti colla vaccina europea mi serviva sempre della lancetta dei salassi portata d’Europa, ma vedeva che mi presentava una gran difficoltà per introdurla un poco avanti sotto l’epidermia, e faceva molto soffrire i poveri pazienti, i quali per questa ragione molti fuggivano la vaccina. La ragione di tutte queste difficoltà era perché la lancetta dei salassi ha una punta di forma di [a]mandola che si allarga troppo, e per poco che si introduca lascia un largo taglio dell’epidermia, più facile a lasciare sortire il virus col poco sangue che potrebbe sortite.
ago per l’inoculazione da me fatto Per questa ragione, non avendo altro ho preso un ago di amballagio gli ho dato una ripassata alla punta ed al filo dei due lati tanto che bastasse, e questa [invenzione] lunga come si trova si prestava molto meglio per manovrare con tutta la mano, e bagnata nel virus con tutta facilità poteva introdurla molto più avanti sotto l’epidermia, ed introdotta col pollice della mano sinistra premeva la punta mentre l’estraeva, affinché il virus vi restasse. In questo modo io poteva [p. 156] sbrigare anche 50. persone in un’ora, quando io trovava persone che mi avvicinavano il paziente tutto preparato a suo tempo. modo usato inoculando Io sceglieva sempre il bracio a preferenza di altri luoghi, come più commodo, e faceva l’inoculazione sopra il muscolo del retro bracio nel luogo più lontano da tutte le articolazioni. Agli adulti la faceva per lo più doppia a ciaschedun bracio, ai bimbi una sola. Con questo ago la piaga faceva raramente sangue, e l’indomani era già chiusa in modo che neanche più si distingueva il luogo; all’avvicinarsi del settimo giorno la persona incomminciava [ad] avere qualche segnale, e nel settimo giorno [si manifestava] la gran febbre con dolori all’articolazione, massime alla colonna vertebrale con gran mal di capo, nell’ottavo giorno incomminciava [a] infiammarsi il luogo dell’inoculazione, ed il bottone sortiva l’indomani.
miglioramento della casa. Grazie all’inoculazione del vajvolo, dopo i primi quattro non vi fù più altro attacco di vaivuolo epidemico, fuori di quello [del giovane] ritornato dal viaggio, e della schiava di Gama. Ringraziando Iddio, della casa nostra vi fu una sola vittima, ed una della casa di Gama, sepolte /98/ entrambi nel recinto nostro. Anche il publico incomminciava [ad] avvicinarsi un poco più, ma nessuno osava entrare nel recinto; io incomminciava per parlare a qualche persona che mi cercava per affari, oppure per inoculare il vajvolo. La specie [p. 157] di quarantina durò più di due mesi, pendenti i quali debbo lodare la generosità dei nostri vicini. Dopo poco per volta incomminciarono alcuni ad entrarvi, ma vi vollero ancora mesi per ristabilire l’intiera confidenza, ed il primitivo concorso al catechismo ed alla preghiera.