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41.
Mirabili successi apostolici in Afàllo.
Morte di Gabriele in fama di santo.
arriva abba Tabacco;
congedo del re.
Della stessa giornata arrivò Abba Tabacco da Afallo: fui chiamato dal Re, il quale mi congedò alla presenza della nostra guardia e di Abba Tabacco dando gli ordini, affinché io ricevessi in Afallo il necessario nutrimento per tutta la casa, e mi fosse consegnato il terreno che era stato destinato alla Missione in Afallo,
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aggiungendo altri ordini occorrenti affinché al più presto venisse costruita la casa per noi. Andate, mi disse Abba Magal, intanto spero [di] aggiustare le cose di Kafa in modo che possiate partire.
corriere all’Ennerea.
Benché l’affare di Kafa paresse prendere un’aspetto favorevole, pure onde assicurare meglio [la cosa] ho pensato di mandare un corriere all’Ennerea, informando Monsignore Cocino di ogni cosa, affinché egli ne parlasse ad Abba Baghibo, e questi prendesse le misure occorrenti a questo riguardo, e l’indomani Ghebra Mariam di Gondar con un’altro compagno abissinese partirono colle mie lettere; Io poi con una metà del bagaglio sono partito per Afallo, lasciando in Ciala un giovane fido con alcuni compagni alla custodia della casa.
partenza per Afallo. Partiti da Ciala, camminando dolcemente siamo arrivati alla catena della montagna, la quale fa un giro all’est al sud-ovest, la medesima di Ciala: là ci siamo riposati in un villagio, dove i paesani ci portarono latte e miele con qualche focacia per ristorarci. Il tratto di paese percorso era bellissimo, ed anche molto popolato. Incommi[nci]a a Ciala la pianta del cocciò, detto enset in Abissinia. La massa della popolazione era galla di un tipo bellissimo, mista di kafini, per la gran quantità di schiavi che viene di Kafa in occasione dei matrimonii reali, essendo sempre la sposa [p. 662] dotata di parecchie centinaja di schiavi, dei quali molti alla morte della loro signora sogliono ottenere la loro libertà divenendo piccoli proprietarii nel paese. Questi schiavi sono quelli che hanno portato da Kafa il cocciò o enset; a mio ricordo, diceva colà un vecchio, in Ghera non si sapeva cosa fosse il cociò, oggi il paese ne è pieno. visita di Donoce con suo figlio. In quel medesimo luogo venne a trovarmi con alcune oblazioni il Principe /373/ Donoce figlio di Abba Baghibo, il quale aveva la sua casa là vicino. Questo principe si raccomandava sempre a noi per ottenere la pace col suo Padre, sperando così di rientrare nel suo diritto di successione. Portò ancora il suo figlio ammalato, come già dissi della passione immunda all’ultimo grado di perfezione; avrebbe voluto lasciarmelo nella mani per la cura, cosa impossibile. Non aveva ancora in quel tempo abbastanza esperienza in questo affare, due anni dopo avrei saputo cosa ordinargli per guarirlo; il rimedio di Abba Magal veduto pochi giorni prima sarebbe stato quello che conveniva, buone catene in una casa sola con una compagna, e che nessun altro lo avvicinasse del suo sesso; invece egli gli faceva fare gran uso di muschio, il quale non faceva altro che accendere il fuoco che lo divorava, ed aveva una corte di pagi corrotti, ecco il male.
Passata quella catena si incomminciò a discendere dolcemente, avanti di noi [si estendeva] un’immenso paese più basso che andava di collina in collina a terminare nella valle [p. 663] del Goggieb, fiume che segna i confini di Ghera e di Kafa; al di là poi un’altra dolce salita, la quale in lontananza terminava con una catena di alte montagne che si innalzano sopra Bonga, quelle che portano il nome di Kafa, e danno il loro nome a tutto quel vasto paese. arrivo in Afallo; ricevimento. A metà della discesa esiste il villagio di Afallo, dove noi siamo arrivati dopo le tre. Al nostro arrivo tutto il villagio era in festa, ed un mondo immenso ci venne all’incontro con alcuni canti che io non capiva, i Bosassi vollero ricevermi in lingua del loro paese di Kafa. Arrivati in Afallo siamo entrati nella casa di Abba Tabacco, il quale ha ceduto a me due case, una più grande che poteva bastare per la maggior parte della famiglia, ed un’altra più piccola e più propria per me, dove io poteva ricevere e dare udienza. In meno di un’ora circa 25. vasi di birra e di idromele già erano entrati di regalo, ed Abba Tabacco già aveva fatto scannare un bove molto grasso. Abbiamo bevuto, e riposatici un poco Abba Hajlù fece ritornare i catechisti all’opera loro, ed una parte si occupò ad aggiustare la cappella per la Messa del domani.
ministero e sacramenti Da questo giorno si diede principio ad un ministero che durò circa due settimane, si può dire senza riposo ne giorno, ne [ne] notte. Da 50. a 60. famiglie, senza contare alcuni individui particolari, si dividevano il loro tempo, alcuni, segnatamente le donne [p. 664] venivano di giorno, e gli altri nella notte, ed i nostri poveri catechisti non trovavano più un momento di tempo libero. Basti il dire che in due settimane si fecero più di cento battesimi di soli adulti. L’indomani dopo la celebrazione della S. Messa si battezzarono più di 30. bimbi sotto i setti anni. Un’al- /374/ tro giorno furono battezzati circa 50. tra donne e figlie, altrettanti uomini e ragazzi un’altro giorno. Un giorno solo furono celebrati dieci matrimonii, parecchi dei quali in seguito alla separazione di concubine. In un giorno solo ho amministrato cento confermazioni, e si fecero allora circa cento communioni. Riferisco questo alla rinfusa per dare un’idea dell’entusiasmo sollevato in quella missione, e del lavoro che si fece; del resto poi tutti i giorni vi furono sempre battesimi, cresime, e comunioni. Fra tutti il più aggravato era sempre il povero giovane Gabriele, il quale dopo aver passato la giornata stippato di gente, arrivata, verso mezza notte, l’ora di prendere un poco di riposo, egli aveva sempre ancora una quantità di giovani che lo seguivano; basti il dire che la guardia venuta da Ciala, dopo aver tanto sospirato di parlargli da solo, non è che al terzo giorno che ottenne un momento [di conversazione].
salute del giovane Gabriele. Riguardo a questo giovane, lasciando da una parte le profezie fatte da lui sopra la sua prossima morte, un bel giorno ho voluto esaminarlo bene in un momento di riposo, [p. 665] perché nel momento del catechismo, allora prendeva un brio ed una forza che non aveva; l’ho trovato con un polzo molto debole, e di una [certa] frequenza: avendolo fatto scoprire l’ho trovato così magro che mi spaventò. sua partenza. Ho veduto perciò il bisogno di salvarlo ad ogni costo; ne ho parlato quindi con Abba Hajlù, e si combinò di cercare una persona disposta ad andare in Kafa, e trovatala lo facesse partire senza che nessuno se ne accorgesse. Così fù, il giorno avanti della nostra partenza, egli di notte prese la via di Kafa munito di nostre lettere ad Abba Jacob.
visita del terreno dato. Restava ancora l’affare del terreno dato dal re alla missione. Una sera Abba Tabacco [ed io] d’accordo col ragazzo del re siamo andati a vedere il terreno destinato. Il re aveva ordinato di farmelo vedere, e qualora non l’avessi amato ne avrebbe fatto cercare un’altro. Se io l’acettava di portare la parola all’Abba Korò, affinché ordinasse la publicazione della cessione del medesimo, e l’ordine al vicinato di costruirvi le case che io avrei ordinato. Il terreno era abbastanza grande per il mantenimento della casa della missione; si trovava in un pendio, [che] non arrivava a 40 mettri di larghezza, ma lungo più di 500. [e] non si trovava in esso uno spazio abbastanza largo per fare un recinto sufficiente per la Chiesa e per la casa. Io avrei inclinato a farlo cangiare, ma Abba Tabacco mi fece [p. 666] osservare che difficilmente si sarebbe trovato un’altro terreno vicino al villagio cristiano senza spogliare un nostro cristiano. Allora vedendo così ho deciso di riceverlo. L’Abba Korò di quel distretto fece publicare l’atto di donazione, e l’ordine del re di contribuire alla costruzione della casa. Ne[l] momento in cui scri- /375/ vo la casa della missione si trova sopra quel terreno; ivi si trova la Chiesa ed il cimittero, dove si trovano sepolti i nostri cristiani dal 1860. in quà; si trovano ivi sepolti anche europei cioè il P. Leone, ed il Signor Chiarini.
mia partenza, e ritorno a Ciala. Fatto questo passo, io ho preso tutte le misura per la partenza per Ciala, ove mi premeva di coltivare l’affare di Kafa presso il Re Abba Magal. Sono partito lasciando in Afallo una parte dei giovani con Abba Hajlù per continuare l’istruzione di quella cristianità, promettendo di ritornarvi a passare qualche altra settimana prima della mia partenza per Kafa. La partenza del giovane Gabriele per Kafa fece una grande impressione a tutta quella popolazione, e nel momento della mia partenza fu un grido universale che mi riuscì di calmare promettendo che sarebbe ritornato presto da Kafa. [p. 667] Appena il re sentì il mio arrivo in Ciala mi fece subito chiamare, e mi sono recato da lui l’indomani mattina, ed ho trovato là i Lemy del re di Kafa con lettere di Abba Jacob. Le nostre trattative parevano camminare bene dalla parte di quel re, ma i nemici non avevano ancora rinunziato [al]la diffesa dello stato quo relativamente all’affare del rivoltoso P. Cesare, benché egli osservasse sempre un gran silenzio. arrivo di monsignore Cocino; congresso Alcuni giorni dopo arrivarono dall’Ennerea i Lemy di Abba Baghibo, in compagnia dello stesso Monsignore Cocino. Si fece un congresso dei Lemy di Kafa e di Ennerea alla presenza di Abba Magal nel quale eravamo anche noi due, cioè io e Monsignor Cocino. I Lemi di Abba Baghibo si lagnarono, come siano state sollevate tante questioni sopra un’affare già conchiuso.
notizia di Gabriele infermo; Mentre si trattava questo affare venne una notizia che ci sconcertò tutti. Il giovane Gabriele partito per Kafa, appena arrivato sulle frontiere di Ghera si ammalò, e ritiratosi in una casa; non migliorando, anzi peggiorando la sua malatia il padron di casa venne in Afallo, dove tutta la popolazione si sconcertò in seguito a tale notizia; discesero in massa i cristiani, massime i giovani col P. Hajlù, e lo riportarono in Afallo [p. 668] dove trovasi gravemente ammalato. Il popolo è desolato, e la casa di Abba Tabacco, dove trovasi, è continuamente stippata di gente che cerca [di] vederlo. Tutti sono persuasi che morirà, perché egli ha detto più volte che sarebbe morto fra poco. Abba Hajlù desolato domandava qualche medicina. Al sentirsi nella corte questa dolorosa notizia, è incredibile il movimento che si produsse frà quei mussulmani medesimi, e benché [non] l’abbiano veduto che pochi giorni, ha lasciato colà un’impressione tale, come se fosse stato una delle prime persone del paese; Abba Magal steso si turbò molto. partenza di m.r. Cocino per Afallo. Monsignor Felicissimo desideroso di vederlo, preso con se il necessario per gli ultimi Sacramenti con alcune /376/ medicine, volle partire subito. Quando il Re pensava per dare qualcheduno della corte per accompagnare Monsignore, tutti i giovani della corte andavano a gara per andarvi, ma il Re pensò di mandare quello stesso nostro baldarabà venuto di là il giorno prima. Così partirono sul momento. Tutti se ne aspettavano la morte, perché lo disse più volte; io stesso l’ho creduto perduto.
In quanto agli affari di Kafa, i Lemy di Abba Baghibo, quelli di Abba Magal si unirono a quei del re di Kafa, e partirono tutti insieme con Monsignor Cocino in viaggio per Afallo. In seguito alle conferenze che ebbero luogo in presenza di Abba Magal il Re di Kafa, e tutta la caterva dei nemi- [p. 669] ci della missione non avranno più speranza di guadagnarmi con lusinghe, [pensavo io,] avendo inteso tutti i tentativi fatti inutilmente da Abba Magal; saranno perciò costretti ad osservare letteralmente gli articoli del giuramento fatto con Abba Baghibo, oppure chiudermi le porte, e rimandarmi Abba Jacob. arrivo dei lemy a Kafa; Difatti, arrivati questi Lemy a Kafa, il re passò tre giorni in conferenza coi medesimi. Abba Jacob passò questi tre giorni alla corte in casa di qualche amico per esplorare, e dopo alcuni giorni mi scrisse che fra tutte le cose sentite dal re dalla bocca dei Lemy, ciò che più di tutto lo colpì è stata la conversione dei Bosassi al catolicismo, e sopratutto l’entusiasmo sollevato dalla missione in Ghera. Quindi tutti i tentativi fatti e fatti fare sopra di me, o dei giovani, gli schiaffi ricevuti, la storia di Gabriele col re di Goma, tutto fu raccontato, e divenne publico nella regia di Kafa. decisione del re. Il re dopo aver conferito tre giorni coi Lemy congregò i sette consiglieri del regno per decidere il quid agendum; una certa gelosia s’impadronì dei diplomatici di Kafa, diceva Abba Jacob nella sua lettera; epperciò furono chiamati i Lemy di Ennerea e di Ghera, fu rinnovato l’antico giuramento, e furono spediti in buonissime condizioni.
Mentre si trattavano questi affari in Kafa † ago. 1859 Iddio chiamava a se il nostro giovane Gabriele con una morte da vero angelo, come era vissuto. Iddio si compiace [di trattare] colle anime semplici, ed usa con loro certe liberalità che non usa, anche a certe anime grandi, e di gran merito nella Sua Chiesa, come si è veduto nella storia dell’apparizione della beatissima Vergine in Francia ed altrove in questi ultimi tempi; [p. 670] le profezie di Gabriele così fù delle profezie del nostro giovane Gabriele sulla prossima morte, delle quali non vi era più dubio; così parimenti oggi posso dire di alcune profezie fatte al suo confessore poche ore prima di morire concepite in queste parole = dica al nostro Padre di non affliggersi tanto sull’affare di Kafa, perché dopo le pene verranno le consolazioni, ed il P. Cesare diventerà un grande apostolo = Questa stessa profezia l’a[ve]- /377/ va già fatta con altre parole molti giorni prima facendo il catechismo ai giovani esortandoli a non scandalizzarsi tanto facilmente per certe notizie, all’improvviso rivoltosi ad un giovane un poco più libero parlatore, gli disse queste parole = tu che parli del prete di Kafa, guardati di parlare, perché quando sarà convertito e diventerà un’apostolo sarai poi pentito, e costretto a ritrattarti = questo giovane stesso avendomi seguito in Kafa, quando colà io mi trovava nella desolazione, egli cercava di consolarmi adducendomi questa profezia, ed assicurandomi che egli sperava sempre in queste parole di Gabriele.
si divulga la morte; gran concorso. Appena nel paese si conobbe la morte di questo giovane si fece come un pianto universale frà i cristiani di Afallo. La casa fu stipata di gente per vederlo l’ultima volta. Una cosa qui è da notarsi, come fra tutte quelle popolazioni dell’alta Etiopia avvi un’orrore per i cadaveri, considerati come immondi, e gli ultimi officii di uso ai morti sono per lo più operazioni fatti fare dai schiavi, tradizioni in parte ebraici, come sappiamo. venerazione del cadavere. Con Gabriele però la cosa non passò così, ma tutti vollero baciarlo, e si disputavano una qualunque piccola cosa in memoria di lui. Secondo l’uso di quei paesi il cadavere è lavato prima di essere vestito di tela nuova. L’aqua medesima colla quale fu lavato il cadavere fu divisa e portata [p. 671] alle case, le quali vennero asperse della medesima. La tela che vestiva fu divisa in piccoli pezzi, e portata via. Tutti i giovani furono essi che vollero prestare tutti gli ultimi servizii al morto, essi lo lavarono, essi lo vestirono, essi scavarono il sepolcro, ed essi lo portarono in sepoltura. Vestito che fu lasciarono la facia scoperta, così le mani ed i piedi per dar campo a tutti di baciarlo; cercavano principalmente di baciargli la bocca, dalla quale avevano imparato tante cose. Furono obligati a tenerlo tutta la giornata e tutta la notte esposto per lasciare uno sfogo alla gente anche galla che veniva[no] ad onorario, cosa molto straordinaria nel paese, dove appena morta una persona è sepolta ancor calda, ed in due o tre ore al più, dopo la morte la persona, o meglio il cadavere suo è per lo più già sotto terra, eccetto [che si tratti di] un grande, per il quale fosse questione di fargli una cassa; perché allora per forza si tarda tanto che basti per eseguire questo lavoro.
Messa solenne; sepoltura. L’indomani mattina vi fu la Messa presente cadavere, alla quale concorsero non solo i cristiani, ma molti anche fra i galla dei contorni. Il feretro era tutto ornato di fiori. Monsignore Cocino fece un discorso analogo sulla morte del giusto, la quale non è morte, ma principio di vita. Finito questo fu portato il cadavere al sepolcro col canto dell’In Paradisuin deducant te Angeli... [p. 672] Quando si arrivò al sepolcro si /378/ alzò un grido di tutta la popolazione, la quale ad ogni costo voleva ancora vedere una volta la sua figura angelica, e fù uopo lasciare scoprire ancora la sua facia e le sue mani; queste scoperte presentarono ancora tutta la loro elasticità dopo 24. ore; vedere tutto quel popolo gettarsi sopra per baciarlo ancora una volta, fù una cosa ammirabile a vedersi. A mezzo giorno ancora non [si] riusciva di calarlo al luogo di sua dimora, e di poter chiudere la sua tomba.
arriva la notizia a Ciala; gran crisi di lutto. Il giorno stesso della sua morte arrivò in Ciala l’annunzio del suo passaggio [all’eternità]; non si può esprimere la crisi di tutto [ciò] che produsse l’annunzio di questa morte in quella corte, benché mussulmana. Alcuni giovani della casa ebbero la permissione di partire sul momento per Afallo, onde poterlo ancora vedere, e vi arrivarono a tempo. Quando Monsignore Cocino ritornò in Ciala fù subito chiamato dal re, il quale desiderava di sentire dalla sua bocca la descrizione [di quella morte]. La guida che ritornò con lui non ebbe più riposo. Per due o tre giorni in quella regia non si parlò d’altro che di Gabriele, e delle cose ammirabili avvenute nella sua morte. nostri sfoghi per la morte di Gabriele. Appena ho potuto trovarmi da solo [p. 673] Monsignore mi rapportò le ultime parole di Gabriele che mi mandò = Padre mio, io me ne vado al mio Dio, voi non siate in pena per le cose di Kafa, perché là sarete consolato [=]. Tanto io, quanto Monsignore Cocino abbiamo conchiuso con queste parole = veramente si verificarono in lui le parole dello Spirito Santo[:] consummatus in brevi explevit tempora multa, ed anche si può dire[:] opera multa: da sei anni, dacché si convertì, il suo cuore non si allontanò più un sol momento da Dio, e consummò tutto il resto ad istruire ed edificare in specie la gioventù, ed in modo tutto particolare i giovani della missione suoi compagni, fra i quali lasciò alcuni eredi della sua virtù, e direi quasi altre coppie di se.
arrivo dei lemy; Monsignore Cocino avrebbe voluto ripartire per l’Ennerea, ma Abba Baghibo gli aveva detto partendo di ritornare coi suoi Lemy andati a Kafa, epperciò dovette tardare qualche giorno, ma ritornarono quasi subito coi Lemy di Abba Magal. Questi anche impaziente di sentire le risoluzioni di Kafa, appena arrivarono ci fece chiamare. risposta di Kafa. La risposta fu in tutto favorevole: il re di Kafa ha giurato di mantenere in tutto gli articoli della prima convenzione con Abba Baghibo, e che perciò io avrei potuto partire al più presto che avrei voluto. Ciò ottenuto, Monsignore [p. 674] Cocino partì coi Lemy di Ennerea, e se ne ritornò in casa sua. Io poi ho incomminciato a lavorare per la partenza per Kafa. Spianate le difficoltà di Kafa bisognava spianare ancora le difficoltà dalla parte di Ghera, dove i battezzati si avvicinavano già ai 200., e si /379/ contava ancora più di cento catecumeni da battezzare, e molti matrimonii da fare. Abba Magal nel dichiararsi disposto a lasciarci partire mise due condizioni. condizioni opposte dal re alla mia partenza. La prima era quella di lasciarvi un prete. La seconda d’intendermi coi Bosassi per tutte le operazioni già incomminciate e che dovevano terminarsi. Riguardo all’amministrazione dei battesimi in tre settimane avrei forze potuto terminarli, ed amministrare ancora gli altri Sacramenti. La cosa che più mi imbarazava era quella di dovervi lasciare un prete.
qualità dei due preti indigeni Io mi trovava con due soli Sacerdoti, uno era Abba Hajlù, persona di ogni eccezione maggiore, per quanto si può sperare da un’indigeno, sia per la capacità, sia ancora molto più per il zelo apostolico di cui Iddio l’aveva arrichito. Questi sarebbe stato l’unico, a cui avrei potuto affidare questa missione formata di nuovo, ed ancora sotto la pressione del primo movimento di vero entusiasmo, perché certamente l’avrebbe continuata con grande vantagio delle anime. Il secondo Sacerdote era Abba Fessah, persona di un naturale freddo ed indifferente, e talmente freddo, che in mezzo a tutto quel fuoco di apostolato appena lasciava travedere in se un [p. 675] qualche segno di eco tanto esterno che interno. Rapporto alla sua condotta poi il mio criterio non era ancora formato abbastanza da lasciarlo celebrare; aveva scritto in Tigrè per avere qualche documento più positivo sulla sua condotta, ma ancora non aveva ricevuto nessuna risposta.
Ora nella mia andata a Kafa per una causa molto complicata e dubbiosa io aveva di assoluta necessità [bisogno] di Abba Hajlù, come unica persona capace di ajutarmi e rappresentarmi ad ogni evento, principalmente nel caso di dover giudicare qualche prete indigeno di rito etiopico. Abba Jacob stato ordinato Prete sopra il giuramento del P. Cesare, il quale prometteva di istruirlo, ancora neanche poteva celebrare. Abba Fessah poi, come Alunno eretico di Abba Salama convertito, non conveniva affatto di portarlo a Kafa per timore che non mi svegliasse il partito eretico. mia determinazione di lasciare abba Fessah in Ghera. In seguito a tutte queste ragioni ho preso il partito di lasciare Abba Fessah in Ghera per qualche tempo solamente, onde mantenere la posizione di un Sacerdote promesso al re. Mi riuscì di capacitare i nuovi cristiani a riceverlo con molta pena, facendo loro conoscere il gran bisogno di Abba Hajlù nella circostanza del mio ingresso [in Kafa] solamente. Sarò forze colpevole d’aver fatto quest’imprudenza, ma comunque, ho creduto bene di così regolarmi. Lo vedremo in seguito come questo Sacerdote fu un verà brinata del mese di Aprile per quella nuova missione, ma cosa farci? Anche quando il Superiore la sbaglia per mancanza di dote positive, o per pura ignoranza, /380/ [p. 676] bisogna dire che Iddio [lo] ha permesso per provare quei nuovi cristiani fin là troppo favoriti da Dio, oppure per altri fini che noi non conosciamo, come appartenenti alla categoria dei segreti del padrone di casa. Il fatto si è che per questa risoluzione io ho avuto sempre grandi rimorsi.
Presa la risoluzione [la risoluzione] rapporto al prete da lasciarvi mi sono recato ad Afallo per terminare il resto del sacro ministero che ancora mi rimaneva. il sepolcro di Gabriele; suoi figli. Colà la morte del giovane Gabriele aveva lasciato un gran vuoto per l’istruzione, ma per altra parte poi aveva compensata la missione lasciando alcuni eredi del suo zelo; si era fatta una lega fra i giovani stessi di Afallo sotto la condotta di alcuni dei miei venuti da Lagamara, i quali, fattasi una capanna tutta vicina al sepolcro del defunto, la vi passavano anche la notte in preghiere e ad istruire. Arrivato colà colla mia guida o baldarabà del re, la prima cosa che ho fatto mi sono recato al sepolcro suddetto, ricevuto dai medesimi, i quali si chiamavano i figli di Gabriele, fra gli altri un certo Camo, giovane di 12. ai tredeci anni, mi fu presentato da Abba Ajlù, come uno dei più ferventi; questi, dopo la morte del suo maestro, fu uno dei promotori di questa lega, e col consenso del suo Padre [p. 677] se ne rimaneva quasi abitualmente colà tutto vicino al sepolcro, ed alla chiesa. Il P. Hajlù mi riferì alcune apparizioni del defunto, alle quali prudentemente non ho voluto dare molta importanza, potendo anche essere un trasporto della loro imaginazione; tuttavia mi sono accorto che questo linguagio era già divenuto troppo comune, perché alcuni di questi giovani molto semplici, erano troppo facili a raccontare le loro impressioni.
mia dimora vicino al sepolcro. Al vedere il movimento, non solo di questi giovani, ma di molti altri, che si stava operando, mi fece venire la volontà di rimanervi io stesso, come luogo più vicino alla cappella, ed appena esternata questa mia idea, i giovani mi fecero subito una capanna bellina, e così ho lasciato di prendere stanza nella casa di Abba Tabacco già prima abitata. Presa questa risoluzione si fecero anche alcune altre capanne, e così intorno al sepolcro si fece il luogo ordinario del catechismo, dove i catecumeni si radunavano per sentire la parola di Dio ed imparare il loro catechismo. Il sepolcro era sempre coperto ogni giorno di nuovi fiori, ed intorno al medesimo si fecero alcuni lavoretti, certamente non capi d’opera in materia di arte, [p. 678] perché cose poco conosciute in quei paesi, erano però prodigii d’amore. I catecumeni che venivano per essere istruiti nel loro arrivare prima di tutto, detta qualche preghiera alla cappella, si inginocchiavano per far qualche preghiera al sepolcro. Lo stesso praticavano prima di partire. Di quando in quando si sentivano /381/ raccontare storiette di lui, o [venivano] citate le sue parole. Abba Hajlù aveva fatto già i funerali del giorno terzo, e settimo; io poi ho fatto publicare che si sarebbe fatto il trentesimo con particolare solennità, e che vi sarebbe stato allora un poco di Taskar, o pranzo mortuario, di uso, al quale tutti erano invitati a concorrere come potevano.