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2.
Il neofito Gabriele. Peculiarità del Kaffa.
Con Abba Jacob. La lezione delle ortiche.
ritorno dei capi Bosassi. Uno dei Lemy di Ghera è partito subito a cavallo per annunziare alla prima porta del regno il nostro arrivo. Abba Tabacco con tutti i portatori di Ghera della stessa sera se ne ritornarono alle aque calde per passarvi la notte, perché la maggior parte dei capi Bosassi appartenevano alla stirpe regia di Kafa esiliati in Ghera per la sicurezza della successione, [p. 711] e non potevano andare più avanti con noi. Si fece qui adunque una nuova separazione, che in quel momento si supponeva per poco tempo con speranza di rivederci, ma che poi io non gli viddi più. Fu una separazione dolorosa per loro e per me dopo quattro mesi di dimora in Ghera, e di un ministero molto attivo, il quale mi aveva dato in quel paese un pieno possesso del cuore di tutta quella popolazione cristiana in particolare. Sarebbe stata ancora più dolorosa, se fosse stato conosciuto l’avvenire, e tutta quella gente avesse saputo che io non avrei più veduto il paese di Ghera.
nostro allogio e cena. Abba Hajlù intanto aveva distribuito le capanne ai nostri giovani con le debite cautele di sorveglianza. Per me aveva ordinato a Gabriele che si facesse una capanna nuova, ed era per me un divertimento il vedere quel giovane tutto attivo a costruire una piccola capanna tutta nuova per la speranza di passare la notte ad istruirsi. Quando tutto fu terminato si fece la preghiera, e [il] catechismo, dopo una cena economica, nella quale i giovani mangiarono una pecora arrostita con un poco di pane che ancora si trovava, La vecchia monaca Waletta Mariam venuta dal Gudrù aveva portato una piccola zucca d’idromele da Afallo con un poco di biscotto per me, perché per lo più non mangiava carne. Ciò fatto ho aggiunto ancora una piccola conferenza, e preghiera per la conversione del [p. 712] paese di Kafa e del Sacerdote traviato. conversazione con Gabriele. Dopo ciò Gabriele era impaziente, e mi sono ritirato con lui. Appena fummo ritirati nella capanna mi prese i piedi e me li baciò: oh quanto io desiderava questo momento! Padre mio, abbia pazienza con me, perché /16/ ancora non conosco cosa vuoi dire [essere] cristiano. Quando parlo con dei mussulmani io tremo, perché non posso dire che sono cristiano, ma mi pare anche che non posso dire loro che io sono mussulmano; come dunque debbo regolarmi? Figlio mio, tu guarderai di fuggirgli per quanto potrai, ma quando ti troverai con persone che ti conoscono, sarai cortese, e fatti i complimenti di uso dovrai schivare ogni discorso senza entrare in detagli, e se essi entrano far finta di nulla e con qualche motivo che mai ti mancherà devi andartene. In casa nostra stessa fin qui non ho mangiato carne, perché altrimenti si dirà qui che io sono cristiano, e poco per volta tutti lo sapranno; pensatevi e mi direte poi come debbo regolarmi. Ma sopra tutto pensate che abbiamo promesso al Re di Ghera che io debbo andare e venire per tutte le comissioni; questo più di tutto mi tormenta, il solo pensarvi mi produce un cattivo effetto; ah per carità pensi a consigliarmi, perché altrimenti me ne sto con gran pena! Là sarò obligato a dormire coi miei compagni, come potrò dormire in mezzo al fuoco? ricusando si dirà che i cristiani mi hanno fatto la medicina, e vorranno vedere: lo stesso Abba Magal vorrà vedere. Ora come potrò soffrire queste infamie? Voi siete il mio Padre, [p. 713] come potrete espormi a tanta infamia, ed a tanti pericoli di dannarmi con tutti quei cani?
Figlio mio, [risposi,] io ho pensato a tutte queste cose il primo giorno che mi hai esternato di farti cristiano. Per questa ragione io non pensava a darti il battesimo tanto presto; il diavolo ti aveva preso a perseguitare e per liberarti, come sai, abbiamo precipitato questo passo. Ora sei cristiano e pensa ad istruirti; a tutto il resto poi penserò io, o non ti manderà in Ghera, oppure anderai a Lagamara dove nessuno [ti conosce] e potrai predicare ed istruire senza timore. secreti del re di Ghera. Ma dimmi[:] il Re non ti ha permesso di farti cristiano? Non solamente mi ha dato licenza, disse, ma mi ha detto di più, che egli stesso cioè l’avrebbe desiderato, cosa impossibile, perché tutti i grandi sono mussulmani, e gli altri Re si opporrebbero. Quando ha presentato a voi delle donne, e che voi le avete caciato via, dopo lo raccontò a tutti, come una cosa straordinaria; ma siccome i mussulmani dicevano che tutto questo era una medicina che rende l’uomo incapace. Per questa ragione quando mandò me come guardia mi aveva ordinato di visitare tutti, mentre dormivano. Quando poi io sono ritornato avendogli raccontato tutto ciò che ho veduto, egli sentiva tutto con gran piacere e lo raccontava a tutti per confondere i Santoni. Se io vado da lui, a lui non ho paura di dire in secreto che sono Cristiano, perché conosco tutto il suo cuore; solamente egli cercherà di visitarmi e tentarmi, forze anche in presenza di alcu- /17/ ni per confundergli, cosa che oggi non potrei più soffrire, come voi sapete. Io temo di compromettere [p. 714] o sollevare dei guai contro il Re, o contro la casa nostra, del resto io non ho difficoltà di far conoscere che sono cristiano, disposto anche a morire. Non temo il Re, ma temo i compagni, temo i mussulmani, e soprattutto temo i santoni. Per rimediare a tutto questo ecco il rimedio: io sono schiavo del Re, se questi dichiara d’avermi dato a voi, io posso dichiararmi cristiano; solamente i mussulmani cercheranno di uccidermi, ma nulla importa, nostro Signore è morto per me, io morirò per lui; dopo che Iddio mi ha fatto vedere tutto quello che ho veduto, spero in Dio di poter anche morire; solamente vorrei prima ricevere la comunione, e non vorrei morire facendo del male alla casa nostra, oppure anche al Re Abba Magal; egli mai mi amazzerà, perché lo conosco, e quando saprà che sono cristiano, son certo che sarà invidioso della mia sorte; egli è grossolano, è ancora mussulmano, ma il suo cuore è tutt’altro.
difficoltà sopra le tentazioni. Dopo detto questo, rivolto a me, Padre mio, disse, perdonatemi, e saltatomi al collo mi baciò, e poi disse, ancora qualche cosa, e poi vi lascierò dormire. Dopo [aver] ricevuto il battesimo io credeva di essere libero dalle tentazioni del diavolo, ma veggo tutto il contrario: oh se i mussulmani sapessero le mie tentazioni che soffro per ubbidire a Cristo; qualche volta queste tentazioni sono più dure della stessa morte. Per carità mi dica ancora qualche cosa che mi facia coragio, e poi lo lascierò dormire in pace. mio ragionamento di risposta. Figlio mio, [gli risposi,] prima di battezzarti io ti ho interrogato se rinunziavi al diavolo, alle sue opere, alle sue pompe? Tu hai risposto di sì non è vero? Dopo ti ho interrogato, se credevi in Dio Omnipotente, in Gesù Cristo suo Figlio, nello Spirito Santo, e nella Chiesa sua, e tu mi hai a tutto questo risposto di sì non è egli vero? [p. 715] Dopo tutto ciò io ti ho soffiato sul viso, ed ho ordinato al diavolo di sortire, e sortì arrabiato, e tu ne hai avuto un segnale potente che quasi ti gettò per terra, non è vero anche questo? Ora dimmi un poco[:] hai tu sentito che io abbia domandato al diavolo se rinunziava a te, certamente che no; dunque egli rimase nelle sue pretenzioni di ritornarvi, e quì sta la gran questione che mi fai sulle tentazioni che ancora continuano. La sortita del diavolo da te nel battesimo significa che cristo è potente, e tu potrai vincerlo sempre [il diavolo] colla grazia di Cristo, ma il diavolo non lascierà di ritornare a darti l’attacco per rientrare nel tuo cuore, e per difenderti dovrai combattere sino alla morte, caro mio; non solamente tu, ma io ancora combatto, e combattono tutti i cristiani, e questa è una guerra più dolorosa della morte, ma più meritoria. Tu mi dicevi sopra [di] essere anche disposto a morire, /18/ ucciso dai mussulmani; in questo caso saresti martire di cristo, ma morto una volta seguirebbe la gloria ed il riposo; la guerra che abbiamo col diavolo è una morte ed un martirio continuo, epperciò di un merito infinito. Quando dunque ti viene la tentazione, eccoti la guerra, eccoti la morte, eccoti il martirio; ecco dunque il rimedio, essere valoroso soldato di cristo nel combattete la tentazione, certo di vincere con Cristo, ma guai a te se aprirai le porte del cuore e lascierai entrare il diavolo nel tuo cuore col consenso alla tentazione, perché allora sarai molto più infelice di prima.
[p. 716] racconta alcune sue pene. Ah Padre mio, ieri sera appena vi [vi] siete posto a dormire il diavolo incominciò a tentarmi facendomi pensare che voi non avevate compassione di me, e dopo incomminciò il pensiero dei compagni di Ciala ad entrare nel mio cuore; ho fatto più di 50. volte il segno della croce, mi sono inginocchiato, e pregava il Signore, mi raccomandava a Gabriele; non ho osato svegliarvi, perche io temeva, che non mi arrivasse qualche cosa di cattivo, ma poi tutto si è raffreddato, mi addormentai, e dormendo mi parve di vedere Gabriele e mi dicesse di restare tranquillo, perché il diavolo è stato vinto. Non solamente hai vinto il diavolo, dissi io, ma hai forze guadagnato molto più che dormendo. Ma intanto se fosse arrivato qualche cosa? [continuò.] Ho capito [ripresi]; se arriva davvero contra volontà non vi è peccato. Ma in quel momento il cuore ne gode, [ribatté,] epperciò vi è anche la volontà, mi pare, non è così? A ciò ti rispondo così: se uno ti fa mangiare per forza un pezzo di miele contro volontà, quel miele lascia di essere dolce? Ah questo sì che mi persuade, disse. Solamente, bada bene, che la volontà tua sia contraria, allora potrai essere tranquillo; Caro mio, la sola volontà è quella che pecca, altro è l’opera della volontà unita alla carne, altro è l’opera della carne senza volontà, anzi contro volontà. ah questa sera sono contento, [concluse il ragazzo:] Padre dormite pure.
Dopo aver passata la notte a ragionare questo giovane certamente che il sonno mi fù molto prezioso, e come un boccone prezioso è sempre piccolo: mi arrivò il giorno che io era addormentato.
[p. 717] arriva gente di Kafa. Mi sono levato, e fatte appena le preghiere del mattino, già sulla vetta della montagna discendeva gente che ci veniva all’incontro. Era il Procuratore del Re di una villeggiatura reale di campagna in quella frontiera, il quale veniva, con provisioni da bocca, e con una quantità di gente necessaria per il trasporto dei nostri effetti. Il Lemy di Ghera rimasto con noi avvertì Abba Hajlù, e mi dissero che sarebbe stato conveniente vestirmi un poco meglio per ricevere tutto quei mon- /19/ do di gente che veniva mandato dal Re. Si prese qualche abito un poco più proprio che si trovava più vicino, e così alla meglio mi sono vestito. il ben venuto de[i] kafini; Arrivati che furono venne il Procuratore suddetto, con alcuni graduati, a darmi il ben venuto a nome della Corte. Prima di tutto mi presentarono alcune provviste mangiative, invitandomi a gustare qualche cosa.
il caffè. Prima di tutto abbiamo preso il caffè, e fratanto amazzatasi una pecora si preparò un poco di collazione. Io era in pena di non vedere alcuni dei nostri, massime Abba Jacob, ma il Lemy di Ghera mi disse che nessuno poteva sortite [dal]la porta del regno ancor lontana, e che perciò alcune persone solamente erano venute.
[p. 718] gran differenza tra i due paesi. Tra Ghera e Kafa non vi era che una valle, ed il fiume che separava i due paesi, ma pure mi sono accorto subito d’aver passato grandi montagne, e valicato mari per arrivare agli antipodi, ed io mi trovai affatto straniero a tutto, tanto il paese di Kafa ere diverso da Ghera e dai paesi galla di dove venivamo. Diversità di lingua, diversità di costumi, diversità di vasi e di atrazzi, diversità di vitto; mi accorsi perciò di essere entrato in un mondo tutto diverso. Il solo Lemy di Ghera era il nostro dragomanno; alcuni ragazzi Bosassi di Afallo che ci avevano seguito, sopratutto il mio nuovo Gabriele conosceva la lingua, e mi riferiva tutto ciò che si diceva dai kafini venutici all’incontro. Lo stesso faceva il caro giovane Kamo al P. Hajlù. Così oltre il Lemy, noi potevamo intendere ciò che si diceva.
consegna del baga[ga]glio, e partenza. Fatta la nostra collazione, e gustato là prima volta l’idromele e la birra di Kafa, Abba Hajlù fece la consegna di tutti gli effetti ad un capo dei portatori presentato dal Procuratore del Re, e due giovani dei nostri dovevano custodire il trasporto di ogni cosa. Abba Hajlù aveva l’occhio a tutta la carovana. Il mio Gabriele era fuori di se per essere stato scielto come mio dragomanno, [p. 719] perché così trovava la maniera ed il tempo per il numero delle questioni che sempre teneva in pronto da farmi. Così organizzata la nostra carovana ci siamo posti in viaggio per arrivare alla porta del regno, dove io sperava di trovare Abba Jacob, ed incomminciare così [a] mettermi al corrente delle cose nostre come andavano. La strada era una lunga salita di parecchj kilometri, e si faceva molto adagio, perché i portatori avevano bisogno di riposare di quando in quando. Partiti dal basso del fiume dopo le otto siamo arrivati alla porta del regno dopo le dieci.
la gran porta del regno. Un gran portone parte costruito in pietre e fango, e parte in grossi legni molto alla semplice, chiuso con grandi ed alte tavole e forti e grosse catene, e catenacci. A destra ed a sinistra alte e grandi fosse, /20/ larghe dai quattro o cinque mettri, ed altrettanto profunde, le quali si prolungano tutto [al]l’intorno di Kafa, più o meno, secondo i luoghi più o meno pericolosi; ecco l’aspetto che presenta l’ingresso del regno di Kafa. Al nostro arrivo a qualche distanza il portinaio le chiude in facia allo straniero, e non le apre che dopo un formolario d’interrogatorio, al quale ha risposto il procuratore dello stesso Re, ed il Lemy di Ghera. Aperte le porte noi siamo entrati, e trovammo colà Abba Jacob.
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incontro con abba Jacob
[2.10.1859].
Era dunque i[l] 2. Ottobre, giorno dedicato agli Angeli custodi, quando sono entrato nel regno di Kafa dopo quasi tre anni di lacrime e di trattative; passavano i cinque anni dalla partenza di Abba Jacob dal Gudrù per l’Ennerea. Questo povero Prete pianse al vedermi, mentre io piangeva vedendo questo povero Sacerdote stato tradito dal suo principale, il quale aveva giurato d’istruirlo. Con lui, data sfogo alle lacrime, incomminciammo a discorrere del nostro affare principale. Perché, dissi io, il P. Cesare non è venuto? Voi venite contro di lui, è naturale perciò se egli fugge, disse Abba Jacob. Voi vi sbagliate, dissi, io non vengo contro di lui, ma vengo per lui, e vengo appunto per abbraciarlo; solamente non può abbraciare Cristo suo sposo giurato, ed abbraciare nel tempo stesso una donna. Io non conosceva ancora il mio mondo di Kafa, e non sapeva che si trovava il Gogiamese Negussiè dato dal Re da principio come dragomanno sia al P. Cesare, che ad Abba Jacob, persona interessante, di cui si dovrà parlare poi dopo. Questi senza dubbio ha dovuto far sentire al P. Cesare, ed al Re stesso queste mie paterne parole, ben supponendosi spia di entrambi, e di tutto il partito nemico. Comunque le mie parole furono parole di Padre, e non di nemico.
conferenza secreta con abba Jacob. Avendo interrogato direttamente Abba Jacob sullo stato della questione principale concernente il P. Cesare, mi rispose con poche parole dicendomi di [non] saperne un bel nulla. Il Re, disse, mi ama molto, e mi riceve sempre molto cortesemente, ma non debbo nascondere che nel modo stesso [tratta] [p. 721] anche il P. Cesare. In tutte le questioni che ebbero luogo mentre Ella si trovava in Ghera, io [non] ne seppi nulla; avendo anzi cercato di venirlo ad incontrare in Ghera non mi fu permesso; neanche mi fu permesso di venire jeri ad incontrarla fuori della porta, e sui confini del regno, motivo per cui ho dovuto aspettarla quì. Per altra parte poi debbo confessarle candidamente, come in tutti questi tre anni, nei quali io fui obligato da Lei ad occuparmi di questo affare contro il P. Cesare, essendo stato obligato a parlarne molte volte con lui, a riguardo di Lei ha sempre osservato un gran silenzio, ma [non] ho mai sentito una parola direttamente contraria a Lei, oppure /21/ alla fede cattolica. Piuttosto fui alle prese più volte col Gucci Rascià e col resto del suo partito. Ecco tutto quello che posso dirle; il resto poi si spiegherà frà pochi giorni. Oggi credo che dovremo restare quì, perché non è ancora venuta la parola diretta del Re, il quale deve aver congregato i sette consiglieri a questo riguardo. Io intanto potrei andare in casa mia per farle venire qualche piccola cosa, e stassera ritorno. Per il vitto [esso] verrà qui dalla villeggiatura reale a norma degli ordini già dati precedentemente dal Re.
Vicino alla porta si trovavano parecchie case per la carovana, ma per me fu subito fatta sul momento una sufficiente capanna tutta nuova dagli stessi miei giovani, massime da Gabriele, sempre sperando questi di restare con me e guadagnare qualche istruzione [p. 722] per se nella notte, ma il poveretto si sbagliava, perché, appena entrato in Kafa la mia testa diventò come un vulcano che bolliva di pensieri, che egli non poteva ancora capire; d’altronde nella notte avrei avuto probabilmente con me Abba Jacob, perché aveva molto bisogno di parlare con lui. Venne difatti la sera a notte e portò del pane di grano che aveva ordinato con una quantità di latte. il pane di Kafa. Dalla villeggiatura del Re vennero pecore, un poco di pane di grano, ma tutto il pane per la famiglia era [di] cacciò, fatto colla foglia di una p[i]anta, di cui parlerò in seguito, pane che non si può mangiare da chi non è accostumato. Difatti lo mangiarono tutti i giovani di Ghera, ma gli altri lo lasciarono. Per fortuna che vi era carne e latte in abundanza. Abba Jacob venendo aveva trovato un’amico che veniva dalla corte, avendogli domandato se vi era qualche cosa di nuovo gli rispose che il Re si trovava invisibile da due giorni, e passava il giorno coi consiglieri sull’affare di questo Vescovo venuto, ed ancora pare che nulla sia deciso. Abba Jacob poi aveva sentito [vociferare] che si parlava di dare al Vescovo una casa tutta vicina al Massara del Re. Dopo aver discorso molto la sera con questo Prete, egli volle passare la notte con Abba Hajlù, ed io sono rimasto con Gabriele.
brutta questione. Io credeva che Abba Jacob avesse prefer[i]to [di] passare la notte con Abba Hajlù, invece è stato questo che l’ha consigliato a lasciargli il luogo per il bisogno che aveva di conferire con me, attesa la sua conversione straordinaria, e recente. Dal momento dunque che tutti [si] furono ritirati, egli al solito incomminciò, ma incomminciò col pianto; [p. 723] questo povero ragazzo, dissi frà me, ha fatto qualche caduta, e pensando a questo o creduto di rilevarlo quasi per forza e baciarlo dicendogli di far[si] coraggio; ma vedendo che non si consolava, allora gli ho ordinato di dirmi cosa aveva; ma per dirlo provava una gran ripugnanza, e per facilitare ad aprirsi[:] hai sentito qualche cosa, gli /22/ dissi; ah Padre mio, quando mi trovava in Ghera, dissi, io aveva sentito [dire] che un prete si era maritato, ma io credeva che fosse un prete come quello senza naso che avevamo noi in Ghera prima del vostro arrivo, epperciò [non] ne faceva nessun conto; ma oggi ho sentito che quel prete è uno come voi; anzi, ah, perdonatemi! mi dissero che voi stesso vi andate per prender moglie; chi me lo disse è un gran personagio. Questa notizia ed alcune altre cose sentite mi sollevarono una tempesta di tentazioni, ed è un vero miracolo che non sia caduto. Caro mio, dissi, tutto questo? Lasciamo il prete mio fratello maritato, ma postoché ti han detto che mi aspettano per le nozze, voglio farti vedere la mia sposa quanto è bella e graziosa.
risposta di fatto colle mie mani. Avrei voluto dargli la mia disciplina in mano e farmi flagellate un poco per fare una contro crisi alla sua imaginazione, ma come questo faceva del rumore, ho preso un’altro mezzo termine: va, dissi, qui vicino vi sono delle ortiche, prendini un bel mazzo colla tua tela, affinché non ti picchino, andò e le portò, e quando arrivò mi levai la camicia, perché era abbastanza oscuro, e gli ho ordinato di battermi bene con quelle. Egli non voleva, ma minaciandolo lo fece, ad ogni momento voleva lasciare, ma gli presi la mano e glie lo feci fare per forza. una lezione oportuna Quando ne fummo ben sazii, allora gli dissi, ecco la mia moglie, se la vuoi gustate un poco anche tu [p. 724] sei padrone. Posso dirti che la mia moglie è questa, e così facio io quando il diavolo mi tenta; tu lo dirai a chiunque ti parla di queste cose. Non basta, quando tu sarai tentato di piaceri vieni a trovarmi, e se tu non avrai coragio di prendere questa medicina per vincere il diavolo la prenderò io per te, come la prendo oggi per quel povero prete mio fratello, e vedrai poi come ciò anderà [a] finire. Fatto ciò, gli ho messo in mano la mia disciplina: ecco un’altra mia moglie colla quale mi diverto quando non ho gente vicina che mi sente; ora che tutto il mondo dorme batti un poco il mio asino, e mi sarai vero figlio. Ecco dunque la risposta alle questioni che mi hai fatto; il resto lo vedrai poi dopo. Ciò detto, l’ho baciato di nuovo, perdonami, gli dissi, ogni sera mi porterai delle ortiche quando mi preparerai il letto, e sarà questa la mia moglie di tutti i giorni, fa[tti] coragio e ci divertiremo insieme.
frutti di questa lezione. Quando [ebbi] finito il povero giovane restò senza parola, non parlava più e non finiva di piangere, orsù perché piangi? ah Padre cosa posso fare altro che piangere dopo questo spettacolo; senza dir nulla sortì e portò un poco di aqua per rinfrescarmi, [p. 725] supponendomi addolorato dal bruciore, ma io ho preso la sua aqua, e la gettai via, benché a dire la verità le ortiche mi avessero lasciato in uno stato di gran bucio- /23/ re. hai ancora qualche cosa da dirmi? se hai finito, dormiamo tutti [e] due; perché io ne ho gran bisogno. Questo povero giovane non osò più far parola, ma questa storia fece una gran impressione in lui, e col tempo ho dovuto mitigare le sue penitenze; come poi non ha lasciato di parlarne andò persino alle orecchie del P. Cesare, e della corte, come seppi poi molto tempo dopo. Iddio poi guida l’uomo per certe vie, nelle quali l’eloquenza delle parole non serve più, ma è necessaria quella dei fatti. Io neanche aveva pensato a questo mezzo termine, ma fu Iddio che me lo suggerì proprio in quel momento, e confesso che per simili vie Iddio si degnò di guarire la piaga di Kafa che tanto mi agitava. Questa stessa storia arrivò sino a Ghera, e fu una gran lezione per quella corte che si affogava nei piaceri materiali, come lo stesso giovane Gabriele me lo assicurò due anni dopo in Lagamara. Mi sono convinto proprio che non vi era altro rimedio; perché lo disse Cristo[:] hoc genus Demoniorum...