/239/

29.
La parabola del figlio prodigo
nell’autocritica di due catechisti.

Riprendo ora la storia della missione incomminciata a Nonno Billò, perché nel decorso avremo dei fatti bastanti per finire la questione ancora vertente sul gran perché questi oracoli indigeni l’importano sopra di noi europei. divisione della missione di Nonno in quattro stazioni. Aveva lasciato ai due Sacerdoti indigeni di conferire coi vecchj e vedessero di ripartire le operazioni da farsi. Fu conchiuso che si facessero quattro centri. Io non conoscendo il paese mi sono lasciato guidare, me ne sono rimasto nel luogo dove aveva passato alcuni giorni, perché là si trovava il necessario per la S. Messa; una tenda abbastanza propria mi serviva di Cappella. Tutti gli altri erano circa un’o[o]ra lontani fra [di] loro. Ciascuno di noi aveva uno e due catechisti. ogni giorno una stazione viene a me. Ogni giorno al canto del gallo partiva una stazione, e veniva a me dicendo il rosario, strada [p. 215] facendo. Arrivata la stazione, incomminciava la funzione colla predica. una mia predica per dragomanno. Il predicatbre era io, ma convinto finalmente, che il mio linguagio non era abbastanza inteso, io predicava per interprete. Fu allora che ho compreso quanto era differente la parola pronunciata da noi; io non faceva altro che partecipare l’idea, lasciando il lavorio dello stile al zelante indigeno. Tutta la fatica non era più per me, ma per il povero dragomanno, il quale all’improvviso doveva lavorare l’idea mia; perché, benché fosse stato avvertito prima, pure non mancava di diventare a lui una cosa improvisata. Bisogna dire però che era singolare la naturalezza, con cui guidava un’idea. parabola del figlio prodigo. Per esempio: appena stabilita la massima del peccato, come separazione da Dio, io non faceva che proporgli la parabola del figlio prodigo, una di quelle che conoscono. Fratelli miei, disse, pensiamo al figliuolo Prodigo figura dei peccatore che ha abbandonato Iddio suo vero padre. Ma vi prego di non andare a Gerusalemme per cercare questo figlio Prodigo, cerchiamolo quì, e dite pure che sono io, e dicendo che sono io, nel vostro cuore dite che siete voi, perché ci conosciamo non è vero?

Io sarei troppo prolisso in queste mie memorie se volessi e potessi riportare ad litteram come questo mio dragomanno maneggiò la pratica applicazione di questa parabola, perché sarebbe nel tempo stesso un /240/ pezzo da fare conoscere [p. 216] la capacità di alcuni di questi giovani, ed un pezzo di eloquenza sui generis che potrebbe anche servire per i popoli delle nostre campagne modificato secondo le circostanze. 50. parabole e fatti scritturali Per comprendere questa specie di eloquenza formatasi nei nostri giovani, deve sapere il lettore che io essendo ancora in Gudrù aveva raccolto una cinquantina di parabole e di fatti scritturali, e soleva ogni sera raccontarne uno al giovane Abba Joannes prima che fosse Sacerdote, per somministrargli qualche materiale per i suoi catechismi. Di quando in quando me ne faceva raccontare e declamare uno. Ora questo Abba Joannes col tempo le propagò a tutti i nostri giovani facendole anche declamare. Da un giovane all’altro il modo di esporre e declamare questi fatti aquistò sempre [maggior voga], e si stabilì una specie di eloquenza fra i catechisti.

processo di applicazione. Ciò posto, non potendo tutto descrivere il modo veramente commovente con cui espose la detta parabola il mio dragomanno, o meglio predicatore, dirò semplicemente l’ordine. Egli dunque raccontata che ebbe la parabola con tutta semplicità, e fatto conoscere lacconicamente che il figlio prodigo è il peccatore, [e] il Padre di famiglia è lo stesso Dio, egli passò subito a domandare[:] per qual ragione il povero giovane risolse di partire dalla casa paterna? Quì il Predicatore seppe far sortire con gran maestria un gruppo di passioni che sogliono svilupparsi nel cuore di un giovane, le quali rendono persino impossibile sostenere la presenza del Padre; quindi [presentò] una quantità di diavoletti [p. 217] cioè di compagni, di amici, e simili, i quali con bei pretesti lo spingono fuori di casa. Qu[i]ndi passa alla dilapidazione della sua piccola fortuna, e con una bella transizione dei beni temporali che ne rappresentano la figura, passa ai beni spirituali, e rappresenta il cuore dell’infelice dentro uno spaventevole coas prodotto dalla perdita del suo Dio; egli è là fra le tenebre che si agita fra mille timori e spaventi; egli cerca i piaceri della carne per allegerire le sue pene ed i suoi rimorsi, ma questi non lo consolano più, e sono cangiati in pungentissime spine, ed in orrori di immondezze. una piccola luce è là in lontananza Una piccola luce spunta in gran lontananza, la fissa e torna [a] fissarla, ah eccola la casa del mio Padre, dove i schiavi stessi sono felici! risolve di partire, parte e se [ne] va; ma a misura che si avvicina e che ritorna la luce, quante difficoltà! Va, cammina e ritorna e non sa risolversi di entrare... Fratelli miei! non sono queste imaginazioni, ma sono realtà di chi si disse da principio il figlio prodigo[:] sono io, certo di non esser solo; una volta [che] un cuore [è] caduto nella schiavitù del diavolo, quante difficoltà per sortirvi...

/241/ Ma ecco là il Padre che viene[:] oh il vederlo solo quanto mi consola! il cuore mi batte, ah vorrei fuggire! ma no, esso è venuto a me, esso arriva, esso mi è al collo, già mi abbracia; ah figlio! [p. 218] ma no, io non sono più figlio, servo, e schiavo per vostra misericordia! il finto ed il reale si divincolano Fratelli miei! ah fratelli miei dilettissimi! non è così che arriva oggi a me, ed a molti di voi? Quel Padre che vedete là venuto di Kafa dopo tante tribolazioni, caciato da Saka dai mussulmani, e poi richiamato, ma oggi arrivato frà noi, cosa vi pare? non è quel Padre di cui abbiamo parlato sopra? ora perché è egli venuto? perché Iddio l’ha mandato? non è forze per salvarci? In quanto a me vi assicuro che, se egli non veniva io non mi sarei salvato più, pregate per me, affinché Iddio mi dia forza per aprire il mio cuore a questo padre. Qui avrebbe voluto forze aggiungere [ancora qualcosa], ma un pianto dirotto troncò il discorso; il suo pianto fece dare in uno scoppio di pianto [a] tutti. Egli si gettò ai miei piedi e non voleva più levarsi; tutti volevano venire a [a] baciarmi i piedi ma egli non lasciava il posto; fù una vera scena.

Fin là io, benché avessi dubitato di qualche cosa, pure ancora pensava che fosse questa una [una] semplice operazione di calcolo, ma pure non ho tardato a convincermi che era davvero l’operazione della grazia, ed il poveretto era convertito, ma frà le convulsive [p. 219] contradizioni della sua carne, o meglio, delle catene diaboliche [da cui era avvinto]. Difatti, avendolo alla fine rimproverato di una simile puerilità[:] con gran sorpresa si spiega il nuovo convertito. ah Padre! disse il mio Desta Filippo, ah Padre! debbo parlare[:] eccomi il vero figlio prodigo ritornato, [continuò] intercettato da singhiozzi, sono cinque anni, disse, che sono battezzato, e senza confessare mai il mio peccato ho ricevuto più volte il curban (eucaristia) senza confessare i brutti peccati e continuando in essi; io non solo ho bisogno di confessarmi, ma, se fosse possibile, dovrei essere ribattezzato. In questa gente che mi ascolta vi sono alcuni che mi conoscono tale. Ora che ho parlato e vinto il diavolo, mi lascii parlare: si alza, Fratelli miei! eccomi entrato nella casa paterna, chi si trova legato dal diavolo venga e facia altrettanto; sorte, prende uno, per la mano, me lo conduce, lo fa inginocchiare, [e gli intima:] confessati, e convertiti, che io sono convertito davvero.

la moltitudine non sa persuadersi.
mi ritiro, si alza un grido che fece pietà
Il più bello è che quasi tutta la gente non aveva ancora capito tanto che bastasse [per capire] il reale dal finto. Venuto singhiozzando il secondo, alcuni volevano seguirlo, senza forze averne bisogno [p. 220] ma io temendo che questa gran storia reale non andasse a confondersi con una storia finta, ho abbraciato i due veri penitenti con molte lacrime di /242/ consolazione, e così piangendo mi sono alzato per andarmene, ma si alza un grido di molti, ah Padre! dunque non volete perdonarci? io sono stanco, dissi, domando un momento di riposo, e poi ritorno. Tu intanto, dissi al dragomanno, racconterai la tua conversione e quella del tuo compagno, e se qualcheduno ha bisogno in realtà di essere ricevuto lo riceverò. Allora io sono sortito, ed il dragomanno continuò la sua predica, o meglio confessione publica, e dopo quasi un’ora venne a dirmi che ve ne erano ancora altri; venga pure, perché altrimenti il diavolo potrebbe ingannarli; io verrò, dissi, riceverò in privato quelli che verranno, e non in publico.

Difatti sono entrato nella tenda, dove si soleva celebrare la S. Messa; prima ho fatto venire il dragomanno, e gli ho ordinato d’introdurli uno per uno, gli avrei ricevuto volentieri ed avrei sentito la loro confessione; rapporto alla confessione publica che tutti sono disposti [a] fare, questo no: la tua, e quella del tuo complice, come cose un poco [p. 221] conosciute, bastano, ma per gli altri vedrò dopo che gli avrò sentito; altrimenti moltiplicandosi questa confessione publica, alcuni potrebbero crederla necessaria, e rendere la confessione più difficile; tu avrai l’attenzione di persuadergli tutti. quattro altri convertiti. Vennero difatti tre o quattro, gli ho sentito, e benché il caso di questi fosse poco presso come [quello de]gli altri due, tuttavia ho tenuto fermo nel non permettere la confessione publica che erano disposti di fare. Confesso che fu questo fatto per me [di] una gran consolazione, ma nel tempo stesso una gran lezione.

La carovana partì per il suo paese, dove si trovava Abba Jacob rimasto là. Questa carovana avrebbe desiderato che andasse con essa il mio dragomanno, ma non fù possibile, perché premeva anche a lui di continuare l’opera della sua Confessione solamente incomminciata, altrimenti, diceva, il diavolo guasterà ogni cosa. partirono tutti colle lacrime agli occhj. Partirono tutti colle lacrime agli occhj dicendo che la missione allora solamente incominciava. Come vedremo, questa notizia non tardò a propagarsi in tutto il paese. Venuta la sera, benché i due convertiti [non] avessero ancora gustato nulla nella giornata, appena mi riuscì di far loro gustare qualche cosa; viene il dragomanno Desta col suo compagno essi vollero passare la notte con me per parlare [p. 222] dell’affare loro, perché l’indomani venendo la seconda carovana non avrebbero più potuto parlare. Appena ritirati nella tenda ho preso io la parola: prima di tutto, dissi, ringraziamo Iddio della gran grazia che vi ha fatta contro ogni vostro merito, e recitata una corona di Gloria Patri interpolata da singhiozzi, io gli ho abbraciati tutti [e] due bagnandoli colle mie lacrime. Ora, dissi loro, vi permetto di parlare, ma non di specialità, delle quali mi parlerete poi in confessione particolare, ma solo di cose gene- /243/ rali passate di comune accordo. La confessione non essendo sacramentale posso riferirla tal quale è stata, ed eccola.

storia di questi due giovani Noi siamo due cugini, e compagni indivisibili di Gabriele-Boca, quello che morì in Ghera; egli però come più giovane nulla sapeva delle tresche nostre, alle quali siamo stati abituati da un mussulmano. Quando voi siete arrivato dal Gudrù in Lagamara (noi eravamo) all’età di 13. a 14. anni, abbiamo ricevuto il battesimo dalle vostre mani, la communione, e la Confermazione nel giorno del Gran Battesimo che si fece con molta solennità, perché furono battezzati molti adulti insieme. Poco prima, e poco dopo noi abbiamo sempre continuato (a commettere) le nostre iniquità. Ci siamo confessati soventi da voi e communicati senza mai manifestare i nostri secreti. Più tardi diamo stati dichiarati catechisti, ed avvicinandosi la sua partenza per Kafa siamo stati introdotti in casa della missione come alumni; [p. 223] loro conversione non riuscita allora al crescere dell’età le nostre passio[ni] divennero ancor più forti, ma orribili rimorsi incomminciando a tormentarci, avevamo fatto il piano insieme di manifestarvi tutto e convertirci davvero, ma io confessatomi prima, fui vinto dal diavolo, e non ho osato parlare, ho fatto una confessione di nome, e sortendo, divenuto diavolo, ho minaciato il compagno se diceva qualche cosa. il poveretto pianse, ma restò muto, ed abbiamo fatto, in quel gran giorno, tutti [e] due la comunione di Giuda. Per incatenare il compagno, dello stesso giorno, mentre tutto il paese era nella costernazione per la sua partenza, noi abbiamo commesso [commesso] il più grande eccesso a cui possano arrivare due giovani perduti. Basti il dire che abbiamo giurato al diavolo comparsoci nella figura desiderata da noi, di dargli l’anima nostra, pena di morte a chi dei due avrebbe tradito.

altro terremoto della loro coscienza. Dopo la vostra partenza noi, sempre ipocriti, ma sempre iniqui, siamo stati destinati a catechizzare questo paese di Nonno. Lascio a voi considerare quanti scandali e quante iniquità commesse in questo stesso paese, sempre con gran secretezza, minaciando guai a chi avrebbe parlato. Venne intanto la storia di Ghera ed i grandi prodigi che si raccontavano del nostro compagno Gabriele, ed il terremoto della nostra conscienza incomminciò a farsi sentire: apparizione di Gabriele Boca un bel giorno il mio compagno viene [p. 224] e mi dice queste parole: il nostro compagno Gabriele è morto oggi in Ghera, e mi comparve, tutto glorioso con queste parole di rimprovero: sono il tuo padrino Gabriele, sbrigati dal diavolo, altrimenti sarai perduto; figlio mio non temere il diavolo. Io ho creduto quell’apparizione un giuoco della sua testa, e me ne sono sbrigato con qualche minacia; ma quando tre giorni dopo arriva il corriere coll’annunzio della sua morte arrivata proprio in quel giorno, con tutti i racconti /244/ ammirabili seguiti, allora io sono caduto come in deliquio, e passai tutta la notte convulso. Quando sono ritornato in me stesso, il mio compagno mi disse, ebbene cosa pensi? cosa penso? risposi, tu hai veduto Gabriele, ma io ho passato la notte in un vero paradiso circondato dalle più belle creature che puoi immaginare. Eppure, disse egli, io sono risolto di fuggire, e andarmene in Ghera; guai a te, dissi io, tu sai il nostro contratto. Il diavolo mi faceva parlare così, ma il mio cuore provava l’impressione di un vero terremoto.

crisi di Donquorò. Abbiamo passato quasi dieci giorni in Donquorò terreno della missione, dove andavamo pure a catechizzare; il giorno si passava in continue agitazioni, nella notte poi, appena avevamo finito il nostro catechismo e preghiere di uso, quando tutto il vicinato era in riposo, allora la nostra casa si riempiva di spettri di ogni genere, tutte creature mai vedute da noi, ne conosciute, motivo per cui dico spettri. Dopo che eravamo sazii di divertimenti i più sconci, e noi incomminciavamo [p. 225] [a] sentire il bisogno di riposare, allora la scena spariva. Il mio compagno travagliato dai rimorsi più di me, ne diveniva più di me infatuato. In questo modo abbiamo preso gusto di nuovo a tutti i nostri disordini peggio di prima, perché crescendo l’età crescevano i bisogni di questo genere. spettri diabolici con apparenza reale. Nella storia suddetta io sono sempre stato persuaso che erano spettri di una natura diabolica, ma il mio compagno opinava che fossero davvero persone reali condotte dal diavolo; diresse alcune interrogazioni ad una giovane la più vaga e seducente, dove avrebbe potuto trovarla ad ogni caso di bisogno? mi troverai in ogni luogo che dirai, rispose essa, ma sotto questo nome Abid, e con questo segno in terra + standovi sopra; gli ha assegnato il luogo e l’ora della stessa giornata; venuto il momento si recò là e la chiamò pel suo nome facendo il segno convenuto, difatti, appena aspetto due minuti, e subito arrivò. Allora gli disse che egli temeva di essere conosciuto, perché egli era catechista. Io so tutto, disse, se vuoi verrò anche io in Chiesa e farò la divota. In seguito non l’abbandonò più, perché lo viddi io stesso con essa in Lagamara, ed in Nonno, sempre colla stessa figura.

Abbiamo continuato in questo senso per due anni continui, avendo fat[to] io stesso società con quel[lo] spettro sino al vostro arrivo in Ennerea. Quando si sentì il vostro arrivo all’Ennerea la nostra diavoletta così fedele per due anni ad ogni nostra passione senza costo di spesa, e senza pericolo [p. 226] di essere conosciuti ci sortì la questione di fuggire in Gumma e di farci mussulmani, altrimenti io non verrò più, disse, e dovrete pensare al giuramento fatto, altrimenti la passerete ma- /245/ le. un secondo terremoto che prepara la conversione. La notizia della vostra venuta svegliò un secondo terremoto nella nostra conscienza che non ci lasciò più vivere ne giorno ne notte. Per fortuna allora arrivò in Lagamara Abba Paulos col secondo Gabriele. Questo Gabriele ci avvicinò come un’Angelo; gli abbiamo lasciato trasparire qualche piccola cosa sui nostri timori del diavolo, ma egli ci raccontò tutte le storie sue per farci coragio, e così svanirono i nostri timori; avrebbe voluto farci confessare ad Abba Paulos, ma noi, benché risolti di metterci davvero [sulla buona strada], pure non abbiamo avuto coragio e passavamo le notti a piangere, quando arrivò Abba Joannes a chiamarci.

i veri figli prodighi ai piedi del padre Padre mio, disse il dragomanno Desta, quando io parlava a nome suo alla carovana, e mi propose la parabola del figlio Prodigo, esisteva nel mio cuore tutta questa indigestione di iniquità e di peccati commessi e fatti commettere; per me, per il mio compagno, e per molti altri scandalizzati in Nonno non era più un parabola, ma una vera storia reale. Ora eccoci ai vostri piedi, fate di noi tutto quello che volete. Ma badate che noi abbiamo grandi scandali da riparare, e risarcire l’onore alla missione. Nella sessione di Abba Joannes che deve venire domani, abbiamo fatto [p. 227] là gran male, e molte persone non oseranno neanche confessare i loro peccati fatti con noi in secreto e con minacie diaboliche. Noi siamo disposti a fare una confessione publica, come fece il P. Cesare in Kafa, anzi crediamo necessario di farla, ma Ella di questa notte deve decidere e darci la norma con una penitenza corrispondente. Per carità non abbiate paura, perché poi dopo fatta la pace con Dio non vorremmo avere dei rimorsi, ci bastano [quelli cagionati da] alcuni già morti da noi perduti.

la gravità della questione proposta La questione che mi presentavano questi meritava seria riflessione per le conseguenze, forze più vaste di quanto io potessi giudicare; io perciò non poteva rifiutare le loro buone disposizioni di fare la loro confessione publica restringendola alle generalità, ed ingiungendo loro di non cadere nelle specialità che avrebbero potuto in qualche modo servire d’incentivo alla passione: inculcava anzi di diffondersi sopra [gl]i scandali dati, e ritrattare le dottrine falze che sogliono seguire le raccomandazioni del secreto. Di diffondersi tanto, che potevano sulla mancanza di confidenza ai loro Confessori, e sopra i sacrilegi commessi. Così di altre particolarità, come il ricorso al diavolo nemico di ogni bene. Gli avvertiva quindi della penitenza publica [p. 228] più o meno lunga e grave secondo che [erano stati] conosciuti i detagli dei loro scandali. Intanto non potevano più entrare nella cappella, o tenda in tempo delle funzioni, ma dovevano rimanere fuori con una pietra legata al collo /246/ domandando perdono a tutti per gli scandali dati, e pregando i scandalizzati di convertirsi dai loro peccati.

arriva la sessione di abba Joannes Quando io sono partito da Lagamara per l’Ennerea e per Kafa io aveva lasciato in Lagamara Abba Joannes come custode di tutte quelle Cristianità del nord. Questo gran fatto acadde sotto il suo ministero; e come egli era di un[o] zelo straordinario conosciuto, dovendo egli arrivare con la sua sessione, io doveva temere con ragione che non [gli] arrivasse qualche colpo di sorpresa, ma l’uomo di Dio è sempre preparato a tutto. Egli già aveva inteso prima di venire la storia divenuta universale; vidde questi due suoi figli dilettissimi coperti di sacco e di cenere, i quali gridavano pietà e misericordia ad una popolazione che si stava affollando intorno piena di stupore, egli prese il lutto, e nulla disse, ma, venuto un momento da me per prendere la parola d’ordine, sedette mutolo, [p. 229] come gli amici di Giobbe. Si fecero le preghiere del mattino di uso e si celebrò la S. Messa in silenzio, mentre all’intorno tutto il mondo gridava[:] Egziò maarena Cristos (X.to Signor nostro abbiate pietà di noi) Dopo la Messa ho detto ad Abba Joanne[s] di avvertire il popolo, che i due penitenti avevano qualche cosa da dire al publico, e che io intendeva dare loro licenza di parlare, osservando però le debite misure, e risparmiando tutte le specialità che avrebbero potuto in qualche modo servire di esca alle passioni.

parla abba Joannes a nome mio. Prese la parola Abba Joannes, fratelli miei, disse, per l’affare di questi due penitenti da voi particolarmente conosciuti io ho già pianto tutta la notte, come sapete, ed ora debbo annunziarvi che l’Abuna ha dato facoltà di parlare; quel sacco e quella cenere è più dovuto a me che non a quei due miei figli carissimi, perché io custode delle pecore non ho vegliato abbastanza ed ho lasciato entrare il lupo, il quale fece una gran strage, causa di gran pianto al nostro padre ed a me. Fratelli miei, [continuò,] rivolto ai due penitenti, il nostro Padre vi concede la facoltà di fare quì la vostra confessione publica, ma dovete badare a far conoscere solo il vostro gran peccato, e la vostra sincera [p. 230] conversione, come riparazione dello scandalo dato. Io quì lascio di riferire tutta la confessione publica fatta da quei due publici penitenti, perché il lettore potrà averla quasi completa, nella confessione fatta dai due a me in particolare sopra narrata; ciò s’intende, ad eccezione delle esclamazioni, e pianti che quì ebbero un carattere tutto particolare. Passo quindi subito alla parte più importante, quella cioè della riparazione degli scandali.

In mezzo alla commozione ed al pianto generale di tutta quella gente prende la parola uno dei penitenti: parlata dei penitenti ai scandalizzati da loro. fratelli, disse, frà [di] voi vi sono /247/ persone da noi scandalizzate, noi prostrati ai vostri piedi vi preghiamo e vi scongiuriamo per il Sangue di nostro Signore di venire quì a parte tutti, onde dichiararvi le nostre ultime risoluzioni. Nessuno osava alzarsi per un certo riguardo o onta, ma i due penitenti avendone conosciuti alcuni, si alzarono e gli presero per la mano, onde incoraggiare gli altri. i scandalizzati furono 10. Dopo questo atto si aggiunsero molti altri, e si trovarono là circa dieci: Sentite, disse, noi vi abbiamo scandalizzati, ed avanti [a] Dio vi abbiamo ammazzati; dopo il nostro scandalo certamente che voi non siete stati tranquilli, ed avete tirato altri [p. 231] nella rete del diavolo scandalizzandoli, e noi col mezzo vostro siamo i primi colpevoli, se volete che io mi salvi, e salvarvi anche voi, fate venire tutti quelli stati scandalizzati da voi, e vengano anch’essi quì, sortirono altri 20. scandalizz[at]i dai 10. e si aggiunsero molti altri, ma ve ne saranno ancora dei scandalizzati da questi ultimi, ed anche quelli si aggiunsero. In tutto erano più di trenta. Ora sentite, secondo le leggi del sangue in vigore fra noi, io vi ho amazzato tutti, non escluso il mio compagno, il quale per ben tre volte era risoluto di fuggire da me per convertirsi ed io sono ricorso persino alla forza dei diavoli per trattenerlo.

una bella riparazione di scandalo. Ora che siete tutti quì, se veramente siete convertiti, come sono convertito io, vi prego di una gran carità, ed è quella di castigarmi affinché non mi castighi Iddio. Preso quindi un mazzo di verghe che teneva preparato, prima di tutti ne diede una al suo compagno pregandolo di batterlo senza misericordia per far coragio agli altri: e disteso per terra ricevette dieci colpi, quanti sono i comandamenti dei decalogo; dopo questo alzatosi distribuì una verga ai dieci pri[fi]mi scandalizzati, fatevi coragio, [p. 232] disse, e dia ciascuno dieci colpi sopra di noi. Ricevuto che ebbero questi cento colpi, allora si alzò e disse agli altri dieci: voi conoscete i vostri scandalizzati, a tutti una verga e corricatevi anche voi per ricevere con noi [i colpi]. Dei venti che rimanevano, alcuni restarono esenti, perché nel numero non si trovarono dei loro scandalizzati, ma ad alcuni arrivarono venti colpi, e ad altri anche 30. colpi. Noi poi eravamo sempre inclusi, come più scandalosi.

furono eccettuate le donne. Ciò fatto si alzarono tutti, e continuando a parlare, fratelli, disse, io sperava di morire sotto i colpi, ma voi siete stati troppo buoni. Rimangono [ancora] le donne scandalizzate da noi, ma l’Abuna nel permetterci questa riparazione non volle che le donne si manifestassero. Come queste gridano, e vorrebbero anche essere punite, ecco, le istruzioni dell’Abuna: le donne sono proibite di manifestarsi, ad eccezzione delle figlie alla sua madre e Padre, e potrà ricevere da loro collo stesso merito lo stesso numero di vergate, ed anche maggiore. In quanto a me io /248/ sono il più colpevole, perché persona obligata ad istruirvi, vi ho gettato nel precipizio. ritrattazione loro A nome anche del mio compagno, ritrattiamo tutte le parole scandalose che abbiamo detto come bugie suggerite dal diavolo per indurvi al peccato [p. 233] e desideriamo sinceramente che le faciate conoscere tutte, non solo al vostro confessore, ma che faciate in modo che l’Abuna conosca tutto, affinché sappia giudicarci e punirci. Come poi qualcheduno di voi potrebbe aver riferito quelle nostre parole ad altri, ricordatevi che siete obligati a ritrattarle come le ritrattiamo noi.

affare del p. Cesare. Non possiamo dimenticare una cosa, ed è che per indurvi al peccato abbiamo parlato male del fu P. Cesare, anche dopo che noi conoscevamo la sua miracolosa conversione; noi dunque ritrattiamo anche questo, e vogliamo che anche voi sappiate ritrattarlo se mai ne avete parlato ad altri. Sappiate che questo Padre è morto vittima della sua penitenza; oh potessi anch’io imitarlo nella sua conversione; vedete questo sangue che mi cola, vorrei spargerlo, tutto, come nostro Signore lo versò tutto per me. una riflessione sul diavolo. Fratelli miei carissimi, come vi ho fatto tanto male coi miei scandali, voglio manifestarvi un gran mistero che ho imparato dai miei stessi peccati, affinche vi sappiate regolare per l’avvenire: Sentite perciò la storia che vi racconto: un giorno parlavamo trà noi col compagno: come, dicevamo, vi sono tanti mussulmani e tanti pagani, e per quelli il diavolo [p. 234] se ne resta tutto tranquillo, e non si sa che facia delle cose maravigliose per tenerseli. All’opposto [accade] per noi cristiani cattolici; prima della partenza dell’abuna da Lagamara, eravamo tutti [e] due risolti di confessarsi dei nostri peccati e convertirci, ma il diavolo fece tanto che ci risolse a nascondere i nostri peccati, e così ci fece fare la comunione di Giuda. Ottenuto da noi questo gran sacrilegio, la stessa sera, in riconoscenza, ci fece un regalo di giovani e giovanette per divertirci. Un’altra volta il mio compagno risolto di convertirsi stava per fuggire. Il diavolo per dieci giorni di seguito ci trattò nel modo suddetto: non bastando, per due anni continui avevamo a nostro ordine diavoletti e diavolette che venivano la sera a trattenerci, affinché non fosse conosciuta la nostra cattiva condotta, e così mantenere la nostra ipocrisia in facia alla missione. Fratelli miei io temo il demonio perché oggi lo conosco.

ragionamento pratico da detta storia Intanto, domando io, tutto questo impegno dei diavoli per ingannare due poveri giovani cattolici, sino ad operare certi miracoli; dico miracoli, perché cose che sorpassano le leggi fisiche ordinarie, benché cose non superiori alle forze diaboliche, come certi spettri che ai nostri sensi pajono veri uomini come noi, e possono anche prestarsi ad un’atto im- /249/ morale per ingannarci, [p. 235] mentre tanti eretici, tanti pagani, e tanti mussulmani restano tranquilli cosa vuoi dire? Prima di tutto vuol dire che la fede cattolica è l’unica vera, e la Chiesa è la vera Sposa di Cristo; altrimenti il diavolo non se ne occuperebbe tanto, come patrimonio già suo proprio che non gli [s]fugge. vittoria del diavolo quanto vale Dico in secondo luogo che un cattolico, sopratutto se è buon cristiano, oppure religioso appartenente all’apostolato di Cristo, vale tanto al diavolo, quanto possono valere centinaja di altri infedeli, o forze anche milliaja. Di quì nasce una conseguenza, fratelli miei, pregate Iddio per me, perché il diavolo farà tutti i suoi sforzi per farmi tradire [a] Cristo, essendo per lui un gran trionfo sopra lo stesso Cristo, se mi potrà guadagnare. Per conto mio poi se, come spero, otterrò da Dio il perdono dei miei peccati, sono risoluto di combattere e vendicarmi del diavolo, guadagnando anime a Dio, tante che potrò.

In terzo luogo dico che, essendo così, dobbiamo guardarci tutti da questo terribile nemico, il quale e più forte di quello che noi pensiamo, perché egli suol combatterci colle stesse nostre armi, col mezzo delle stesse nostre passioni le più care. Ma se mai un nostro fratello qualunque, per disgrazia, divenisse [p. 236] vittima nella terribile battaglia con questo nemico, correte al soccorso in tutte le maniere che potete per salvarlo; se non potete far altro pregate e scongiurate lo stesso Dio per l’onore di Cristo suo figlio, e della Chiesa sua Sposa. è una grande scioccagine scandalizzarsi per la caduta di uno. Ma non scandalizzatevi, essendo questa l’ultima delle nostre insensatezze. Il diavolo che vince sopra di uno infelice dopo essere stato vinto da mille eroi nostri fratelli, cosa vi pare? non è una viltà cantare noi stessi le sue vittorie, invece di correre con maggior coragio alla battaglia? La vittoria sopra di uno, dopo una continua sconfitta di tanti che cantano vittoria sopra del diavolo, che vi pare? egli è fuggito lasciando sul campo la preda. Questo nemico ha cantato un giorno vittoria sopra di me e dei mio compagno, ma quante milliaja di sconfitte nello stesso tempo in Lagamara, in Ghera, ed in Kafa egli non contava? Oggi, alla venuta del Generale d’armata, dove si trova? egli è fuggito lasciando sul campo vittoriosi noi due imbecilli?

grande commozione; La storia di questi due penitenti, la riparazione dello scandalo hanno fatto una grande impressione; ed un gran bene a tutta quella moltitudine; per questa ragione [p. 237] ho voluto lasciar parlare questo penitente; la sua eloquenza in proporzione di quei paesi era tutto ciò che si poteva desiderare, l’eloquenza della circostanza dava un movimento non indifferente; il sangue ne fu il sugello. il sangue poi delle battiture moltissime a loro toccate mettevano il suggello allo spettacolo; ed alla publica commozione. Questi terminava cadendo quasi svenuto. Gli altri scandalizzati divenuti pur /250/ essi scandalosi vollero parlare, e dissero difatti qualche cosa, ma il tempo della funzione era già spirato.

Ho preso io la parola per congedare la carovana. Figli miei, dissi, ciò che avete veduto e sentito è una predica che resterà ancora molto tempo impressa nei vostri cuori, e vi servirà di regola a non fare trattati col diavolo, altrimenti sarete presi nella rete come i pesci. Quello che potrei aggiungere ancora ve lo aggiungerà Abba Joannes strada facendo. distribuzione delle fuzioni. Oggi è già come passato il terzo giorno della missione. Dobbiamo pensate all’amministrazione del battesimo, della Confermazione, ed alle Confessioni. La prima volta che ritornerete dovete portare tutti i piccoli maschi sotto i sette anni affinché siano battezzati, e la seconda volta porterete tutte le piccole femmine; così [per] tutte le altre sessioni; i catechisti avranno cura di far conoscere queste mie determinazioni. [p. 238] Riguardo agli adulti dipenderà ogni cosa dai Preti e dai catechisti per giudicarli sufficientemente istruiti e disposti. Io riservo a me il giudizio di coloro, i quali nel paese fossero conosciuti come persone di una condotta scandalosa, sia in materia di concubine, sia in materia di commercio di schiavi, e sia ancora per altre tresche semipubliche ad uso dei mussulmani. Per tutti questi tanto i preti che i catechisti sono incaricati di prendere informazioni e riferirle a me, prima di decidere il loro battesimo.