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A Kobbo. Delitti di Gama-Moràs.
Aviètu e il «figlio della pace».
la nostra partenza da Nunnu Questo fù l’ultimo affare terminato la mattina medesima della nostra partenza mentre quasi tutto Nunnu si stava radunando per accompagnarci. Benché io avessi [p. 443] protestato di non volere regali, pure ho veduto una gran quantità di [di] animali di ogni genere, persino cavalli. Il piccolo cavalierino figlio di Natan aveva il suo cavallo sellato, e l’altro giovane mio figlio della pace anch’egli ne aveva uno per se ben fornito ed un’altro per un giovane che lo seguiva; tutti [e] due poi avevano ciascheduno una vacca da latte ed alcuni bovi. Conobbi allora il Padre della sposa, il quale volle egli pure regalarmi due buoi; così alcuni altri; Pecore poi e capre ve ne erano molte. Tutti gli animali di Nunnu uniti a quelli di Gombò e di Giarri componevano una bella mandra. Lo stesso mussulmano guarito anche egli dal vaïvolo con una parte della sua famiglia non lasciò di mandare anche egli qualche cosa. Così frà una popolazione numerosissima abbiamo lasciato Nunnu. Tutta la popolazione ci accompagnò sino al deserto, e poi se ne ritornò restando con noi una cinquantina di cavalieri.
i confini di Nunnu e di Gudrù. Il deserto dei confini è una strizia di terra senza case, la quale non arriva ad una lega, divisa per lo più da un fiumicello che segna i confini dei due paesi; in tempo di guerra è abbandonata affatto, ma in tempo di pace sono tutti pascoli semipublici, dove le mandre dei due paesi [p. 444] si avvicinano, ciascheduna nei suoi confini, ed i pastori dei due paesi fanno anche dei combattimenti finti per divertimento. Il mio giovane mi fece vedere il luogo, dove il suo avo cadde ferito da Plauden, e [restò] morto quasi subito. Dove fu colpito questo gran personagio era già confine di Gudrù, benché in tempo di guerra i detti confini siano primi occupantis fortioris. Appena entrati in quel deserto, dalla parte opposta si vedeva lontano la piccola armata di Gama che ci aspettava; appena ci viddero con una buona galoppata ci furono adosso al fiume, dove noi pure aspettavamo.
/353/ primo incontro con Gama. Appena arrivato Gama ci siamo seduti sulle rive del fiumicello, e ci siamo trattenuti una buona mez’ora in complimenti ed in conversazione. Là i due paesi si comunicarono le loro idee, e le loro storie reciproche. Dopo di che i due paesi si salutarono, e ciascheduno partì per la volta sua. Quando Gama vidde nelle nostre file il piccolo figlio di Natan, ed il giovane mio figlio della pace, rivolto a me, [disse:] ma voi portando via questi due avete conquistato Nunnu; certo, risposi, andiamo facendo delle conquiste; da quì innanzi se il Gudrù sarà cattivo io fuggirò verso Nunnu per farvi la guerra, e così [p. 445] quando Nunnu sarà cattivo io sarò in Gudrù per batterlo. una facezia del cavalierino con Gama Il piccolo cavalierino per continuare la facezia, fece un giro a cavallo intorno a Gama e disse: Signore non basto io per il Gudrù? Allora Gama fece un giro come per battersi con lui, ma, poi accostatosi distese il bracio e se lo prese in gruppa con lui, [commentando:] così Gama fa di Nunnu, e se lo portò con se sino a Kobbo, e di quando in quando si divertiva a baciarlo. Tutti volevano farmi montare a cavallo; vi era anche un mulo per me, ma io ho sempre rifiutato. Il mio giovane montò un momento a cavallo al fiume per onorare Gama, ma poi disceso, non lasciò più la mia destra secondo il suo solito.
una confernza intima col giovane
sue vicende, e sue pene.
Io lascio volontieri che tutti si divertano, mi diceva questo giovane, per me una vostra parola mi vale più di tutto. La vostra parola non solo si è impadronita del mio cuore, ma posso assicurarla che mi è entrata persino nelle midolla e nelle ossa; io sono risolto o di vincere o di morire. Con tutto ciò, fin quì non sono ancora padrone di me stesso. Voi l’avete davvero indovinata a strapparmi da Nunnu, altrimenti io non sperava di guarire. Voi contate già dieci giorni di riposo della mia persona, ed io posso assicurarvi che non ne conto neanco uno, se pure non sarà questo di oggi il primo. In Nunnu bastava vedere una persona di mia antica
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pratica per sollevarsi subito una rivoluzione tale nel sangue, come una persona che corre a gran galoppo, ed arrivata nel precipizio non può arrestarsi, ma bisogna che vi cada; la sola vostra voce, o qualche volta un vostro sguardo poteva raffreddarmi, ed impedire la caduta, ma io con tutta la mia volontà contraria non poteva salvarmi. Vi ricorderete di una volta, che stando vicino a voi nell’inoculazione, sono fuggito; allora io ho trovato altre ragioni per spiegare il fatto, ma la vera ragione era questa; sono fuggito, ma non fui più a tempo. Di notte io non osava svegliarvi, ma quanti di simili attacchi irrimediabili! Voi mi avete già detto in quanto alla colpa di essere tranquillo, quando la volonta e contraria; ma intanto posso dire io che la mia persona ha riposato quando questo mi accadeva molte volte nel
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giorno e nella notte? [Gli risposi:] basta, figlio mio, ho inteso tutto, abbi fiducia in Dio e tutto si calmerà.
il capo dei fucilieri Walde-Ghiorghis Mentre il giorno mi tratteneva di queste sue pene il mondo che ci accompagnava non osava avvicinarci per il gran rispetto che avevano a quel giovane, e per interrompere queste sue malinconie ho diretto io stesso la parola a qualcheduno, ad un certo Bascià Waldeghiorghis nostro catto[lico] fervente, il quale si era maritato cristianamente, e gli ho domandato notizie di sua moglie; non sa ancora Ella, [rispose,] che mia moglie ha avuto un figlio, il quale conta già due anni? essa stà bene, ed è molto contenta [p. 447] del di Lei arrivo; se Ella si fermerà qualche tempo, come spero, battezzerà un secondo genito, il quale non tarderà a vedere la luce. Così è, figlio mio, [commentai io,] tutte queste creature non sarebbero venute al mondo, se tu continuavi nello stato di prima; ringraziamo Iddio della tua conversione; così hai trovato degli eredi, e poi troverai il paradiso per te. una bella invidia del mio giovane convertito. Rivolto quindi al mio giovane, dissi, così arriverò a te se sarai fedele, non dubitare: oh che bel giorno! esclamò il buon giovane; io non me lo merito; ma lo merita la mia sposa stata così fedele, e se lo meritano le mia vecchie nonne, benché esse siano in colpa per tutto quello che è accaduto; ma esse erano da compatire, esse, piene di pregiudizii galla, se la godevano vedendomi, ancor da piccolo, a trescare coi ragazzi e colle ragazze; io stesso non era così? Poveri galla, quanto sono lontani dalle vie di Dio!
arrivo a Kobbo Così discorrendo siamo arrivati a Kobbo, dove una gran parte della carrovana a cavallo era già arrivata molto prima di noi, e dove ci stavano aspettando i nostri cristiani ed una gran quantità di galla. E inutile descrivere le feste e le allegrie di quella nascente cristianità, ben potendo ognuno imaginarselo dopo sette anni di assenza, e dopo tante crisi che ho dovuto [p. 448] passare prima di rivederci. Per altra parte poi non farei altro che ripetere quello che in simili circostanze altrove già si è detto, essendo simili solennità quasi sempre eguali in quei paesi. Gama aveva riservato a se tutti i preparativi del mio ricevimento. Egli aveva invitato molta gente in questa circostanza, e fù per me un vero giorno di disturbi. Il Gudrù dopo la mia partenza fu fedele a Gama per cinque anni intieri e non vi fu il menomo disturbo. demeriti publici di Gama. Questa pace prolungata non fù buona per Gama; il suo cuore incomminciò ad insuperbirsi e lasciare il suo sistema popolare di prima. Sopratutto incomminciò a trattare un poco duramente certe famiglie della prima aristocrazia del Gudrù. Il basso popolo seguitò sempre ad amarlo, perché presso di lui trovava giustizia, ed anche carità; ma non così l’alta categoria. Epperciò il partito Warra-Kumbi incomminciò [a] sollevarsi di nuovo col- /355/ l’appoggio secreto di molti. Nei due ultimi anni aveva già fatto qualche sortita e fu battuto.
demeriti secreti di Gama La situazione materiale di Gama col popolo era l’anzidetta; ma vi erano poi delle altre ragioni molto più alte con Dio che il popolo non poteva conoscere. Gama aveva fatto delle grandi promesse a Dio ed alla missione, tutte promesse giurate da lui secretamente, ma solennemente. [p. 449] Gama fu sempre amico fedele della missione, la onorava, la beneficava ma delle solenni promesse non se ne parlò più, come se Iddio le avesse dimenticate. Non espongo i detagli di quelle promesse, perché sarebbe inutile; dico solamente che Iddio per parte sua fece tutto quello che Gama domandava, ma Gama [non] ne fece nulla. Il demerito di Gama avanti [a] Dio non finiva là, ma andò più avanti: egli qualche anno dopo la mia partenza aggravò la sua conscienza di un gran delitto più grave ancora di quello di Davidde con Uria, e della stessa natura. Un’uomo ricco senza eredi, ma ben cortegiato di donne avvenenti, accaparratolo con carezze, gli fece fare un’atto publico in facia a tutto il Gudrù, col quale si dichiarava fratello di Gama; tre giorni dopo quest’uomo fù trucidato in casa propria. Il paese [non] [ne] seppe nulla del misfatto; ma Gama, oltre [ad] impadronirsi delle sue sostanze, sposò tutte le sue mogli, e ciò col giuramento che aveva con Dio di lasciare in pace le sue mogli e sposarne una cristianamente. Io seppi [di] questo delitto in Kafa, ed allora ho detto nel cuor mio[:] Gama è perduto.
mia condotta costante nell’interesse di Gama Come già ho detto altrove, io era desiderato e chiamato da Gama, appunto per aggiustare le difficoltà che [che] incontrava il suo regno, le quali andavano sempre crescendo. Lascio perciò considerare con quale cuore io trattava questa causa, che Dio [p. 450] aveva forze condannata come quella di Saulle. Tuttavia, appena arrivato in Gudrù, per quanto è stato da me, in vista piuttosto di Gosciò suo figlio, e figlio batezzato della missione, che non di Gama suo Padre, ho voluto sempre trattare la causa di questo principe con tutta la sincerità, colla quale l’aveva trattato prima, benché con un’esito molto inferiore. Nell’interesse stesso del Gudrù, soleva dire io ad alcuni che claudicavano, fino a tanto che esisterà la linea di Gama, il paese manterrà sempre la sua indipendenza, perché Gama aveva saputo piantare profonde radici nella diplomazia etiopica in grande; cessata questa linea sarete schiavi del Gogiam; come poi arrivò dopo la morte di Gosciò circa sei anni dopo.
conferenze secrete con Gama.
miei rimproveri, e sue scuse.
Gama intanto resto in Kobbo due o tre giorni, pendenti i quali io non ho lasciato di parlargli chiaro in molte cose conosciute, lasciando da una parte il gran delitto, come cosa secreta, benché certissima. Ma il
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suo cuore era divenuto [di] pietra, e non cercava che fare dei giri per nascondere la sua mala fede. Nei giuramenti fatti a Dio, egli non mancava di scuse per sottrarsi dall’obligazione
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che aveva, e non lasciava anche di accusare me come causa in gran parte delle sue mancanze alle fatte promesse, colla mia partenza per il Sud. Per altra parte, divenuto principe, la convenienza mi obligava a rispettarlo, ed egli mi pagava sempre con delle promesse bugiarde, onde assicurarsi del mio appoggio. Le nostre relazioni furono sempre amicali in facia al publico a modo di corte, benché nel cuore fossevi molta ruggine. Egli intanto dopo tre giorni ritornò in Assandabo, dove si occupò molto nel fare aggiustare il mio alloggio antico, il quale aveva molto scapitato, e fece molte provviste per una mia dimora permanente.
sacro ministero in Kobbo, e servizio publico Io sono rimasto in Kobbo circa otto giorni per esercitare il mio ministero. In quel fratempo, mentre io spingeva avanti il mio sacro ministero con frutto, non ho lasciato di prestarmi in favore del publico, sia inoculando il vaïvolo, sia somministrando medicine tutto come era solito fare anticamente. Dopo la partenza di Gama non mancarono in Kobbo di visitarmi tutti gli antichi amici che io aveva [p. 452] e posso assicurare che a mio riguardo il Gudrù non aveva cangiato, io ho trovato in tutti l’antica cordialità e sincerità. un’idea del regno di Gama come l’ho trovato Bastarono pochi giorni per convincermi che il regno di Gama aveva cangiato molto di aspetto. Era scomparso quel certo lucido giovanile che suol vedersi nei giovani e nelle piante, che suole indicare la pienezza degli umori che vi circola internamente, e tende allo sviluppo; erano invece sottentrate certe rughe, di transizioni, di reticenze, e di abbundantissimi ma... molto significanti. Gama regnava ancora in tutto il Gudrù, ma il suo regno mancava di umori simpatici. Il linguagio è come il polzo nel uomo, che, come termometro, segna il grado di salute e di malatia. Questo linguagio era ancora il medesimo in tutte le persone che avevano mangiato sotto il governo di Gama, ed anche nei poveri, i quali in realtà stavano molto meglio, ma nella massa dell’aristocrazia, e dei proprietarii, il polzo presentava delle irregolarità e dei sussulti poco soddisfacienti.
il villagio cristiano di Kobbo Il villagio cristiano di Kobbo era cresciuto nel numero sufficientemente, ma nel fervore lasciava anche molto a desiderare, ma questa mancanza doveva attribuirsi [p. 453] piuttosto alla mancanza di ministero apostolico, avendo passato molti anni senza Sacerdoti permanenti, e con sole visite più o meno lunghe di semplici Sacerdoti indigeni. Tuttavia in proporzione non vi era male. Due persone mi consolarono frà le altre, uno era Gemberiè quel famoso fabricante di eunuchi, di cui si è parlato molto a suo tempo; esso si era messo in buon regola e conduceva una /357/ vita cristiana consolante. L’altra persona era la mussulmana, della quale si è parlato a suo tempo, come di una donna scandalosa, la cui casa era una casa di prostituzione dei due sessi. Essa pure si era convertita con molte delle sue donne, e la sua casa, divenuta albergo dei mercanti cristiani, era divenuta il centro del movimento cristiano. Non mancavano alcuni giovani ferventi i quali servivano di catechisti, fra i quali uno che io aveva curato da una doppia malatia, del quale credo di avere parlato altrove, quando ho riferito il principio di quella missione.
Io aveva fissato otto giorni per la missione di Kobbo senza calcolare che la solennità del ricevimento mi avrebbe rubato molto tempo, e disvagato il mio mondo di cristiani e di catecumeni. Arrivò perciò [p. 454] il settimo giorno che doveva essere l’ultimo, perché dopo mezzo giorno sarebbe arrivato Avietu col suo piccolo Antonio per la partenza dell’indomani. Si passò la sera a Confessare le persone che ne avevano più bisogno; si confessò anche Avietu, desideroso di far la sua Comunione l’indomani, perché in Loja avrebbe avuto, molti disturbi.
grande amicizia tra Avietu e il giovane di Nubbu Il mio giovane venuto da Nunnu conosceva già Avietu, ed aveva sentito già [a] parlare del suo matrimonio colla figlia di Gama, e di molte circostanze del medesimo; io stesso gli aveva parlato di lui, e gli aveva promesso di metterlo in relazione. Così, appena arrivato, aveva iniziato Avietu di tutto riguardo a questo giovane, e l’aveva pregato di trattenersi con lui. Difatti questi due giovani, direi anche principi a norma del paese, divennero come Gionata e Davidde. Il giovane di Nunnu, che per troppo rispetto non osava raccontare tutte le sue miserie a me, le raccontò tutte ad Avietu; e questi raccontò tutta la sua storia al giovane, storia che fù un vero balzamo per il suo cuore.
un bel racconto di Avietu all’amico Quì debbo narrare una piccola storietta curiosa bensì, ma edificante, la quale da un saggio dei dialoghi che ebbero luogo fra questi due nuovi amici. Io quì la racconto tal quale me la raccontò Avietu. Stavamo noi due, disse Avietu, seduti sotto un’albero parlando [p. 455] delle nostre vicende, e vicino a noi sotto l’umbra dell’albero medesimo si divertivano i due piccolini, cioè il figlio di Natan (da me chiamato il cavalierino) ed il mio Antonio (chiamato così nel battesimo, perché tale è il nome di Abbadia, che io venero come quello che [per] il primo m’insegnò qualche cosa di Dio, e forze mi battezzò) Ora mentre questi due ragazzi stavano scherzando vicini a noi, volendo io raccontare all’amico qualche cosa di edificante, vedi tu, gli dissi, questi due innocenti ragazzini? Quello di Natan [di cui] tu conosci tutta la storia al pari di me, perché tu conosci la sua madre, mentre io non la conosco; esso, come sai, è un figlio ottenuto dopo una benedizione di questo nostro Padre, l’altro /358/ ragazzo poi e mio figlio, anch’egli figlio di una grande benedizione. I miei genitori, essendo io ancor piccolo, avevano domandato per mia futura sposa la figlia di Gama; dopo ciò per mezzo delle persone nostre che andavano e venivano, io le mandava sempre i miei saluti, promettendoli con giuramento di conservarmi fedele ad essa, come essa prometteva lo stesso a me. Io dovetti battermi colla stessa mia madre e colla Nonna per mantenermi fedele alla mia sposa, caciando via le schiave col bastone. Per altra parte poi il diavolo fece di tutto per impedire questo nostro matrimonio. Dopo mesi di pianto, grazie a questo nostro Padre, il matrimonio fu conchiuso. Il giorno avanti le nozze galla si fece secretamente [p. 456] il matrimonio cristiano in Chiesa, ed abbiamo ricevuto la gran benedizione; dopo quella nella notte, sotto la scorta secreta della vecchia Dunghi ebbe luogo la nostra prima unione, nella quale, mentre si versava il sangue, corona della vergine sposa, Iddio ci regalava quel bel ragazzino che tu vedi scherzare con un’altro suo fratello, figlio della stessa madre, cioè la benedizione di Dio, e del nostro Padre. L’indomani prima della nostra partenza per Loja la vecchia Dunghi, esaminata la sposa, ebbe il segnale, e constatò che essa era già madre. Dopo questo mio primogenito, oggi il terzo [figlio] mangia già il pane, ed il quarto sta disputandosi colla madre il permesso di sortirsene per conoscere i suoi fratelli maggiori e lasciare il posto ad altri che stanno per venire. Tanto può, fratel mio, la benedizione di Dio. Tu sei in diverse condizioni, perché non sei cristiano, e perché hai abusato della tua persona contro la legge di Dio; ma fa coraggio, fatta che avrai la pace col tuo Dio, e se potrai indurre la tua sposa a farsi cristiana, otterrai tanti figli che vorrai.
impressioni del giovane Il mio giovane di Nunnu, sentiva tutte queste belle cose con tanto piacere, che non poteva più staccarsi da Avietu. Quando egli parla, mi diceva un giorno, egli non sembra [p. 457] più un galla, ma piuttosto un Prete; egli non sa parlare altro che di Dio, e getta quelle parole con tanta grazia, che subito mi vanno al cuore; un giorno avendogli raccontato tutti i torti da me fatti alla mia sposa, e la pazienza invitta di essa nel sopportarmi per un’anno intiero, egli provava una pena tale che quasi gli calavano le lacri[me] dagli occhi; e quando sentì che essa da me quasi abbandonata si conservò intatta aspettandomi, che prodigio! che tesoro di donna! esclamò Avietu. come Iddio ti ha dato un simile tesoro, e tu lo lasci chiuso? una bella similitudine di Avietu. Senti, mi disse, tu sai che quando andiamo alla guerra, e che combattendo cade uno dei nostri fratelli, vengono gli avoltoj sopra di lui ancor vivo, e la prima cosa che fanno è di cavargli gli occhj, altrimenti non si lascierebbe toccare, una volta perduti gli /359/ occhi, l’uomo diventa un cadavere. Così ha fatto il diavolo con te, ti ha cavato gli occhj, e tu sei stato preda degli avoltoj: la figura era di belle donne, di eleganti giovani, ma intanto erano tutti avoltoj per mangiarti vivo, mentre in casa tua avevi un tesoro chiuso che lasciavi marcire.
Ritornando ora al filo della nostra storia: la sera si passò a confessare, e reparare i cristiani ad ascoltare la Santa Messa, ed una parte di essi [si accostò] alla s. comunione, grazie che in certe isolate cristianità [p. 458] non si trova[no] sempre, qualche volta per mancanza di Sacerdote, ma moltissime volte per mancanza di vino. Così io da Lagamara non aveva più celebrato, perché il poco vino di zebibo che aveva portato con me, per mancanza di turaciolo, essendosi versato non ebbi tempo per farlo di nuovo. Si celebrò dunque la S. Messa in Kobbo la mattina stessa prima della artenza. La comunione fu molto numerosa, perché oltre i Cristiani di Kobbo, [si] comunicarono pure tutte le persone di casa. Dopo la S. Messa ho fatto una piccola conferenza di ringraziamento, nel quale ho parlato della grazia di Dio, e del dovere di corrispondere quando si fa sentire. Benché la funzione sia stata fatta con grande semplicità e povertà pure fece una grande impressione ai galla di Gombò, e di Nunnu, i quali [non] l’avevano mai veduta ancora. partenza per Loja Dopo la funzione siamo partiti per Loja, e strada facendo i nostri galla non facevano che parlare delle maraviglie di Kobbo.