/50/
6.
A Nagalà con un conduttore disonesto.
Sposi modello. Perdono e conversione.
nostra partenza dal campo Nel sortire dal campo il nostro conduttore ci fece passare per una strada quasi opposta da quella che eravamo venuti; venuti dal Sud-ovest andavamo al Sud-est; il nostro conduttore pensava di tenersi più sulle altezze per causa dei torrenti, i quali nel basso sono molto più forti. I veri passeggieri non eravamo che tre, cioè io col mio monachello ed il ragazzo Stefano; a noi tre si aggiungeva uno schiavo di Scialaca Gember con un’asino, il quale ci aspettò per portarci il nostro piccolo bagaglio. Dopo vi era il conduttore Alaca Kidana Mariam con un suo servo che custodiva il suo mulo. Noto questo per far conoscere una gran piaga dell’Abissinia. si notano alcuni abusi Quando parte dal campo imperiale o reale qualche passeggiero particolarmente raccomandato, con ordine della cena e pranzo a tutti i comuni, e col solito regalo di un bue, o pecora, di idromele e birra, secondo la qualità del villagio più o meno centrale e grosso; [p. 609] allora tutti i viaggiatori che vanno da quella parte s’intendono col conduttore, e mediante qualche regalo sono dichiarati del seguito; arrivo alla prima stazione abbiamo camminato al più due ore di viaggio, e la nostra carovana contava già più di 50. persone a carico del villagio, dove passavamo la notte, in un luogo tutto vicino al campo, epperciò aggravato di tributi. Si poteva camminare ancora almeno due ore, ma siccome la carovana non era ancora compita, e dovevano ancora arrivare altri abbonati, abbiamo passato la notte.
trafico del conduttore Il conduttore tiene l’ordine scritto da un Segretario dell’imperatore, dove sta ordinato ciò che devono dare i comuni; questo ordine è stato scritto sotto la dettatura del conduttore medesimo, mediante qualche mancia al Segretario ed al Ras controllore. Arrivato alla stazione il conduttore s’intende cogli amministratori del villagio, e ricevuta qualche mancia, invece del bue riceve solo un castrato, invece d’idromele riceve un poco di cattiva birra, e così di altri articoli ordinati, come miele, butirro, latte, e simili, eccettuato il pane, il quale è sempre in propor- /51/ zione del numero della carovana; pane ordinario, ad eccezione della persona del viaggiatore distinto, per il quale vi è sempre un cestino a parte di pane di prima qualità, il quale [p. 610] è per lo più pane di tieffe. Tutto ciò non è ancor tutto, avvi ancora l’erba o paglia per i bestiami, e legna sufficiente per il fuoco. io non era ancora bene in salute. In quanto a me in tutto questo viaggio non ho voluto altro che pane, latte, e butirro fresco. Il cattivo odore delle bestie morte nel campo mi aveva alterata molto la mia salute, non poteva cibarmi di altro che di pane, latte, e butirro fresco; posso dire anzi che quest’ultimo fu per me una vera medicina. Ho dimenticato di notare che nel campo si raccoglieva per la mia tenda l’aqua di pioggia col mezzo già indicato di una tela distesa ai quattro angoli, ma anche questa avendola gustata aveva cattivo gusto; motivo per cui il giovane sposo faceva venire per me aqua dalla corte, venuta da una fontana molto lontana.
secondo giorno, cresce la carovana L’indomani siamo partiti dopo un piccolo pranzo; eravamo circa il 20. Luglio del nostro calcolo Latino, benché non sapessi il certo, perché non avendo più trovato il mio kalendario, come già dissi, io mi teneva al calcolo abissino. Il sole essendo poco presso al nostro zenit di ritorno dal tropico, le piogie erano quasi continue. La carovana nostra che la sera avanti contava circa 50. persone, arrivava quasi a 70., e vi erano da dodeci a quindeci donne, la più parte di mestiere, le quali, non ostante la pioggia sulle spalle, non lasciavano di tenere [p. 611] discorsi i più immorali, perché di giorno solevano preparare il mercato della notte. Fra queste donne si trovava un piccolo numero di giovanette, le quali contavano appena 14. anni di età già tutte iniziate nel turpe mestiere; una giovane stata ben pagata. fra queste ultime, il mio ragazzo Stefano, vede questa ragazza che cammina sempre accanto di noi, disse, questa notte s’introdusse nella nostra capanna e si pose vicina a me; fù allora che io mi sono messo sotto la sua coperta: caro mio, dissi, io credeva che fosse la pioggia che ti faceva fuggire: ah Padre, disse il ragazzo, non era la pioggia ma piuttosto il fuoco. Vedendo [che] questa giovinetta non si allontanava dal ragazzo, e stavagli indirizzando[gli] certi sguardi parlanti, dagli un bel schiaffo, dissi al ragazzo; così fece sul momento, e le bastò per il giorno, e per la notte seguente.
nuova specie di traffico. Di quella mattina non avevamo ancora fatto un’ora di viaggio, eccoti la carovana ferma in un villagio. Era una finzione che faceva il conduttore, affinché, venuto il capo del paese, entrasse in trattativa con lui, e così ricevere qualche regalo per passare avanti. Difatti portò una pecora ed un piccolo otre di miele, e subito siamo partiti. Fece così ancora in due altri villagi non molto lontani l’uno dall’altro; dopo questi siamo /52/ arrivati verso le due dopo mezzo giorno ad un villagio [p. 612] un poco più numeroso, dove abbiamo passata la notte. Qui ebbe luogo un fatto, il quale merita di essere riferito. Hati Joannes antico imperatore Tutto vicino a quel paese abitava in quel tempo Hati Joannes il vero titolare della razza imperiale antica, il quale portò sempre il nome d’imperatore, colla residenza in Gondar nell’antico palazzo imperiale fatto dai Portughesi, sino all’incoronazione di Teodoro. Questi [11.2.1855] fattosi imperatore, fece sortite Hati Joannes da Gondar, gli diede un paese con una quantità di buoi, e mangiava il suo pane facendo coltivare la terra in un villagio tutto vicino al luo[go] dove eravamo noi di stazione. Questa razza imperiale antica si conservò sempre fedele alla fede cattolica, anche senza sacerdoti, per più di due secoli. Io l’aveva conosciuto in Gondar nell’anno 1849. ed aveva ascoltato la sua confessione.
egli passa la notte con me Il giovane sposo, partito colla sua sposa alcuni giorni prima, essendo suo amico antico passò da lui la notte. Gli aveva notificato in secreto la mia venuta, ed il mio passagio prossimo. Egli mandò subito un suo fido al campo, ed aggiustata la cosa col nostro Conduttore, venne ad aspettarmi in quella stazione prossimiore del suo paese, e passò la notte con me, essendo già passato molto tempo dacché non si era più [p. 613] confessato, per mancanza di Sacerdoti, volle confessarsi, ed avrebbe anche voluto comunicarsi, ma non mi fù possibile. i due martiri Agatangelo e Cassiano Questo Hati Joannes già anticamente mi aveva parlato molto dei nostri martiri Agatangelo da Wendome e Cassiano da Nantes; in quella notte mi raccontò ancora molti detagli della divozione tradizionale esistente nella famiglia imperiale, e di alcune visite di uso in famiglia al loro sepolcro. Di molte di queste tradizioni io era stato già molto imbevuto dal zelante mio Sacerdote indigeno abba Hajlù Michele, il quale rappresentò [per] dieci anni l’apostolato di Kafa dopo il mio esilio. Questo Sacerdote nativo di Gondar, [† 7.8.1638] dove ebbe luoo il martirio, ed esiste il sepolcro loro, deve aver scritto qualche cosa, come io gli aveva ordinato; ma fin qui nulla mi è pervenuto.
minacie al conduttore Di quella stessa sera io non ho mancato di gridare molto al Conduttore della carovana per tutto quel traflco che faceva per guadagnare; sono arrivato persino a minaciarlo di andare da solo e separarmi dalla carovana per la compassione che mi facevano quei poveri vilaggi, i quali gridavano misericordia; ed anche perché [p. 614] tutte quelle fermate ci facevano perdere molto tempo, e rendevano il nostro viaggio eterno. Io non faceva altro che dire e gridare, ma intanto il bisogno di tenere nascosto qualche cosa al publico m’impediva di fare dei fatti, e delle publicità, e così otteneva poco, ed il nostro viaggio che io sperava di /53/ fare in sei o sette giorni, passò i dieci, poco presso come ci accadde venendo, perche allora era un viaggio di prigionieri incatenati. Il conduttore poi radunò tesori di regali di ogni genere.
nostro arrivo trionfante a Nagalà. Alla fine siamo arrivati in Nagalà, ma cosa avenne? L’uso sarebbe stato che il Conduttore doveva consegnare tutto quel capitale a Scialaca Gember, e contentarsi solo di una parte; invece egli prima di arrivare al campo aveva tutto nascosto, pensando di mangiarsi poi poco per volta la sua preda. Scialaca Gember, il quale aveva le sue spie secrete, stato legato il conduttore prima ancora del nostro arrivo tutto conobbe, a venutoci all’incontro, come per farmi feste per il mio ritorno, la prima operazione che fece, quando [p. 615] ci siamo incontrati a mezza giornata dal campo, fù quella di farmi legare il conduttore alaca Kidana Mariam con buone catene. Così noi, partiti incatenati, siamo arrivati liberi e trionfanti, mentre all’opposto il nostro conduttore, che era partito libero, arrivò incatenato. Per me fu un vero trionfo, perché Scialaca Gember aveva già ricevuto lettere di raccomandazione per me, e l’arrivo dello sposo mio Corregna, maritato colla cugina dell’imperatore, aveva aggiunto un non so che di misterioso molto favorevole per me.
entro nella casa di prima Il mio arrivo al campo fù dunque un vero trionfo, e Scialaca Gmber mi condusse egli stesso alla casa preparata per noi: era la casa stessa, dove lo sposo colla sua sposa passarono quattro o cinque giorni, prima di discendere al cuolla; era la stessa casa, dove fummo legati insieme, e come mi diceva Sciala[ca] Gember, era tanto il rispetto che quei due sposi novelli avevano per Lei, che vollero dormire nel letto medesimo dove Ella dormiva legato con lui [il corregna]; aveva ragione, dissi io fra me stesso, [p. 616] perché in quel luogo appunto ricevette dal cielo la grazia della sua conversione, e là si aprì per lui il paradiso. Mentre stavamo discorrendo, Scialaca Gember esclamo: chi avrebbe mai preveduto tutte queste benedizioni? tutto il mio campo è stordito di tutti i fatti avvenuti, principalmente del cangiamento del giovane suo corregna; il mondo non sa darsi pace, ed attribuisce questo ad un miracolo: certo che è miracolo, dissi io, ma fatto da chi? fatto da Dio.
arrivano i due sposi, e mi danno la loro tenda I due sposi furono avvertiti del mio arrivo, epperciò non tardarono ad arrivare, impazienti di vedermi. Appena furono arrivati, spiegarono la magnifica tenda ricevuta dall’Imperatore nel giorno delle loro nozze, e la piantarono tutto vicina alla casa dove io era; fatto aggiustare un letto nella tenda loro, per far loro piacere io sono entrato nella tenda, ed essi vollero tenere il letto mio nella capanna. Dopo un cangio di parole Scialaca Gember volle ritirarsi per lasciarci soli a discorrere: io stava contemplando il volto di quei due giovani sposi, [p. 617] nei quali la /54/ grazia di Dio, e la natura da Lui creata stavano operando qualche cosa di visibile. Erano passati più di 15. giorni dalla nostra separazione al campo di Teodoro, ed in tutti [e] due si era operato un cangiamento; cosa ci sta tanto guardando? disse lo sposo; belli sentimenti di riconoscenza al Signore vi guardo, risposi, perché dopo che ci siamo veduti avete guadagnato una nuova dignità; quella cioè di padre e di madre; ringraziamo il Signore di ciò che ha creato, e preghiamolo affinché conduca l’opera sua all’ultima perfezione in cielo. Padre mio, [aggiunse,] permettetemi di aprirvi il mio cuore: voi sapete il luogo, e persino l’ora in cui io sono divenuto uomo; ogni qual volta io mi trovo in quel luogo, io provo sempre una gran consolazione; per questa ragione, arrivato qui ho voluto restare là colla mia sposa, sperando che essa pure avrebbe ricevuto qualche lume da Dio. Ebbene io credo che sia proprio là che il nostro buon Dio ci ha fatto padri, perché abbiamo avuto allora grandi segnali da piangere di tenerezza; fu di là che essa incomminciò [ad] amarmi di amor cristiano; io farei di quel luogo una chiesa.
Intanto io ho domandato allo sposo se aveva istruito la sua sposa; Padre, disse, dopo la nostra separazione, sia in strada, sia in casa, sia di giorno, sia di notte, non abbiamo fatto altro che parlare delle cose di Dio; ma Ella deve sapere che io sono [sono] ancora ignorante [p. 618] ed ho gran bisogno d’imparare per me stesso; io le ho insegnato quel poco che so; quando non sapeva più cosa dire, allora gli raccontava tutte le storie della mia conversione a Dio. Fra tutte le storie quella che più le restò impressa è stata la storia del cane, quella appunto che fini per determinarmi, quando Ella la raccontava al suo ragazzo Stefano per distruggere i miei scandali, quella spezzò il mio cuore di pietra, e quella appunto fu quella che spezzò il cuore alla mia sposa; essa è quì, le domandi se non è vero. una dichiarazione di una giovane covertita Fratello mio, sono sue parole, questa è una gran verità! dal giorno che io ti ho veduto in casa dell’Ettieghe (imperatrice) incomminciando da quel giorno io [mi] sono impazzita per te; ho passato un anno di pazzie tali, che arrossisco [a] raccontarteli; alla fine i miei parenti e l’imperatore stesso decisero di compiacermi; il giorno in cui l’imperatore ti mandò a passare la notte con me, e tu hai fatto l’ubbriacco, io ho passata una notte da vera pazza; ma tutta la mia pazzia era pazzia dei cani ne più ne meno. Oggi mi sono messa in piedi, ed incommincio [a] guardarti in facia ed abraciarti da uomo e da Cristiano, ma prima, oh Dio! io era un vero cane...
Io ho voluto riferire certi minuti detagli avvenuti nella conversione di questi due sposi, come ho già fatto di alcuni altri casi simili per far conoscere due massime molto essenziali per chi lavora nell’apostolato.
/55/ [p. 619] l’apostasia nella fede nasce dall’ingombro del cuore La prima massima è che l’apostasia dalla fede dipende in gran parte dalla corruzione del cuore; per questa ragione la conversione dei gran peccatori, in materia dogmatica, l’istruzione puramente speculativa diretta ad illuminare l’intelletto è per lo più inefficace se non precede una crisi nel cuore; purgato il cuore dal dominio delle passioni, cessano tutti i cavilli in materia di fede. La crisi del cuore non si ottiene che scoprendo le piaghe sui punti della legge naturale indelebile. Io ho veduta questa verità in mille altri casi, segnatamente nella conversione dei così detti dotti abissinesi, per lo più pertinaci eretici, una volta presi sul vivo in qualche punto morale, allora è come certa la conquista sopra tutti gli altri punti revelati. Questa massima può essere utile anche in Europa negli attacchi di certe anime perdute in materia di fede.
La seconda massima. Io ho conosciuto per esperienza, che certe anime perdute, una volta arrivate alla conversione sono per lo più grandi istrumenti della divina providenza che possono servire per l’apostolico ministero, come S. Paolo. confronto del giovane educato e dell’adulto convertito Io ho sempre lavorato nell’educare piccoli ragazzi presi dallo stato d’innocenza; sono arrivato a mandarne anche una gran quantità in Europa in un collegio che costò molte spese, ma è poco [p. 620] ciò che ho potuto guadagnare; questi giovani presi dall’infanzia sono per lo più angeli sino all’età critica, arrivati là nei paesi di corruzione e raro che non siano soggetti ad una crisi pericolosa; se non lo sono dipende molto anche da un carattere flemmaticò[;] saranno buoni, ma poco attivi per l’apostolato. Invece certi peccatori sortiti da una gran crisi e da una vittoria contro il demonio, riescono per lo più eroi nell’apostolato. È stata questa una mia esperienza di molti anni di ministero frà i barbari; può essere utile anche in Europa in proporzione. In generale l’adulto sortito da una gran crisi è anche un gran segnale di vocazione, benché non abbia più tutti i mezzi per istruirsi.
cosa fu dei 30. prigionieri miei compagni In tutta la storia dal mio arresto in Nagala, sino al mio ritorno a quel paese per continuare il mio viaggio verso la costa ho lasciato una laguna. Partendo da Nagalà per il Campo di Teodoro si è detto che eravamo 30. prigionieri stati tutti arrestati come lo sono stato io sulla strada; alcuni sono stati arrestati che andavano dal sud al nord, come accadde a me; altri che andavano dal Nord al Sud. Fummo arrestati tutti in seguito ad un ordine [p. 621] dell’imperatore, concepito in questi termini = arrestate tutti quelli che passano nel termine di tre giorni determinati = motivo dell’arresto generale Il motivo di questo ordine [non] è stato mai conosciuto, alcuni pensavano che fosse stato per cogliere me, ma in questo caso l’ordine sarebbe stato solamente per quelli che camminavano verso il mare. Altri più probabilmente opinavano che l’ordine fosse stato dato per cogliere le /56/ corrispondenze del Vescovo Salama, il quale si trovava fuori di Magdala in via per il campo, ma fermo a Devra Tabor, come già è stato notato. Teodoro avendo sciolto tutti i prigionieri senza giudicarli, dopo che io sono stato scoperto ha dato a pensare che tutto fosse stato per causa mia.
lo spoglio dei prigionieri Ora lasciata in statu quo questa questione resta ancora un’altra questione più essenziale per la storia, sia del paese, sia in particolare di Teodoro, ed è la giustizia di questo atto nelle sue conseguenze. Già ho detto che io sono stato spogliato di tutto ciò che aveva, ma bisogna notare che sono stati spogliati anche tutti gli altri. Molti prigionieri venuti con me, dopo essere stati sciolti con me, si raccomandarono a me per ricuperare le loro sostanze, ed un’opera buona di un convertito io aveva appoggiato questo affare al mio giovane corregna, che aveva conosciuto molto influente alla corte. Egli nel suo ritorno [p. 622] a Nagalà si occupò di questo atto di giustizia con un’esattezza degna di un convertito. Io ho trovato in Nagalà ancora molti che aspettarono per ringraziarmi; mi assicurarono d’aver ricevuto ogni cosa, persino alcune vesti e provisioni di viaggio, oggetti devoluti ai soldati. Secondo l’uso del paese chi è arrestato è spogliato di tutto; se è stato condannato come colpevole a qualche pena, allora tutto lo spoglio è divisibile tra gli officiali e soldati; se poi sono stati sciolti come innocenti, tutto doveva essere restituito più o meno esattamente secondo la conscienza dei funzionarii, la quale è ben poca in quei paesi. Il mio giovane fece restituire qualunque minima cosa.
lo credeva di avere perduto ogni cosa. Dopo [essere] stato arrestato, come già è stato detto, sono rimasto nudo colle sole mutande un giorno ed una notte; dopo ho ricevuto le sole vesti che aveva indosso, ma non alcune camicie per cangiarmi. trovato il mio spoglio Ritornato in Nagalà ho trovato tutto, anche quello che non era mio, ma di un prigioniere fuggito in strada andando al campo. Restarono perduti i puri manoscritti, stati mandati a Teodoro; come altresì alcune provisioni di viaggio, come pepe, aghi, e simili che servivano per comprare del pane; queste piccole cose [p. 623] rimasero nelle mani degli agenti nella revista. Tutto il resto fù trovato; erano due involtini, in uno vi erano due camicie ed un pajo di mutande per cangiarmi; trovate le mie cose per il s. ministero in un secondo involtino si trovavano gli oggetti di chiesa, il necessario per celebrare una messa; una pianeta di satino molto fina, un camice di mossolina finissima, un calice piccolissimo cogli olii santi; un breviario a foglietti con una Messa votiva manoscritta, ed altri piccoli arredi necessarii. Questi due involti pesavano poco più di un kilò caduno. ricevo un’atto di carità I due sposi poi ben sapendo come io era pieno di vermina, e che [non] aveva voluto acettare nulla dall’imperatore, appe- /57/ na arrivato, mi diedero un pajo di mutande ed una camicia; mi portarono dell’aqua calda per lavarmi, e cangiate le vesti, essi presero tutte le mie vesti, e vollero lavarle colle loro stesse mani. Dopo ciò io mi sono trovato in certo modo rigenerato e ristorato.
Questi due sposi mi facevano premura di discendere nel cuolla alla loro casa, dove speravano di essere meglio istruiti, ma abbiamo dovuto aspettare due giorni ai campo per compiacere Scialaca Gember, il quale volle darci una dimostrazione. due grandi feste Il giovane sposo contava ancora come uffiziale del suo campo, ed era suo parente; la sua promozione all’Ufizialità del campo imperiale, [p. 624] e sopratutto il matrimonio colla cugina dell’imperatore innalzarono questo giovane ad un grado indefinibile, ed in certo senso, superio[re] a Scialaca Gember medesimo. Per questa ragione il Scialaca volle fare una festa a tutto il campo suo. Facendola il Scialaca, dovette farla anche il giovane sposo a tutti i suoi compagni. Furono dunque due giorni di gran feste che ebbero luogo, alle quali io non ho voluto prendete parte, restando sempre nella mia tenda. il mio conduttore graziato A tutta questa allegria una sola persona non poteva prendere parte, ed era il povero conduttore incatenato, ma chi pensa a lui, ed a chi si raccomanderà egli? Il povero prete di Cristo, obligato a portare sulle sue spalle i peccati degli stessi suoi nemici, l’appello è a lui che si fa. Io ne parlai ai due sposi; benché questi fossero irritati contro di lui, perché seppero tutto, pure alla mia parola partirono sul momento tutti [e] due, presero il prigioniere e lo presentarono al Scialaca; questi mandò a me dicendo: l’offesa è [stata fatta] a voi, cosa debbo fare? Io feci rispondere: vi prego di scioglierlo; i regali secreti della carovana siano [lasciati] a lui; i regali publici conosciuti siano mangiati dal campo in una terza festa Così fu finita la questione.
Il prigioniere fu sciolto dalle sue catene sul momento, e rimesso al suo posto di prima. I due sposi lo presero [p. 625] e lo condussero a me per ringraziarmi. mia parlata al conduttore Allora io ho preso la parola, e dissi = io sono un forestiero, ed avrei bramato meglio di venire da solo coi miei due ragazzi senza conduttore, ma non ho voluto rifiutare la generosità dell’imperatore. Se strada facendo vi ho detto qualche cosa, l’ho detto per la compassione [che avevo] verso tutti quei villagi, i quali gridavano pietà e misericordia, ma voi potete essere sicuro che io [non] ho detto nulla a Scialaca Gember; anzi quando ti ho veduto, legato ho avuto gran compassione di voi, ed è per questo che l’ho fatto pregare di sciogliervi, e lo ringrazierò d’averlo fatto. Per altro guardatevi un’altra volta. Voi direte che nel paese è una cosa di uso; va bene questo, ma altro è ricevere qualcheduno, altro è riceverne cento ed obligare il villaigio a /58/ dare la cena per cento persone; e non bastava ancor questo[:] a tutti i villagi minaciare di fare la stazione per mangiarvi sopra; questa è una vera crudeltà =
il conduttore è commosso Come già ho notato, questo Conduttore, chiamato Alaca Kidana Mariam, aveva conosciuto Monsignore De Jacobis, e benché nemico dei cattolici, pure quando occorreva parlare del suddetto non poteva a meno che parlarne bene, come mi assicuravano tutti. Egli però non conosceva me personalmente, al più poteva dubitare che io fossi qualche prete della missione [p. 626] di Massawah. Tuttavia egli, dopo la conversione del giovane fù mio corregna, divenuto tutto modesto, incomminciava [a] pensare qualche cosa fuori dell’ordinario a mio riguardo, motivo per cui si diresse a me per la pace.
egli fa la sua confessione allo sposo Dopo [avere] ottenuta la pace per mia intercessione, al sentire la mia parlata, il suo cuore fù vinto, ed appena ritiratomi, entrò in discorso collo sposo (1a) e gli domandò che uomo è questo? disse, voi, legato con lui siete divenuto un’agnello; si temeva che Teodoro gli avrebbe tagliata la testa, invece si dichiarò vinto da lui, e lo amò; io oggi non so più cosa dirmi, e sto per gettarmi ai suoi piedi. Fin qui sono stato sempre difensore di Abba Salama, e più mi attaccava a lui, più diveniva birbante; or ditemi voi, cosa devo fare?
risposta dello sposo a lui Il giovane sposo non fidandosi ancora di questo individuo, e mantenendo sempre il secreto, rispose genericamente, facendo egli pure una confessione sincera delle proprie impressioni: cosa serve, disse, domandare che uomo è? misurate i suoi fatti, e le sue parole; così facio io; senza conoscerlo sono stato legato con lui un mese, non ho veduto altro che preghiere, e non [p. 627] ho sentito altro da lui che cose di Dio; quando io sono con lui il mio cuore diventa tutt’altro e cangia come la cera al sole; una persona che ama tutti, che fa [del] bene a tutti; una persona che non sa cosa fare delle richezze e degli onori; Teodoro stesso ha voluto dargli muli per camminare, e denari, e vesti, ma egli ha rifiutato tutto; arrivato qui l’altro giorno tutto pieno di pedocchj, per forza gli abbiamo fatto acettare una camicia e due mutande per cangiarsi; ecco tutto quello che posso dirvi; io per parte mia sono risoluto di goderlo fino a tanto che posso: l’imperatore mi ha ordinato di accompagnarlo sino al fiume, ed assicurarmi che nulla gli arrivi [di sinistro]; così farò fedelmente, e poi ritornerò a Teodoro.
ne[l’]uno, ne l’altro manifesta il secreto, perché temono Così suole arrivare nei paesi di persecuzione. Il giovane sposo sapeva benissimo chi io era[:] non solo Prete ma anche Vescovo; il conduttore Alaca Kidana Mariam senza conoscermi di persona, non dubitava affatto della mia qualità di Prete; si presentò parecchie volte per confessarsi, ma sempre di notte; l’ho battezzato [p. 628] sotto condizione, e poi ho finito per esortarlo a ritornarsene in Tigrè paese suo, dove avrebbe trovato dei Preti. Di tutto gli ho consegnato un biglietto ostensibile alla missione lazzanista. Lo stesso ho fatto poi dopo, per i due sposi prima di passare il fiume Takazzè. corriere del console francese. Dello stesso giorno arrivò da Devra Tabor un servo di M.r Lejan console di Massawah con dieci talleri d’imprestito; io venendo dal campo aveva consegnato un piccolo biglietto per lui ad Hati Joannes antico imperatore a questo riguardo; mi rispose che non poteva mandarmi di più, perché egli stesso si trovava in bisogno. Rispondendogli gli ho notificato la conferenza tenuta coll’Imperatore a suo riguardo, e che perciò [nov. 1863] sperava [di] vederlo in Massawah col suo compagno, dove avrei pagato il mio debito. Ho saputo da questo servo del Console che il Vescovo eretico Salama era stato chiamato al campo dell’imperatore Teodoro.
(1a) chiamo sempre questo giovane o col nome di sposo, oppure di mio Corregna; la ragione è, perché non mi ricordo più del suo nome, forze si chiamava Ghebra Wold, ma non son certo. [Torna al testo ↑]