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7.
Nei «kuolla» alla casa degli sposi.
Morale coniugale. Vino e ostie.

consiglio di partenza Passati due giorni di gran festa bisogna pensare a discendere nel Cuolla, perché i due sposi, [erano] venuti dal campo di Teodoro per essere istruiti, e non mi lasciavano più in pace, perché nel campo di Scialaca [p. 629] non potevano godere di tutta la loro libertà a questo scopo. Scialaca Gember in presenza dei due sposi mi fece vedere lettera dell’imperatore, e mia risposta una lettera dell’imperatore, nella quale gli ordinava di darmi tutto il necessario per il viaggio, siano denari, siano vesti, e siano animali di trasporto. Al sentire questa lettera, io, alla presenza dei due sposi dissi = come già parlai all’imperatore medesimo prima di lasciare il suo campo, così rispondo ora a voi: io [non] ho bisogno di nulla, e [non] voglio nulla, epperciò [non] acetto nulla, eccettuata una persona sicura che mi accompagni, affinché non mi accada di essere arestato in strada come fugitivo, come già mi è accaduto qui in Nagalà. Per tutto il resto colui che mi manda, cioè Cristo pensera a me. Rimaneva ancora un’altra difficoltà da sciogliere, ed era quella del nostro conduttore Alaca Kidana Mariam, il quale desiderata di essere istruito; [gli dissi;] per questo l’intenderete con i due sposi, perche io colà entro in casa loro. In caso di negativa vi lascierò il monachello per istruirvi.

nostra partenza Ciò fatto, ho detto al monachello Rafaele di rimanere per otto giorni coll’Alaca Kidana Mariam, e siamo partiti. Una carovana di cavalieri ci accompagnava, ed anche i due sposi [p. 630] erano coi loro muli di lusso, ed eravi pure un mulo preparato per me. sforzi per farmi montare a cavallo; ritorna l’accompagnamento. Ora tutti d’accordo per obligarmi ad acettare il mulo tutti camminavano a piedi se io prima non montava; ven[ne] lo sposo per obligarmi a montare, non fosse altro, diceva, per non obligare tutta la comitiva [ad] andare a piedi; ho capito, dissi io, sapete che io non so andare a cavallo, volete ridere sopra di me; piutosto io consiglierei tutti questi signori e ritornarsene, e lasciarci liberi per fare le nostre conferenze. Il giovane sposo che molto desiderava trovarsi solo con me per sentire qualche cosa di più utile, /61/ riferì la mia risposta a Scialaca Gember, ed esortò tutti a ritornarsene. Così, dopo qualche kilometro se ne ritornarono, e restammo soli. Volevano lasciare il mulo, ma io gli ho obligato a prenderlo come per forza.

si cammina catechizando Appena fummo liberi i due sposi non pensarono più a montare i loro muli, e non si allontanarono più da me per sentire il catechismo, obligando i servi coi muli a restare in certa lontananza, dove pure Stefano gli accompagnava con qualche catechismo blando, senza svelare loro i secreti. Occupati così in catechismo per lo più ragionato, finì ben presto il cammino dell’alto piano, ed arrivammo quasi subito alla discesa, piena di precipizii; [p. 631] grandi attenzioni dei due sposi per me là è dove ho veduto e provato l’affezione ed il rispetto per me di queste due creature; lo sposo mi teneva per mano, esponendosi anche ad un cattivo passo nel cammino stretto per sostenermi, e la sposa, persona delicata, la quale contava appena 16. anni di età, nei cattivi passi portava da lontano una pietra e la teneva colle sue manine, quando vi era un gradino troppo alto [da salire]; così si fece una parte della discesa, ed arrivati ad una fontana m’invitarono a sedere per riposarmi; mi presentarono colà una bottiglietta d’idromele per me solamente; aqua benedetta. per loro portarono un corno di aqua, mi pregarono di benedirla, e se la bevettero, dicendo, servirà per caciare il demonio dal nostro cuore per dopo la vostra partenza; io poi, disse la sposa, bevo volontieri l’aqua benedetta anche per la povera creaturina che porto in seno, affinché arrivi a vedere la luce, e conoscere il suo Padre; aggiungete, dissi io, affinché arrivi a salvarsi in questo paese di grande corruzione, e di un’eresia quasi eguale al paganesimo; In tutto il tempo che io restai con quei due sposi, essa non volle bere altro che aqua benedetta.

nostro arrivo a casa degli sposi Abbiamo camminato così quasi due ore parlando sempre di cose di Dio, e siamo arrivati alla casa loro provisoria, data per ordine dell’imperatore per restarvi qualche tempo, almeno sino dopo il mio passagio [p. 632] del fiume Takazè. Era quella una casa del Procuratore civile di tutta quella provincia detta bassa Nagalà; questo Procuratore era incaricato da Teodoro di dar ai due sposi, oltre la casa, tutto il vitto per tutto il tempo che essi sarebbero rimasti in quella provinci[a], soggetta anche a Scialaca Gember come governatore militare dell’alto e basso Nagalà. Per il mio passagio del fiume erano risponsabili Scialaca Gember, il Procuratore, ed il giovane sposo; quest’ultimo era incaricato di sorvegliare ogni cosa, e di darmi una guida sicura che mi potesse scortare sino al Tigrè. l’alloggio fatto per me. Appena arrivati alla casa ci siamo riposati un momento, e poi, sortiti da quel cortile principesco siamo entrati in un boschetto, dove si trovavano tre piccole capanne tutte nuove fatte per /62/ me; una era la cappella non ancora ben terminata, l’altre era per me, ed una terza era per dar udienza privata a qualche persona; tutto lavoro fatto dai due sposi nei pochi giorni che precedettero.

cercano di farmi aspettare; mie inquietudini Veduti tutti questi lavori la mia imaginazione sempre precoce incomminciò a preoccuparmi, questi giovani sposi, diceva fra me stesso, pare che pensino molto [p. 633] alla lunga, e potrebbe anche darsi che siano intesi coll’imperatore; che necessità, dissi loro, di fare tutti questi lavori per pochi giorni? [Osservò lo sposo:] Ella non potrebbe stare in quelle gran case tutte vecchie piene di cimici e di pulci, dove molta gente va e viene, e non si potrebbe[ro] fare le cose nostre in secreto come desideriamo; queste piccole case essendo nuove sono proprie ed in luogo solitario, dove nessuno deve arrivare. Io colla mia sposa verremo qui ad imparare, e faremo qui le nostre preghiere, ed anche potremo dormire qui, se Ella permetterà. Tutto va bene, risposi io, ma perché tanta fatica per sette o otto giorni che dovremo passarvi? Caro Padre, rispose egli, siamo ancora in Luglio, ed il fiume non sarà passabile che sul fine di Agosto, e qualche volta a Settembre.

questioni sul passaggio del fiume. Al sentire questo mi sono turbato un poco, ma caro mio, dissi io, il piano fatto coll’imperatore era quello di andare a passare il fiume ancor più [in] alto nella sua sorgente, dove è molto piccolo. Capisco, rispose egli, ma per andare alla sorgente per lei [p. 634] che cammina a piedi non bastano cinque o sei giorni di viaggio per montagne; è vero che più [in] alto il fiume si fa più piccolo, ma frà le montagne è anche più rapido e pericoloso; quì invece il fiume è piano, come vede. Avvi [anche] ancora una ragione, più [in] alto di qui la strada non sarebbe più la strada maestra per il Tigrè, e sarebbe questione di allongare notabilmente la strada. Caro Padre, soggiunse, si lascii diriggere, perché altrimenti saremo obligati a spedire un corriere all’imperatore, essendo questa la strada da lui fissata. Vedendo così ho dovuto aquietarmi; aggiustarono subito la cappella, ed aggiunsero un [un] piccolo recinto, e tutto fù in ordine.

ministero della parola ai due sposi Finita che fù la cappella, ed aggiustato un’altarino alla meglio, essi incomminciarono la questione della Messa, e della communione. A misura che l’istruzione sui sacramenti si moltiplicava, quei due sposi andavano ogni giorno più spiegando una fede così viva, che a dire il vero mi feceva confusione, confrontandola colla mia fede, la quale, per altro era la fede [p. 635] di un’apostolo, per il quale quelle due creature avevano tanta venerazione. paragone tra fede e fede Se il merito della fede sta tutto nella sua semplicità e vivacità, io ho tutta la ragione d’invidiare santamente la fede di queste due creature, come più semplice, e più viva della mia; se poi il suo /63/ merito è in proporzione dei sforzi della mia ragione, la quale pretende di vedere tutto il fondo della divina Sapienza nelle sue esterne manifestazioni, oh allora posso ancora sperare di dividere il merito con questi miei due proseliti. Io faceva fra me stesso questo ragionamento, perché dal momento in cui il cuore di questi due sposi fu libero dalle passioni che le agitavano sino alla pazzia, facevano ogni giorno progressi tali nella fede, che per me erano divenuti un vero spettacolo.

zelo dei due sposi per la parola di Dio Difatti, [avevano] un’avvidità tale di sentire le cose di Dio, che fece loro dimenticare affatto le cose del mondo; quando veniva qualcheduno per vederli, erano bensì cortesi a riceverli, ma cogli occhj sempre bassi, e gravi come chi ha grandi pensieri di modo che la conversazione finiva subito e [i visitatori] se ne andavano, ed essi ritornavano alle cose di Dio; essi avrebbero passato tutto il giorno, e tutta la notte nel sentire il mio catechismo e le mie conferenze; il solo timore [p. 636] di stancarmi troppo poteva lasciarmi libero qualche momento. Allora io sortiva dalla capanna di ricevimento, ed entrava nella mia capanna tutta vicina per riposarmi un tantino, e far qualche preghiera, ma essi non lasciavano il campo, sortito io, essi, come chi ha gustato un boccone squisito lo tiene in bocca per succhiarne sino all’ultimo il gusto delizioso, così essi ripassavano tutto quello che avevano sentito da me con una soddisfazione incredibile. Io sentiva tutto quello che dicevano. Sorella mia, disse lo sposo alla sposa, bisogna godere l’abuna mentre [che] l’abbiamo, perché temo che un bel giorno metterà il piede al muro e vorrà partire; allora sarà arrivato la desolazione per noi.

lascio la parola ai due catecumeni Nelle mie conferenze, qualche volta mi trovava stanco di parlare, e quasi mi mancavano le idee, allora soleva lasciare i due giovani sposi di dirmi tutto quello che pensavano, e farmi tutte le interrogazioni che volevano; così io prendeva un poco di riposo, e trovava qualche nuovo motivo per parlare con vantagio. Fra le molte cose che mi riferirono, voglio qui raccontarne alcune, le quali hanno qualche idea nuova, e di qualche utilità. un’idea tutta nuova della sposa Una volta la sposa, senta Padre, disse, Ella ci ha raccontato qualche volta come Iddio ha creato il nostro Padre Adamo impastando il fango; [p. 637] io penso che Iddio facia ancora lo stesso al giorno d’oggi; uomini e donne credono di ubbidire ad una gran passione nelle loro unioni, ma non pensano che sono fango impastato da Dio per creare un nuovo figli[o] di Adamo. Oggi io ed il mio sposo possiamo dire di essere veramente impastati da Dio, perché siamo benedetti da Lui col sacramento del matrimonio; quelli che non sono benedetti da Dio col sacramento, essi sono impastati dal diavolo. Io dico qualche volta queste mie idee al mio sposo, ed egli si mette a piangere. È vero /64/ che tu piangi? [(]dissi allo sposo) e come non piangere? rispose egli, impastato e calpestrato da tutti i diavoli? Essa non ha gran ragione di piangere, perché per miracolo di Dio si è conservata, ma non così io.

una risposta dello sposo Però, Padre mio, se ancora Ella ha pazienza un momento, ho anche io le mie idee da raccontare. Io le ho già raccontato tutta la mia storia, e debbo confessare d’avere servito di fango al diavolo per impastare dei fantasmi per ingannare molte persone; però debbo confessare una gran verità, che le unioni fatte per impasto diabolico sono diverse come il giorno dalla notte, dalle unioni fatte coll’impasto della mano di Dio. diversità trà le unioni legittime ed illegittime Nelle milliaja di unioni avute inspirate dal diavolo [p. 638] e dalla passione finivano sempre colla rabbia e colla collera contro la persona mia complice, e dopo lo sfogo l’avrei caciata via con un calcio; all’opposto le unioni benedette da Dio col sacramento del matrimonio sono un prodotto d’amore, e più si moltiplicano, e più cresce l’amore colla persona. Oggi colla mia sposa si verifica quello che Ella ci disse quando ci benedì, quelle grandi parole[:] non siete più due, ma una persona sola; ciò che vuole essa lo voglio anche io, e ciò che essa non vuole non mi nasce neanche il desiderio [di volerlo]; Iddio è con noi, e più andiamo avanti, più ci amiamo. Vuoi che ti dica il perché, dissi io, Iddio d’amore essendo con voi, egli è che impasta il fango del cuore vostro per creare, mentre il diavolo è una creatura maledetta che impasta per distruggere.

una questione dei due coniugi Padre, dissero una volta quei due sposi d’accordo, postoche voi avete tanta pazienza di ascoltarci, sentite ancora una cosa: qualche volta parlando trà noi due faciamo una supposizione; ora noi essendo certi che esiste la piccola creatura nel seno, non amerebbe forze più Iddio la nostra astinenza che la nostra unione? noi faciamo qualche volta questo discorso, ma temendo che questa sia una [p. 639] tentazione o inganno del diavolo ci siamo sempre riservati di parlare con voi, e vogliamo sapere come voi la pensate, disposti sempre a regolarci come voi ci direte. una mia risposta per la circostanza. Figli miei, risposi loro, la questione che mi fate è una questione delicatissima, che voi non dovete decidere mai in avvenire senza il consiglio di un Padre confessore che vi conosca bene tutti [e] due; ciò vi serva di regola per l’avvenire. Per ora vi basti sapere che l’astinenza di comune accordo per qualche volta è una cosa buona se la fate per spirito di penitenza, massime in certi giorni; ma [quanto riguarda] l’astinenza per molto tempo questo oggi non posso dirvelo. L’unione dei coniugi è il fango nelle mani di Dio per la creazione non solo di una creatura, ma di altre creature avvenire e future. L’unione produce due effetti[:] allontana la tentazione del demonio, che cerca [di] disunire i conjugi, e fomenta l’amore fra di loro, cosa molto necessaria per la /65/ generazione di altre creature per l’avvenire; epperciò vi raccomando molta cautela in questo. Per ora vi basti questa mia risposta.

un’esortazione paterna Figli miei, a questo riguardo avrei molti esempi molto sublimi di Santi, presi, sia dalla Sacra Scrittura, e sia ancora dalla Storia della Chiesa, ma oggi colla premura che tengo di separarmi [p. 640] da voi, forze per mai più vedervi, crederei [di] farvi più del male che del bene a raccontarvele; se Iddio disporrà le cose in modo che ci ritroviamo ancora, e che egli vi facia la grazia di conservarvi sempre nelle buone disposizioni presenti, allora ve li racconterà; in caso diverso un’altro Sacerdote cattolico, che Iddio non mancherà di mandarvi, egli ve li racconterà. Oggi siete sposi novelli ancora giovani non voglio ancora lasciarvi gustare simili frutti di paradiso per timore, che montati troppo alti prima di mettere le ali non faciate qualche caduta fatale. Pensate che non avete ancora gustata la SS. Eucaristia, quella appunto che vi farà mettere fuori le ali per montare più [in] alto e potervi sostenere senza pericolo di precipitare a basso.

domandano la comunione Ma, Padre, non è forze quello al quale noi pensiamo giorno e notte[?]. Ma noi lo sappiamo che: una volta trovato il Kurban, il nostro bon Gesù ci farà conoscere tutto, e ci darà forza per tutto; Ella ci da sempre speranza, e mai viene quel bel giorno desiderato di poterlo ricevere. una mia risposta. Figli miei, voi desiderate quello che più di voi desidero anch’io, accostumato a riceverlo ogni giorno; lo desidera pure il mio caro [p. 641] giovanetto Stefano, il quale ne ha molto bisogno per sostenersi in questo paese pieno di diavoli e di scandali. Ma cosa volete? lo sapete pure che mi trovo in viagio senza il necessario; voi mi avete salvato il calice ed il tabot; ho trovato pure le vesti di necessità per la S. Messa; ma mi manca il vino; appena ne tengo per una sol volta; ecco la gran difficoltà che mi fa sospendere da un giorno all’altro [di celebrare]. Quando è così, dissero i due sposi, noi faremo di tutto per avere del zebibo. questione del zebibo Molto bene, risposi io, ma notate bene che sia zebibo bono, e che sia molto. Se è zebibo che viene dal mare, quello è tutto buono, perché là sanno farlo; se poi è zebibo del paese i due terzi è zebibo cattivo, perché fanno seccar l’uva che non è ancor matura; conoscerete il zebibo premendolo colle dita, se si riduce in farina quello è cattivo; se poi è molle, allora sarà buono. Nel paese i preti ne mettono sette grani per un corno di aqua; per un corno di aqua ce ne vuole almeno un pugno. Non dimenticate poi anche di fare la cosa in secreto, facendolo comprare come se fosse per altro luogo, e non per me. In caso che non si trovi zebibo bono, e che trovino uva fresca e ben matura, ancora meglio.

/66/ mandano a cercarne Tanto era il desiderio che avevano quei due sposi, che mandarono quattro cavalieri col prezzo in quattro distinti paesi a cercarne. Dello stesso giorno arrivò del zebibo ordinario del paese, di quello che si vendeva in mercato, ma era [p. 642] [era] tutto cattivo; di un pugno pieno appena si trovarono dieci grani di meno cattivo: vedete, dissi loro, questo è di uva non matura seccata al fuoco; ora, siccome col grano ancor verde non sorte del pane, così dell’uva non matura non si fa vino. fu trovata uva fresca e si fece del vino Per fortuna l’indomani arrivò un’altro [mercante] con un piccolo paniere contenente poco più di una libbra di uva fresca che pagò molto cara; una buona vecchia povera aveva una vite, per difenderla dalla pioggia fece una piccola capanna di paglia, e per difenderla dalle api di giorno faceva sempre [del] fumo; così arrivò a poterla maturare; la buona vecchia sperava con quell’uva di comprarsi una tela ordinaria per vestirsi, e gli diede dieci sali. Fu una vera festa per quei due sposi: fù subito spremuta, e se ne riempirono due caraffe di un litro caduna; una di quella caraffe si tenne sempre in un vaso di aqua quasi calda, a segno che in meno di 24. ore la fermentazione fù completa, e nel quarto giorno incomminciava [a] cessare la fermentazione, e l’odore di vino era perfetto; in quei pochi giorni io sentiva la sposa alzarsi di notte a riscaldar l’aqua per la fermentazione.

Quando fu il caso di separare il vino dalla feccia dell’uva si travasò il liquido tutto chiaro in un’alt[r]a caraffa, la quale non essendo piena non si poteva lasciar molto senza pericolo che degenerasse il vino, in un vaso [riempito] solo a metà, [p. 643] io cercava perciò delle fiale per dividerlo e chiuderlo ermeticamente, e così [si] conservasse anche [per] lungo tempo. un’esempio di generosità curiosa Non trovandosi quelle fiale da me cercate la sposa portò una cassetta di odori, uno dei regali di Teodoro in occasione di matrimonio della sua cugina. Nel paese una cassetta simile contenente almeno dodeci fiale di diversa qualità coi suoi turacioli di cristallo, chiusi da pargamena, coll’aggiunta di qualche sapone odoroso, cose cognite, in Oriente principalmente, e che arrivano in quei paesi come gran regalo ai principi, sono colà cose di gran valore; (quì sta il bello, e l’edificante di questa storia)[:] cosa ne dici, fratel mio? disse la sposa al suo marito, io non ho bisogno di questi profumi per essere amata da te, come tu non ne abbisogni per essere amato da me; questi profumi sono fatti per acalappiare i pazzi e le pazze al diavolo, basta quello che abbiamo fin qui consummato per incensare la nostra diabolica lussuria; vada alla malora tutto. Ciò detto aperte tutte, o la maggior parte di quelle fiale [e] le versò per terra; quindi, lavate diligentemente furono destinate per mettervi il vino.

/67/ due specie di profumi Quando la sposa sceglieva una parte di quelle fiale per versare lo sposo le indicava quelle che prima meritavano di essere distrutte con queste parole che io non aveva ben compreso [:] abbiamo già abbastanza di questo stuzzico dal Padre Adamo senza cercarne, altro. [p. 644] Non avendo io compreso tutta la ragione di quella scielta, ho interrogato lo sposo sul mistero: esso mi rispose che due erano le specie di quei profumi, quella che è stata versata conteneva uno specifico sureccitante la passione; le donne publiche fatte per i grandi ne portano sempre con se, e ne fanno uso poco modesto sopra il loro galante; per mia disgrazia, disse, la conosco per esperienza nel tempo della mia pazzia; oggi conosco che il più bel specifico è l’astinenza cristiana. Il lettore di queste mie memorie potrebbe pensare che le belle sentenze notate in questo fatto edificante siano un mio parto, ma si sbaglia, collo spirito di Dio si trova la sapienza ed i suoi appropositi. Il passagio di queste due creature dall’eccesso della pazzia mondana all’apice della sapienza cristiana produce naturalmente tali frutti.

sollecitudini per preparare la cappella Una volta trovato il vino, prima ancora che arrivasse il nuovo vino si fissò subito il giorno per la celebrazione della prima messa, ed era un vero spettacolo il vedere il zelo con cui i due sposi [lavoravano] per preparare la cappella col solo aiuto di Stefano, facendo tutto essi stessi, persino impastare il fango, far le candele, macinare il fromento per le ostie, tapezzare la chiesa, cucire vesti, e tutto ciò che occorreva per inaugurare una nuova [p. 645] cappella, e preparare il necessario per celebrare. Io ho riservato a me solamente il fare le ostie. io ho fatto le ostie Come non aveva un ferro di uso coll’impronto ho dovuto farle sopra una piata forma di ferro alla bella meglio che ho potuto. Ho do[v]uto farle secretamente, perché in Abissinia una simile operazione è cosa tutta misteriosa fatta da un diacono, e in mancanza di diacono da un Prete; colla differenza però che in Abissinia una sol Messa consuma tanto fromento, quando potrebbe bastare ad una piccola Chiesa latina per le ostie di quasi tutto l’anno per uno o due Sacerdoti, quando non vi fossero gran comunioni.