/212/

25.
Capitolo provinciale. Cura termale.
Collegio e catechismo. La chiesa di Francia.

capitolo provinciale, e p. Carlo Filippo presiede
[21.7.1865]
Io qui non mi trattengo a descrivere tutti i fatti concernenti il capitolo provinciale, ed altri atti del medesimo, come cose estranee a queste mie memorie, e tutti [gli] atti publici che ebbero luogo in questa nostra Europa, ed abbastanza conosciuti. Dirò solamente, che questo Capitolo Provinciale ebbe luogo in Marsilia sotto la presidenza del M. R. Padre Carlo Filippo da Poïrino, Ex Provinciale della Provincia di Piemonte, inviato dal P. Generale Nicola da S. Giovanni in qualità di Commissario a tale effetto. Egli era un’antico mio quasi compagno. In questo Capitolo fu eletto Provinciale il M. R. P. Domenico da Castelnovo d’Ario, quello stesso di cui abbiamo già molto parlato, già prima mandato come Vice Prefetto ai paesi Galla, e che ritornò indietro al mio arrivo.

p. Domenico fatto Provinciale Questo buon Padre, divenuto Provinciale dei Cappuccini di Francia, sia per la nuova sua carica, e sia per la sua età troppo avvanzata, non potendo più partire con me, non dimenticò la missione nostra, a cui appartenne qualche tempo, ma con un zelo pari mi ajutò in tutte le mie operazioni. Mentre io stava lavorando [p. 931] in Parigi egli si occupò a cercarmi missionarii, e mi trovò in Marsilia compra del terreno per il collegio
[contratto: 14.4.1866]
un locale per la costruzione di un piccolo collegio Galla nel borgo di S. Barnaba, locale appartenente ad un certo Alemanno, col quale convenne del prezzo, e fu poi in seguito stipolato il contratto di compra a mio nome, come consta da istromento publico fatto dal Notajo Rubeau di Marsilia. Il P. Domenico, divenuto Provinciale, nella prima sua visita mi cercò i missionarii, dei quali io aveva bisogno, e terminata la visita dei Conventi, egli pensò a me ed alla missione. Nei miei viaggi alla costa di Massawah, e dopo la malaria gravissima fatta in Gualà nel Tigrè, mi rimasero degli incommodi, per i quali i medici giudicarono convenienti i bagni termali della Bourbulle presso Mondor nell’Auvergne, ed egli, che conosceva quel paese, pensò a tutto ed aggiustò ogni cosa.

/213/ parto per i bagni della Bouboulle
[fine lug. 1864].
Sul principio di Luglio, lasciando a Parigi Don Comboni ed il P. Carlo Filippo, il quale dopo il Capitolo restò qualche mese con me, [per] alcuni lavori, e la direzione della stampa al Signor Antoine d’Abbadie, il quale conosceva le lingue amarica e galla, io col P. Domenico sono partito per Clermont-Ferrand, e per Mondor, dove, sotto la direzione del Dottore Perroné, il quale ci aveva [p. 932] ricevuti in casa sua, ho fatto 15. giorni di bagni. Non mi trattengo a descrivere la qualità di quei bagni, già conosciutissimi. Lo stabilimento della Bourboulle, era in quel tempo ancora nel suo principio, e mancavano colà locande, motivo per cui il Dottore Perroné ci ricoverò in casa sua. Mondor e la Bourboulle Prima di quell’epoca la Bourboulle era come una piccola succursale delle terme di Mondor, circa dieci kilometri lontano, e più sopra la montagna. I medici di quello stabilimento solevano mandare alla Bourbulle i loro clienti a prendere qualche bagno, come aque più forti. Si trovava alla Bourbulle una piccola sorgente di proprietà privata, la quale poteva somministrare al più una cinquantina di bagni ogni giorno. Il Dottore Perroné scoprì altra sorgente, molto più forte e più carica di arsenico; egli si può dire il vero fondatore del famoso stabilimento, il quale nel 1880. poteva dare ogni giorno milliaja di bagni; e lo trovai divenuto come una città con una quarantina di locande. La mia cura contribuì molto allo sviluppo di quello stabilimento classico situato sul ponto dove i due torrenti Dor e Dogne si uniscono e formano il fiume Dor-Dogne.

Clermo[n]t e la sua Cattedrale La mia cura fù classica, descritta dal Dottore suddetto, e presentata alla facoltà medica. Finita questa, col P. Domenico [p. 933] siamo discesi di nuovo a Clermont, dove siamo rimasti due giorni. La strada da Mondor a Clermont passa ai piedi della montagna chiamata Puy de Dome, dove alcuni viaggiatori discesi con noi da Mondor, salirono, per fare delle osservazioni, e vi passarono la giornata. Noi, arrivati a Clermont, abbiamo visitato lo stabilimento di Royale, altro stabilimento di bagni più dolci, dove molti Parigini sogliono venire per il fresco nella stagione calda. Abbiamo visitato la Cattedrale, una delle classiche di Francia di ordine gottico, la quale [1248] incomminciata da più di un secolo, mancando ancora di due archi, si stava terminando la faciata. In Clermont il P. Domenico mi fece vedere il luogo dove [1095] Pietro l’Eremita aveva [aveva] Predicato la crociata contro i Turchi. Da Clermont, fatta la sua visita del Convento, il P. Provinciale Domenico mi condusse a Puy città [e sede] Vescovile, allora vacante, dove, alloggiati in casa del Vicario Generale, abbiamo visitato la famosa statua chiamata notre dam[me] de France
[1860]
Notre Dame de France, stata fatta alcuni anni prima coi canoni venuti di Russia. Questa statua è stata fatta nelle proporzioni del famoso S. Carlo delle isole borromee.

/214/ si descrive la statua Io col P. Domenico Provinciale, per la scala interna della statua, siamo saliti sino alla testa, e ne abbiamo ammirato la solidità, e l’altezza del colosso. La testa [p. 934] del bambino nel suo interno è un piccolo camerino; il taglio inferiore del naso è un bel seggiolone, sopra del quale io mi sono seduto, e lo stesso in proporzione è la testa della Madonna. Le due narici sono due fenestrelle che guardano abbasso e spaventano, come [che] chi guarda al basso da un mediocre campanile. Gli occhi sono altrettante fenestrelle che guardano la Città di Puy, e posso dire tutta la Francia dall’alto di quella rocca sopra cui è collocata. Quando si vede la statua dalla città sotto posta, si direbbe quasi una statua naturale, tanta è la proporzione. Persone che hanno veduto il Colosso di S. Carlo, e Notre Damme de France dicono che questa [statua] supera quella; da quanto ho letto io in alcune descrizione di viaggiatori, quest’ultima è molto più solida. Ai piedi del colosso stavano collocando una statua di bronzo inginocchiata, rappresentante il Vescovo di Puy morto un’anno prima, quello che aveva ottenuto dall’imperatore il dono dei materiali, e dell’opera.

partenza da Puy per st Ethiènne Io aveva troppa premura di finire il mio giro e terminare i miei affari, epperciò, veduto il monumento suddetto, abbiamo lasciato la Città di Puy, e siamo montati in vettura per S.t Etien[ne], accompagnandoci il canonico nostro ospite e benefattore. Strada facendo si parlò [p. 935] della famosa statua, ed il Canonico ci raccontò tutta la storia, e tutti i passi fatti dal defunto Vescovo per ottenere dal ministero della guerra e dall’Imperatore la grazia dei materiali, e della mano d’opera; terminata la storia, mi disse, cosa ne dice, Monsignore? Caro Signor canonico, risposi io, se Napoleone III. avesse la fede, la condotta, ed il valore militare di Carlo Magno, Notre Damme de France basterebbe per dirsi un monumento per i secoli avvenire da farlo conoscere [come] un’altro Carlo Magno, ma... ma... Spiego io il suo ma... dicendo che [l’imperatore] manca di tutto, soggiunse il Canonico: napoleone, [non] ha ne fede, ne religione, ne valore militare; i cannoni [fusi per la costruzione della statua] non sono proprietà sua, ma della nazione, la quale gli guadagnò col sangue francese sparso inutilmente, avendo fatto una pace senza utile alcuno.

Intanto con mezza giornata di vettura siamo arrivati a S.t Etienne, dove ci aspettavano i nostri religiosi. Il Convento nostro di S.t Etienne poss[i]ede il più bel luogo di quella città, la quale [non] ha niente di bello; anzi la gran quantità di fabriche la copre di fumo quasi continuo, mentre sotto terra il gran numero delle cave di carbone gli danno un’aspetto malinconico. S.t Etienne si può dire la città degli operai. Noi ci /215/ siamo rimasti una sola notte, e partenza da st Etienne per Lione [metà set. 1864]
e Marsilia [11.12.1865]
atto di compra del terreno [14.4.1866]
l’indomani prima di mezzo giorno già eravamo a Lione, dove arrivati abbiamo subito preso [p. 936] il treno diretto per Marsilia, dove ci aspettavano i Definitori per risolvere la questione del collegio galla. Appena arrivati a Marsilia, la prima operazione che si fece fù quella di stipolare il contratto di compra del terreno di S. Barnabé con M.r Alleman per atto publico fatto dal Notajo Rubau. Ciò fatto, si fissò il giorno per la presa di possesso del medesimo, e [15.4.1866] la solenne benedizione della pietra fondamentale del collegio. In quel tempo la Sede Vescovile era vacante per [ott. 1865] la rinunzia di Monsignor Cruitz, e la diocesi era amministrata dal Vicario Capitolare. si benedice la pietra fondamentale
[15.4.1866]
Nel giorno fissato ebbe luogo in S. Barnabé una solenne funzione, alla quale assistette il Vicario Capitolare, e due Canonici per parte del potere ecclesiastico, e due Consiglieri municipali col Segretario del municipio della Città di Marsilia. Il M. R. P. Torino Guardiano del Convento, e Definitore, già [decr. di Prop: 30.1.1867] eletto come Vice Prefetto della missione galla, recitò un bellissimo discorso nella Chiesa Parrochiale, dopo il quale ebbe luogo la benedizione della pietra fondamentale.

Dopo di ciò il P. Provinciale col suo Definitorio hanno ordinato che si apparecchiasse una parte del Convento per ricevere i giovani galla del Collegio sino alla nuova costruzione del nuovo [edificio] già incomminciato a S. Barnabé. [p. 937] Il molto R. P. Torino Deffinitore e guardiano del Convento, avendo rinunziato alle sue cariche di Deffinitore e di guardiano dei Convento di Marsilia, fu eletto e publicato guardiano di quest’ultimo il tedesco Padre Benedetto, al quale furono dati gli ordini per l’esecuzione dei lavori provisorii da farsi per ricevere i giovani a suo tempo. Il p.[adre] Provinciale ed il p.[adre] Prefetto partono per Roma
[gen. 1866]
Ciò fatto il P. Provinciale col M. R. P. Torino nuovo Prefetto circa la metà di Decembre partirono per Roma, ove, presso la S. C. di Propaganda, e presso i Superiori generali dell’Ordine conveniva legittimare i cangiamenti fatti in Marsilia. Partiti insieme da Marsilia, in Lione ci siamo divisi, essi presero la via del Moncenisio per l’Italia, ed io me ne volai a Parigi per continuare i miei lavori di stampa.

mio arrivo a Parigi.
[5.10.1864].
i due alfabeti amarico ed oromonico-galla
Arrivato a Parigi, ho trovato che il lavoro della stampa era già incomminciato, ed era già arrivato all’alfabeto. Benché d’Abbadie non avesse bisogno di me per i due alfabeti amarico, e galla, perché per l’amarico era una cosa [scontata; in quanto] tutte le lettere erano già [state] prima preparate, e per il galla oromonico tutto era già stato conchiuso di comune accordo, pure egli mi aspettava con anzietà, e vi sono arrivato proprio a tempo. Non eravamo intesi sopra la spiegazione delle lettere. [p. 938] Io aveva pensato di spiegare il valore delle lettere dei due alfabeti coll’alfabeto latino, sì e come è pronunziato dai latinisti romani; /216/ ma non eravamo intesi a questo riguardo. Una seconda difficoltà si presentava sull’ordine dell’alfabeto amarico, il quale nell’Abissinia ha un’ordine che non tiene conto della natura delle lettere; io pensava di distinguere le lettere in diverse categorie, cioè in labiali, dentali, linguali, e gutturali, perché questo ordine aiuta molto la filosofia delle diverse lingue per la facilità di cangiarsi fra [di] loro da una lingua all’altra, come Bononia e Bologna, Papia e Pavia, Joppe e Giafa, Palestinus e Filisteus, Papa e Baba, e così di altri quasi infiniti esempi. Ciò tanto più, perché l’immenso alfabeto abissino ha ancora molte lagune, come frà le altre quella del b e del v espresse colla medesima lettera, come in biglietto e viglietto. Per questo il Signor Antoine d’Abbadie mi aspettava, non volendo arbitrare sopra un lavoro mio.

la grammatica amarico-galla Stabilite queste leggi sull’alfabeto, la stampa della grammatica poté continuare e terminarsi più presto di quanto io temeva. La stampa in lingua amarica per la moltiplicità dei caratteri che [che] si rassomigliano è molto difficile nei nostri paesi, ed il compositore che non conosce la lingua trovandosi avanti di se circa 200. caratteri diversi ha bisogno [p. 939] di molto tempo per non confundersi. riconoscenza al signor d’Abbadie Senza il Signor Antoine d’Abbadie io avrei dovuto rimanere a Parigi alcuni mesi di più, ma confesso che debbo a lui tutta la riconoscenza, se ho potuto ottenere questa publicazione sufficientemente corretta nel corso di pochi mesi, non solo, ma ho potuto in quel fratempo occuparmi di infiniti altri affari, non [sol]tanto della missione, ma anche del sacro ministero episcopale, avendo fatto in Parigi molti pontificali, moltissime ordinazioni, cresime senza fine, pregato dall’Arcivescovo Derboi, col quale mi trovava in ottima relazione. L’Ill.mo Cavaliere Antoine d’Abbadie suddetto con tutti gli affari proprii che teneva, essendo in relazione coll’Instituto di Francia, di cui era membro, e con quasi tutte le accademie d’Europa; pure egli faceva le sue visite quasi quotidiane alla stamperia imperiale, come fosse stato di un’opera sua, e mi rappresentava ben soventi per la correzione dei fogli di prova.

Pagato questo tributo a questo grande amico e benefattore della Missione, il quale possiede molte mie corrispondenze, in verbo di ministero esercitato in Parigi sono come in obligo di mentovare, consacrazione di monsignor Bel
[22.10.1865]
frà le altre Consacrazioni di Vescovi alle quali ho assistito in quella Capitale, quella di Monsignore Bel in Vescovo e Vicario Apostolico dell’Abissinia [p. 940] come cosa che tocca le storia di quelle due missioni, e di tutto l’apostolato di quei paesi. Io aveva consacrato Monsignor Dejacobis nel 1849. [7.1.1849] il 6. di Gennaio in Massawah. [A] Questo Santo Vicario Apostolico, morto in [† 31.7.1860]
si riferisce la morte di mgr Biancheri
[† 11.9.1864]
Luglio 1860., come già altrove sta scritto da me, [gli] succedette /217/ Monsignor Lorenzo Biancheri, il quale, dopo la mia partenza da Massawah per l’Europa, dello stesso anno moriva improvvisamente in Massawah stessa, lasciando quella missione nella desolazione, e la S. C. di Propaganda, d’accordo con M.r Etienne Superiore Generale della Congregazione delle missioni, nominarono M.r Luigi Bel, il quale da [1854-1865] molti anni esercitava con gran zelo il ministero in Oriente. Ora come io aveva già consacrato il primo V.[icari]o Ap.[ostolic]o di quella Missione, il Superiore Generale suddetto volle che assistessi, alla consacrazione anche di Mgr Bel, terzo Vicario ap.[ostolic]o di quella missione medesima.

Roma e Parigi In quei tempi in Roma si trovava, come si troverà sempre l’anima ed il principio vitale della Chiesa di Cristo, di là [promana] il soffio mistico e sopranaturale, ma tutta la sua operazione è in Roma quasi invisibile, come è invisibile l’azione dell’anima che informa il corpo. L’azione di Roma è un’azione che fa poco rumore, ma fa tutto, perché rappresenta Iddio nel mondo, il quale, [p. 941] mentre fa tutto, e tutto governa, appena si lascia vedere a chi seriamente medita e riflette dietro i lumi della fede sopra le opere di Dio. In Parigi però in quei tempi esisteva il corpo della Chiesa. La Religione cattolica sviluppatasi in Francia [1830-1848] sotto il regno di Luigi Filippo, all’umbra della buona regina Amelia, notabilmente cresciuta in tempo della Republica, toccò il suo apogeo sotto l’impero di Napoleone III., benché questi spaventato da questo prodigioso progresso incomminciasse le sue sorde operazioni di rovina. sviluppo delle congregazioni in Francia I figli di S.t Ignazio si stabilivano in modo consolante, i figli e le figlie di S. Vincenzo avevano trovato il loro riformatore nella persona di M.r Etienne, i figli del Venerabile La Sale innundavano la Francia; tutti gli Ordini antichi incomminciavano a ristabilirsi, e pullulavano da tutte le parti nuove congregazioni dei due sessi. Bastava vedere in Francia alcune case di noviziato, come delle Sorelle di S. Vincenzo [in] Rue du Bac in Parigi; delle Sorelle del Bon Pastore in Anger[s], e dei Fratelli delle Scuole Cristiane; i Seminarii delle missioni straniere, della Congregazione di Santo Spirito, e simili, per convincersi di questa gran verità.

missioni all’estero Riguardo all’estero delle missioni Iddio aveva sollevato in Francia un movimento di carità evangelica [in Francia] da stordire. La Propagazione di Lione [seduta del 3.11.1865] metteva in movimento milioni [di franchi] per l’apostolato all’estero. Quella [p. 942] delle Scuole d’Oriente, e quella della Santa infanzia incomminciavano a prendere delle proporzioni colossali; epoca cattolica in Francia bastava allora che i Papi parlassero, e la parola di Roma in Francia passava in fatti, ed il missionario, presa la parola d’ordine in Roma andava in Francia per mettersi in movimento internazionale, e si vedeva il gesta /218/ per francos verificarsi. Prima di quell’epoca le società bibliche eterodosse nei mezzi temporali ci passavano avanti, ma furono vinte da noi, cattolici allora, ed appunto in quell’epoca. Io obligato a frequentare il ministero degli esteri in Parigi, ho trovato là come un porto di mare di missionarii che andavano e venivano; rimasi poi sopramodo stupito vedendomi presentare l’arma alla porta del ministero. monsieur Etienne
[1843-1874]
Fu appunto al ministero degli esteri in Parigi che ho conosciuto il gran ruolo esercitato da Ms Etienne Superiore generale [della Congregazione] della missione nella politica estera; egli senza quasi figurare sbrigava molti affari, massime relativamente all’oriente, ed alla Turchia. Io stesso ho potuto ottenere molte cose in quell’epoca che oggi sarebbe impossibile.

la massoneria e Napoleone III. Il potere della Chiesa in Francia arrivò ad un punto, che la massoneria internazionale nemica di Cristo vidde il bisogno d’incomminciare dalla Francia la guerra contro Cristo e la sua Chiesa. Napoleone III. temendo la corrente [p. 943] religiosa di quel tempo divenuta troppo potente, stese la mano alla massoneria, e lavorò d’accordo con essa, credendo così di umiliare la Chiesa per stabilire il suo impero. Fu appunto allora che incomminciò la grande operazione massonica che ci portò alla crisi attuale. Ma si sbaglio Napoleone, e si sbagliò forze anche la massoneria. Questa [per essere] essenzialmente [un] elemento di distruzione [non] farà mai la fortuna, ne del mondo, ne di una nazione, ne tanto meno di un’impero. la Chiesa è internazionale La Chiesa all’opposto [come] elemento tutto di ordine creato da Dio non per una sola nazione, ma per dare la vita a tutte le nazioni del mondo, doveva spogliarsi della scoria nazionale Francese per sollevarsi più [in] alto e prendere la sua posizione tutta divina. La stessa gerarchia francese, e le congregazioni religiose medesime, dovevano spogliarsi di questa scoria stessa nazionale troppo bassa e ristretta per arrivare a tutto lo sviluppo al quale è chiamata da Dio come figlia primogenita della Chiesa di Cristo in questo mondo.

Ciò detto come di passaggio, facio ritorno alla mia storia: Andava avvicinandosi l’epoca della mia partenza per l’oriente, ma io non voleva lasciare la Francia senza rilevare la memoria di Monsignore Dejacobis primo Vicario apostolico dell’Abissinia, come persona di una Santità [p. 944] straordinaria che non doveva restare sepolta, e come tipo di apostolato, che Iddio aveva mandato in Etiopia per rilevare l’idea Cattolica in Abissinia per servire di modello all’avvenire. ritratto di Dejacobis Venendo io dall’Abissinia aveva trovato in Caïro un piccolo ritratto del medesimo, forze l’unico che esisteva, perché in quei tempi, non essendovi ancora la fotografia, non era tanto facile trovare il ritratto di una persona trapassata. D’accordo con M.r Divin Segretario del Generale della [Congregazione /219/ della] Missione si fece fotografare e moltiplicare, affinché arrivasse a tutte le case della Missione, e delle Sorelle di Carità. biografia o vita del medesimo
[1864-1865; stampata: 1866]
[In] Più ho fatto di tutto, ed ho potuto ottenere che fosse scritta la biografia di quel grande apostolo, lavoro che fece il suddetto M.r Divin; e che fù publicaro in Parigi col titolo[:] L’Abissinia ed il suo apostolo. Il mio scopo era, non solo di pagare un tributo a quella grand’anima, da cui io stesso aveva molto imparato, ma di fare [in modo] che quel modello non fosse dimenticato dal novo V.[icari]o Ap.[ostolic]o Monsignor Bel.

[4.12.1865] Fatta la consacrazione del suddetto, egli partì subito per l’Oriente, dove doveva organizzare la sua nuova famiglia per l’Abissinia; io intanto ho continuato le mie operazioni per seguirlo, sperando di raggiungerlo. [p. 945] Il P. Alfonzo da Macerata nostro Cappuccino Vice Prefetto della missione di Aden, di me conosciuto in Caïro, mentre egli si recava in Aden per succedere al Padre Giovenale spagnolo richiamato a Roma, si tratta di stabilimenti per Aden mi scrivevi il progetto di stabilire in Aden le monache del Buon Pastore di Anger[s], ed i Fratelli delle Scuole cristiane, e mi pregava di trattare questo affare coi Superiori generali delle due congregazioni suddette. Per questa commissione ho dovuto frequentare Fratel Filippo Superiore Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e recarmi ad Anger[s], alla Casa madre delle Suore del buon Pastore, dove ho conosciuto la fondatrice di quell’instituto. In questi due instituti, e parecchi altri dei due sessi che ho potuto conoscere in Francia, naturalmente tutti hanno qualche specialità nelle osservanze particolari delle loro case, ma la tela governativa è quasi sempre la medesima.

influenza del signor Etienne In questo particolare i lavori di Monsieur Etienne Superiore generale della Congregazione Lazzarista nella riforma della medesima, e delle Sorelle di Carità, si vede chiaro che hanno servito di base a tutte le altre; anzi credo che questo grand’uomo abbia contribuito molto allo sviluppo di tante congregazioni in Francia; dove è stato un vero oracolo. [p. 946] Egli non mancava ne di santità, ne di zelo, ne di capacità, motivo per cui ha fatto del gran bene in Francia; egli ha ajutato molto i Vescovi di Francia nell’educazione del Clero; anzi contribuì non poco all’elezione di buoni vescovi. Monsieur Etienne fù insomma in certo modo l’anima del clero francese, che onorò e fece onorare in Francia. Un suo coetaneo, che lo conobbe da giovane, mi assicurava che M.r Etienne fecce uno studio particolare sopra le costituzioni ed ordinazioni della Compagnia di Gesù, e tutte le sue riforme o creazioni da lui inspirare, nella sostanza furono tutte sul tipo di quella eminente Società la più bene organizzata che vi sia nella Chiesa di Cristo. Oh se quel uomo avesse preso ancora l’internazionalità della Compagnia suddetta, /220/ nella quale la società forma nazione da se colla Chiesa Cattolica! Un’Ordine religioso con un capo solo e provinciali ed assistenti ad nutum da vita all’Ordine e favorisce meno le divisioni e te indipendenze dei diversi paesi.

un mio manoscritto Il lettore di queste mie memorie deve compatirmi se facio qui alcune osservazioni, le quali si potrebbero dire fuori del mio campo. Io in tutto il tempo che sono rimasto in Parigi aveva scritto un quinterno, il quale si avvicinava alle cento pagine di questo formato sopra le mie impressioni prodotte da quella capitale del mondo; sarà forze un prorito di scrivere e profetare senza missione, ma intanto ciò appartiene alla mia storia. Dopo, [p. 947] moltiplicati gli affari, io non ho più curato questi materiali, i quali nella mia partenza esistevano in una cassa nella missione di Jessa. Forse col tempo quei materiali compariranno nelle mani di qualcheduno dei nostri; qui basti di avergli citati.

finisce la stampa della grammatica Fratanto la mia grammatica si avvicina al fine; mi rimaneva ancora la stampa del piccolo catechismo; questo, scritto in due colonne, l’aveva lasciato a Roma per farlo rivedere a cagione di alcuni dottrinali particolari fatti per il paese [galla], come si sa, paese pieno di errori e di superstizioni popolari che io aveva creduto bene di combattere. il catechismo. Il Cardinale Prefetto di Propaganda, aveva rimesso questo mio manoscritto all’esimio Teologo Perroni per la revisione, [revisione: 21.3.1865-3.4.1865] ma questo revisore già vecchio e pieno di affari, non pensando al mio bisogno di partire, lo trattenne quasi un’anno, e mi arrivò troppo tardi, mentre io era in viaggio. L’esimio teologo, sommo, ma fatto sopra il capitale delle nostre biblioteche, e non sul campo di battaglia, fini per rispondermi, esortandomi a [respinto da Propaganda: 11.12.1865] tradurre il catechismo del Bellarmino. Certamente che il Bellarmino era un bel catechismo, ed io non lo ignorava; ma [p. 948] il sano ricco mangia ad una tavola, non così il povero ammalato; se il Concilio di Trento lascia qualche latitudine ai Vescovi è senza dubbio per il bisogno diverso delle popolazioni. Nell’Abissinia, oltre l’eresia eutichiana dei copti, ve ne sono poi altre infinite, potendosi chiamare quel paese lo scolo di tutte le eresie dei mondo, unito a tutte le superstizioni pagane. Il Bellarmino è un bellissimo catechismo per i nostri paesi cattolici, dove la sola tradizione popolare è un catechismo vivente, e sanissimo.

mia partenza
[11.12.1865],
ed inaugurazione del collegio in Marsilia
[15.4.1866]
Sospesa intanto la stampa del catechismo, e rimesse alcune correzioni che rimanevano [da fare] alla grammatica, al sempre caro Antoine d’Abbadie, ho preso con me i due giovani galla Raffaele e Stefano venuti da Versaille[s], ho preso il vapore direttamente per Marsilia, dove mi aspettavano il P. Provinciale coi suoi Deffinitori, e col P. Prefetto. Il collegio provisorio in Convento essendo già stato preparato vi furono /221/ introdotti i due giovani venuti con me da Parigi, e si diede loro per direttore il P. Emmanuele sotto gli ordini del [P. Taurino vice prefetto nominato: 16.1.1866; confermato: 13.1.1867]] nuovo P. Prefetto, il quale doveva restare nel collegio sino alla sua partenza per la missione Galla. Finalmente si parlò della mia partenza per Gerusalemme, dove doveva recarmi per la consacrazione di Monsignore Bracco; dopo la quale io sarei partito per Massawah [p. 949] per [sbrigare] le corrispondenze con Monsignore Cocino mio coadjutore, e per radunare i giovani del nuovo collegio di Marsilia. Le mie occupazioni in Europa furono tali che non mi permisero di pensare un poco a me stesso: Voi conoscete la città di Marsilia da molti anni, dissi al P. Torino Prefetto, pensate voi dunque a sistemare le cose di questo nuovo collegio colla città, onde ottenere l’autorizzazione per farvi una piccola questua, onde diminuire la spesa della sua manutenzione, ed io parto per Nizza, ove penserò [qualche giorno] a me stesso, restando là qualche giorno coi miei fratelli della Provincia piemontese.

mia partenza per Nizza
[10.2.1866]
Così ho fatto; tutto solo ho preso la strada ferrata, e mi sono recato al Convento di Nizza marittima, dove ho passato dieci giorni di ritiro, facendo tutta l’osservanza della vita cappuccina diurna e notturna. Dopo tanti anni di continua vita attiva ed apostolica, ho goduto colà un poco di riposo spirituale, e confesso di aver trovato colà una vera delizia trovandomi in coro, e facendo anche l’accolito. disturbi trovati in Nizza
[dal 13.11.1857]
Ma questo mio riposo non durò molto; trovavasi colà Monsignore Sola, antico parroco di Vigone in Piemonte, e mio grande amico; [p. 950] egli [era] divenuto vescovo di quella diocesi, e Nizza essendo stata annessa alla Francia, questo cangiamento di governo, per il quale egli ebbe la debolezza di trovarsi un poco compromesso, gli sollevò una quantità di questioni col suo capitolo della Cattedrale, ed anche con Roma medesima. Benché io fossi risolto ad ogni costo di non mischiarmi di nessun affare politico, ne del governo, ne della Chiesa, ma di pensare solo a me stesso; pure monsignore, appena conobbe il mio arrivo in Nizza non lasciava di venire quasi ogni giorno a vedermi, e trattenermi degli affari suoi; il mio riposo perciò incomminciava a turbarsi non poco. mio ritorno a Marsilia
fine mar. 1866]
Un bel giorno, venuto da Marsilia il Padre Prefetto Taurino a prendermi, me ne sono ritornato con lui a Marsilia.

Arrivato a Marsilia, il M. R. Padre Prefetto Taurino aveva organizzato un [16.4.1866] comitato di Signori marsiliesi, i quali promettevano di occuparsi del nostro collegio. Si fecero per il medesimo alcuni regolamenti segnati da me, dal Padre Provinciale, e dai membri del Comitato. Io poi ho aggiunto [18.4.1866] altri regolamenti per l’amministrazione interna del collegio medesimo, i quali pure furono segnati da me, dal P. Provinciale, e da /222/ tutto il suo deffinitorio. Le cose promettevano [p. 951] [alla Propag. di Lione: 13.4.1866] un’avvenire molto favorevole; epperciò, fatta una visita ai principali Signori della Città, e del comitato suddetto, congedatomi dai religiosi, dai Vicarii capitolari, e da tutti gli amici, mi sono imbarcato direttamente per Gerusalemme.