/241/
28.
Cura fisica e spirituale
di due giovani sifilitici.
si sveglia un’entusiasmo; un bel fatto Una sera dopo cena, mentre eravamo sopra un terrazzo, e si facevano le nostre preghiere si sentì un grido nelle carovane vicine, erano alcuni mercanti, i quali cercavano due schiavi fuggiti; come era notte, e non vi era la luna noi non sapevamo che i due fuggitivi si erano introdotti in casa [nostra]. I padroni giravano, intorno alla casa nostra cercandoli, e stentavano a persuadersi che non fossero coi nostri: abbiamo [p. 27] dovuto interrompere la preghiera e fare vedere col lume che non si trovavano coi nostri; non bastando questo, il nostro vecchio domestico della casa coi due giovani abissini girarono con loro tutti gli angoli della casa col lume in mano; i due fugiaschi si trovano in casa mia alla fine si trovarono nella mia gran capanna per terra sotto il mio angareb o grabbato arabo, sopra il quale io soleva dormire, e dove io riceveva le persone che venivano a visitarmi. Fu tutto un’affare: i mercanti loro padroni stentarono a persuadersi che non vi fosse qualche complicità per parte dei nostri, e forze anche qualche mio consenso; dal momento che gli desiderate, mi dissero, comprateli e si aggiusteremo; no, risposi io, appunto perché sono fuggiti non gli comprerò mai più. rifiutano i fugiaschi di ritornare Al sentire questa mia risposta assoluta, furono tutti [e] due legati, ma i poveretti facevano gridi spaventevoli, come se vedessero il coltello che dovesse scannarli.
Moltiplicandosi il grido dei due giovani corsero altri mercanti, e vi fu una certa quale publicità; io fui irremovibile nel mio proposito di [di] [non] comprare i due fuggitivi, perché ciò, avrebbe sollevato altre difficoltà ai mercanti, ed i due fuggitivi furono presi colla forza e portati al campo dei mercanti; uno di essi gridava [p. 28] dicendo di essere stato rubato in Nonno Roghiè. Da una parte i mercanti temevano che io non facessi istanze presso il console Francese per la liberazione di quei due schiavi; epperciò dovetti assicurarli che nulla avrei fatto; dall’altra parte poi, onde calmare i giovani, i quali si divincolavano, siate tranquilli, dissi loro, ritornate al vostro campo, che poi io parlerò coi vostri pa- /242/ droni ed aggiusterò ogni cosa. si calma la confusione Queste mie parole misero la tranquillità, e così si calmò ogni osa. Ritiratosi il mondo accorso, e ritornata la calma, io sono rimontato sopra il terrazzo per continuare la preghiera e la conferenza solita, ma mi fù impossibile, perché i miei poveri ragazzi erano spaventati e molti piangevano. Ho preso motivo da ciò per far loro una buona conferenza sopra la grazia loro fatta da Dio.
arrivo del console Come sia andata la cosa non lo so, il fatto sta ed è che la mattina seguente, prima ancora che io avessi terminata la solita preghiera, catechismo e conferenza ai miei giovani, già arrivava da Massawah il Signor Mussingher [vice console dal 1865; nominato: 8.8.1866] console francese, accompagnato dal capo della [della] questura di Massawah, per sentire da me i torbidi avvenuti la sera precedente. Da quanto ho potuto credere allora, alcuni servi custodi di una piccola campagna del Console in Umkullu, accompagnati da alcuni poliziotti dello stesso governo, [p. 29] i quali non mancavano, nella notte si recarono a Massawah, e per farsi un merito fecero una relazione esaggerata, come di una rivolta dei mussulmani contro di me, ma tutto fu distrutto dal mio racconto genuino della storia accaduta. processo di uso Come ognun sa però, agli agenti del governo, ciò che importa meno è la giustizia in favore degli oppressi, sopra di essa l’importava la questione delle formalità, perché queste fanno un merito all’impiegato, ed in quei paesi sono anche una risorsa per il medesimo. Se volete, mi dissero, tanto il Console, quanto il capo della questura, noi prenderemo le parti dei due schiavi stati rubati, come dicono; oh questo poi no, risposi io, perché questo mi farebbe un cattivo affare nell’interno, dove io ho preti ed affari in quantità; nel caso amo meglio comprarli, che danneggiare i poveri mercanti, i quali gli avranno comprati in publico mercato in buona fede da una seconda o terza mano; andate, esaminate, come è vostro dovere, e poi venite e finiremo presto l’affare.
esame dei mercanti Andarono essi dai due mercanti, esaminarono le cose avvenute la sera precedente, e le pretensioni dei due schiavi fuggiti, e poi ritornarono da me e mi riferirono ogni cosa: risposta del console e del capo di polizia quei due giovani schiavi, mi dissero, sono matti per passare alla casa vostra, ecco tutto il male; uno di essi per relazione conosce [p. 30] la vostra casa di Lagamara, e di Nonno; uno di loro è stato comprato in Sokota, e l’altro in Iffagh; uno di essi dice di essere stato rubato da alcuni mercanti di Leca sulle frontiere di Nonno Roghiè. Ecco i detagli[:] in tutto il resto è come voi avete detto; ebbene, dissi, fate la vostra relazione al governo in modo che tutto sia finito, ed io aggiusterò le cose in maniera che i vostri poliziotti venuti abbiano qualche regalo. Appena partito il Console e l’offiziale del governo, vennero subito i mercanti, i quali tremavano per paura di perde- /243/ re i due schiavi, e di dovere ancora pagare qualche cosa, ma io ion tardai ad assicurarli di ogni cosa, perché tutto era già aggiustato con una piccola mancia; portatemi quì i due fuggitivi, io gli esaminerò da soli, e vedro se potro comprarli.
vedngono i mercanti coi due schiavi Non tardarono questi a venire, e ne ho fatto prima un’esame in presenza dei due loro padroni: erano due giovani dell’età di circa sedeci o diciasette anni. Uno di essi aveva la bocca piena di piaghe sospette di [mal] venereo; dove hai preso questa malattia, gli dissi, ciò non è una cosa che ti facia onore mio caro; risposte de[l] giova[ne] alle mie domande egli mi rispose che l’aveva presa dal figlio del suo Padrone, ed avrebbe voluto raccontarmi la storia, ma io gli ho imposto silenzio, giacché non doveva essere una cosa troppo edificante; ebbene, dissi, per te, prima di tutto ti darò una medicina, quando sarai guarito parleremo della compra; se non guarirai, chi mai ti comprerà? Fuori di questo inconveniente [p. 31] sarebbe stato un giovane di buonissima pasta, forze migliore del suo compagno; quest’ultimo era appunto quello che diceva di essere stato rubato; gli ho domandato se conosceva certe persone di Nonno, se era mai stato in Nonno Billò e mi rispose di sì, e trovai sinceri alcuni suoi detagli. mie risoluzioni Ho visitato ed esaminato i due giovani da soli; in verità passavano notabilmente l’età da me fissata, epperciò certamente [che] non erano più innocenti come i primi, ma mi presentarono dei segnali tali che quasi, gli avrei comprati tutti [e] due, ma per il primo ostava la malattia venerea, benché egli assicurasse essere stato un frutto di pura violenza fattagli dal figlio del Padrone, fuori del quale egli prima era innocente. Per il secondo io era risoluto per l’affermativa, solamente rimaneva la questione del prezzo.
conferenza coi mercanti Dopo i giovani ho chiamato a parte i due padroni. Al Padrone dell’ammalato ho fatto una ripassata, per avere permesso certe violenze, e certi atti quasi incredibili da rovinare quel povero ragazzo, e poi gli ho dato una trentina di pilole insegnandogli la maniera di amministrarle. Col secondo poi si parlò del prezzo, per il quale non vi furono questioni, avendo ribassato notabilmente il prezzo in vista delle circostanze. Ciò fatto gli ho congedato: ritornino i due schiavi in casa [p. 32] dissi loro, e poi io stassera manderò uno a prendere quello che deve venire; egli starà con me due giorni, passati i quali se non si scoprirà qualche difetto o malatia notabile, verrete a prendere ciò che è stato pattuito; in caso contrario il contratto s’intenderà rescisso. il padre domanda la medicina per il suo figlio Quando tutto mi pareva finito con quei due mercanti, sorte ancora il padrone del giovane ammalato a domandarmi la medicina per il suo figlio; come? dissi, per quello che ha rovinato il povero schiavo? ah per quel briccone non vi è /244/ medicina; nel caso venga egli a prenderla, se mi risolverò di dargliela, badate bene, sarà a condizione che sia severamente castigato.
ritorno ai miei ragazzi Partirono i due mercanti, ed io, lodato Iddio, dissi, alla fine ho finito, e monto sul piccolo terrazzetto per riprendere il ministero coi miei giovanetti, molto premendomi di disporli al battesimo; i poveretti, dopo tutto quel guazzabuglio, il loro cuore era divenuto piccolo piccolo, e come un pezzo di cera calda nelle mani; ah Padre, mi dissero, perché sono ritornati a casa loro quei due poveri schiavi? quello che ha la bocca piagata, soggiunse uno che era suo compagno, se sapesse quanto ha pianto? egli restando con Lei diventerebbe un Santo, egli non può vedere i mussulmani, perché ha provato l’inferno col figlio del padrone; figlio mio, [p. 33] gli dissi, ringrazia Iddio che ti ha liberato, prega per lui, e non parlare più di queste cose, altrimenti guai a te; dissi ciò un poco in collera per timore che mettesse fuori qualche storia che egli doveva sapere, affinché poi non ne parlasse ai suoi compagni. viene il mercante col figlio: mie collere Non aveva ancora finito di parlare, ed appena aveva incomminciato la mia conferenza, che ritornò il mercante padre del colpevole con lo stesso suo figlio a domandare la medicina; ho lasciato il catechismo ad uno degli abissini, e sono disceso di nuovo per finire la questione, con quel povero disgraziato mussulmano, disposto di spaventarlo un poco per la sua iniquità commessa.
Presolo in disparte alla presenza del suo Padre, cosa hai fatto tu a quel povero schiavo, a cui hai comunicato la malatia? gli dissi tutto in collera, invece di darti la medicina ti mandero al capo della polizia per farti gustare un poco di prigione, egli, il console, e lo stesso governatore conoscono già tutte le tue iniquità e le tue crudeltà, cose mai sentite in vita mia; detto ciò al figlio, il castigo principale sarebbe a voi, dissi allo stesso Padre suo, ma ringraziate che io sono un uomo di Dio, e Iddio è pieno di misericordia; il vostro castigo sia quello di dare quì in presenza [p. 34] mia una buona vergata a questo vostro stesso figlio, e notate che non mi calmero fino a tanto che non vedro il sangue [a] sortire, affinché non commetta più simili iniquità. Preso quindi in mano un nervo di bue che stava sospeso alla capanna per caciare i cani, glie lo [ho] dato in mano; guarda di far davvero, gli dissi, altrimenti, chiamerò il servo. Fattogli deporre le vesti glie ne diede due o tre [colpi], e poi gli ho preso il bracio e l’ho trattenuto. Fatto ciò ho sciolto la verga oris mei, ed ho detto tanto, e con tanta dolcezza, che gli ho fatto piangere tutti [e] due; quando tutti [e] due erano ben commossi, allora ho fatto loro una carezza che andò loro alle parti più secrete del cuore, e gli ristorò. Vedi, disse al Padre, se tu per tempo avesti trattato così tuo /245/ figlio, a quest’ora non sarebbe in questo stato, il torto è tuo, ma non tutto tuo, perché è anche del vostro Profeta.
racconto del figlio del mercante Dopo tutto ciò scorgendo nei due[:] Padre e figlio direi quasi un’estremo abbattimento, ho cangiato stile, e facendo loro una carezza, mi sono diretto al figlio, come interessandomi teneramente della sua guarigione e salute: alto là, gli dissi, raccontami ora tutte le tue vicende per vedere ciò che è meglio fare per guarirti: come hai contratto tu questa malattia, e quanto tempo è dacché si è manifestata? Allora il giovane mi raccontò tutta la sua storia; che sarebbe troppo lunga riferirla, ed anche poco grave. Dirò in breve [p. 35] che il povero giovane aveva contratto la sua sifilide da un compagno figlio di un gran mercante di Leca vicino a Lagamara, il quale morì in pochi giorni (in quanto pareva) vittima di un cancro all’ano, oppure per grossolane operazioni fatte per guarirlo. Questa catastrofe avendo agito molto sull’imaginazione del giovane, il suo padre [lo portò] con se nel viaggio alla costa per distrarlo. Non tardo a manifestarsi un bottone alla verga che lo tormentava terribilmente. Arrivato in Cobbo di Gudrù prescrizio[ne], e profezie del mago si consultò con un’oghessa (si chiama così un perito, o medico del paese, il quale è per lo più un mago) [che gli disse:] il tuo male è venuto da un compagno, e tu lo devi far passare ad un’altro compagno; quando vedrai che il tuo male incommincia a comparire nella bocca del tuo compagno, allora tu incommincierai a star meglio, e poco per volta guarirai.
Io non ho proprio coraggio per descrivere tutte le istruzioni dato dal mago al povero giovane, espresse con una teknica di cui e solamente capace una persona che soffre la malatia del cuore, ma non fatta per una persona assuefatta a guardare in alto; io l’ho sentita [a] raccontare dal Console Mussingher, e non ebbi il coragio a lasciarlo parlare. Dirò solamente che questo povero figlio dopo le prescrizioni del mago obligò il povero schiavo a sottomettersi col bastone, per la gran repugnanza che aveva, e che non poté abituarsi, se non [che] dopo molti giorni, benché non sapesse [p. 36] della malatia ataccaticia, essendo egli un giovane nativo di Baccarè, paese galla nelle estremità Ovest, figlio di una famiglia rispettabile, stato preso prigioniero in guerra, e venduto al mercante; il suo paese, poco frequentato dai mercanti, è un paese, dove tutte queste malatie e coruttele sono affatto sconosciute. la cura ordinata dal mago non fece bene, ma male allo schiavo La cura prescritta dal mago duro più di 40. giorni, dopo i quali il povero schiavo incomminciò [a] provare da principio un male di gola, e cessata questa [malattia], gli si fece un gonfiamento del palato con alcuni dolori, i quali lo perseguitarono sino alla discesa nei paesi bassi. Il suo giovane padrone lo dispensò da tutti i ceremoniali prescritti dal mago, appena /246/ comparsa la malatia nello schiavo, ma non per questo egli guarì; anzi il suo male imperversava di più, e minaciava di mangiargli l’estremità della parte sensuale. Bisogna pero dire che tutti [e] due, appena arrivati a Massawah stettero molto meglio.
medicine prescritte da me Ciò tutto premesso venendo alla cura della malatia loro, io aveva già dato delle pilole per lo schiavo, mi rimaneva ancora a darne per il suo piccolo padrone e prescrivere loro un regime di vita. Come nel paese si trova facilissimamente la gomma arabica di buonissima specie, ho raccomandato loro di farne un grande uso, tenendone continuamente in bocca, e qualche volta bevendone sciolta nell’aqua per tenere libero il corpo, e poi far uso delle pilole secondo la prescrizione; regime da osservare quindi [adottare] un regime personale, non solo in materia di dieta, [p. 37] ma molto più [di] astinenza assoluta da ogni sorta di bibite spiritose, oppure cibi eccitanti o stimolanti, e di tresche sensuali. si decide una capanna per loro Al sentire questo, il mercante, se permettesse, disse, io farei per tutti [e] due una capanna quì vicino [tutti due], e bramerei che stessero quì sotto la sua sorveglianza, incaricandomi di mandar loro tutto il necessario per vivere mattina e sera; gli stessi due ammalati lo desiderano; molto bene, risposi io, ed ho assegnato loro il luogo della capanna pochi mettri lontano dal magazzeno, sopra il quale si facevano le istruzioni, e passavamo quasi tutti la notte. Io ho amato questo [progetto], perché così i due giovani dalla loro capanna potevano sentire il catechismo, e tutte le mie conferenze in lingua galla; io poi senza incommodo poteva visitarli. Detto fatto, l’indomani la capanna fu terminata, e si incommincio la cura. Ho assegnato loro uno dei giovani abissini per qualche bisogno che potesse occorere; del resto [feci] proibizione assoluta di venire [d]a noi, e di andare [d]a loro.
i due risultati della cura Del resto, per non ritornare sopra questo argomento dirò in breve il risultato di questa cura, sia nella parte spirituale, che nella parte corporale. La cura non arrivò al mese, e passate le tre settimane tutti [e] due erano [p. 38] come perfettamente guariti; allo schiavo [non] rimaneva più segnale di sorta, invece al suo padroncino rimase mezza consummata la corona glandulare del membro dalla parte superiore. Il gran guadagno che si fece fu nel loro cuore dalla parte spirituale. Lo schiavo divenne un neofito ferventissimo, a cui avrei potuto amministrare il S. battesimo, se fosse stato libero; il mussulmanetto suo padrone poi, era come un’ucello, il quale, dopo cresciute le ali, avrebbe voluto prendere il volo, ma era figlio di un mussulmano, ed in un paese fanatico mussulmano, a cui non sarebbe stato permesso neanche [di] dare un segnale esterno delle sue risoluzioni, senza esporsi al pericolo della morte. Il /247/ primo finì poi per essere comprato, e battezzato; tutta la speranza del secondo era nel suo ritorno ai paesi Galla, dove sarebbe stato più libero; egli aveva deciso di andarsi [a] stabilire a Kafa.