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22.
A Matàmma: il telegrafo.
Islamismo di un medico arabo.
entrata a Matamma
[22.10.1879;
visita del governatore Hassem]:
notizie di Goldon
Verso mattina una delle nostre guide partì per Matamma, onde avvertire il Sciehk, capo del governo civile della città del nostro arrivo. Noi poi siamo partiti ad un’ora e più di sole per lasciare che si asciugassero le tende, e le vesti di alcuni che avevano dormito all’aperto, e siamo arrivati a qualche kilometro in vista della città, dove in gran treno ed accompagnamento ci aspettavano, i capi della civile amministrazione.
[p. 226]
Così accompagnati siamo entrati nella città di Matamma, dove attraversammo la gran piazza del mercato stipata di gente curiosa di vedere i nobili prigionieri d’Abissinia, dei quali la notizia già era arrivata da molto tempo. Discorrendo con alcuni individui fui interrogato se noi non avevamo veduto in Abissinia il Governatore Goldon Bascià; avendo risposto che noi nulla sapevamo di lui, [ci fu risposto:] ma il Governatore ha pensato a voi, perché ha mandato ordini di ricevervi coi dovuti riguardi. Mentre scrivo il nome di Goldon Bascià ha scosso l’opinione publica, e la sua
[† 26.1.1885]
tragica fine in Kartum ha riempito di amarezza il mio cuore, per le grandi attenzioni sue a nostro riguardo, coi suoi ordini replicati spediti da lontano senza conoscerci.
[arrivo a Massaua: set. 1879;
partito da Celga: 14.11.1879;
ripartito da Massaua: 21.12.1879]
Non abbiamo tardato di ricevere notizie del suo arrivo al campo dell’imperatore Giovanni, con cui ebbe questioni, e se ne ritorno alla costa indispettito. Più tardi arrivarono anche a noi i suoi telegrammi. Io sperava di conoscerlo in Egitto, dove egli si era recato; ma, arrivato colà fui desolato di sentire che Goldon aveva dato le sue dimissioni da Governatore del Suddan, e che
[gen. 1880]
era partito per Londra, dove tu chiamato dal Governo. Io dunque non sentii più parlare di Goldon che nel
[gen. 1884]
1883., quando si parlò della sua spedizione al Suddan per morirvi da eroe per l’onore della sua Patria.
matamma del 1850
[1852]
Ritornando ora a Matamma, io l’aveva veduta nel 1850. di ritorno dal Fasuglu per rientrare in Abissinia e paesi Galla, cioè 30. anni prima, come è stato detto a suo tempo, quando le circostanze vollero che io vi
/219/
rimanessi qualche mese, qual differenza tra Matamma di allora, a
Matamma del 1879
quella del 1879., quando mi ricevette esule dell’imperatore Giovanni, allora era un paese indipendente, che
[p. 227]
pagava tributo all’Egitto ed all’Abissinia, per mantenere la sua autonomia, e così servire in certo modo alla pace dei due paesi; allora era una piccola città che contava appena due mille abitanti di una popolazione flottante di mercanti nella maggior parte; una città quasi tutta di capanne. Invece io la trovava una città divenuta serva dell’Egitto, ma grande, e forte, che contava, almeno dieci mille anime, alla testa della provincia del Gallabat, con una fortezza ed un presidio di soldati egiziani; città quasi tutta fabbricata di muri di gusto arabo. Ho trovato Matamma con un telegrafo, il quale parlava ed interloquiva con Alessandria, col Caïro, con Suez, con Gedda, colla Mecca, con Massawah, con Cartum, con Soakim, con Kasselà, con Gadaref, con Berber, paesi tutti che anticamente erano come sconosciuti. Dimodoché Matamma non era più un piccolo paese, ma un centro vitale di communicazione coll’Arabia, coll’Egitto, con Costantinopoli, con Londra, con Parigi, con Roma e con tutta l’Europa.
[25.10.1879]
Entrato io perciò in Matamma le mie notizie, e le notizie del mio esilio poterono essere communicate con tutto il mondo suddetto.
il telegrafo; parole di un vecchio medico arabo
[Nasseriddì]
Pare una piccola cosa il telegrafo; esso materialmente è un semplice filo quasi impercettibile, che la piccola società ancora non conosce e disprezza, ma che in verità è una grande istituzione, la quale comunica, non la forza materiale, ma le idee, e le affezioni vitali dell’intiera società mondiale; esso è
il polzo del uomo: figura del telegrafo
il polzo nelle mani del medico, per mezzo del quale, egli conosce ciò che vi passa nel cuore, nella testa, e nelle interne funzioni del ventre: [per di] più con esso egli conosce quale vento spira
[p. 228]
e domina nel mare dei fluidi che reggono il movimento vitale del suo ammalato, e ne pesa i gaz e gli altri più sottili componenti che alzano od abbassano le scale dei termometri, barometri, o igrometri che ne segnano a lui la regola per formarsi un criterio diverso del morbo. Così in certo modo sono le sfere che parlano al calcolista nelle diverse estremità del filo amantato delle stazioni telegrafiche, o telefoniche della vita sociale del mondo umano: oh l’ammirabile linguagio, io esclamava allora in Matamma, quando
[visita del medico Nasseriddì: 23.10.1879]
azione di questo in società
il dottore in medicina mio amico (1a)
che
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[per] la prima volta mi faceva l’incantevole descrizione. Caro amico, mi soggiungeva il bravo medico, tenete ferma la similitudine del polzo, ma badate che il nostro ammalato non è più un’uomo che mi presenta il bracio per tastargli il polzo e governarmi nel criterio pratico delle mie operazioni mediche in ordine alla sua salute individuale, ma è l’intiera società che sente tutti i suoi bisogni vitali, non solo d’interesse commerciale oppure politico, ma ancora religiosi, che toccano un’ordine superiore a tutti gli altri, i quali sono puramente materiali ed umani.
Ora sentite, continuò il mio bravo vecchio medico antico amico, cosa fa il telegrafo? egli ubbidiente alle leggi puramente fisiche e materiali scoperte dalla chimica, ci fa conoscere tutte le passioni politico commerciali della società europea, in facia alla quale noi ed il nostro paese non siamo più uomini con un diritto, ma piuttosto merci in concorso di prezzo per chi ha maggior forza nel bilancio politico, ed il nostro bel paese è un deserto pieno di ladri, degni di farne la cacia. l’islamismo non è morto; suo risorgimento All’opposto in Mecca e negli altri paesi arabi o musulmani, [p. 229] dove esiste ancora un poco di vita sociale, ed un certo interesse per il proprio paese e per la propria religione, il telegrafo soffia nel cuor nostro un’odio eterno, e ci ricorda la parola di Dio al nostro Profeta, in virtù della quale, voi siete un paese di pagani senza Dio, epperciò senza un padrone, lasciato in piena proprietà a noi per il primo momento che ci sia restituita l’antica forza, e Iddio abbia restituito in mano a qualche capo dei nostri la spada, capace di maneggiarla. Da quel momento voi non sarete più uomini con qualche diritto di vita in facia al Dio della Mecca, e sarà grande in Cielo chi verserà il vostro sangue, a solo titolo di vendetta, e di padronanza data al nostro Profeta nel gran libro del Corano. Oggi tutto sta ancora nella mani vostre, ma potrebbe da un giorno all’altro essere consegnata da Dio la spada misteriosa del potere nelle mani di qualcuno degli inviati di Dio contro gli infedeli, ed allora la polvere e la dinamite da voi inventata [ne] saranno i ministri della vendetta.
l’islamismo della Meka, e di Costantinopoli Al sentire questo discorso, lasciata la teoria del telegrafo e telefono, che già fin d’allora incomminciava a prendere qualche aspetto di pratica teoria, e che io fin d’allora non ho tardato a comprendere, io ho portato subito i miei calcoli sopra la società musulmana, che noi in Europa abbiamo creduta come una società morta dopo le vittorie [ri]portate dai Papi [1683,1571] in Vienna ed in Lepanto contro di essa, ingannati noi dall’apparente decadenza della Porta Ottomana in Costantinopoli, come potenza diplomatica, ma, come già ho lasciato intendere altrove, ho rilevato [p. 230] nostri errori, ed illusioni che la potenza ottomana in Costantinopoli, e la potenza della società radicale musulmana della Mecca sono due questioni tal- /221/ mente lontane tra [di] loro, che, quando l’Europa diplomatica crederà d’aver vinto il gran colosso musulmano che nei secoli passati ha dato tanto da fare alla società cristiana, sarà allora che dovrà accorgersi di essere vinta dalla marea che minacia di affogarla. La questione dell’islamismo diplomatico e radicale, e quella delle potenze diplomatiche europee colla rivoluzione massonica in Europa, sono due questione fra [di] loro affatto opposte [frà [di] loro] nello scopo da essa inteso, ma sono due questioni che camminano di passo eguale alla rovina totale dell’odierna società. Son due maree che si innalzano spinte da un vento opposto fra [di] loro, ma che arriveranno ad un comune cataclismo, già da molti preveduto e temuto.
il cataclismo universale Il temuto cataclismo sembrerà a prima vista diretto contro la Chiesa di Cristo, e fino ad un certo punto, farà molti martiri frà i suoi figli più cari, perché sta scritto che debba compirsi il gran numero dei fratelli di coloro che gridano sotto l’altare dell’Agnello, ma la gran bestia avrà un’altra missione, quella cioè di mordere ed uccidere se medesima. L’islamismo è una setta infedele la più terribile, la quale in nome di Dio ha giurato e giura la distruzione degli infedeli pagani o quasi pagani, massime giudei e cristiani paganizzanti. il vero maometismo Il così detto Profeta Maometto ha concesso ai suoi figli la proprietà in perpetuum di dette razze, da lui [p. 231] chiamate infedeli senza Dio e senza padrone. Intima una guerra perpetua colle razze suddette, da lui chiamate schiave sue e dei suoi fedeli; ai quali, per chi ne amazza almeno dieci, assegna un’luogo distinto in Cielo. Di quì l’impossibilità di una pace sincera trà l’islamismo, ed il paganesimo suddetto. Di qui parimenti l’odio eterno tra l’islamismo conservatore della Mecca e di tutto il mondo musulmano colla Porta Ottomana, considerata da esso come apostata, ed amica dei cristiani o pagani summentovati. Di quì innoltre la speranza di un nuovo Profeta fra tutti i musulmani conservatori. Ora chi sarà questo Profeta? Sarà il Maddi? Io non lo dico, ma l’esito lo dichiarerà a misura che trionferà, e farà maggiori stragi dei pagani suddetti. Prima egli prenderà possesso della Mecca, portato in trionfo; dopo il suo secondo passo sarà verso Costantinopoli contro il suo naturale nemico, cioè il gran Kaliffo di razza turca usurpatrice. I diversi tentativi di rivolta della Mecca contro la Porta, che ebbero luogo in questi ultimi tempi, naquero da questo medesimo principio.
suoi caratteri Senza aver l’aria di un profeta, chiunque dei nostri dotti abbia studiato e meditato l’islamismo antico e moderno, sia in Oriente, e sia, ancora molto più, nei diversi paesi, dove trovasi disperso sotto il governo di altre nazioni, sia pagane che cristiane, egli dovrà convenire con me che /222/ l’islamismo dovunque, quanto è vile in schiavitù, altrettanto poi è altiero, superbo, indipendente nelle sue idee religiose; quindi furioso, vendicativo, e crudele contro ogni altra razza non araba, e non maumettana. alcuni calcoli futuri Il dotto osservatore dovrà convenire innoltre, che l’islamismo tende a tutto distruggere a nome di Dio [p. 232] per tutto dominare colla spada e col bastone; si convincerà quindi che l’islmamismo è la vera antitesi del vero cristianesimo, il quale, all’esempio di Cristo in Croce, stende le bracia a tutti, anche al nemico, per tutti salvare. Ora, mentre cresce ed affila la sua spada il gran mostro dell’islamismo, la rivoluzione sta lavorando a sciogliere e distruggere la società cristiana, l’unica che ha tenuto sempre in freno il gran mostro musulmano; affinché questi con maggiore facilità diventi padrone del campo. Ora quando tutto sarà distrutto, ed avrà cessato di vivere il nuovo paganesimo; chi, domando io, sarà ancora [ancora] in caso di alzare la voce nel mondo per radunare gli avanzi del cristianesimo in nuove crociate? Il calcolatore suddetto ne tiri egli la conseguenza a consolazione di quelli che sperano. Per me l’ho già tirata, e parmi vedere le turbe disperse dei rimasti credenti a stendere le bracia verso la Roma dei papi per trovare salute.
Il fin quì detto, come si vede, non sono tutte parole del mio vecchio medico amico, ma in gran parte sono deduzioni mie dietro notizie da lui avute. Questo buon dottore arabo, benché sempre ancora musulmano, pure dal contatto col dottore Clot-Bey, uomo di una fede cattolica dichiarata, e direi quasi mezzo missionario cattolico, conosciuto in Roma ed in Francia, (1b)
rimase sempre di una condotta o morale quasi cristiana, in virtù della quale, la sua stessa famiglia non mancava di una certa simpatia per noi missionarii cattolici e per i nostri giovani di casa. Anche noi in paese tutto musulmano fanatico, e bisognosi di medicine e di consigli igienici eravamo fortunati di vederlo soventi e di frequentarlo.
un’invito del medico musulmano
[26.10.1879]
Un bel giorno fummo invitati da lui a passare un’ora in un suo bellissimo giardino che aveva tutto vicino al fiumicello
[p. 233]
che somministra l’aqua potabile a quasi tutta la città di Matamma (1c)
Noi arrivammo al suo giardino, mentre egli stava facendo le sue purificazio-
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ni religiose e le sue preghiere (2a)
sui bordi del fiumicello medesimo, e ci siamo ritirati per non disturbarlo. Egli finì ben presto le sue osservanze religiose, e venne da noi. Aveva preparato una piccola collazione, facendoci servire da un suo giovane figlio. Mentre si mangiava, io avevo l’occhio agli atteggiamenti dei miei giovani, ed al pericoloso contatto dei medesimi coi figli del medico arabo per certi timori che il mio lettore non stenterà a comprendere. Ma il medico arabo aveva l’occhio a me ed ai miei sguardi vigilanti, ben conoscendo il genio o spirito del sacerdote cattolico in simili circostanze. Non temete, mi disse, i miei figli in ciò sono [sono] sicuri: se Iddio mi accordò una numerosa famiglia, è perché in ciò io non sono arabo, soggiunse, ed i miei figli stessi già sono avvertiti ed edificati dai vostri; se mi avete trovato mentre io faceva i miei atti religiosi, è per farvi vedere che io, benché musulmano, pure mi vergognerei [di] farmi vedere senza religione, come pur troppo fanno molti dei vostri anche cattolici più musulmani di me.
storia del medico Un libro non basterebbe per commentare tutte le parole di questo bravo medico musulmano; ma dovrei essere troppo lontano dalla presente mia storia. Amo perciò meglio lasciare l’argomento alla riflessione del mio lettore. Dirò solamente che questo stesso medico nel [1852] 1850. in Gassan sopra il Fasuglu mi aveva già fatto molte comunicazioni concernenti le tradizioni musulmane. Anche in Gassan aveva un giardino, che coltivava egli stesso colle sue mani, sulle rive del Tommet, dove ci recavamo quasi ogni giorno a fare le nostre conferenze [p. 234] ed a mangiare delle buone pasteche da lui coltivate. sua condotta morale In Gassan era ancora nubile, ma 30. anni dopo in Matamma era divenuto vecchio, e si gloriava nel raccontarmi [del]la sua numerosa famiglia, come un frutto dei miei consigli evangelici che gli aveva lasciati: vedete, mi diceva, voi vi ricorderete di tutti gli impiegati civili e militari che avete conosciuto in Gassan; essi sono divenuti tutti molto più ricchi di me, ma sono già tutti morti, una parte in prigione, ed una parte poveri e senza figli; io sono l’unico rimasto, e con una famiglia numerosa [di figli] che lascio abbastanza ricchi, e già in parte maritati con un’impiego del governo. Io devo questo a certe regole di vivere imparate dal mio maestro Clot Bey, ed anche da voi. Io in Gassan era come secolare per ragioni già altrove esposte, nelle mie conferenze con quel medico mi sono sempre tenuto /224/ indietro, per non farmi conoscere come prete, ma il buon medico era di quelli che conosceva i preti ex odore unguentorum che il sacerdote anche mediocre non lascia [di] tramandare per una virtù dello Spirito Santo che in lui risiede. Io in seguito ho provato sempre un gran rimorso, per aver forze custodito troppo il mio incognito con danno del mio ministero apostolico; parcat mihi Deus...!
suoi consigli e medicine Lascio ora la storia di quel medico, dal quale abbiamo comprato una quantità di kinino, di cui egli ne conservava un deposito del governo, pei bisogno della truppa, alla quale somministrava gratis le medicine, ed ebbi innoltre molti consigli igienici per salvare i miei compagni ed i giovani della nostra casa dalla febbre, che in quella stagione regnava in tutto il Sudan. Fate uso di molto tamarindo, mi diceva il medico, e comprate tutto quello che trovate, benché in quest’anno stenterete [a] trovarne in mercato, perché andò fallita la raccolta; quindi fate uso del kinino in grandi dosi, che già voi dovete [p. 235] conoscere. Riposatevi non più di otto giorni, perché venendo voi dai paesi alti sarete assaliti dalla febbre con maggiore forza, ed il miasma del fiume non passerà dieci giorni, che si manifesterà, e correrete il pericolo di essere assaliti quì, senza poter progredire il vostro viaggio per Gadaref, paese un poco più sano del nostro. Io stesso non mancherò di consigliare il Sciehk capo del governo civile, al quale siete stato particolarmente raccomandato da Goldon Bascià capo del Governo civile e militare di tutto il Sennaar e Suddan.
il sciek civile di Matamma
[Hassan pascià]
Noi dunque, appena arrivati a Matamma, siamo entrati direttamente alla casa del Sciehk suddetto, il quale ci diede una casa sufficiente per noi, per i nostri giovani, ed anche per gli animali di trasporto. Questo signore, benché fanatico musulmano, bisogna però confessare che
sua liberalità
ci usò un’attenzione al di là di quanto potevamo aspettarci. Sia una forte raccomandazione del suo superiore Goldon Bascià che nella sostanza, ci tenne occulta, ossia ancor più probabile la speranza di ricevere da noi una qualche notabile gratificazione, il fatto sta, ed è, che egli ci mantenne lautamente per più di dieci giorni con tre pasti al giorno, cosa molto rara in quei paesi, dove tutto costa a caro prezzo; egli ci fece custodire le nostre bestie, e mise al nostro servizio quasi tutte le guardie dello stato civile, i quali giorno e notte non ci abbandonarono più; egli veniva ogni giorno almeno due volte a passare qualche tempo con noi, e ci conduceva le persone di maggior riguardo della Città a visitarci. Questo capo del governo civile era [di] un’antica aristocrazia di Matamma Galabat, e si trovava come un giovane uffiziale
[p. 236]
di Sciek Hibrahim nel
[1852]
1851. quando io sono passato in Matamma, e non aveva dimentica-
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to il mio viaggio di Dunkur, ed il mio ritorno a Matamma per entrare in Abissinia.
suoi maneggi politici, coll’Egitto
Da quanto ho potuto conoscere discorrendo con alcuni del paese, questo capo del governo civile di Matamma, aveva manovrato diplomaticamente coll’Egitto in tempo del Viceré Ismaele Bascià, per dichiarare la provincia di Matamma Galabat soggetta all’Egitto, onde salvarsi dalle minacie dell’imperatore Teodoro. Fu così che fece spogliare l’antico padrone di Matamma, ed ottenne egli l’impiego molto lucroso.
[a Gura: feb.-mar. 1876]
Anche attualmente, mi dicevano, egli fa la diplomazia, ora coll’Egitto ed ora coll’Abissinia per mantenersi nella sua posizione. Egli conobbe molto prima tutta la vostra storia, e la vostra venuta, come non ignora la storia di Goldon Bascià in Abissinia. Egli è in relazione coi governatori dell’alta e bassa [provincia del] Dembea, e tiene la chiave del rivoltoso, e lo fa manovrare a suo talento, per mantenere la sua influenza presso l’imperatore Giovanni.
suoi calcoli sopra di noi Dopo tutto ciò il lettore di questa mia storia potrà farsi un’idea giusta della furberia e sagacità nel maneggio degli affari di questo capo del governo civile di Matamma, e non stenterà a credere, come egli governasse potentemente quella città e provincia, non solo nel civile, ma anche nella parte militare, e come, non solo il medico suddetto, ma il comandante e tutti gli uffiziali della fortezza fossero creature sue. Noi quindi eravamo nelle sue mani; egli pensava a farci partire presto, ma era uomo da non sacrificare gli interessi suoi per tutto ciò che egli sperava di mang[i]are sopra di noi, e farci servire ai suoi fini politici, sia coll’Abissinia, che coll’Egitto, e coll’Europa. [p. 237] suoi maneggi cogli abissini Egli perciò, dagli uomini del Governatore abissino di Celga, che ci accompagnarono, avendo, dal primo giorno del nostro arrivo, conosciuto tutte le nostre conferenze passate, e tutte le nostre promesse a lui fatte, per impegnarlo ad assisterci in tutti i pericoli del nostro viaggio, l’astuto nostro Padrone vidde subito la bella occasione che si presentava per lui per amicarsi cogli abissini, per ogni caso che in politica dovesse fugarsene verso i medesimi per salvarsi dalle vessazioni del governo egiziano, e la migliore occasione, anche per lui stesso, di guadagnare qualche cosa da noi, e come un’altro Abu Beker Emir di Tagiurra (1d) fece subito tutti i suoi calcoli sopra di noi. Io aveva promesso al Governatore di Celga il mio mulo, ed un’altro mulo alle guide che egli mi diede sino al nostro arrivo a Matamma.
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suo contratto di compra fatto con noi
[tramite degiac Sali: 24.10.1879]
Ora noi nel nostro esilio dell’Abissinia non potendo essere ben provisti di denari, sia per la ragione che abbiamo dovuto lasciar correre molti regali in tempo di nostra prigionia a Devra Tabor, e sia ancora, perché abbiamo dovuto lasciare qualche scorta al nostro clero lasciato in Scioa nella nostra partenza. Per altra parte poi il nostro nuovo padrone suddetto di Matamma, ben conoscendo che noi dovevamo disfarci dei mezzi di trasporto venuti dall’Abissinia, come meno convenienti nel Suddan, dove il tutto si faceva coi cameli, e dove i muli e gli asini ci avrebbero presentato molte difficoltà per custodirli e per nodrirli in viaggio, il padrone suddetto ci fece proporre un contratto di compra di tutti gli animali di trasporto. Fu in questo che Egli speculò sopra di noi, e guadagnò notabilmente facendo un contratto a poco più della metà del prezzo degli
[p. 238]
animali appartenenti alla missione nostra.
Tagiurra e Matamma
Il capo del governo civile di Matamma, come appartenente all’Egitto, paese musulmano, ma dominato da elementi europei, fu una persona molto più furba e polita in facia al diritto delle genti, di quanto sia stato per me nel 1868. in Tagiurra Abu-beker, il quale presentava da una parte una personalità civile in facia all’Egitto ed al governo inglese, mentre dall’altra parte era il perno del movimento barbaro della tribù dei denakil, dei quali era come Padre e patriarca. Abu-beker, come appoggiato dalla corrente musulmana della vicina Arabia, fu con noi più spudorato nella sua condotta, e nelle sue pretese. La Provincia di Matamma-Gallabat, ed i contorni di Tagiurra sono due sbocchi naturali per la tratta dei neri che sortono dall’alto piano d’Etiopia.
politica araba, ed il Maddi
Una politica misteriosa dell’Arabia è stata sempre vigente nei due paesi quì indicati, per salvare il traffico della tratta. I due soggetti notati in questo mio paragrafo, ne sono i ministri secreti per illudere gli sforzi dell’Europa contrarli alla medesima. La popolazione musulmana dell’Abissinia, agisce di consenso anche nell’interno di essa per paralizzare ogni operazione in contrario. Questa lega favorisce molto oggi il nuovo profeta del Suddan; ciò serva di norma a chi di ragione. La questione quindi creduta inglese, dovrebbe essere una questione d’interesse generale cristiana, la quale avrà certamente un’eco in Egitto, e contro lo stesso canale di Suez.
Ciò detto come di passaggio per non tacere della politica cristiana, punto che servì molto al giorno d’oggi, come di incentivo al sedicente progresso per ingannare le masse col nome della tratta dei neri, facio ritorno al nostro [p. 239] viaggio di fatale esilio dall’Etiopia. preparativi di partenza Fu dunque conchiusa la vendita di tutti i nostri animali di trasporto, sia da sella che da soma, al capo del governo civile di Matamma, e nel tempo /227/ stesso fu conchiuso con lui il contratto dei cameli di trasporto delle nostre persone, di quelle dei giovani, e del bagaglio. Premeva molto a tutti di prevenire la partenza per non essere sorpresi in Matamma dallo sviluppo del miasma febbrile, come già ci disse il medico. Premeva altresì al capo del governo civile di congedarci onoratamente, ben prevedendo che il nostro arrivo all’Egitto avrebbe fatto una buona impressione in suo favore. Fu perciò fedele, ed abbastanza esatto nel rimborzarci il prezzo degli animali comprati da noi; come altresì fu esatto nelle promesse di prepararci la carovana dei cameli necessari, [disbrigo di corrispondenza: 30.10.1879] sia per la cavalcatura, e sia per il trasporto del nostro bagaglio, e nell’assegnarci le guide occorrenti al prezzo stabilito.
(1a) Questo medico era un’antico allievo di Clot Bey in Egitto, per il quale mantenne sempre un gran rispetto. L’ho conosciuto in Gassan nel [1852] 1850. Come il suo maestro, aveva egli un rispetto per i cattolici, massime preti. In Gassan egli aveva fatto una certa fortuna [come] prezzo del suo prudente silenzio. Parlava male la lingua franca d’oriente, ma io lo comprendeva. Aveva gran talento[:] comprendeva la filosofia più scientemente che technicamente. [Torna al testo ↑]
(1b) Ho già parlato altrove di Clot Bey e del medico suo discepolo. Clot Bey morì in Marsilia, se non erro, nel [† 20.8.1868] 1870. lasciando una famiglia cristiana molto esemplare ed un figlio educato dai Padri Gesuiti. Il medico suo discepolo si trovava in Matamma medico in servizio militare con una famiglia molto numerosa. Mentre scrivo forze è ancor vivo. [Torna al testo ↑]
(1c) Il fiumicello di cui è questione è l’unico che somministra l’aqua potabile alla città. Il forestiere che vede le purificazioni religiose che si fanno al fiume, beve i peccati e le sozzure morali del popolo, e ne concepisce una certa ripugnanza, come è chiaro. [Torna al testo ↑]
(2a) Il musulmano si fa una gloria dei suoi atti religiosi. Chi conosce gli usi del paese musulmano, e che l’ha praticato, deve sapere, che visitando una persona nell’ora della preghiera, è come certo di trovarla a pregare, e deve rassegnarsi ad aspettare che abbia finito. Il Cristiano orat patrem suum in abscondito; non così il musulmano. [Torna al testo ↑]
(1d) Il mio lettore si ricordi [di] ciò che ho scritto di Emir Abu beker, in occasione del mio viaggio nel 1868. da Tagiurra al regno di Scioa. L’Emir musulmano suddetto, presentò un tipo molto simile al Governatore civile di Matamma nel nostro viaggio di esilio nel 1879. [Torna al testo ↑]