Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

Parte Prima
Storico – Artistica

/Segue pag. 13/

Capitolo IV.

Il nartece

Lo sguardo di chi entra resta sorpreso da un portico, con soprastante tribuna, che attraversa tutta la larghezza della nave maggiore all’inizio della seconda campata. Questo genere di costruzione, detto già Nartece, è basato su cinque arcate a sesto acuto sorrette da sei graziose ed esili colonnette con capitelli a /14/ foglie ed a gemme. Ad ogni arcata corrisponde una volticina a crociera avente costole a triplice cordone e rosone centrale intagliato.

Al di sopra delle arcate vi è un bassorilievo a due fascie di un bel calcare lucido e azzurrognolo che pare smaltato. Nella parte inferiore stanno gravemente seduti, alti circa mezzo metro, 35 patriarchi antenati della Vergine. Mancano i tre primi ed i due ultimi della genealogia dipinti lateralmente sul pilastro e la colonna; ciascuno porta il proprio nome sopra un cartello ed i Re hanno adorno il capo d’una corona. Ai piedi dei Patriarchi, in caratteri svaniti, sta la seguente iscrizione:

Hec series Sanctam produxit in orbe Mariam
Que peperit veram sine semine munda Sophiam
Anno ab incarnatione D.ni M. C. LXXX. VIIII. regnante
Federico da correggere Frederico Federico Imp.re completu. e op. istud sub Ppo Vidone

Sappiamo così che questo lavoro fu compiuto regnando Federico Barbarossa, sotto il Prevosto Vidone, l’anno 1189.

Nella facciata superiore, alle due estremità si veggono gli emblemi dei quattro Evangelisti; a sinistra i mesti Apostoli che depongono la salma della Vergine in un avello colla scritta:

Ad Virginis funus mestus – Stat grex duodenus

a destra degli angioli che sollevano la Vergine dal sepolcro per portarla in cielo con sotto:

Mariam è aggiunto a penna Collocat ecce Piam – XPs super astra Mariam

ed in mezzo l’incoronazione di Maria col verso:

Surge Parens XPi – Te vocat quem genuisti
Ma
Ri
Am.

Quale l’origine di questo curioso bassorilievo, unico forse in Italia?

/15/ Checché si dica, esso è anteriore alla Chiesa attuale perciò un avanzo della primitiva Chiesa. In prova di questo asserto sta la durezza delle tozze figure; l’aver dovuto tagliar via i primi e gli ultimi patriarchi per poterlo collocare nel non sufficiente spazio; ed il non poter ammettere che l’ingegnoso artista abbia fatto un’opera così errata nella misura e monca nella Storia Evangelica. Ora, a qual uso era destinato anticamente il Nartece? Esso era la prima parte della Chiesa detta anche Pronao o Vestibolo, dove per lo più v’era il Battistero e serviva a separare, secondo l’antica liturgia i catecumeni dai battezzati, non potendo i primi assistere a tutto il Mistero della S. Messa. Quando si eresse il presente Nartece non era più questione di catecumeni né di penitenti; forse, mentre si cercava di collocare in luogo degno un avanzo di tanta importanza, si volle pure conservare l’antica posizione. Però, da una apertura e scala praticata nel muro interno della facciata della Chiesa, fadente capo nel Convento, pare che i primi costruttori intendessero ivi collocarlo a guisa di tribuna, e ciò con miglior consiglio. Le figure del bassorilievo sono colorate; agli archi ed alla zona di mattoni sovrastante è stata data posteriormente, per imperizia, una tinta. La lunghezza del bassorilievo è di m. 6.25, l’altezza di m. 1.25 (1).

Sotto il Nartece sono eretti due altarini dedicati uno a S. Catarina V. M. con S. Margarita, S. Colomba e S. Antonio Abate, dipinti su tela del secolo XV; l’altro è dedicato al Crocifisso, dipinto sul muro; a giudicare dal panneggiamento, pare del 1600; sappiamo però che l’altare già esisteva sul principio del 1500.

La sottostante porta, che dà adito al rimanente /16/ della Chiesa, nell’architrave ci fa vedere un serpe che si morde la coda, simbolo dell’eternità.

[Nota a pag. 015]

(1) Nel 1868 si rinforzarono gli archi con quattro chiavi di ferro, e nel 1896, dietro al Nartece, è stata ripristinata una delle due scale d’accesso, già chiuse per aprirne una ai fianchi. Torna al testo ↑