Massaja
Lettere

Vol. 1

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Al canonico Pietro Riberi
direttore della Propagazione della Fede – Torino

[F. 1r]Ill.mo Sig.e Canonico

Massaua il 4. Decembre 1846.

Benché non sia molto tempo, che ho avuto l’onore di dirigere una mia lettera alla S. V. Ill.ma, ciò non ostante, avuto riguardo alle difficoltà, che vi saranno in seguito per dar corso alle lettere, voglio scriverLe di nuovo, onde esternarLe i sentimenti di gratitudine e di fiducia, che io nutro verso la di Lei persona, e darLe nel tempo stesso qualche cenno sulle cose della mia Missione, che comincio a vedere un poco più da vicino.

Senza il vistoso soccorso di tre mila scudi ricevuti da Lione, io non so come avrei potuto compire il viaggio, tanto meno cimentarmi all’impianto di una Missione. Sono solamente giunto alle porte dell’Abissinia, eppure tra provviste, e spese di viaggio è come con- /76/ sumata la somma ricevuta da Roma. Chi non ha viaggiato per queste parti non può farsi un’idea, come la moneta fugge dalle mani, anche con tutto l’impegno di voler economizzare.

Scudo: moneta d’argento usata nell’Ancien Régime; con l’introduzione del sistema decimale, si chiamò S. la moneta da cinque franchi

Uno scudo in questi paesi vale meno di un franco in Europa. Crederebbe; che solamente per far lavar la lingerìa vi vuole uno scudo ogni dieci pezzi? Da questo Ella potendo argomentare il mio bisogno, argomenterà pure, quanto Le sono obbligato dell’interessamento, che ha avuto per me. Coi tre mille scudi di Lione io potrò recarmi al luogo della mia Missione, ed avere di che poter incominciare l’opera di Dio. Dico incominciare, perché per proseguirla avrò forse ulteriori, e più urgenti bisogni, e pei quali avrò di nuovo bisogno di Lei. Sì, Signore, l’incominciare un’opera grande è un gran che, ma il merito sta nel proseguirla, e finirla. Così io penso di me nell’impegno, che ho dalla Provvidenza, così deve anche pensarla V. S. nell’Opera Santa di intercedere per me presso il Consiglio Centrale.

Rapporto alla Missione, per dirLe qualche cosa di consolante, dirò, quanto [f. 1v] ho sentito dal Sig.e De Jacobis attualmente qui venuto a prendermi. Ciò, che si sta attualmente operando in Abissinia dalla Provvidenza per mezzo dello zelo del già detto Sig.e De Jacobis, e suoi compagni, sarà un fatto di Storia Ecclesiastica da tenere uno dei primi luoghi. Questa nazione caduta nell’Eresia, o dirò meglio datasi in braccio a quasi tutte le Eresie orientali antiche, dopo aver resistito alla grazia, che più volte ha cercato di ridurla sulla vera strada del Vangelo insegnato dalla Chiesa nelle moltissime Missioni, e spedizioni fatte per l’addietro, quasi sempre terminate colla persecuzione, e col sangue, ora pare propriamente venuta all’ora del suo ritorno. Popoli e tribù intiere col loro Clero corrono ai piedi dei Missionarii a dichiararsi cattolici; alcuni hanno già fatta la loro abjura, altri attendono, che i loro Preti siano istrutti, e di nuovo ordinati, per farla. Io sono aspettato colà per ordinare molti Preti convertiti, e confermare tanti neofiti. I Governi medesimi si possono dire tutti per noi, e, sebben deboli, non lasciano di sostenere i nostri Missionarii. Se tali sono le disposizioni dell’Abissinia limitrofa della mia Missione, voglio sperare, che non saranno diverse le cose di questa. Il Sig.e De Jacobis, non sapendo la mia spedizione ha già mandato un suo Missionario tra i Galla, e già ne abbiamo notizie molto favorevoli. Questa nazione più grande, e più estesa della stessa Abissinia, sebbene rozza, e barbara, affatto al bujo di ogni dogma religioso, conosce il suo stato, e pare proprio disposta ad essere illuminata. Alcuni Europei, che la visitarono in alcune provincie, tra gli altri il Sig.e Antonio D’Abbadie, scrissero a Roma in termini tanto patetici, che mossero Propaganda a provvedervi con tutta sollecitudine, ed ora, che io mi trovo al caso di verificare col mezzo di molti Galla, coi quali ho potuto parlare, veggo proprio, che la cosa è, come fu esposta. Le notizie sono sempre più consolanti. Io sono impaziente di trovarmi colà in mezzo a’ miei selvaggi, persuaso di poter fare gran bene colla grazia del Signore. Dovrò fermarmi alcuni [f. 2r] mesi in Abissinia pei bisogni summentovati, e per imparare la lingua Galla, ma non più in là /77/ di Pasqua spero di poter incominciare qualche cosa. Ella intanto favorisca tener presente la mia Missione pei bisogni temporali, ma molto più per gli spirituali. Io conosco il Piemonte, in ispecie Torino, e contorni. So, come tante buone anime sono solite fare grandi preghiere per le Missioni. Conosco lo zelo di un numero grandissimo di Associati, specialmente Ecclesiastici, molto impegnati a raccomandare la Grand’Opera della Propagazione della Fede alla pietà dei Fedeli. L’assicuro, che questo mi consola molto, e mi dà tutto il coraggio, e la speranza, ma bramerei ardentemente, che Ella facesse conoscere questa mia fiducia, onde accrescere sempre più il fervore nelle persone di mia conoscenza.

Sono obbligato a chiudere la presente, perché non vi è più luogo a scrivere, e perché debbo imballar tutto, per partire domani. Gradisca perciò co’ miei saluti i più cordiali ringraziamenti per tutto quello, che ha fatto per me, da estendersi a tutti gli amici della buona causa, e mi creda, quale con tutta la venerazione godo raffermarmi

D. V. S. Ill.ma e R.ma

Div.mo ed Obb.mo Servo
† Fra Guglielmo V.o di Cassia V. A. dei Galla

[F. 1r] Al Sig. Canonico Pietro Riberi Teologale della Metropolitana di Torino.