Massaja
Lettere

Vol. 1

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Al cardinale Giacomo Filippo Fransoni
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 347rEminenza

* Parigi 31. Gennajo 1851.

Sua Eccellenza il Nunzio ebbe la somma degnazione di venire egli stesso all’ospizio dei Fate bene Fratelli, per comunicarmi la lettera del P. Sapeto Lazzarista; mi affretto perciò a darLe il mio sentimento per sua norma.

Prima di tutto bisogna supporre che il P. Sapeto trovasi in un luogo, dove, volendo, potrebbe fare tutto quello che gli piace, anche contro della Missione, senza che nessuno possa opporvi il menomo ostacolo; egli colà ha denari, e nelle attuali circostanze di persecuzione, posso dire che avrà anche amici più di noi – La lettera perciò /237/ che ha scritto all’E. V. merita di essere considerata, se non altro, almeno nel senso di non perdere un soggetto che può fare colà ed altrove, del gran bene e del gran male.

Io non conosceva affatto questo individuo – Nel mese di Marzo dell’anno scorso, trovandomi in Massawa, arrivò allora colà dall’Europa, l’ho ritirato in casa, e come io colà non aveva titolo per esaminare le sue carte, mi sono contentato di studiarlo bene tutto il tempo che sono rimasto là con lui; tanto più, che appena arrivato, spedì subito un corriere a Monsignor De-Jacobis. Il P. Sapeto ha talento e facilità per scrivere secondo il gusto del tempo, ed i suoi adulatori l’hanno portato a fare qualche passo troppo avvanzato nelle ultime crisi d’Europa; ma la sua fede, ed il suo cuore, sono ancora in ottimo stato, per quanto ho potuto conoscere – Come poi ha dell’amor proprio, non potrei risponderne in seguito, nel caso di vedersi disgustato e contrariato... Per questa ragione, tanto per scritto, quanto in parole, ho sempre cercato di temperare un tantino il zelo troppo severo del Padre Biancheri e di M.r De-Jacobis, a questo riguardo, facendo loro osservare, che nei luoghi dove il Signore toglie ai Superiori ecclesiastici i mezzi coattivi, gli estremi rimedj sono le parole, e questi medesimi vanno maneggiati come tali, e in modo che siano sempre per produrre solo del bene. Del resto la lettera scritta da Sapeto all’E. V., nel mio senso gli fa un merito, ed io debbo aggiungerLe che è tutta conforme ai sentimenti che ho sentito [f. 347v] dalla sua bocca, ed alle promesse che mi ha fatto nelle lunghe conferenze avute.

In verità mi parlò allora del vivo desiderio che aveva d’innoltrarsi nel Gouragué, ed io, disposto come sono a servirmi di qualunque mezzo per ottenere il fine della missione, non solo non ho cercato di allontanarlo da tale progetto, ma l’ho animato, persuaso che venendo a tale risoluzione, non avrebbe potuto essere con cattivo fine; anzi gli ho detto di pensarci bene, e poi, in caso affermativo, mi avesse scritto, che io gli avrei assegnato il compagno di sua fiducia, dei tre che si trovavano nell’interno; e forse io stesso l’avrei seguito. I lavori che dice di voler fare sono interessantissimi, e se gli riesce di compirgli, faranno un servizio grande a quella Missione; se mi avesse detto tutto quello che scrive all’E. V., mi sarei forse regolato diversamente nelle istruzioni che aveva lasciato al P. Giusto, incaricato in parte dei medesimi lavori. Il missionario capace, se ha tempo di sopra più nel suo ministero non può occuparlo meglio, che nel correggere errori dei libri abissinesi, moltiplicare buoni scritti, far conoscere il vizio del capitale scientifico in paese – quando istruisce parla a uomini presenti; quando scrive parla alla nazione presente e futura; i lavori della liturgia sono essenzialissimi, perché sono cose che dovranno già essere fatte nel momento che la Missione sarà destinata a fare progressi in grande.

Se è vera l’espulzione dei miei missionarj dai posti che occupavano, le cose cangiano di aspetto per tutta l’Abissinia. Il partito mussulmano, unito alla gerarchia eretica, coll’appoggio della poli- /238/ tica inglese, hanno ottenuto questo risultato, e se la Francia non si affretta a prendere qualche interessamento per Ubié, finirà anche questi per mettersi nelle mani dei nostri nemici, ed allora l’espulzione sarebbe generale. Cosa serve lusingarci? ecco le cose come sono, e come mi sforzo di farle capire qui in Francia: La Mecca vuol prendere l’Abissinia ad ogni costo per le sue viste future in Affrica ed altrove. La Mecca aspetta il suo momento per scuotere il giogo della Porta, ed ha bisogno delle forze imponenti dell’Abissinia per estendere il suo impero a tutta l’Affrica già ben disposta. Gli Inglesi appoggieranno la rivoluzione della Mecca, colla speranza che sarà una loro creatura, mediante la quale eserciteranno il loro monopolio esclusivo in tutti quei mari – Ma la Mecca rivoluzionaria avrà delle idee ben contrarie all’interesse inglese, e sarà d’accordo con tutti i principi mussulmani [f. 348r] indipendenti dalla Porta, per far risorgere l’impero della luna contro l’invasione Europea in quelle parti. Gli inglesi credono di giuocare il mondo, ma l’islamismo gli farà un gran giuoco; per l’interesse del momento sacrificano tutta la politica Cristiana ed Europea in quelle parti, come la sacrificano in Europa stessa coi partiti anticrististi ed antisociali. Quello che dico è appoggiato a documenti, e son venuto appunto per vedere se mi riusciva di risvegliare la politica Cristiana, che io credeva solamente addormentata, ma invece è ammalata di malattia mortale...

Del resto si persuada che la persecuzione in Abissinia ha una radice più lontana di quello che si crede qui e là – Quando V. E. potrà leggere i documenti che lascierò qui depositati, e dei quali farò ogni possibile per mandargliene coppia, allora incomincierà ad avere un’idea di quello che ho voluto dire sopra. Alcune profezie di persone care a Dio, dicono che l’Europa vedrà una seconda volta l’invasione mussulmana; per me non è una professia. Mi basta calcolare i passi che fa l’Europa verso la sua dissoluzione, e quelli che fa l’islamismo per ristabilire il suo impero, per dire che almeno è probabile se non si risveglia un’idea di politica Cristiana in contrario da prevenire il disastro.

Ritornando agli interessi dell’Abissinia, e segnatamente della Missione, da cui dipenderà in gran parte il destino di tutta l’Affrica, io l’assicuro che mi trovo ben imbrogliato dietro le notizie che ricevo. Se i missionarj sono espulsi, dove collocargli? Se la politica Europea non prende qualche misura in grande, tutta la costa d’Affrica appartenente al mio vicariato non è approssimabile. Da Mosambik sino a Gardafui la Francia ha un trattato coll’Himan di Mascad che ci impedisce di andarvi; basti il dire che nel medesimo trattato la Francia si è obbligata a servirsi di funzionarii arabi del paese, nel caso di fare un deposito di carbone, unica condizione ottenuta. La costa Somauli poi che viene in seguito l’abbiamo già gustata, ed attualmente il P. Leone si trova in Berbera a fare un’altra prova. Se l’interno ci cacia, dove andiamo? Se il buon P. Sapeto vuole occuparsi per aggiustare le cose per l’interno, sarà una grazia che ci farà, ma io non lo credo di un’influenza tale da poter paralizzare la /239/ politica nemica. Sono addolorato di avere tre missionarj che potrebbero fare qualche cosa, perché ora hanno la lingua e sono persone fatte per quel paese, a costo di fatiche e di spese, e non saper che farne. Uno potrà restare in Aden, perché D. Luigi incomincia soffrire nella salute ed avrà bisogno di ritornarsene a Genova; gli altri due si aggiusteranno in qualche luogo per aspettare che le cose prendano una buona piegasse pure avranno tanta pazienza di aspettare sul littorale tanto che basti...

F. 348v In quanto a me, la missione ha cangiato niente affatto – Mi fermerò ancora cinque o sei giorni in Parigi per terminare le memorie che devo lasciare fra le mani di persone del ministero che hanno compreso perfettamente le mie idee, e che mi promettono di operare colla massima energia per determinare il governo a prendere misure in grande; quindi partirò, anzi volerò direttamente in Egitto, e là vedrò cosa potrò combinare per Aden e per i missionarii che si trovano in disordine, e ne darò conto all’E. V. per quelle misure che saranno del caso. Dopo questo, come ero già destinato prima, io farò il mio viaggio all’interno per un’altra via e con altri nomi – Colle misure che sono disposto a prendere, sono come certo di poter andare avanti, ma sono costretto andarvi solo, incognito, privandomi persino di un domestico di confidenza – Anzi in certi paesi sarò obbligato prendere sulle mie spalle il piccolo involtino contenente gli arredi più necessari per il ministero, e andarmene con tutto il rigore francescano mendicando di porta in porta un pezzo di pane, per coprire il mio carattere sino all’arrivo del luogo dove penso andare, non lontano da Gouragué. Se mi riesce, gli altri uno per volta potranno venirmi dietro, ma io calcolo solo di poter andare, e benché il mio calcolo sia come sicuro, pure non ho abbastanza coraggio per comandarlo ad altri sull’incerto; potrebbe essere che verranno spontaneamente dietro di me. Se mi riesce tenterò d’incominciare un’operazione molto più avanti, e fuori di tutte le brighe dell’Abissinia. Ma si persuada che l’Abissinia ha bisogno più di tutti gli altri paesi, per salvarla dall’islamismo, ed i missionarj già fatti per quei paesi sono preziosi; epperciò sarebbe desiderabile di potergli ristabilire dove erano –

Ecco Eminenza, quello che posso dire nelle attuali circostanze in cui trovasi la Missione Galla – Se il P. Sapeto ha buone disposizioni, sarà meglio colle buone animarlo ad interessarsi per il bene comune – Non dico di dichiararlo absolute missionario, ma maneggiarlo per assicurarsi della sua persona che facia del bene anziché del male. Per parte mia non ho difficoltà di rispettarlo come fratello se ha volontà di fare del bene.

Gradisca i sentimenti più sinceri di attaccamento alla causa delle anime che Le offro in compenso delle dolorose notizie, e baciandoLe la S. porpora godo raffermarmi

D. E. V. R.ma

Umilis.mo figlio in G. C.
† Fr: Guglielmo Massaja Vescovo