Massaja
Lettere

Vol. 2

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 59rSignor Cavaliere Amatissimo

Gemma – Lagamara 1. Marzo 1858.

Dopo la morte del caro P. Giusto avvenuta in Sennaar, come Ella ben saprà, col quale Lei corrispondeva, tocca a me scriverLe qualche volta, altrimenti Ella anderà privo affatto di notizie di questa Missione di cui Ella ne è il fundatore. Non posso dirLe gran cosa, perché ho qualche cinquantina di lettere da fare, ed il corriere venuto da Massawah mi fa premura di partire.

La Missione va bene, ma potrebbe andare meglio se avessi molti preti indigeni; dico indigeni, perché gli Europei non possono penetrare in tutti i luoghi, e le guerre dell’Abissinia avendoci chiuse tutte le strade e privati di mezzi di sussistenza, non ho potuto prendere molti giovani, e così mi trovo solamente con tre preti indigeni sei chierici ed alcuni piccoli ragazzi di scuola; fra i Chierici due saranno presto sacerdoti – Del resto questi galla sono un poco duri, ma non vi è male, colla pazienza cederanno – I battesimi continuano in ragione dei tre quarti appartenenti alla casta di origine Cristiana, ed un quarto di Galla – Difficilmente poi si spogliano [f. 59v] dei pregiudizii del paese e diventano perfetti Cristiani ad eccezione dei giovani, fra i quali sortono belle anime.

/126/ Dopo quasi quattro anni il P. Felicissimo nel Gennajo scorso venne dall’Ennerea, e gli riuscì di partire dopo un’anno e più di supplica al Re, perché lo amava molto e temeva di lasciarlo venire. Colà i Cristiani non sono molti, ma forse più ferventi di qui; Abba Baghibo ci favorì accordando ai Cristiani di origine fatti mussulmani di poter riprendere il cristianesimo – Questo Re nell’anno scorso ha avuto una forte crisi politica, nella quale però restò superiore; furono messi ai ceppi tre figli, Donocce, Abba Giffara, ed Abba Melchi, quindi un Agì che aveva l’impiego di Abba misan, il quale fu gettato nel Didessa. Abba Baghido si può dire che ha conquistato di nuovo il suo regno; parla molto di Lei, ed ama molto gli europei.

Riguardo all’Abissinia, il Re Teodoro (Cassa) è venuto sul principio di questo mese in Gogiam per far un’improvvisata a Tedla Gualu, ma questi ebbe tempo a ritirarsi sull’amba – Fece una strage del Gogiam, e saccheggiò il mercato del Egibié (Basso) prese 3800. schiavi, denti senza fine, muschio, talleri, sachet d’ogni spece, fece de populo barbaro; proibì la strada di Zemié, e ciò fece che sabbato 20. corrente Liban Cotai discese in Catamorà, e fece strage terribile del Gudrù e dei mercanti, [f. 60r] nella quale furono 300. gli ema sculati; fra questi mercanti trovavasi anche un mio Prete indigeno per nome P. Giovanni Morka uomo ferventissimo, al quale per miracolo riuscì di fuggirsene; un ragazzo Cristiano di 12. anni fu tagliato e ferito alla peggio e lasciato vivo fra i morti; il mio prete avendo sentito che questo ragazzo era rimasto là ancor vivo, esortò i parenti andarlo a prendere, ma questi dicendo di no, egli se ne partì solo, prese il ragazzo sulle spalle e se lo portò in Gudrù in casa nostra, dove ora si spera che guarirà; veda che bell’atto di carità evangelica incommincia vedersi fra questi allievi Galla; fece questo fatto un colpo grande sopra questa popolazione.

Di quest’anno, se mi riesce di sistemare questa missione di Lagamara, finire i lavori della casa e chiesa in pietre, e consacrarmi un coadjutore, per cui già tengo tutte le opportune carte da Roma, verso Natale partirò per la visita pastorale di Limu e di Kaffa, per la quale già sono inteso coi principi, e quindi ordinate le cose di queste due missioni, partirò per Wallamo all’incontro del P. Leone dés Avancer, il quale è capo di una spedizione fatta a Lamo sulla costa sud avente per scopo di penetrare nell’interno per aprire la strada; di qui a Wallamo le difficoltà sono già come vinte. Se non ci riesce di aprirci questa strada la missione non potrà sussistere; pensi che in quattro anni potei avere solamente 300. talleri da Massawah e 700. circa si sono perduti per strada, o mangiati da corrieri traditori.

F. 60v Addio, caro Signor Cavaliere carissimo, mi saluti tutti gli amici, preghi e facia pregare per questa missione tutta sua, e mi creda sempre

Aff.mo Amico
† Fr: G. Massaja Vescovo

P. S. Dopo la morte del P. Giusto in Sennaar non ho più saputo nulla, ne dei denari che erano con lui, ne delle carte, ne di altro, /127/ neanco notizie precise come sia morto, perché ho avuto questa notizia indiretta, non dai missionarii di Kartum –

All’Ill.mo Sig.e P.on Col.mo / Il Sig.e Antonio d’Abbadie / Cavaliere di S. Gregorio / Pariggi //.