Massaja
Lettere

Vol. 2

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Al canonico Giuseppe Ortalda
direttore della Propagazione della Fede – Torino

P. 647Rev. signor Canonico,

Gemma Legamara, 2 marzo 1858.

→ P. Gribaudi, Una lotteria missionaria a Torino nel 1858... Ho ricevuto la di lei veneratissima circa la metà dell’andante gennaio, nella quale Ella degnavasi di aprirmi il bellissimo piano di una lotteria in favore della pia Opera che mantiene le Missioni cattoliche all’estero. Trovo che il calcolo da lei fatto per ogni verso è non solo lodevole, ma meritevole d’incontrare la cooperazione, non solo mia, perchè mangio alla mensa preparata dal sublime apostolato che forma l’oggetto nobile delle di lei sollecitudini, ma ancora di tutti coloro che sentono in cuore un poco di senso evangelico e cosmopolitico. Iddio la benedica e le dia grazia di poter ultimare l’idea concepita troppo utile all’apostolico odierno movimento.

In quanto a me crederei peccare d’ingratitudine quando mi rifiutassi a quanto Ella desidera, ed ho subito scritto al missionario di Ennarea di cercare gli oggetti da lei indicati, mentre io qui faccio lo stesso, e non mancherò di scrivere anche in Kaffa a tale effetto. Spero che potrò fare una raccolta che le farà piacere, ma ciò che più preme non è il trovare questi oggetti, bensi il farli pervenire al loro destino all’epoca da Lei indicata. Per fare una raccolta completa e che sia degna di essere esposta nella Capitale della mia patria, io debbo raccogliere non solo nel paese dove mi trovo, ma anche da paesi un poco lontani; e qui fra i nomadi non possiamo avere le corrispondenze a nostro piacimento, dimodoché non potrei compire la raccolta in meno di otto o dieci mesi; fatta questa sortirà una difficoltà ancora maggiore per farli pervenire sino a Mas- /140/ sawah, poiché, attese le guerre dell’Abissinia, le strade sono chiuse, e noi siamo fortunati di poter ricevere un sol corriere all’anno dalla costa del mare, i nostri stessi mezzi di sussistenza sono per lo più rubati di più della metà in strada. Ciò nonostante io farò con tutta la possibile sollecitudine la raccolta da lei bramata, e la spedirò al più presto che mi sarà possibile: la spedirò al console francese di Massawah pregandolo di diriggerla al console sardo di Alessandria. Come poi io non ho più fondi in Massawah, Ella scriva al console francese di detto paese e prenda col medesimo le dovute intelligenze per le spese di trasporto sino all’Europa; per le spese che occorrono qui e per il trasporto sino a Massawah, benché io non mi trovi sul largo pure guarderò di farle io, facendo anche qualche sforzo per contribuire anch’io in qualche modo all’opera grande che lei fa. Se ciò poi non riescirà per il prossimo estate, credo che non arriveranno inutilmente, poiché conosco anch’io che saranno sempre cose che potranno esserle utili, essendo gli oggetti d’industria di questi paesi affatto nuovi in Europa.

P. 648 L’anno scorso ho fatto una spedizione di missionarii alla costa di mezzogiorno dalla parte di Zanzibar, coll’intenzione di aprirci da quella parte una strada per la via di Lamo, Canoné, Walamo e Kaffa. Ho là tre sacerdoti che lavorano a questo scopo sotto la direzione del padre Leone des Avanchers, savoiardo; quando ci sarà riuscito di aprire questa strada potrò fare pervenire all’Europa tutti gli oggetti che voglio e spero che potranno anche i mercanti e viaggiatori europei mettersi in relazione con questi bellissimi paesi nomadi, i quali non mancano di altro che dei nostri lumi per essere paesi forse migliori dei nostri, ma ciò non si otterrà se non colla pazienza di questi poveri missionari, e specialmente dei cappuccini recentemente soppressi da cotesto governo...

In verbo di cotesto governo debbo rispondere a V. S. Rev.ma relativamente a quanto mi scrive il medesimo, come cosa appoggiata e raccomandata a lei. Certamente che io in mezzo alle sollecitudini apostoliche non debbo dimenticare gl’interessi della mia patria, quale tengo tuttora scolpita nel cuore, e Dio sa se non lo prego continuamente in favore della medesima, e specialmente in favore del regnante sovrano Vittorio Emmanuele, al quale ho sempre portato una simpatia speciale come allevatosi in Moncalieri sotto la disciplina de’ miei amici, e col quale ebbi più volte la fortuna di conferire e di celebrare la santa Messa, ed amministrargli più volte la santissima Eucaristia, ma debbo confessare che mi trovo sommamente addolorato di vederne il governo guidato da uno spirito di scisma colla santa Sede e di quella certa riforma sociale che non sa incominciare altrove che dall’altare, dalla Chiesa e dai corpi regolari, quasi che tutta la febbre sociale fosse prodotta dalla religione. Dico anzi di più che, trovandomi nell’anno 1850 in viaggio nell’Europa, pregato dagli amici, congiunti e fratelli religiosi di recarmi in patria, dove ancora mi aspettava il nonagenario mio genitore, e dove anche simpatizzava il mio cuore per consolare quest’ultimo vicino a morire, non ho avuto coraggio di venirvi, per la /141/ circostanza di febbre politica contro la Chiesa ed i nostri fratelli; mi sono contentato perciò di benedirla passando e girandole intorno.

Tutto ciò nonostante non lascierei di occuparmi per procurare alla medesima tutti quei vantaggi dei quali sono capace, ma debbo confessare candidamente che questi paesi non sono ancora abbastanza maturati dall’apostolico ministero per essere capaci di trattati politici co’ governi civilizzati d’Europa; speriamo che lo diverranno dopo qualche anno di fatica apostolica, l’unica capace di educare i paesi nomadi e portarli al punto di sapere apprezzare simili trattati; allora avranno anche una via più sicura aperta dalla parte del sud, anche più comoda alle navigazioni di Europa. Io non sono amico delle operazioni nominali che possono avere nessun effetto né in politica, né in commercio; per questa ragione mi astengo dal far certi piani [p. 649] che potrebbero avere anche un bell’aspetto in faccia all’Europa, e così procurarmi una momentanea gloria, quando la cercassi. Ella perciò persuada cotesto governo ad avere un pochino di pazienza aspettando la circostanza che non mancherà di venire. Se cotesto governo nutre sinceramente simili intenzioni, potrebbe appoggiare ed aiutare questa missione, la quale tende appunto indefessamente allo scopo da esso inteso, e la quale sola potrà colla sua pazienza evangelica vincere le gravi difficoltà che vi si oppongono.

Sono poi soprammodo sensibile per l’affezione che Lei porta a’ miei confratelli cappuccini tribolati, pei quali, pochi giorni fa, ho pianto, vedendo sulla gazzetta di Francia due conventi all’incanto quel di Susa e quello di Villafranca. Iddio arresti il temporale che loro soprasta, del resto finirà il vivere delle Missioni.

Colgo l’occasione per umiliarle i miei sentimenti di riconoscenza pel sublime impiego che Ella occupa in favore delle Missioni unitamente a quei di sincera amicizia e fratellanza nell’apostolato, mentre pregandola a gradire i miei saluti, estensivi a tutti gli amici della patria, godo professarmi colla massima stima,

Di V. S. Ill.ma e Rev.ma,

Devot. Servo nel Signore,
† Fra Guglielmo Massaia,
Vescovo cappuccino.