Massaja
Lettere

Vol. 2

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A monsignore Giustino De Jacobis CM
vicario apostolico dell’Abissinia – Massauah

[F. 1r]Eccellenza R.ma

Sciap – Kafa 4. Marzo 1860.

Colgo l’occasione che un bravo mercante parte, onde farLe un piccolo viglietto e così aggiungere qualche notiziella a quelle che forse prima riceverà da Deftera Ajlù – Per mezzo del suddetto Le scriveva la mia entrata in questo paese di Kafa, gli avvenimenti consolanti e dolorosi avvenuti allora, e specialmente la tanto sospirata conversione del fù P. Cesare, accompagnata da atti publici generosi, e degni di istoria. Ora debbo significarLe, che la conversione suddetta fu accompagnata dalla morte, avvenuta la mattina del 13. Febbrajo, morte che merita di essere chiamata piuttosto risurrezione. Convertito di cuore a Dio, io era sul dubbio o di mandarlo in Europa, oppure di lasciarlo qui; mandandolo avrebbe mai più riparato lo scandalo in Kafa, e l’Europa avrebbe forse mai più creduto sincera la sua conversione, supponendola forzata; la Missione anche sarebbe andata priva della sua persona; restando qui io sarei [f. 1v] sempre stato in pena per lui, attesi i vincoli vecchj, segnatamente per ogni caso di mia morte; io mi trovava in un gran bivio, egli stesso lo vedeva, e soventi mi preveniva con certe espressioni che mi facevano piangere = prego il Signore che mi facia morire prima di Lei, del resto, se domani Ella s’infermasse io vorrei partire prima per non lasciare morire Lei con questa pena, ed anche perché non mi fido più di me – tali erano per lo più le nostre conversazioni, quasi sempre accompagnate da lagrime. Cosa vuole? la prima volta che sorte accompagnato dal P. Giacomo per dare una missione ad una Chiesa lontana una giornata circa; dopo pochi giorni colà si è ammalato, venne a casa, ed in capo a otto giorni morì; È impossibile che io possa descrivere tutte le parlate da lui fatte in malattia ai studenti, ai servi, ed ai schiavi medesimi, pregando tutti di publicare i suoi sentimenti di penitenza e di ritrattazione... Così finì la dolorosa storia che mi fece piangere e sospirare più di tre anni – Morto il povero Padre Cesare, non so, se sia la malinconia, o cosa sia, io mi trovo con una debolezza che mi [f. 2r] pare doverlo seguire ogni giorno. La morte sarebbe per me un gran riposo, ma /200/ l’avvenire di questa missione mi affligge non poco. Colla venuta del P. Leone io sperava di guadagnare un missionario, ma invano, egli si è fissato di volersene andare, ed io sono davvero impicciato – Io temo che tutta questa missione, con tutte le belle speranze che presenta, segnatamente di qua dall’Ennerea, debba morire con me – Vi sono sei Sacerdoti indigeni, alcuni dei quali, anche bonissimi, ma i soli indigeni non ancora compiti nell’istruzione cosa potranno fare? Se domando missionarii dall’Europa, questi passano due o tre anni in viaggio e si perdono, consumano mezzi infiniti, e la finitiva è di ritornarsene, oppure di arrivare qui disanimati – Sarò obbligato a chiudere le Missioni dei paesi Galla, dove le speranze sono più lontane e radunare tutto qui, dove avvi un campo con una messe piena e compita; ma con ciò mi sequestrerò sempre più dalla costa, e renderò sempre le communicazioni più difficili – Conosco ora le difficoltà della missione, per se ottima, ma troppo lontana. Caro Monsignore, angustiae undique me premunt, e non ho altra speranza che nelle preghiere degli amici, quali invoco continuamente. Del resto io sono sempre ancora obbligato a fare [f. 2v] la scuola ai ragazzi come prima, ed a fare tutti i mestieri ad eccezzione dell’istruzione del popolo in detaglio, e dei battesimi, per cui gli indigeni bastano. Il buon Cesare aveva preso molto a cuore la scuola, e sperava in lui per un maestro degli indigeni, e Dio l’ha preso sulla mattina del lavoro. Ecco poco presso lo stato delle cose nostre, e le angustie mie che non nascondo. Del resto poi tutto va bene, ed il paese, ad eccezzione della miseria nel vitto, presenterebbe molto bene.

Ella intanto non mi dimentichi nelle sue preghiere, e facia anche pregare da cotesti suoi monaci, mentre abbraciandola in spiritu nel S. crocifisso godo raffermarmi.

D. E. V. R.ma

Divot.mo ed Obl.mo Collega
† Fr: G. Massaja V.o

A Sua Eccellenza R.ma / Monsignore De Jacobis / V. A. d’Abissinia / (in assenza a chi per esso) //.