Massaja
Lettere

Vol. 2

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Al padre Leone Golliet des Avanchers OFMCap.
missionario apostolico dei Galla – Limu

F. 172rDilettissimo Figlio in G. C.

SciapKàfa Mercordì dopo la 2. Dom. di Quar. [7 marzo] 1860.

Non metto la data del giorno, perchè non ho qui il calendario, e la mia testa è vicina a perdersi; vi accuso ricevuta di tutte le vostre lettere, quali, appena avete spedito, avrete ricevuto qualche giorno dopo la mia in cui vi significava la morte del caro P. Cesare; pensate dunque in quale stato di afflizione debbo trovarmi coll’aggiunta di tutto questo che voi mi spedite – Prevaricò il fu P. Cesare, e la notizia della sua prevaricazione mi arrivò in Lagamara nel 1857. d’allora in poi non ho fatto altro che piangere, e dopo tre anni di pianto e di sospiri in Ottobre scorso ho avuto la consolazione di abbraciarlo convertito, e due settimane fa ho dovuto piangere la sua morte, morte secondo la carne, benché secondo lo spirito sia vera resurrezione, essendo morte da lui invocata e ardentemente bramata per levarsi dai pericoli del mondo; morte però che alla mia debolezza non lasciò di riuscire dolorosa, come potete ben pensare. Non ancora assciugate le lacrime, mi arriva la notizia di un’altra morte molto più dolorosa, perchè avvolge con se la morte di tutta la missione, che io veggo più chiara di voi, supponendo sempre vera la cosa; essendo così io non mi sento più di reggere la barca; per cercare di ritornarmene indietro, come fate voi, ho un voto che mi lega a questi popoli sino alla morte; trovo perciò più breve la via di sortirmene colla morte, e questa prego continuamente, e se sentirete che sia avvenuta, lasciate pure di piangere, perchè sarà segno che Iddio mi avrà ascoltato. Scrivo ciò calcolando la mia debolezza, perchè è meglio che la barca stia qualche tempo senza timoniere, che averne uno nominale che non può agire. Del resto poi, come sono volato qui in soccorso [f. 172v] di un missionario perduto, volerei anche in Limu in soccorso spirituale dell’unico che mi restava ancora dei [tre] del primo impianto, e con tanto più di velocità, quanto questi sopra gli altri mi è più caro, sia per il suo carattere attuale, sia perchè l’unico sin qui rimasto fedele a Dio ed a me, non avendo in tredeci anni dato il menomo segnale di quanto sento presentemente – Ieri vicino a notte è arrivato Escetù, ho lette le lettere, e prima di mezzanotte era già partito un corriere a questo Re, per vedere se mi riesce di partire; se ciò mi riesce in otto giorni io vi sarò alle trozze, e spero in Dio che tutto finirà con consolazione di tutti; se poi non mi riesce, allora vi dichiaro rotondo che non vi metto in libertà, se prima non finisce questo affare; e se voi cercate di partire darete l’ultimo colpo alla mia vita ed alla missione – Io non posso violare il segreto che mi imponete, perchè altrimenti sono certo che vi farei gran dispiacere, ma badate un momento, se voi che siete Europeo e avete niente da temere da lui, pure non volete essere svelato nelle /202/ relazioni che fate, cosa dovremo dire poi di questi indigeni, i quali sono mantenuti da noi, ed hanno tutta la ragione di temere? se tutti dicessero come dite voi, quale giudizio potrei fare io? l’uomo che teme Iddio, si abbandona ciecamente a Lui, e quando lo vuole il dovere e la giustizia non teme di parlare, ne si lascia dominare da simili timori feminili – Per ora non si tratta ancora di nessuna sentenza canonica, ma di semplice ammonizione, per la quale bastano alcune dicerie che si siano fatte, ed anche sospetti fondati, ma nel caso che si trattasse di procedere in forma dovrei fidarmi di questi indigeni che sono come i ragazzi soliti a prendere le umbre per realtà, e lasciarsi guidare da un venticello di passione? Comunque sia io do più peso alle vostre parole che a dieci indigeni per buoni che siano; il giudicare un Vescovo sopra relazioni di indigeni è un’affare serio – L’affare del fu P. Cesare, se non fosse stato un’affare consummato per atto di matrimonio publico, [f. 173r] non avrei potuto devenire a nessuna sentenza, perchè a dirvela credo ben poco a questa gente. Come dunque posso licenziarvi in simile circostanza[?] Il mio consiglio è questo: appoggiatevi bene sopra un ponto che non possa negare, e poi presentatevi a lui con rispetto e ditegli = Padre mio, le dicerie che si fanno in casa sono molte, io non credeva, ma dopo aver veduto quel tale segnale, io non posso più stare quieto, ed interrogato legittimamente debbo dire la verità = io amo voi, ma più di voi debbo amare la missione e la causa di Dio e dell’anima vostra stessa = ciò sentendo cosa risponderà? qualunque risposta che dia fatevela dare almeno alla presenza di un testimonio; in queste cose il moltiplicare parole di qua e di là, l’affliggersi con pensieri di nascosto è piuttosto processo femminile e non virile: non va bene – o che è vero ciò che dite, ed allora non si merita nessuna compassione, anzi la stessa compassione sarebbe micidiale a lui stesso; oppure si riconosce la falsità e dovete averne piacere – Non è ancora compito l’anno dacché ho inghiottito in santa pace non piccoli rimproveri da voi relativamente all’affare del fu P. Cesare, ed anche relativamente ad una lettera scritta a Roma sul vostro conto; relativamente al Cesare sarete convinto ora che ho cercato il suo bene e Iddio l’ha fatto vedere con miracoli... per ciò che riguarda voi, sappiate che ho ricevuto tre lettere, di europei, nelle quali però non vi era accusa positiva contro di voi, ma si parlava anche di dicerie sul vostro conto; queste lettere avrei potuto mandarle a Roma e non l’ho fatto, mi sono contentato di pregare colà di non perdervi d’occhio, perchè io essendo lontano non poteva sorvegliarvi... dietro tutto ciò sino al giorno d’oggi il mio cuore non riposava ancora sopra di voi; nelle lettere ultime vostre ho trovato qualche segnale che mi ha consolato in mezzo alle afflizioni – Iddio vi dia forza, e facia in modo che questa mia consolazione si compisca – Figlio mio, siate inesorabile contro il vizio ed il peccato, rispettate l’autorità, ma non temetela quando si tratta della causa di Dio e delle anime; fosse bene contro di me stesso, non temete, e riferite [f. 173v] pure subito a Roma se conoscete qualche cosa contro di me; amo meglio essere giudicato in questo mondo; /203/ così la penso per me, e così la penso per gli altri. Fino a tanto che ho un pezzo di fiato non lascierò di agire contro gli scandali, fosse bene mio Padre, ed in questa risoluzione voglio morire, come morirò in quella di difendere il giusto in caso contrario. Se l’affare è vero, non solo voi, ma tutti ritorneremo in Europa, perchè sarebbe inutile lusingare il mondo Cristiano; in caso che io non possa sortire di qui, annullerò la missione Galla e richiamerò qui i soggetti migliori, dove posso vigilare io stesso – Le speranze della missione sono da Limu in qua –

In quanto ai Preti indigeni ignoranti, persuadetevi, che vale più un poco di timor di Dio che un monte di scienza: ecco l’esempio di Kafa, il più ignorante di tutti i Preti ha tenuto tre anni il bacino alla barba al più dotto dei nostri missionarj: mentre tre missionarj venuti d’Europa, nel primo impianto, neanche uno è rimasto fedele, se sono vere le ultime notizie.

In quanto a voi, abbiate un poco di pazienza, non abbandonatemi in questa circostanza, e frattanto spero che si farà giorno una volta, e le vostre pene si converteranno in gaudio.

Se Iddio mi da forza, penso scrivervi un’altra lettera ostensibile al supposto delinquente, affinchè abbiate un titolo a presentarvi col non licet tibi, ed egli abbia motivo di temervi; la leggerete, e credendo bene fargliela vedere lo farete in Domino e colla mia benedizione –

Vi benedico, ed abbraciandovi nel S. Crocifisso godo raffermarmi

Divot.mo sempre
† Fr. G. Massaja V.o

P. S. Non cruciatevi dei talleri, questa è piccola cosa.