Traduzione del testo in latino nella Lettera 266
Vennero a noi suppliche non solo di fedeli Cristiani, ma anche di sacerdoti, che esprimono dubbio su quanto da noi pensato sulla validità del battesimo impartito in Abissinia; e non mi è sembrato di dover respingere una tale obiezione, per non affliggere inutilmente in materia così grave i cuori dei fedeli che giungono dall’Abissinia, e, cosa ancor più importante, perché non si dubitasse pubblicamente della validità dell’ordinazione di alcuni sacerdoti. Esaminate tutte le ragioni addotte da costoro, e ricevute informazioni in proposito da coloro che giungono dall’Abissinia, soprattutto a proposito di alcuni sacerdoti inviati a Roma per questa ragione, e là battezzati, confermati e ordinati, è facile capire in quale difficoltà ci siamo trovati. Da una parte, appare assai difficile agire in una materia così grave senza il parere della Santa Sede; ma è difficile interpellare la Santa Sede da queste regioni remotissime, dove spesse le nostre lettere si perdono per via, e quando pure arrivano a destinazione, il responso può tardare fino a tre anni; d’altra parte, è decisione assai grave lasciare per lungo tempo in così dura perplessità cuori già preparati; non solo essi vengono privati della partecipazione passiva ai Sacramenti, ma, cosa per noi ancora più urgente, dei Sacerdoti, di cui noi abbiamo così grande bisogno, rimangono per così dire sospesi. Esaminate e ponderate tutte queste cose, abbiamo deciso, fino al giudizio definitivo della S. Sede, alla quale abbiamo comunicato ogni cosa, che tutti coloro i quali provengono dall’Abissinia, e che si dicono Cristiani, compresi i sacerdoti, ordinati secondo il rito cattolico, ma non battezzati sub condicione, devono essere ribattezzati sub condicione. Abbiamo però lasciato alla valutazione dei nostri Superiori la pubblicazione di questo nostro decreto, per non turbare inutilmente i cuori tranquilli; e ciò in particolare relativamente ai Sacerdoti, per i quali abbiamo dato disposizioni particolari.