Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 278rMonsieur Antoine tres chére

Cairo 15. Febbrajo 1880.

Eccomi in Cairo esiliato dall’Abissinia e dai paesi Galla, frutto della pace tra Menilik e l’imperatore Giovanni. La storia dolorosa glie la scriverò a parte subito che troverò un’ora un poco più libera; ad ogni evento per non privarLa più a lungo di mie notizie Le dirò solo che ho lasciato la Scioha sortito di casa il 24. Giugno dell’anno scorso. In Warra Ilù frontiera Sud dei paesi Wollo mi raggiunsero Monsignore Coadjutore ed il P. Gonzaga. Siamo arrivati a Devra Tabor, se non erro il 24. Luglio; colà abbiamo passato le pioggie guardati come prigionieri di stato; io ho passato l’inverno in letto colle febbri prese al Basilio. Dopo il Maskal, non ostanti tutte le nostre proteste, accompagnati ci fece partire per Ma-tamma, dove siamo arrivati sul principio di Ottobre, stagione che imperversano le febbri. Dopo la metà di Ottobre [f. 278v] abbiamo lasciato Matamma e sopra cameli in quattro giorni circa siamo arrivati a Doka grosso paese, sempre ancora all’ovest d’Abissinia, dove Monsignore Torino e Padre Gonzaga con alcuni dei 12. giovani abissini che avevamo sono stati assaliti dalle febbri; come in questo paese non vi erano cristiani abbiamo fatto uno sforzo e siamo partiti per Gadaref, gran paese, gran mercato, dove vi sono molti cristiani; io vi sono arrivato portato sopra un’alga da quattro uomini come moribondo. In Gadaref tutti noi e tutti i giovani nostri sono stati ammalati, e due sono morti. Ciò ci obligò di restarvi un mese, dopo il quale con un’altro sforzo in sette giorni siamo arrivati a Kassela (Taka), dove abbiamo trovato un bravo cattolico, il quale ci fece da padre e gran benefattore perché ci mantenne 18. giorni gratis con una liberalità tale, che ci rimise in forze. In Kassalà ci si siamo divisi, io col P. Gonzaga siamo partiti per Soakin, e Monsignore Coadjutore coi giovani abissinesi, partì per Keren per andare di là a Massawah, e quindi a Aden. Io non potendo più camminare sul camelo [f. 279r] s’immaginò un sistema tutto nuovo, due casse della lunghezza più di un mettro, e larghe un mezzo, io ed il P. Gonzaga siamo venuti così seduti nelle medesime con cuscini; così ho potuto arrivare a Soakim in 17. giorni, altrimenti non sarei arrivato in 40., perché sui cameli posso camminare poco più di un’ora solamente. In Soakin abbiamo trovato un’altro bravo benefattore che ha avuto compassione di noi, presso il quale siamo rimasti otto giorni, sino all’arrivo del vapore Messina appartenente alla compagnia Rubattino, quale in cinque giorni ci portò direttamente a Suez; di Suez dopo tre giorni siamo venuti al Cairo. Oggi mi trovo, grazie a Dio, mediocremente bene in salute, ma sia l’età, /12/ siano le malattie, oppure il viaggio fatto sta che non posso camminare senza il bastone.

Ella poi dica a Madama d’Abbadie, che colla grazia di Dio ci troveremo, ma deve sapere che non sono più quello di prima, oggi sono bianco come la neve, affatto senza denti, brutto come la notte, e temo che arrivato alla porta mi cacierà, come ha fatto l’imperatore Giovanni d’Abissinia, e allora? non ci sarà per me altro più che l’ospedale degli invalidi. [F. 279v] Per far loro capire questo mistero senta una bazzeletta: quando sono entrato sul vapore Messina in tutti gli angoli m’imbatteva con grandi specchj, nei quali vedendo la metamorfosi della mia brutta figura mi veniva la tentazione di prendere tutti questi specchj e gettargli in mare, ma cosa vale? Sono venuto a Suez, ed al Cairo incontrandomi cogli amici che io supponeva sempre nello stato di prima, come supponeva me stesso, all’opposto, uno bianco, l’altro gobbo, un terzo che non poteva più camminare, e ciò che è più la maggior parte non c’era più. Mi arrivarono qui le di Lei lettere ultime, dalle quali ho conosciuto, che tanto Ella quanto Madama d’Abbadie esistevano ancora... Deo gratias!

Due parole riguardo alla lagnanza che Ella mi fa di Monsignore Coadiutore Torino. Ella non ha veduto il bene che questo Prelato ha fatto in questi ultimi anni: una colonia ammirabile che non gli lasciava più tempo a mangiare... così arriva a coloro che si raccomandano ad un missionario per avere qualche calcolo matematico o geografico; in ciò Monsignore Torino mi ha lasciato dietro mille miglia, e ciò per ora Le basti. L’abbracio nel S. crocifisso e sono sempre

Divot.mo Servo
† Fr: G. Massaja V.o

F. 280r P. S. Ho un momento libero per adempire la mia promessa sulla ragione politica del nostro arresto come è andata.

Nel mese di Febbrajo del 1878. l’imperatore Joannes che possedeva il Nord dell’Abissinia al di qua del fiume Bascillò, entrò colla sua armata fra i Wollo minaciando il regno di Scëua. Questi avrebbe voluto e potuto battersi, perché in fatti il paese in forze è superiore, ma un partito, nel quale contava per primo la regina Bafana, secondo il reggimento di Gondaresi che Minilik aveva formato nelle sue vedute l’impero universale, terzo il partito Karra, cioè strettamente eutichiano; tutti questi hanno obligato Menilik a trattare la pace fatale che doveva produrre la nostra espulzione, e più tardi la rovina del regno di Menilik. Io ho veduto subito allora il brutto nembo che si levava contro la missione in una visita fatta da me a Joannes. Come Menilik mi aveva come per forza obligato a restare nel suo paese contro la promessa fattami nella sua lettera che ho ricevuto a Roma dopo le feste di S. Pietro, ha resistito quanto ha potuto, ma alla fine, divenuto suddito, ha dovuto cedere, stimolato sempre dai partiti suddetti che agivano col mezzo dell’imperatore; /13/ finalmente il nostro Menilik ha dovuto cedere, e non osando prendere un partito ostile, dopo tante promesse e giuramenti fattemi, mi mandò al Re Joannes con pretesti giurati e stragiurati che si trattava [f. 280v] solamente di una deputazione che pensava di fare ai governi d’Europa, onde ottenere una pace solida coi medesimi. Benché io ne dubitassi, pure pensatis pensandis ho creduto meglio credere e cedere per non sollevare una collisione formale che avrebbe messa in una falsa posizione tutta la missione di Scëua, oggi giorno già molto sviluppata, ed attirarmi o almeno precipitare una persecuzione, quale forse si sarebbe risparmiata, almeno per qualche tempo. Ecco in breve la ragione della partenza nostra.

Parlando sopra dei partiti che spinsero Menilik alla pace, ho lasciato una laguna: la regina che pensa di distruggere tutta la stirpe reale dello Scëua per far regnare i suoi figli avuti da altri mariti precedenti, non vedendosi in ciò secondata dal paese, che non la puoi vedere, si è attaccata all’imperatore Joannes, e per coonestare la sua ambizione sollevò il partito religioso ed il reggimento di Gondaresi. Menilik divenuto un poco stupido non vidde questa trama ordita; eccoLe in complesso il nodo gordiano di ogni cosa; senza dubbio la regina, benché nostra amica, aveva troppo buona opinione di noi per sperare che noi saremmo entrati in queste trame di mala fede...

L’abbracio nuovamente unitamente a Madama d’Abbadie e sono sempre Servo

† Fr: G. Massaja V.o

P. S. Monsignor Ciurcia Delegato ap.o dell’Egitto, il quale ebbe l’onore di pranzare con me in casa sua, La saluta caramente unitamente a Madama d’Abbadie.