Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al padre Davide David da Pinerolo OFMCap.
ex discepolo di M. – Torino-Ospedale Mauriziano

[F. 1r]Padre Davide mio Carissimo

Gerusalemme 11. Marzo 1880.

Mi fu molto cara la vostra lettera pervenutami avanti jeri. Prima di tutto perché dalla medesima ho avuto una prova della vostra esistenza; vi assicuro che mi sarebbe sta[ta] molto cara una nota di tutti i miei studenti che ancora esistono, perché io ne so nulla più di quelli che esistono e di coloro che riposano fra i morti. Con maggiore ragione poi debbo dire ciò della Provincia intiera, nulla sapendo più della medesima, se cioè esista o no. Per parte mia, benché occupatissimo, pure non ho lasciato di scrivere qualche lettera ad alcuni amici che pure aveva nella Provincia, ma siano le lettere mie che suppongo andate perdute, oppure le tanto desiderate risposte [f. 1v] che abbiano forze incontrata la sorte medesima, il fatto sta ed è che nulla più ho saputo. Ancora l’anno scorso ho scritto una lettera al M. R. nostro P. Provinciale, nella quale io /16/ annunziava la morte del fu mio Coadjutore, Monsignore Felicissimo Cocino Vescovo di Marocco, avvenuta in Kafa nel mese di Febbrajo, nello stesso mese che morì il nostro tanto venerato Pontefice Pio Nono; anche di questo nulla ne ho più saputo; tanto basti in prova della mia buona volontà verso la Madre Provincia.

Oggi esiliato dalla Missione carissima da me incomminciata, dove ho lasciato chiese, Preti, ed una quantità di Cristiani, ed obligato a ritornare in Europa nella mia quasi decrepita età, vi lascio considerare quali devono essere le mie afflizioni.

In Febbrajo 1846. lasciando la madre Provincia ho fatto un sacrifizio molto più grande di quello che aveva fatto in Settembre 1825. (se non erro) lasciando i parenti miei carnali; oggi strappato [f. 2r] dalla forza publica da frammezzo a figli carissimi fra gli urli e pianti, v’assicuro che il mio sacrifizio è stato superiore a quello della stessa morte, che pure a preferenza avrei molto desiderata; ciò vi basti, figlio mio, perché altrimenti non la finirei più.

Riguardo alla mia venuta a Torino nulla posso dirvi ancora, perché l’attuale mio Guardiano, come sapete, è il solo Papa, e sentirò da lui solo cosa debbo fare per terminare la mia carriera con Dio, la volontà di cui è l’unica catena che mi stringe, e mi condurrà, dove, non lo so.

Debbo poi ringraziarvi molto della generosità, colla quale mi esibite di mandarmi qualche cosa per i miei bisogni. Voi siete religioso, epperciò in ciò in tutto subordinato al vostro Provinciale, col quale ad ogni evento dovete intendere la cosa. Per ora non occorre, ma se occorrerà non mancherò di farvelo sapere; sono già passati 50. anni dacché mangio alla mensa del Signore, come sapete, e nulla finora mi mancò, debbo perciò sperare che non mi abbandonerà in questa mia quasi decrepita età: la cosa che più mi da a pensare [f. 2v] non è tanto il pane che mi resta a mangiare, ma sibbene quello che ho mangiato, poiché conosco di aver fatto nulla di quello che mi ordinò il padrone.

Caro P. Davide, non ho tempo ne forza per aggiungere di più a questa mia; ciò che vi ho detto vi basta. Io mi trovo qui accanto al Sepolcro di nostro Signore colla Maddalena per vedere se mi riesce di vedere una volta il volto del mio caro padrone. Io perciò vi lascio ai piedi del medesimo e raccomandato a lui, pregandovi di fare le mie veci presso il M. R. P. Provinciale, e presso tutti coloro che ancora pensano a me, e di voi e di tutti

sono Divot.mo sempre
† Fr: G. Massaja V.o