Massaja
Lettere

Vol. 5

/31/

808

Al padre Francesco Ferrero da Villafranca Piemonte OFMCap.
commissario generale – Roma

[F. 1r]Caro P. Francesco e Generale mio

Smirne 20. Maggio 1880.

Per farvi vedere che ho confidenza in voi vi acchiudo qui una lettera diretta al S. Padre; se voi crederete opportuno di presentargliela voi stesso, potrete farlo, ed in tal caso voi potrete essere il mio interprete presso il medesimo per tutto ciò che potrebbe occorrere, conoscendo voi abbastanza tutto quello che penso; in caso contrario potrete darla a Sua Em: il Cardinale Prefetto, affinché egli stesso glie la consegni. Sia lodato Iddio, finalmente Sua Eminenza, e Sua Santità hanno compreso la mia delicata posizione, /32/ come mi risulta da una lettera venutami da S. Em: medesima, e dal P. Luigi Gonzaga.

Se la Francia sarà tranquilla io sul principio di Giugno partirò per Marsilia, e di là per i bagni della Bourboulle sopra Clermont-Ferrant, [f. 1v] dove dovrei trovarmi sul fine di Giugno, unico mese di caldo in quelle montagne; in caso diverso io penso di trattenermi qui, oppure in qualche piccola missione nostra di questi contorni, dove possa riposarmi e rifarmi nella salute, e nel tempo stesso esercitarmi un tantino nel ministero per levarmi dalla malinconia, restando nel tempo stesso nascosto al mondo, anche ecclesiastico, poiché nella situazione in cui mi trovo, se non mi sarà dato di morire nella missione dove ho passato la mia vita, sarà mai vero che darò uno scandalo ai miei missionarii con rinunziare al Vicariato per cercare altro in questo mondo...

Caro mio, come non dubitate certamente che io vi ami, e che ami l’Ordine che mi ha educato, e tolto dalle mani del diavolo, ritorno a raccomandarvi di pensare seriamente alla carica che avete, la quale non è di semplice onore, sibbene un gran peso in queste circostanze di morte per l’ordine nostro, e non vorrei che vi trovaste poi in fallo coram Deo per non avere [f. 2r] fatto tutto il possibile per ripararne la totale rovina. Come il P. Provinciale di Piemonte mi scrisse invitandomi a ritirarmi colà, gli risposi una lunga lettera in questo senso, e voi continuate l’operazione. Io, come sapete non ho più voce in capitolo più di quanto mi ordina la carità verso i miei fratelli, e la riconoscenza che debbo all’Ordine che mi ha insegnato le vie del Signore; fatto questo ho fatto tutto, e non sarò risponsabile, come siete voi, e lo sono tutti i Superiori. Non basta comprare conventi e moltiplicare frati, ma è necessario propagare lo spirito serafico, l’unico che ci possa salvare; persuadiamoci che chi ci ha soppressi non sono tanto i governi, quanto la collera di Dio, perché nei conventi nostri mancava lo spirito, e non vi restava più altro che la scoria da spazzare. Voi avete conosciuto quanto ha dovuto piangere il nostro Padre Lettore nella carica che voi occupate per la ritrosia di alcune provincie... ritrose al P. Generale ed alla Chiesa. Iddio ha mandato la scopa; caro mio, ecco il vero senso in cui dobbiamo agire se vogliamo piacere a Dio...

[F. 2v] Se io fossi venuto a Roma avrei potuto parlare con voi, e col R.mo Procuratore delle Missioni facendo alcune osservazioni rapporto alle missioni nostre di questi paesi, le quali avrebbero bisogno di essere ben studiate per certe operazioni che sono di tutta necessità se non vogliamo perderle, ma come sapete la mia venuta sarà aggiornata, epperciò non so ancora se non mi risolverò di scrivere, o mandare qualcheduno capace di dare le informazioni che occorrono.

Fatemi il piacere di dire al P. Gonzaga che ho ricevuta la sua lettera, e non so ancora se avrò tempo di scrivergli di questo corriere. Ad ogni evento egli dovrà aspettare Monsignore Coadjutore, e finito che avranno le cose in Roma, ci vedremo in Francia o prima, o dopo dei bagni.

/33/ Vi abbracio nel S. crocifisso, e pregandovi di salutarmi il R.mo Procuratore e tutto il Definitorio Generale al solito mi dichiaro tutto vostro

Collega e figlio in S. Francesco
† Fr: G. Massaja V.o