Massaja
Lettere

Vol. 5

/82/

867

Al padre Domenico Gouttes da Castelnaudary OFMCap.
ministro provinciale di Tolosa – Carcassonne

[F. 1r] M. R. e Caro Padre mio

Roma 26. Febbrajo 1881.

Il R.mo Padre Brunone nostro Procuratore Generale mi parlò di una vostra lettera scritta al medesimo, nella quale voi facevate alcune lagnanze di noi. Voi ne avete tutta la ragione, ma noi non abbiamo tutto il torto se calcolate tutti gli affari che sono stati finiti in questo frattempo.

Monsignore Torino aveva bisogno di stampare il suo catechismo di cercare i missionarii che gli occorrevano, di venire a Roma per finire i suoi affari, e partire al più presto; come difatti partì di qui la vigilia stessa del S. Natale, onde arrivare a tempo a fare suoi affari sulla costa, do[ve] già l’aspettavano i suoi missionarii prima della stagione calda che avrebbe scoragiati i missionarii; dunque dovete scusarlo.

In quanto a me dovete sapere prima di tutto i miei incommodi portati dall’età, e dalle fatiche. Quindi non ignorate i disturbi gravissimi avuti, che mi obligarono a lasciar Roma, quasi subito dopo arrivato, [f. 1v] per rifugiarmi a Frascati, dove sono rimasto come nascosto sino al mese di Decembre, quando per forza ho dovuto venire qui per ultimare gli affari con Monsignore Torino, ed ajutarlo, affinché potesse partire subito. Dopo la sua partenza avrei voluto scrivervi, ma essendo venuta la dispersione dei religiosi in Francia, non sapeva neanche dove prendervi, e pensava che eravate abbastanza disturbato e tracassato, senza che io vi aggiungessi ancora il mio grano.

Dietro a tutto questo è venuta oggi l’ora di fare la pace e di intendercela. Caro mio, non dovete credere che vi sia qualche cosa tra di noi, e vi prego di considerarmi sempre come amico tal quale eravamo sempre.

In quanto agli affari, già sapete che io avendo rinunziato al Vicariato ho più nessun diritto di mischiarmi nell’amministrazione, /83/ avendo tutto ceduto a Monsignore, e non avendo voluto riservarmi un centesimo sui capitali della missione.

Non so poi le istruzioni che abbia lasciato egli in quanto all’amministra­zione, essendo cosa che non mi riguarda più, e voi dovete sapere, che come dimissionario io debbo [f. 2r] essere molto geloso più di un’altro, affinché non si dica poi che dopo aver rinunziato voglio ancora essere il fac totum.

In quanto allo stabile di S. Barnabé saprete che ho spedito la Procura per la vendita al vostro nipote, come eravamo intesi con voi. Quando avrà venduto questo stabile mi manderà la somma che risulterà, sulla quale io sono inteso con Monsignore del modo di occuparla.

Ho fatto di più un testamento publico nel quale ho fatto erede Monsignore di qualunque cosa che io possegga alla mia morte, tanto in stabili quanto in mobili.

Tutte queste cose si sono passate qui nelle debite forme, ed alla presenza dei Superiori. Monsignore portò con se coppia del mio testamento suddetto.

Venendo poi all’avvenire dell’amicizia nostra: se il S. Padre mi lascierà libero, subito che i freddi si calmeranno, prima ancora di Pasqua io vado a passare qualche giorno in Piemonte; dopo Pasqua penso passare alcuni giorni in Genova per alcuni affari che ho colà; dopo verrò in Francia, e sono inteso [f. 2v] col Signor Antoine d’Abbadie che passerò a Dio piacendo Testate con lui per terminare la storia che sto scrivendo, quale già si trova a 257. pagine. Allora ci vedremo, allora parleremo di tutto, allora vedrete che sono sempre l’amico, il fratello, il figlio anzi vostro.

Quando lascierò Roma vi avvertirò affinché sappiate dove prendermi, e scrivendomi potrete diriggere le vostre lettere o al P. Generale, oppure al R.mo Procuratore, perché essi sapranno sempre dove mi trovo.

Vi lascio intanto ai piedi del crocifisso ed abbraciandovi in spirito sono sempre vostro

Confratello in S. Francesco
† Fr: Guglielmo V.o Capp.no