Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 309r Ill.mo Sig.r Antoine

Roma 24. Marzo 1881.

Ho ricevuto jeri sera la Sua Carissima Lettera del 21. corrente, e dico la mia colpa per non averle scritto fin qui. Quando Madama farà da mia avvocata Ella mi perdonerà, ma pare che Madama anche sia offesa con me, perché non mi manda i saluti; in questo caso non mi resta altro che raccomandarmi alla Madonna Santissima.

L’inverno è molto mite in Roma, ed Ella avrebbe potuto venire a passare qualche giorno con molto vantaggio per la Sua salute. In quanto a me per la misericordia di Dio sto bene in tutto fuorché le gambe sempre ammalate. Oggi 15. giorni sono andato dal Papa per domandargli il permesso di fare una visita al Piemonte prima di /86/ Pasqua, ma egli mi disse chiaro di no, dicendo che Egli stesso me lo dirà quando sarà arrivato il momento.

In quanto alla morte di M.r Lucereau Ella ha ragione di pensar male sul conto di Abu Beker, ed io ho parlato e fatto parlare da tutte le parti, ed a tutti i governi, ma questi sono tutti travagliati da un mal di pancia tale, che impedisce di pensare ad Abu Beker. La Francia in specie è all’orlo di morire, e se Iddio non ci mette la mano non veggo rimedio di salute.

Se vi è una questione vitale per tutta l’Europa sarebbe la questione d’oriente Turco-greca, ebbene non si possono intendere. La razza greca è la razza la più nemica che vi sia nel mondo della razza latina, ebbene la Francia e l’Italia inclinano per questa, [f. 309v] la quale è la razza più irrequieta che vi sia nel mondo, e se aggiungerà ancora qualche forza, non lascierà più il mondo tranquillo. L’Europa ha già fatto una gran bestialità a dargli il regno, e finiranno per lasciarla andare a Costantinopoli; allora vedranno quali disturbi non darà a tutti.

È venuta una carovana da Scioa e son venuti molti della spedizione geografica italiana; hanno portato molte lettere, fra le altre una lettera di Minilik a me, nella quale questo Re fa mille proteste, e mi domanda mille perdoni di quanto è accaduto. Egli giura di averne saputo nulla del mio esilio, e che in ciò è stato solennemente tradito da Ati Joannes.

La missione si trova sempre nello stato in cui l’abbiamo lasciato; gli stessi terreni che Minilik ci aveva dato non sono stati toccati affatto. Le nostre case, ed i nostri Preti godono tutta la libertà che godevano quando c’era io. Io sto aspettando l’arrivo del Conte Martini, il quale è già in strada; questi quando verrà spero di avere molti detagli, ed allora Le scriverò più al minuto.

Ciecchi è stato lasciato in libertà a Ghera, ed anche là la missione non è stata toccata, dopo la morte del P. Leone. Il P. Matteo sacerdote indigeno nativo di Ennerea gode tutta la libertà [f. 310r] nel suo sacro ministero. Monsignore ha ricevuto lettere dal P. Matteo stesso e dal Capitano Ciecchi. Questi era già arrivato a Massawah, e si aspetta da un giorno all’altro a Roma.

In Kafa di due sacerdoti indigeni, uno ha dato in reprobum, certo Abba Fessah Giorghis antico allievo di Abba Salama, fatto Cattolico, e poi nostro missionario. Per aver tradito il Re l’ha proibito di entrare nelle Chiese nostre, ed ha scritto per avere buoni Preti da noi; colà i cattolici sono sempre ferventissimi.

Tutto il male della nostra missione sta in Gudrù, ed in Lagamara, paesi rovinati da Ras Adal, il quale non fa che razia continui in tutte quelle parti.

Io sto scrivendo la storia della missione, e sono già arrivato a Giugno del settimo anno; ne ho già scritto 433. pagine in foglio con gran margine per aggiungere, quando avrò la fortuna di poter venire da Lei. Voleva aspettare a scrivere quando avrei potuto venire da Lei, ma mi hanno oblioato a farlo.

/87/ La lascio ai piedi del crocifisso e benedicendola unitamente a Madama d’Abbadie godo dirmi

D. V. S. Ill.ma

Divot.mo Servo
† Fr: G. Massaja V.o